sabato 22 marzo 2014

III Domenica di Quaresima - Anno A (Domenica della Samaritana)


Nella terza domenica di Quaresima, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù incontra la samaritana nei pressi del pozzo di Giacobbe (*). Il Signore le dice:

«Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 

Il Vangelo di oggi è commovente: Gesù rompe tutti i tabù sociali e religiosi e, con una libertà divina che affascina, stabilisce un nuovo rapporto con la donna e annuncia il tempo nuovo dei “veri adoratori”, “in spirito e verità”. “Dammi da bere”, chiede Gesù alla samaritana ed ella non ha che l’acqua della sua religiosità da offrire. L’uomo ha sempre cercato luoghi e formule per “legarsi” a Dio ed ottenere il suo favore. E Gesù a lei: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice ‘Dammi da bere’, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva”. Possiamo chiederci: Che acqua c’è in me? Dove cerco io oggi l’acqua per la mia sete? A quale fonte mi disseto? E alla donna che dice: “Sì, so che deve venire il Messia”, Gesù annuncia: “Sono io che parlo con te!”. Io ho per te un’acqua che toglie la sete in eterno. Il cristianesimo, compreso bene, non è una religione. Tantomeno un potere che si impone nella politica, nell’economia, o nella cultura... Il Cristianesimo è acqua che disseta, acqua che zampilla per la vita eterna: nel deserto della vita, davanti al mistero della croce – una croce che non è un’invenzione cristiana, ma il pane amaro che segna il nostro cammino, o troviamo una risposta o ne restiamo schiacciati. “Signore, dammi quest’acqua”, esclama la samaritana, una risposta che è anche nostra oggi. È il dono dello Spirito Santo, frutto della Pasqua, che sazia infinitamente il cuore dell’uomo e lo lancia nella missione: “Levate i vostri occhi e guardate i campi”. Come non dare la vita per portare quest’acqua fino agli estremi confini della terra?

(don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma)


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(*): In questo blog, sulla donna samaritana vedi anche  i seguenti post:

27 Mar 2011
Questa III Domenica di Quaresima è caratterizzata dal celebre dialogo di Gesù con la donna Samaritana, raccontato dall'evangelista Giovanni. La donna si recava tutti i giorni ad attingere acqua ad un antico pozzo, risalente ...

26 Mar 2011
Nella dinamica, propria del cristianesimo, avviene un incontro: una donna samaritana, persona con cui per un giudeo non era possibile intrattenere rapporti, benché minimi, incontra Gesù. Il luogo dell'incontro è un pozzo, ...

26 Mar 2011
Come già l'incontro tra Cristo e Nicodemo anche quello con la Samaritana obbedisce a questo duplice livello, uno cronologico e uno simbolico. Se il primo incontro fu tra Gesù e un esponente dell'ortodossia ebraica, ...

26 Mar 2011
In Gv. 4 si racconta l'incontro di Gesù con una donna samaritana e, dice la Parola, che Gesù si stava spostando verso la Galilea, proveniva dal Sud, dalla Giudea, e quindi “doveva” attraversare la Samaria (imperativo c.d. ...

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III DOMENICA DI QUARESIMA - A
(Domenica della Samaritana)


MESSALE
Antifona d'Ingresso  Sal 24,15-16
I miei occhi sono sempre rivolti al Signore,
perché libera dal laccio i miei piedi.
Volgiti a me e abbi misericordia, Signore,
perché sono povero e solo.

Oppure:
  Ez 36,23-26
«Quando manifesterò in voi la mia santità,
vi raccoglierò da tutta la terra;
vi aspergerò con acqua pura
e sarete purificati da tutte le vostre sozzure
e io vi darò uno spirito nuovo», dice il Signore.

Colletta
Dio misericordioso, fonte di ogni bene, tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno, la preghiera e le opere di carità fraterna; guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria e, poiché ci opprime il peso delle nostre colpe, ci sollevi la tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
 
Oppure:

O Dio, sorgente della vita, tu offri all'umanità riarsa dalla sete l'acqua viva della grazia che scaturisce dalla roccia, Cristo salvatore; concedi al tuo popolo il dono dello Spirito, perché sappia professare con forza la sua fede, e annunzi con gioia le meraviglie del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  Es 17, 3-7
Dacci acqua da bere.

