mercoledì 16 aprile 2014

La Settimana santa a Bose

Olio su tela, copia dell’originale di G. Rouault

Settimana santa
«Se Cristo non è risorto, la vostra fede è vana», ricorda l’Apostolo (1Cor 15,17). La fede cristiana non può dunque sussistere senza la resurrezione di Cristo; questa è la ragione per cui i cristiani non possono vivere senza celebrare ogni anno la Pasqua del Signore.
La Settimana santa conduce i credenti a seguire Gesù il giusto nella sua passione, nella sua morte e nella sua resurrezione. Celebrare ogni anno la Pasqua del Signore, ricordare e rivivere i suoi gesti e le sue parole, è confessare la fede nella resurrezione di Cristo, è affermare di credere che la vicenda di Gesù di Nazaret, come lui è vissuto e come lui è morto ed è tornato alla vita, possiede ancora oggi un valore e un significato grandi per la vita degli uomini e per l’intera storia dell’umanità.
Per questo, la celebrazione memoriale della Pasqua del Signore rende i cristiani contemporanei alla Pasqua di Cristo, una contemporaneità che consiste nella permanenza di senso per ogni credente di quell’evento che egli celebra nelle liturgie pasquali. La Pasqua di Cristo, infatti, è ancora oggi salvezza se a essa ogni discepolo del Signore aderisce con la sua intera esistenza. La ragione per cui la chiesa celebra annualmente le liturgie del Triduo santo è quella di far conoscere ai cristiani e a ogni uomo tutta la storia della salvezza, e insieme di farli entrare in questa economia illuminata dal soffrire, dal morire e dal risorgere di Gesù, e dunque dall’intera sua vita donata per la salvezza del mondo.
Confessare ogni anno nelle liturgie della Pasqua del Signore che «Cristo è risorto dai morti» (cf. Mt 28,7) significa gridare a ogni uomo, a ogni essere vivente e a tutta la creazione che «l’amore è più forte della morte» (cf. Ct 8,6).

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Celebrare ogni anno la Pasqua del Signore, ricordare e rivivere i suoi gesti e le sue parole, è confessare la fede nella resurrezione di Cristo, è affermare di credere che la vicenda di quell’uomo, Gesù di Nazaret, come lui ha vissuto e come lui è morto ed è tornato alla vita, possiede ancora oggi un valore e un significato grandi per la vita degli uomini e per l’intera storia dell’umanità. Per questo, la celebrazione memoriale della Pasqua del Signore rende i cristiani contemporanei alla Pasqua di Cristo, una contemporaneità che consiste nella permanenza di senso oggi per ogni credente dell’evento che egli celebra nelle liturgie pasquali. Se la Pasqua di Cristo ha senso oggi per il cristiano, egli è contemporaneo alla Pasqua e la Pasqua è contemporanea a lui: qui sta l’importanza decisiva delle celebrazioni liturgiche pasquali nella vita dei credenti. La Pasqua di Cristo, infatti, è ancora oggi salvezza se a essa ogni discepolo del Signore aderisce con l’intera sua esistenza. La ragione per cui la chiesa celebra annualmente le liturgie del Triduo santo è quella di far conoscere e far penetrare nei cristiani e in ogni uomo tutta la storia della salvezza illuminata dal soffrire, dal morire e dal risorgere di Gesù, e dunque dall’intera sua vita donata per la salvezza del mondo. Confessare ogni anno nelle liturgie della Pasqua del Signore che «Cristo è risorto dai morti» significa gridare a ogni uomo, a ogni essere vivente e a tutta la creazione che «l’amore è più forte della morte».
Programma dei giorni 2014
per contattarci  
13 aprile 2014 - DOMENICA DELLE PALME
10:30La passione di Gesù (I) raccontata ai bambini
11:30Benedizione degli ulivi ed eucaristia
14:30La passione di Gesù (II) raccontata ai bambini
17:00Vespri della domenica di passione
20:00Compieta
14 aprile 2014 - LUNEDÌ SANTO
7:00Preghiera del mattino
11:00Lectio divina sull'evangelo del giorno
12:30Preghiera di mezzogiorno
17:00Incontro: Le parole di Gesù in croce (1° parte)
18:30Preghiera della sera
  15 aprile 2014 MARTEDÌ SANTO
7:00Preghiera del mattino
11:00Lectio divina sull'evangelo del giorno
12:30Preghiera di mezzogiorno
17:00Incontro: Le parole di Gesù in croce (2° parte)
18:30Preghiera della sera
16 aprile 2014 - MERCOLEDÌ SANTO
7:00Preghiera del mattino
11:00Lectio divina sull'evangelo del giorno
12:30Preghiera di mezzogiorno
17:00Incontro: Le parole di Gesù in croce (3° parte)
18:30Preghiera della sera
17 aprile 2014 - GIOVEDÌ SANTO
8:00Preghiera del mattino
11:00Lectio divina sull'evangelo del giorno
12:30Liturgia penitenziale
16:30Incontro: I gesti di Gesù nell'ultima cena
18:30Missa in coena Domini
18 aprile 2014 - VENERDÌ SANTO
8:00Preghiera del mattino
10:30Incontro: La passione secondo Matteo
12:30Preghiera di mezzogiorno
15:00Liturgia della croce
18:30Ufficio del seppellimento
19 aprile 2014 - SABATO SANTO
8:00Preghiera del mattino
10:30Incontro: Tra parola e silenzio:
il mistero di Cristo nel sabato santo
12:30Preghiera di mezzogiorno
16:30Incontro: Introduzione alla Veglia pasquale
18:30Preghiera della sera
22:00Veglia pasquale
20 aprile 2014 - DOMENICA DI PASQUA
12:30Preghiera di mezzogiorno
17:00Preghiera della sera
21 aprile 2014 - LUNEDÌ DELL'ANGELO
8:00Preghiera del mattino
11:00Incontro: I discepoli di Emmaus
12:30Preghiera di mezzogiorno
17:00Preghiera della sera
Disceso a chi dimorava nell'ade,
Cristo portò la buona novella:
Coraggio, ora ho vinto: io sono la resurrezione,
io vi faccio risalire, perchè ho infranto le porte della morte,
donando al mondo la vita e la grande misericordia.

