venerdì 21 marzo 2014

Il segreto di Bergoglio

Bergoglio arcivescovo di Buenos Aires

«Vi spiego perché Bergoglio prese quel rosario dalla bara di padre Aristi»


Il sacramentino padre Andrés Taborda era presente nella cripta, unico testimone, quando il futuro Papa strappò la piccola croce dalle mani del suo confessore appena defunto

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
«Sono l'unico testimone di quel piccolo "furto" che Bergoglio fece prendendo il rosario dalla bara di padre Aristi...». Padre Andrés Taborda è un sacerdote sacramentino di origini argentine che vive a Roma. Ha prestato servizio per anni nella Basilica del Santissimo Sacramento di Buenos Aires, là dove aveva vissuto - e confessato - per una vita José Ramón Aristi, il confessore a cui Francesco nell'aprile 1996 ha sottratto la piccola croce del rosario che da allora porta sempre con sé.

Era stato lo stesso Pontefice a raccontare l'episodio lo scorso 6 marzo, incontrando i parroci romani ai quali aveva raccomandato di essere misericordiosi.


«A Buenos Aires c’era un confessore famoso: questo era sacramentino. Quasi tutto il clero si confessava da lui». Quando Giovanni Paolo II venne in Argentina e chiese un confessore, fu questo sacerdote ad essere mandato per ascoltare i peccati del Papa. «Ha fatto il Provinciale nel suo ordine, il professore… ma sempre confessore, sempre - aveva continuato il Papa - E sempre aveva la coda, lì, nella chiesa del Santissimo Sacramento».


Padre Aristi morì novantasettenne la sera della vigilia di Pasqua del 1996. All'epoca Bergoglio era vescovo ausiliare e vicario generale. Ricevuta la notizia, dopo aver pranzato come ogni giorno di Pasqua con i preti anziani della casa di riposo, Bergoglio si era recato a far visita al suo confessore appena scomparso. «Era una chiesa grande, molto grande, con una cripta bellissima. Sono sceso nella cripta e c’era la bara, solo due vecchiette lì che pregavano, ma nessun fiore. Io ho pensato: ma quest’uomo, che ha perdonato i peccati a tutto il clero di Buenos Aires, anche a me, nemmeno un fiore… Sono salito e sono andato in una fioreria e ho comprato fiori, rose… E sono tornato e ho incominciato a preparare bene la bara, con fiori... E ho guardato il rosario che avevo in mano… E subito mi è venuto in mente - quel ladro che tutti noi abbiamo dentro, no? -, e mentre sistemavo i fiori ho preso la croce del Rosario, e con un po’ di forza l’ho staccata. E in quel momento l’ho guardato e ho detto: “Dammi la metà della tua misericordia”».


«Ho sentito una cosa forte che mi ha dato il coraggio di fare questo - ha continuato il Papa - e di fare questa preghiera! E poi, quella croce l’ho messa qui, in tasca. Le camicie del Papa non hanno tasche, ma io sempre porto qui una busta di stoffa piccola, e da quel giorno fino ad oggi, quella croce è con me. E quando mi viene un cattivo pensiero contro qualche persona, la mano mi viene qui, sempre. E sento la grazia! Sento che mi fa bene. Quanto bene fa l’esempio di un prete misericordioso, di un prete che si avvicina alle ferite…».


Aristi era «davvero un prete misericordioso e saggio», lo ricorda padre Taborda, «era molto benvoluto perché sapeva essere comprensivo. Confessava nella nostra basilica a Buenos Aires ogni lunedì e tantissimi preti andavano da lui. Anche quando non era in confessionale li riceveva, andavano a parlargli e a confrontarsi con lui. Io l'ho conosciuto nel 1968, fu lui a ricevermi nell'ordine, perché era provinciale dei sacramentini per l'Argentina, l'Uruguay e il Cile». Padre Taborda ricorda molto bene quel primo pomeriggio di Pasqua di diciotto anni fa. «Ci siamo trovati là, nella cripta, accanto alla bara di padre Aristi - racconta il sacerdote - e ho ancora davanti agli occhi la figura ascetica di Bergoglio, che all'epoca era molto magro. Ricordo che disse: "È stato il mio confessore, con questo rosario in mano ha assolto tantissimi peccatori, non è possibile che se lo porti sotto terra..."». E così il futuro Papa decise di prenderlo, chiedendo al defunto padre Aristi un po' della sua misericordia.


Ma c'è una ragione precisa per cui Bergoglio volle proprio quel rosario e staccò la piccola croce portandola da allora sempre accanto al cuore. «Padre Aristi - spiega il suo confratello argentino - dava ai penitenti il rosario con la piccola croce da tenere in mano mentre si confessavano, poi la usava per assolvere e infine la invitava a baciare. Insomma, quel rosario e quel crocifisso sono stati testimoni di un fiume di grazia».
Bergoglio aveva già nominato padre Aristi, in uno scritto rimasto a lungo inedito dedicato ai primordi della sua vocazione e della sua formazione, ricordando come fosse un noto confessore già negli anni Cinquanta.


Nato nel novembre 1899, José Ramón Aristi era di origini basche e giunse in Argentina ancora studente, accolto nel noviziato dei sacramentini. La sua dimora è stata la grande basilica del Santissimo Sacramento, quella in cui si sarebbe poi sposato Diego Armando Maradona. Era anche un musicista: aveva diretto il coro degli orfani che aveva accompagnato le liturgie del XXXII Congresso eucaristico internazionale di Buenos Aires, nell'ottobre 1934, al quale aveva partecipato come legato papale l'allora cardinale Segretario di Stato Eugenio Pacelli, il futuro Pio XII. «Aveva una sensibilità particolare per le persone povere - spiega padre Taborda - e tra di loro suscitò diverse vocazioni religiose».