Dal libro dell'
Èsodo.In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?».
Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!».
Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà».
Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».


Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 94
Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore.
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».
 

Seconda Lettura
 
Rm 5, 1-2. 5-8
L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo 
dello Spirito Santo che ci è stato dato. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.
La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.


Canto al Vangelo
  Cf Gv 4,42.15
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!
Signore, tu sei veramente il salvatore del mondo;
dammi dell'acqua viva, perché non abbia più sete.
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!
   
   
Vangelo  Gv 4, 5-42 (forma breve: Gv 4,5-15.19-26)
Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna.

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 
] Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica la donna: «Signore, 
vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». ]
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». ]

*


IL COMMENTO

"Uniti a Cristo nostro Sposo la vita si trasforma in una fonte di acqua viva"

Commento al Vangelo della III Domenica del Tempo di Quaresima - Anno A

Il Signore ci aspetta. Aspetta te, me, ogni uomo di ogni tempo. Aspetta quanti non vanno più in chiesa, come quelli che ci vanno ogni giorno. Aspetta vescovi e preti, suore e missionari. Ci aspetta dove ci rechiamo ogni giorno ad "attingere acqua".
Per cercare i suoi figli perduti, oltrepassa ogni barriera, per giungere fin dove siamo precipitati separandoci da Lui. Non teme di parlarci, samaritani eretici che abbiamo scelto di “non avere buoni rapporti con Lui”.
Ci ama di amore infinito, Lui sa che l’unica felicità sorge da un buon rapporto con Lui, il migliore, il più completo, quello di uno Sposo con la sua sposa. Ma per sposarci e unirsi a noi occorre che ci spogli di ogni menzogna.
“Dammi da bere”: comincia lo scrutinio del nostro cuore. Per dare da bere occorre avere acqua. Per dare la vita, alla quale l'acqua è intimamente legata, occorre averne in sovrabbondanza. Ma quella donna, come ciascuno di noi, probabilmente non ci aveva mai pensato. Continuava a recarsi ogni giorno a quel "pozzo profondo" meccanicamente. 
Come accade a te, che in ogni circostanza devi sforzarti, con risultati fallimentari. Ogni giorno, che fatica... Papà, mamme, preti, suore, impiegati, studenti, tutti condannati a sudare. 
Ma proprio qui il Signore ci aspetta per salvarci: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è Colui che ti dice dammi da bere, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva". Ah, c'è qualcosa e Qualcuno che non conosciamo!  
Ci rechiamo stancamente allo stesso pozzo perchè non conosciamo il dono di Dio e chi ci sta chiedendo di dargli da bere. Il demonio ci ha nascosto la verità, ci ha detto che Dio è geloso di noi e viene sempre a chiederci senza darci nulla di quello che desideriamo. Gli abbiamo creduto consegnandogli il "dono di Dio", e ci ha dato in cambio lo sforzo. Gli abbiamo affidato la vita e ci ha dato la morte.
"Il pozzo è profondo" io lo so bene Signore. "Non hai un mezzo per attingere", per caso "sei più grande del nostro padre Giacobbe?", cioè, sei Dio? "Da dove hai dunque quest'acqua?". Ecco, magari potessimo rivolgere anche noi a Cristo questa domanda.
