sabato 3 maggio 2014

Scegliere tra Marta e Maria



Una teologa cattolica e una pastora luterana rileggono le figure del Vangelo. 

(Lucetta Scaraffia) Chi è migliore fra Marta e Maria? Le due sorelle sono veramente in concorrenza per ottenere l’approvazione di Gesù? Sono domande, queste, che si fa chiunque ascolti o legga il vangelo di Luca. Due studiose, Pierrette Daviau, teologa cattolica, ed Élisabeth Parmentier, pastora luterana, hanno affrontato insieme questo episodio per capire quale deve essere oggi l’atteggiamento del lettore della Bibbia e, naturalmente con maggiore responsabilità, quello dell’esegeta.
Nel libro Donne in concorrenza? (Bose, Qiqajon, 2014, pagine 162, euro 16) entrambe condividono l’idea che l’interpretazione di un testo può essere importante e significativa quanto il testo stesso, perché i commenti alla Scrittura — e in particolare le predicazioni, le catechesi o testi di spiritualità — hanno influenzato il modo di pensare in quanto, almeno fino alla Riforma e alla diffusione della stampa, il testo sacro arrivava solo attraverso la mediazione del magistero ecclesiastico.
Ripercorse le numerose e varie interpretazioni che si sono susseguite nel tempo, le autrici concludono che l’esistenza di differenti chiavi di lettura — sempre che non trascurino l’essenziale, da tutti individuato nella relazione con Dio — permette di riconoscere la complessità dei problemi e della mentalità di chi li percepisce, senza considerare la propria prospettiva come l’unica autentica.
Ed è proprio questa ricchezza a conferire ai testi la potenza evocativa che riconosciamo: essi infatti rivelano così la capacità «di svelare, in seno a realtà del tutto ordinarie e umane, il di più della presenza di Dio come promessa». Cioè a far sperimentare la «valenza supplementare» di un testo che si rivela essere «un messaggio vivo, spazio di un dialogo tra Dio e gli esseri umani portato avanti da tutti e a dispetto di tutto».
I commentatori più antichi (Origene, Crisostomo, Agostino) vedono nelle due sorelle rappresentate le due vie, entrambe essenziali per la vita cristiana — contemplazione e azione — ma non uguali, perché Gesù sottolinea la superiorità della contemplazione, dando così origine alla spiegazione più diffusa.
Anche Gregorio Magno condivide questa tesi, utilizzando il racconto evangelico per le omelie dedicate alla vita monastica, e così pure Bernardo, il quale però conclude con una affermazione nuova: secondo lui la «parte migliore» sarebbe la disponibilità al Signore, la relazione di amore con Dio, qualunque sia l’attività che si svolge. Tommaso invece sottolinea come il privilegiare la contemplazione costituisca un rovesciamento della mentalità corrente, secondo cui la vita più degna sarebbe quella attiva.
Ma un punto di vista veramente nuovo è quello di Meister Eckart, che sostiene che la più vicina a Gesù è Marta, incaricata di istruire e servire, mentre Maria sarebbe ancora in fase di apprendistato. I commentatori protestanti — Lutero e Calvino — non considerano Marta inferiore alla sorella, perché rappresenta Cristo nella sua umanità, ed è solo attraverso questa che è possibile accedere a Dio. Traspare nelle loro parole la polemica contro la vita monastica.
Anche se presentano soluzioni diverse, in sostanza tutte queste interpretazioni sono centrate sull’opposizione fra le sorelle, e la risposta di Gesù viene vista come un giudizio su di loro. Questa prospettiva verrà rovesciata dalle interpretazioni storico-critiche: François Bovon ha sottolineato infatti l’interesse di Luca — in quanto parte delle comunità dei primi cristiani — per stabilire quale debba essere il ministero per le donne, mettendo al primo posto il primato della fede, rappresentato da Maria. Le scienze umane hanno invece suggerito ai commentatori di analizzare le relazioni tra i personaggi, e in particolare di sottolineare come il legame fra le sorelle sia svuotato davanti a quello con Gesù: ancora una volta, quindi, viene affrontato il problema della rottura dei legami familiari, l’appello a uscire dal quotidiano per scegliere Gesù. Altri suggeriscono invece un’interpretazione psicologica: le due sorelle rappresenterebbero due dimensioni della personalità da integrare tra loro.