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Questo è il corpo


François Nault 
La lavanda dei piedi
Questo, è il corpo. Una parte del corpo, un corpo affaticato e indebolito. Il piede, corpo con incrostazioni di fango e di escrementi, corpo insudiciato dal contatto con il suolo polveroso della Palestina. Se nel racconto sinottico dell’ultima cena Gesù dice: “Questo è il mio corpo”, qui il Vangelo di Giovanni mostra il corpo. A cominciare da quello di Gesù, che viene esibito, letteralmente messo a nudo. Carne consegnata, prima della sua morte. Sì, alla lettera, Gesù nudo, Gesù denudato, o meglio – e questo diventa decisamente scioccante – Gesù che si denuda. Gesù che si toglie le vesti sotto i nostri occhi, che si scopre sotto lo sguardo di un lettore che rimane di sasso. Là dove, durante l’ultima cena, il Gesù dei sinottici diceva: “Questo è il mio corpo”, il Vangelo di Giovanni sembra dire: “Questo, è il corpo”, e mostra quel corpo. Ce lo mette sotto gli occhi, in modo tale che lo spessore del corpo sia percepibile dai sensi, che rientri nella sfera sensibile.
Il corpo nudo del Figlio di Dio che si offre allo sguardo, quel corpo nudo sarebbe forse ancora tollerabile se si limitasse a fare questo: mostrarsi. Ma no, tocca pure. Lava. Lava dei piedi e li carezza.
È stupefacente il fatto che Gesù, non soddisfatto di compiere un gesto così singolare e, per certi versi, scioccante abbia anche inteso istituirlo come prassi comunitaria: “Vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” (Gv 13,15). Gesù ha compiuto un gesto, poi ha chiesto che si continuasse a farlo dopo di lui; ha lavato i piedi dei discepoli, arrischiando un atto che non poteva non assumere un carattere enigmatico, e poi ha comandato ai discepoli di fare lo stesso, sul suo esempio, alla sua maniera.
Come interpretare il desiderio di Gesù? Perché istituire un gesto come questo, che fin dall’inizio ha suscitato forti resistenze? “Tu non mi laverai i piedi in eterno!” (Gv 13,8), esclama Pietro, scioccato dall’iniziativa del Maestro. Tali resistenze sono state, e sono ancor oggi, così forti e tenaci che l’istituzione del “sacramento della lavanda dei piedi” da parte di Gesù è da considerarsi un fallimento.
Un fallimento programmato, che però si rivela un successo. Se la lavanda dei piedi è davvero un sacramento dimenticato, e se, in questo senso, la sua istituzione da parte di Gesù può essere considerata un insuccesso, questo oblio e questo insuccesso non sono totalmente privi di significato: dicono qualcosa della natura stessa della sacramentalità, della chiesa, di colui che essa celebra, delle Scritture che gli rendono testimonianza, e del “cristianesimo a venire” che tali Scritture annunciano.