venerdì 20 giugno 2014

Farsi sedurre dalla vita con un sorriso


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di Pippo Corigliano
Costanza Miriano nel suo libro più recente, “Obbedire è meglio”, mette insieme le due tecniche di racconto che prediligo. La prima è raccontare i fatti propri mescolandoli ai fatti degli altri. Sembra strano ma tanti ignorano quali sono i livelli di attenzione. Il primo livello è quando si raccontano i fatti propri (uno si chiede perché, ma è così).
Il secondo livello è quando si raccontano i fatti degli altri. Il terzo è quando si usano immagini, parabole, metafore, fiabe. Il quarto livello, il più basso, è quando si fanno teorie: in genere chi scrive ha studiato all’università ed ha assimilato il metodo scientifico, crede di essere almeno un piccolo Aristotele e riesce a far stramazzare di noia anche il più volenteroso lettore. Costanza ti seduce raccontandoti tutti i guai che ha combinato lungo la giornata assieme alla descrizione pittoresca di ciò che fa e non fa una sua amica e poi… Questo è il punto: ciò che spunta alla fine. Siamo condotti alla conclusione portati da una corrente di buonumore, come se andassimo nel paese dei balocchi e invece ci si trova ai vertici di un trattato di ascetica e mistica ovvero di un corso di teoria e tecnica della spiritualità e santificazione.
In fondo Costanza viene incontro ad un’esigenza forte e urgente che è la domanda di come ci si possa identificare con Cristo vivendo con molti figli, con l’orario d’ufficio, con le difficoltà del traffico, con i mille impegni necessari o superflui e dovendo pagare tante tasse.
Se uno scorre nel messale le festività dei santi trova una sequenza di personaggi meravigliosi (fondatori, regnanti, monaci, papi…) nessuno dei quali ha condotto una vita simile alla nostra. E allora bisogna trovare la strada, occorre inventarsela e Costanza ci racconta come se la inventa lei e ti offre una pista senza farti faticare.
Abbiamo un bel dire che la gente dovrebbe leggere di più, ma ci rendiamo conto qual è il genere di vita di un cittadino medio? Nell’800 si leggeva molto ma si aveva anche il tempo di un personaggio agreste di Tolstoj. Come si può pretendere che nei piccoli spazi di tempo disponibili uno si legga un mattone che forse leggerebbe volentieri se fosse in campagna su una sedia a dondolo? Perciò viva Costanza Miriano che ti seduce facendoti ridere e poi ti mette in testa lo stile di un vero mistico.
Morale: quest’estate portatevi sotto l’ombrellone “Obbedire è meglio”. Imparerete ad essere contenti di ciò che avete e ad evitare la nostalgia del magari: magari non mi fossi sposato, magari avessi studiato ingegneria… Oggi, adesso ho davanti il quadro della mia vocazione: sta nella mia vita così com’è. Là imparo ad amare Dio e gli altri e posso farlo sorridendo.


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L’articolo toppato e il libro che non avrei mai pensato di leggere