È il primo passo sul cammino della conversione. Accettare di non conoscere e per questo chiedere. Sulla soglia di ogni speranza nascosta e fragile Gesù annuncia la notizia capace di cambiare la vita, il cuore e il modo di pensare.
C'è un'acqua che disseta davvero che si trasforma in "sorgente d'acqua viva". Era questo il "dono" preparato da Dio per ogni uomo che il demonio ci ha rubato. 
Oggi il Signore è davanti a noi per restituirci quello che ci appartiene riprendendosi, con amore e misericordia, la sua sposa perduta.
Nella vita, infatti, anche noi abbiamo avuto “cinque mariti”, come le cinque divinità con cui i Samaritani avevano contaminato il culto di Israele. E’ il sincretismo che abbiamo nel cuore, una candela a Padre Pio e una causa contro il vicino di casa.
Nemmeno l'uomo con cui condividiamo oggi la nostra vita è nostro "marito", perché non siamo fatti per il secchio d’acqua che stringiamo tra le mani. 
Ma chi, se non la Chiesa, ha il coraggio di dirci la verità sui nostri adulteri? Non certo il mondo che ha capovolto la realtà affermando come bene proprio quello che ci avvelena.
E dove potremo spogliarci senza vergogna e timore di essere giudicati, confessandoci adulteri e peccatori se non nell'abbraccio materno e misericordioso della Chiesa? Non certo tra parenti, amici e colleghi, che prima esaltano il male e poi condannano i peccatori senza pietà. 
Non a caso il Vangelo di questa Domenica fa parte dell’itinerario di preparazione dei catecumeni ai sacramenti del Battesimo, Confermazione ed Eucarestia, che avveniva nella grande Veglia della notte di Pasqua. 
Tutti abbiamo bisogno di percorrere una seria iniziazione cristiana dove incontrare Cristo, il “profeta” che conosce tutto di noi. Un cammino di fede nel quale il Signore, con la Parola, i sacramenti e la guida di pastori e catechisti, trapassi come una Tac il nostro cuore rivelandoci l'origine del nostro male per strapparlo con il perdono e deporvi il "dono di Dio". 
Lo Spirito Santo in noi ci unisce a Cristo nello stesso amore. Allora la Legge, il dono secondo la tradizione ebraica, sarà scritta nei nostri cuori e sigillata con il fuoco dell'amore.  
Solo confessando i nostri peccati e accogliendo il dono di Dio ritroviamo la verità e l'autenticità della nostra vita. La sete e la fame non sono per essere appagate ma per appagare; la vita ci è data per essere perduta, consegnata, non per difenderla e adulterarla. 
Uniti a Cristo nostro Sposo la vita si trasforma in una fonte di acqua viva che zampilla senza esaurirsi; lo Spirito Santo, il soffio eterno dell'amore di Dio scaturisce dall'intimo di noi stessi dove dimora il cuore stesso di Cristo. Esso palpita per compiere l'opera del Padre, la sua volontà di salvezza per ogni uomo. 
Con Lui possiamo oggi levare lo sguardo e scorgere, al di là di ogni difficoltà, sofferenza, fallimento, al di là della Croce, il "grano che biondeggia per la mietitura". Lui "ha faticato" in ogni istante della nostra vita, come in quello della storia del mondo. Lui ha consegnato la sua vita perché potessimo mietere la sua vittoria nel matrimonio, nel fidanzamento, al lavoro, in noi stessi. 
"Quattro mesi appena", il tempo della pazienza amorevole, e la Parola del Vangelo "raccoglierà il frutto per la vita eterna". E' questo il senso del tempo che ci è dato, il criterio con cui entrare ogni giorno nella storia. La fede che vede la risurrezione attraverso la Croce e la tomba. 
E' grano che biondeggia per accogliere Cristo ogni persona in cui ci imbattiamo: il collega astioso, la moglie nevrotica, il marito irascibile, i figli testardi, l'amico che tradisce, il vicino avaro. Grano che biondeggia come siamo ciascuno di noi, rigenerati dall'amore di Dio.