Ma, pur riconoscendo la ricchezza di queste interpretazioni, le autrici segnalano che è stato occultato un aspetto: la realtà di genere, posta al centro, invece, delle interpretazioni teologiche femministe, sensibili alla formazione dei ruoli maschili e femminili e alla loro evoluzione. Ben consapevoli che nel testo emerge una sfida di fondo: quali difficoltà abbiano incontrato i discepoli, che volevano costituire una comunità di eguali, nel loro modo di vivere il discepolato alla sequela di Gesù.
Le interpreti femministe mettono in dubbio non solo l’autorità dell’interprete, ma anche quella del narratore, che sarebbe influenzato dal suo essere maschio in una società patriarcale. In questa ottica, una delle prime e più importanti teologhe femministe, Elisabeth Schüssler-Fiorenza, si interroga sulla posizione di Luca, sospettandolo di far appello alla voce di Gesù per mettere a tacere le donne leader delle Chiese domestiche che, come Marta, dovevano avere protestato per la loro emarginazione. Non si tratterebbe quindi di due tipologie di vita, l’attiva contro la contemplativa, ma di due mansioni, il servizio (diakonìa) e l’ascolto della Parola. Si tratterebbe allora di un conflitto di autorità sul ruolo delle discepole.
Pierrette Daviau ed Élisabeth Parmentier criticano soprattutto un punto di questa interpretazione: il fatto che Schüssler-Fiorenza non distingua Gesù da un uomo qualsiasi, e sostenga che non siamo di fronte alla parola di Dio, ma solo a quella di Luca. In sostanza, la teologa femminista mette in questione l’autorevolezza della Bibbia. Sono numerose le teologhe femministe che hanno aderito a questa interpretazione, aggiungendovi qualcosa, ma in sostanza aderendo all’ipotesi che ciò che disturba è l’accesso delle donne al “ministero della parola”, problema che crea divisioni fra le donne stesse.
Molto più interessante, e meno dirompente, è la posizione di Karlsen Seim: la teologa protestante pensa che il problema non sia definire la posizione del redattore Luca nei confronti delle donne, quanto piuttosto sottoporre il testo a una lettura che tenga conto della prospettiva di genere. E in primo luogo sottolinea che lo spazio in cui si svolge l’azione è la casa, spazio tradizionalmente femminile, che però non è più uno spazio solamente privato, dal momento che diventa, in quanto comunitario e cultuale, un luogo sovversivo dove si svolge la vita dei credenti. Il vero luogo di edificazione della vita cristiana è insomma l’interno delle case. E questo non può che influire sul ruolo delle donne.
Secondo Karlsen Seim anche il termine diakonìa subisce un profondo cambiamento: Gesù diventa colui che serve, esempio del rovesciamento di ruoli. Quindi «il servizio delle donne acquisisce una dignità nuova, perché diventa esemplare per la funzione di leadership degli uomini». Non sono i ruoli a cambiare, quindi, ma il valore che a essi è attribuito: servire diventa un valore essenziale. La teologa protestante, quindi, offre delle chiavi di lettura nuove per una comprensione del periodo di prima formazione del cristianesimo, una chiave che permette alle donne di continuare il cammino senza mettere in discussione i fondamenti della fede.
Si tratta di una interpretazione del ruolo femminile nella Chiesa molto vicino a quello che dà Papa Francesco, come anche di recente ha ripetuto ai giovani argentini: «La donna ha la capacità di dare la vita e di dare tenerezza», cioè «cose che non abbiamo noi maschi» ha aggiunto. «Voi — ha proseguito poi rivolgendosi alle ragazze — siete donne di Chiesa. Di Chiesa, del Chiesa? No, non è “il” è la Chiesa. La Chiesa è femminile, è come Maria. È questo il vostro luogo. Essere Chiesa, conformare la Chiesa, stare accanto a Gesù, dare tenerezza, accompagnare, far crescere. Che Maria, la Signora della Carezza, la Signora della Tenerezza, la Signora della Sollecitudine per servire vi possa indicare il cammino».

L'Osservatore Romano