di Chiara Beretta Mazzotta
Il titolo del pezzo è provocatorio: “Donne, imparate l’arte dell’obbedienza”. Ed è corredato da una foto tristanzuola con donna – non è una gara di bellezza, ovvio, ma manco di bruttezza– un po’ sciatta seduta in una chiesa deserta. Invitante no, non direi proprio.
Leggo e scopro che si parla di una autrice, Costanza Miriano, che ha all’attivo saggi comeSposati e sii sottomessa e Sposala e muori per lei. Stavolta si parla di Obbedire è meglio, sottotitolole regole della Compagnia dell’agnello.
Non credo ci voglia l’acume di Einstein per capire che il primo libro era rivolto alle donne, il secondo agli uomini e questo a entrambi i sessi. O forse sì. Fatto sta che, di primo acchito, l’intervista pare raccontarci di una tizia uscita dal Medioevo – giorno più giorno meno – un po’ mesta, seriosa e maschilista. Anzi, masochista, perché votata alla sottomissione al maschio e alla famiglia.
Premessa: sono atea claudicante (cioè alle volte qualche moto di conversione ce l’ho), sono nata in una famiglia cattolica ma che in chiesa ci andava pochino, ho frequentato 11 anni di scuola cattolica e l’università cattolica (e gli ultimi due punti potrebbero giustificare da soli l’inaridimento spirituale). In giovine età sono stata credente, convinta e lieta, crescendo non ne sono stata più capace. Confesso però una certa invidia verso chi vive la propria spiritualità con il sorriso, mettendola in pratica, facendo del bene e riuscendo a trovare sostegno fuori da sé. Al contrario detesto i baciapile, i blateroni che fanno i teologi illuminati ma sono incapaci d’amore e/o rispetto verso il prossimo, quelli che aiutano i bimbi del Congo ma i propri figli manco li filano e trattano moglie, colleghi e umani tutti come servi.
A questi punti do una sbirciatina in rete. La Miriano ha una faccia sorridente e simpatica, distante qualche luna dall’immagine tristanzuolacostanza-e-lavinia suggerita dal pezzo di “D Repubblica”. Leggo qualche post su Facebook e direi che ha pure senso dell’umorismo. Quindi compro l’ebook ché ’sta faccenda dell’obbedienza, agnello compreso, mi incuriosisce assai.
E rido. Rido un mucchio. Il paragone più banale potrebbe essere con la Sarah Jessica Parker di Ma come fa a far tutto? in versione cattolica però.
L’autrice è sposata, ha quattro figli, è giornalista (lavora per Rai Vaticano) e di notte scrive i suoi romanzi. E ci racconta di una obbedienza alla vita intesa come allontanamento dal proprio egocentrismo (dalla “propria voce”), un affidarsi all’altro e all’esistenza che ci viene data. Non in modo passivo, perché si tratta di accogliere e trasformare, un bel lavoro insomma. Obbedire nel senso di essere docili, ascoltare. Tenendo a bada quell’emotività che spesso equivale all’insoddisfazione capricciosa che ci divora facendoci zigzagare alla ricerca di qualcosa d’altro, di meglio, di boh. Gli Agnelli sono le persone cui fare affidamento: gli amici veri (simboli di obbedienza nel lavoro, nella famiglia…), il marito, i figli. Una rete che ci àncora, ci critica amandoci, ci sostiene (nessun uomo è un’isola, insomma). Inutile dire che LA guida è una e una sola: Dio.
Costanza_Miriano FBIl tutto viene raccontato con aneddoti piuttosto gustosi a base di inciampi quotidiani e altri disastri con divagazioni su diete, corna, cura di sé, trucco e parrucco compresi. La Miriano sa prendersi in giro ed è portatrice sana di un ego normodotato. Però, per un’ateaccia come la sottoscritta, svariate affermazioni sono distanti e inconcepibili: andare a messa tutti i giorni trovandolo un modo per ricaricare le pile, evitare tutti gli stratagemmi che ci fanno stare al sicuro nella vita (e sono tanti tra i quali spicca pure il controllo delle nascite) e parecchio altro… storco il naso e sbuffo pure, ma non è colpa della Miriano, al massimo mia e della mia fede latitante.
“Curiosità” è una delle poche parole che mi sentirei di usare in risposta alla domanda “qual è il tuo miglior pregio?” e sono lieta di averlaScreenshot 2014-06-20 11.45.34soddisfatta leggendo questo libro. Perché è buono, pensato con amore, motivato in ogni sua parte. E leggero (non facile, banale, furbetto), leggero perché sono state eliminate le inutili zavorre. Direi che la Miriano fa con la fede quello che io cerco di fare con i libri: toglie la polvere, gli stereotipi, l’immagine triste e noiosa del credente tipo. E lo sa fare bene.
Le uniche note stonate? Non sono nel libro ma nel pezzo di “D Repubblica”. Chi lo ha titolato non ha capito un tubo di tutta la faccenda. E la giornalista ha posto domande banali e fuorvianti che nel complesso sembrano voler confermare al lettore l’idea che nel libro si parli di una donna che si fa mettere i piedi in testa. Una occasione mancata, insomma. La carta cosa, come dice Alino Milan su Radio24, e andrebbe impiegata meglio.