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Commento di Enzo Bianchi, Priore di Bose

Dopo averci presentato le tentazioni di Gesù e la sua trasfigurazione, nell’annata liturgica A la chiesa propone, attraverso brani del quarto vangelo, un percorso che ci aiuta ad approfondire le valenze del battesimo. Oggi meditiamo sull’incontro tra Gesù e la donna samaritana.
Dalla Giudea Gesù deve ritornare in Galilea, e potrebbe farlo risalendo la valle del Giordano. La strada era più piana, più sicura e permetteva di non dover attraversare la Samaria, regione montuosa ma soprattutto terra ostile ai giudei. Invece – precisa il testo – Gesù “doveva” passare in Samaria, particolare che esprime una “necessità divina”: in obbedienza a Dio, proprio perché la sua missione non è ristretta solo ai giudei, Gesù attraversa quella terra.
E così incontra dei nemici: i samaritani erano sì ebrei, ma da alcuni secoli si erano separati dagli altri, dai giudei, fino a rinnegare il tempio di Gerusalemme e a costruirne uno nuovo sul monte Garizim… Da allora regnava inimicizia tra giudei e samaritani, ritenuti impuri e idolatri, al punto che quando alcuni giudei vorranno rivolgere a Gesù l’insulto più infamante gli diranno: “Sei un samaritano, un indemoniato!” (Gv 8,48). Eppure Gesù accetta di incontrare anche questi nemici religiosi, si fa samaritano tra i samaritani.
Nell’ora più calda del giorno giunge in Samaria, “affaticato per il viaggio”, e va a sedersi vicino al pozzo di Sicar, il pozzo di Giacobbe (cf. Gen 33,18-20). È stanco e assetato ma non ha alcun mezzo per attingere acqua. Sopraggiunge anche una donna che, a causa del suo comportamento immorale pubblicamente riconosciuto, è costretta a uscire per strada a quell’ora, per non incontrare sguardi di disprezzo.
Mentre la donna maneggia la corda e l’anfora, Gesù le chiede: “Dammi da bere”. Al sentire quelle parole nella lingua dei giudei essa si meraviglia: qualcuno che è nella sua stessa condizione di assetato le chiede da bere, le chiede ospitalità, ma è un nemico, uno che dovrebbe sentirsi superiore a lei. Una donna, una samaritana, un’immorale poteva aspettarsi da un giudeo solo disprezzo; egli invece le chiede qualcosa, si fa mendicante presso di lei. Ecco la vera autorità vissuta da Gesù: la sua capacità – come indica il termine latinoauctoritas, da augere – di aumentare l’altro, di farlo crescere, di renderlo soggetto.
La donna, stupita, domanda a Gesù: “Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me che sono una donna e per di più samaritana?”. Quale abbassamento! È questo ciò che la colpisce… Allora Gesù, incurante di abbattere questa ennesima barriera sociale e religiosa, inizia a svelare se stesso: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: ‘Dammi da bere!’, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva!”.
La donna ha sete, Gesù ha sete: ma, in realtà, chi dà da bere all’altro? C’è una sete di acqua di Gesù e della donna, resa più impellente dal caldo, ma c’è pure un’altra sete che a poco a poco emerge tra le righe… Nella Bibbia il pozzo, fonte di acqua per la vita degli umani, è anche simbolo della sorgente della vita spirituale dei credenti. Per questo, secondo la tradizione ebraica, il pozzo con la sua acqua profonda, fresca, dissetante, rappresenta la Parola di Dio contenuta nelle sante Scritture, in particolare la Torah donata da Dio attraverso Mosè.
