martedì 6 maggio 2014

Non basta un tweet per entrare nella fede


(Disegno di Marco Cazzato)

Ravasi: “Non basta un tweet per entrare nella fede”

“Da Agostino a Pascal, da Dostoevskij a Manzoni, il cristianesimo ha lasciato contributi di altissimo profilo all’arte, alla filosofia, alla letteratura”
Cardinale Ravasi, è nella tradizione del Salone del libro invitare a Torino un Paese importante che presenta la propria cultura. Ma quest’anno l’ospite è il Vaticano, che ha una sfera d’influenza, a dir poco, mondiale. Qual è il senso di questa partecipazione?  
«In realtà invitata è la Santa Sede, anche se il Vaticano sarà presente con le proprie strutture editoriali, come la Libreria Editrice Vaticana. Molto di più dunque, che un Paese o uno Stato, perchè la Santa Sede rappresenta l’universalità dell’istituzione cattolica. La Chiesa cattolica universale ha nel suo Dna l’elemento fondamentale del libro, - a cominciare ovviamente dalla Bibbia, che in greco vuol dire libri al plurale e racchiude al suo interno ben 73 testi -, e della stessa lettura. Non a caso durante la messa si legge la Bibbia e il cuore della liturgia è la proclamazione del Testo Sacro». 

La Santa Sede ha una delle più importanti biblioteche. Cosa porterete, cosa si potrà vedere dei pezzi preziosi custoditi dietro le Mura Vaticane?  
«Quella Vaticana è la regina delle biblioteche, per qualità la maggiore al mondo. Custodisce centocinquantamila codici, cioè manoscritti antichi di valore inestimabile. Tra quelli che porteremo a Torino, ad esempio, ci sarà un testo in greco di Omero, un Libro d’Ore miniato e i disegni di Botticelli per l’Inferno di Dante. Insieme a noi verrà anche il coro della Cappella Musicale Pontificia Sistina, che accompagna le celebrazioni del Papa: un’uscita particolarmente significativa, accompagnata da un concerto al Teatro Regio di tradizione ecclesiale e liturgica, con il canto gregoriano, la polifonia rinascimentale di Pierluigi da Palestrina, la musica di un famoso direttore piemontese della Cappella, Lorenzo Perosi». 

Ma la presenza sua e della delegazione della Santa Sede non sarà anche un’occasione di confronto tra cultura cattolica e laica? È l’obiettivo a cui lei s’è dedicato con grande impegno negli incontri del «Cortile dei Gentili».  
«Lo sarà, certamente. Sia nella “lectio” che io stesso terrò, in apertura, per illustrare il rilievo che la scrittura, il libro e il lettore hanno nella dimensione religiosa, come emerge dal testo della Bibbia, in cui si dice che Dio “scrive” il Decalogo “con il suo dito”. Sia nel confronto, moderato dal direttore della StampaMario Calabresi, che avrò con Claudio Magris, che da laico rifletterà sulla comunicazione dell’eredità che il messaggio cristiano ha lasciato nella cultura. Un messaggio di altissimo profilo: si pensi a cosa ha dato in passato all’arte, alla letteratura, alla filosofia, da Agostino a Pascal, da Kierkegaard a Dostoevskij, a Manzoni, tutti legati alla cultura cristiana. Ma ora, forse anche per colpa dei preti, non dico di no, la comunicazione giornalistica è spesso di basso profilo, ripete non di rado i soliti due o tre argomenti». 

Ad esempio?  
«La pedofilia, gli intrighi di Curia, un cristianesimo presentato solo come dottrina morale sessuale o moralismo, mentre il vero messaggio cristiano è sul significato della vita, del bello, della trascendenza verso l’altra vita». 

Non sarà, cardinale Ravasi, che questo è accaduto anche perché negli ultimi anni una parte dei valori del cattolicesimo sono diventati occasione di scontro, bandiere alzate da schieramenti politici che hanno fatto mediocri guerre di religione?  
«Anche questo è vero. Le figure laiche, religiose e non, fino a qualche anno fa erano di ben altra qualità. Penso in ambito cattolico a La Pira e Dossetti, o per stare al mondo “laico” piemontese, a uomini come Bobbio e Galante Garrone; a un confronto che si nutriva di conoscenze di antropologia e sociologia, oltre che di cultura classica. Purtroppo negli ultimi anni il dibattito si è immiserito. Ho nostalgia del tempo in cui c’erano certamente le ideologie, ma c’era anche il pensiero. Adesso le ideologie sono morte, ma è morto anche il pensiero. Anche per quanto riguarda l’etica si è registrato un declino morale. Mi viene in mente il Faust di Goethe: “Abbiamo perso il grande Maligno, e abbiamo solo tanti piccoli colpevoli”». 

Da qualche anno, cardinale Ravasi, il Salone del libro si interroga anche sul modo in cui le nuove tecnologie influiscono sull’evoluzione dei libri e della cultura. Viene da chiederle che rapporto possa esserci tra le antiche pergamene greche e latine della vostra Biblioteca e l’e-book.  
«Per prima cosa credo che un problema come questo non vada affrontato con la logica dell’esorcismo. Internet, l’e-book non sono il diavolo, e la cultura e i libri non finiranno a causa loro. La possibilità che la lettura avvenga anche attraverso canali nuovi va presa in considerazione, anche se, lo sappiamo, è un tipo di lettura diverso. Un giovane di oggi, un nativo digitale che, ad esempio, sia interessato a un autore legato al concetto di “speranza”, sul suo computer magari trova sessantamila possibilità. Noi andavamo a cercare i testi di Bloch o Moltmann, e se cercavamo un romanzo, non dico Manzoni, ma autori come Bacchelli o Pomilio. Noi sapevamo dov’era quel tal libro di quell’autore, mentre il ragazzo di cui parliamo ha davanti a se trenta o cinquanta diversi scrittori, interi scaffali virtuali di testi da consultare, e non sa da dove cominciare. Ha la biblioteca più ricca, ma paradossalmente è più povero. Questo è ciò che dobbiamo far capire ai più giovani, che non possono accontentarsi solo di un tweet. Non è difficile, basta impegnarsi. Qualche settimana fa ero a Budapest all’Università laica Corvinus per un incontro con un gruppo di ragazzi. Abbiamo parlato anche di Delitto e castigo e di Dostoevskij. E mi è sembrato che avessero chiara l’importanza della lettura completa di un classico. Daniel Pennac diceva una cosa giusta: “Il piacere di leggere allunga la vita come il piacere di amare”». 

L’INCONTRO  
In quali modi e con quali linguaggi la Chiesa esercita il suo magistero? Monsignor Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio di Cultura ne discute con Mario Calabresi e Claudio Magris, nell’incontro «Comunicare la fede nella società», venerdì 9, ore 18,30, in Sala 500.