lunedì 28 aprile 2014

Antropologia cristiana


Guardare all'essere umano come dipendente dalla sua relazione con Dio

di Marco Marchetti (*)

L’antropologia cristiana ha una caratteristica essenziale, quella di concepire l’essere umano come dipendente dalla sua relazione con Dio; è questa sua relazione con Dio che lo caratterizza sia nel suo essere che nel suo divenire. La base dell’antropologia cristiana è biblica e vive nell’affermazione che l’assere umano venne creato ad immagine e somiglianza di Dio.
L’immagine indica soprattutto la costituzione naturale dell’essere umano soprattutto con le sue facoltà superiori: il suo intelletto, la sua ragione, la sua volontà, il suo discernere, il suo amore. Mentre l’immagine è data fin dall’inizio dell’essere umano, la somiglianza la deve conquistare personalmente. La somiglianza proviene dalle virtù che sono delle disposizioni abituali o stati spirituali che lo fanno aderire a Dio e lo rendono simile a Lui. Possiamo allora affermare che l’immagine consiste in modo particolare all’essere, mentre la somiglianza al suo modo di essere e più precisamente al suo benessere, situazioni che alla partenza gli si presentano come un dover essere.
C’è tuttavia uno stretto rapporto fra immagine e somiglianza; l’immagine è ciò che permette all’essere umano di realizzare la somiglianza. E’ in forza delle facoltà costitutive e con il sostegno della loro energia che l’immagine potrà esercitare le virtù attraverso cui perverrà alla somiglianza. Le virtù sono già presenti in germe nella natura stessa dell’essere umano ed il compito di ogni persona è farle crescere in sé. E’ nella realizzazione della somiglianza che l’immagine raggiunge la propria finalità e trova il proprio compimento e la propria perfezione. Per questo un essere umano dotato d’intelligenza, volontà e libero arbitrio ma non temperante, casto, disinteressato, dolce, umile, buono e così via, non potrebbe essere un essere umano completo, né perfetto, come ricorda San Paolo nella sua “Lettera agli Efesini”.
L’essere umano è destinato dalla sua natura a diventare “Dio” per Grazia; sebbene la deificazione dell’essere umano sia di per sé frutto della Grazia, tuttavia, la natura dell’essere umano è costituita in tal modo da potersi direttamente disporre a ricevere quella Grazia e raggiungere quel fine. La natura dell’essere umano è stata da Dio creata come dinamicamente orientata alla realizzazione della finalità che Dio le ha attribuito. Questo significa che tutte le facoltà sono fatte perché l’essere umano possa orientarsi verso Dio ed unirsi a Lui.
L’intelligenza è fatta per conoscere Dio; il desiderio è fatto per desiderarLo ed amarLo; l’ardore è fatto per combattere il Maligno e schivare le tentazioni; la volontà è fatta per conformarsi alla volontà di Dio e compiere i suoi precetti; la memoria è fatta per ricordarsi di Lui; i sensi e l’immaginazione sono fatti per servire da base alla contemplazione. E’ precisamente a quest’orientamento delle facoltà verso Dio che corrispondono le virtù.
Secondo la fede cristiana questo processo di crescita spirituale non è soltanto il frutto dell’energia umana ma il risultato di una sinergia fra l’energia umana e quella divina, chiamata anche Grazia. Quanto più l’essere umano è puro, umile e vive in conformità con le virtù, tanto meglio può lasciare entrare ed agire in sé la Grazia e tanto più l’energia divina subentra a quella umana anche se questa non viene abolita, ma volontariamente e liberamente disattivata. Se l’essere umano che ha concluso il processo di crescita spirituale può venire divinizzato, è proprio in forza della Grazia.
Il peccato originale sopraggiunse ad introdurre delle turbe in questo processo. Il peccato originale, confermato e rafforzato dai peccati dei discendenti di Adamo ed Eva, è caratterizzato dal fatto che l’essere umano si è volontariamente allontanato da Dio. Invece di riconoscere Dio come il principio ed il fine della sua esistenza, l’essere umano si è messo ad ignorare Dio e trascurarLo. Con uno stravolgimento ed una perversione delle sue facoltà conoscitive, alla conoscenza di Dio ed alla contemplazione delle creature in Dio, l’essere umano ha sostituito la conoscenza delle creature fuori di Dio e nelle loro sole apparenze sensibili. Con uno stravolgimento del desiderio e del sentimento, invece di desiderare ed amare Dio, l’essere umano si è messo ad amare se stesso fuori da Dio, in un atteggiamento che i Padri della Chiesa chiamano “narcisismo”. Volendo diventare dio senza Dio, l’essere umano fece di sé un idolo ed un idolo anche delle creature, relativizzando l’assoluto ed assolutizzando il relativo. Con uno stravolgimento dell’ardore, invece di combattere il “buon combattimento” contro il Maligno e le sue tentazioni, l’essere umano si mise contro ciò che si oppone alla soddisfazione dei suoi desideri passionali e rivolse la sua distruttività contro il prossimo, concedendosi alla collera, all’odio, alla rivalità, alla dominazione. Similmente, stravolse la sua volontà dal compimento della volontà di Dio e ne fece una “volontà propria”. La memoria si distolse dal ricordo di Dio per riempirsi dei ricordi delle cose di questo mondo.
Tutta la natura dell’essere umano cominciò così ad esistere e funzionare fuori di sé, in uno stato non soltanto d’alterazione ma di alienazione. Come l’uso normale delle facoltà dà forma alle virtù, il loro uso anormale dà forma ai vizi che sarebbe giusto chiamare “malattie spirituali”, per non confonderli con le malattie psichiche e somatiche. Evagrio Pontico ne enumera 9 principali: 1) gola, 2) lussuria, 3) cupidigia, 4) tristezza, 5) accidia, 6) collera, 7) timore, 8) vanità, 9) orgoglio. Possiamo dire che ogni essere umano, se non nasce peccatore, almeno nasce con una forte tendenza al peccato, al quale prima o poi finisce per assentire. Per questo, spesso i Padri parlano di tirannico potere esercitato sull’umanità decaduta dalla morte, dal Maligno e dal peccato e dicono che fu da questo triplice potere che Gesù il Cristo venne a liberare l’umanità.
I Padri però insistono sul fatto che l’essere umano resta sempre costituito ad immagine di Dio. Possiamo allora dire che la natura è rimasta intatta quanto la sua essenza e che è stata alterata nel modo della sua esistenza. L’essere umano decaduto mantiene le medesime facoltà delle origini ma esse non si esercitano più in quella medesima maniera.
Marco Marchetti è psicoterapeuta, psicologo e scrittore