Gesù sa – e glielo dice apertamente – che questa donna, figura della Samaria adultera (cf. Os 2,7), ha cercato di placare la sua sete attraverso vie sbagliate: ha avuto diversi uomini, ha bevuto ogni sorta di acqua… E così le svela la sua condizione, ma senza rimproverarla o condannarla, bensì invitandola ad aderire alla realtà e, di conseguenza, a fare ritorno al Dio vivente.
La donna accetta di mettersi in gioco e riceve in cambio una promessa straordinaria: “Quest’acqua”, così come la Legge di Mosè, “non disseta per sempre. Ma chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno; anzi, diventerà in lui sorgente che zampilla per la vita eterna”. Gesù le annuncia l’inaudito, l’impossibile: egli dà un’acqua che si trasforma in una sorgente dentro il cuore di chi aderisce a lui. E bere di quest’acqua significa scoprire in sé una fonte inesauribile, perché quell’acqua è lo Spirito effuso da Gesù nei nostri cuori (cf. Gv 7,37-39; 19,30.34)!
La samaritana comincia a intuire qualcosa, e ora è lei a porre una domanda a Gesù: “Signore, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete”. Ma al di là dell’acqua deve trovare chi è la fonte, dietro al dono deve scoprire il donatore. Deve dunque abbassarsi a riconoscere di essere una donna incapace di comunione, di comunicazione vera, di relazione autentica con un uomo; una donna nella miseria, una donna che conosce padroni ma non uno sposo, una donna alienata e sempre abbandonata. Scoprendo in verità se stessa, scopre che Gesù è profeta, e allora gli chiede dov’è possibile adorare Dio, cioè iniziare un’autentica vita di servizio al Dio vivente e vero: a Gerusalemme o sul monte Garizim?
A questo punto Gesù le annuncia: “Viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità”, cioè nello Spirito santo e in Gesù Cristo che è la Verità (cf. Gv 14,6). Sì, il luogo dell’autentica liturgia cristiana non è più un tempio di pietre ma la persona umana, corpo di Cristo (cf. 2Cor 13,5) e tempio dello Spirito (cf. 1Cor 6,19)!
Di fronte a queste parole di Gesù, la samaritana osa confessare la propria attesa: insieme alla sua gente attende il Messia, attende colui che svelerà tutto. Ed è solo al termine di questo dialogo che Gesù le dice: “Io sono – il Nome di Dio (cf. Es 3,14) – che ti parlo”. La donna si è svelata nella sua miseria, Gesù si svela nella sua verità di Messia, di Cristo, inviato da Dio secondo le promesse.
Ma ormai l’incontro umanissimo con Gesù ha trasformato questa donna in una creatura nuova, rendendola testimone ed evangelizzatrice. Ecco perché, “lasciata la sua anfora” – gesto che dice più di tante parole! –, corre in città ad annunciare a tutti di aver incontrato il Messia. Per la samaritana testimoniare è innanzitutto ricordare i fatti, gli eventi, raccontare la propria esperienza: qualcosa di decisivo è avvenuto nella sua vita, essa ne è stata toccata, ferita, e ciò ha provocato in lei un mutamento, una conversione.
E dopo aver ricordato i fatti suggerisce un’interpretazione: “Che sia lui il Messia?”. Non impone a quanti la ascoltano un dogma, né una verità espressa in termini rigidi, ma propone una lettura che permetterà loro di fare una scelta nella libertà, mossi dall’amore. Suggerisce più che concludere, e così facendo accende il desiderio dell’incontro, che mette in movimento queste persone.
“La fede nasce dall’ascolto” (Rm 10,17), dirà l’Apostolo: dall’ascolto di Gesù è nata la fede della samaritana, dall’ascolto della samaritana è nata la fede della sua gente. E dalla fede procede la conoscenza, dalla conoscenza l’amore: questo è l’evento cristiano, mirabilmente narrato nell’incontro di due persone assetate!

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Quaresima: l'incontro di due seti

Lectio Divina per la III Domenica di Quaresima - Anno A



Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la III Domenica di Quaresima (Anno A).
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LECTIO DIVINA
Quaresima: l'incontro di due seti
Rito Romano – III Domenica di Quaresima – Anno A – 23 marzo 2014
Es 17,3-7; Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42
La sete di Gesù e quella della Samaritana.
Rito Ambrosiano – III Domenica di Quaresima
Es 34,1-10; Sal 105; Gal 3,6-14; Gv 8,31-59
Domenica di Abramo.
1) Un Povero che chiede per poter donare.
Nel suo esodo Gesù passa per la Samaria e si ferma al pozzo di Giacobbe nei pressi della città di Sicar. Si siede su muretto che cinge il pozzo perché è stanco di camminare, ha sete, ma è povero e non ha mezzi per attingere l’acqua. Aspetta che venga qualcuno che possa attingere l’acqua per lui e dissetarlo, ma la sua umile richiesta è un “pretesto” per poter donare se stesso.
Cristo è così assetato di noi che non esita a chiedere dell’acqua per il suo corpo e così poter offrire se stesso come sorgente di acqua che disseta per sempre, perché sa che quanti vanno al pozzo a prender l'acqua ha sete di un'altra acqua, anche se credono di non averne bisogno.
Cristo ha sete, ma la sua non è solo una sete fisica, è spirituale: ha sete di noi, che oggi siamo rappresentati dalla Samaritana. Gesù si fa buon Samaritano alla samaritana e, proponendo un’acqua che disseta anche il cuore, la invita alla conversione,.
In fondo che cosa significa “conversione”? 
Non è solo un atto della volontà, ma è una risposta all'Amore di Dio che si è fatto strada nel nostro spesso complicato, confuso o disordinato modo di vivere, che ci rende assetati di tutto. Chiediamo a Cristo di versare anche nei nostri cuori il vero amore così da avere un costante desiderio di Lui e il deserto della vita fiorirà, e saremo nelle sue mani amorose e salde, sempre.
Il cammino di conversione, che il cuore della donna di Samaria percorre, non è senza resistenze. La ricerca di Dio da parte dell'essere umano corre sempre il pericolo di rinchiudersi in se stessa, è sempre minacciata, quindi l’evangelista Giovanni mette a nudo le radici di questa chiusura su se stessi, mettendo in evidenza che, all’inizio, la Samaritana non capisce. In effetti quando  si lascia andare al suo istinto e ad allasua reattività, l’uomo non è più capace né di capire la parola di Dio, né di interpretare correttamente le proprie attese. Il cuore ha sete e come una cerva anela all’acqua, ma la cerca in modo sbagliato, con delle pretese e dei pregiudizi. La donna intuisce qualcosa del dono di cui Cristo parla (l'acqua), ma lo interpreta sul metro delle proprie preoccupazioni: “Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua” [1].
La tentazione di chi cerca Dio è sempre di rinchiudere il dono di Dio dentro la propria attesa. Ma Dio non si lascia rinchiudere nelle attese dell'uomo: le dilata. La donna cerca di situare Gesù nelle categorie religiose tradizionali, ma Gesù non esita a mostrare la loro inadeguatezza. Per due volte – a proposito del dono dell'acqua e del luogo del culto – la donna evoca la grandezza dei patriarchi [2]), evoca il passato: la sua ricerca è chiusa nel passato. Gesù la costringe a guardare al futuro e a prendere coscienza che nel mondo è arrivata la novità e che questa rinnova il problema dalle fondamenta. La novità non sta in qualcosa che disseta il corpo arido, ma in Qualcuno che disseta il cuore ricolmandolo,
Già san Paolo aveva compreso che Gesù è “l'acqua che disseta”, quando affermò: “E la Roccia era Cristo” [3], in riferimento al testo della prima lettura di oggi. Alle volte possiamo forse sentirci messi alla prova dall'arsura della sete, ma Gesù ci sarà sempre vicino con l'acqua viva del suo amore. L'acqua che è Cristo stesso non soltanto disseta, ma purifica e dà vita. Infatti, dal costato aperto di Cristo sono sgorgati acqua e sangue, simbolo dei sacramenti del battesimo e dell'eucaristia. Ma non è sufficiente essere dissetati, purificati, vivificati dall'Acqua di Cristo. Quest'acqua non è soltanto per noi, è per tutti.
La Samaritana lo ha capito. Ha lasciato per qualche istante Gesù ed è andata in città, facendosi “missionaria” verso i suoi concittadini. L’umanità intera ha bisogno di essere dissetata e lavata da quest'acqua di Cristo. La prima è che la donna, giunta al punto in cui Gesù intendeva condurla, lascia le sue precedenti preoccupazioni e corre in città (cf. Gv4,28). Il suo incontro con Cristo si fa comunitario, il suo cammino diventa missionario.
Questo ricerca e questo incontro della donna di Samaria e dei suoi concittandi è, ovviamente, un'immagine del cammino di ogni uomo verso Dio.
2) La sete di Gesù Maestro.
Il Vagolo ci parla di un ambiente “scolastico” inconsueto, un pozzo, e un maestro inatteso: Dio. Un Maestro che oggi sceglie come cattedra un muretto, per insegnare non dall’alto ma all’altezza del cuore, e come ascoltatore una donna. Di questo fatto se ne stupirono per primi i discepoli sia perché era samaritana [4] e sia perché era donna che non sapevano ancora che la Chiesa di Cristo avrebbe posto una Donna quale mediatrice tra i figli e il Figlio. La Madonna che riunì in sé, unica fra tutte, le due supreme perfezioni della donna: la Vergine e la Madre, che soffrì per noi dalla notte della nascita a quella della morte di Gesù, fratello nostro.
Un Maestro che per fare attingere la verità dal suo cuore, chiede da bere. Nel Vangelo solo due volte è detto che Gesù ha sete: in questo incontro con la samaritana e sulla Croce. E dalla Croce continua a dire “ho sete”, rivolgendosi a ciascuno di noi, perché di ognuno di noi ha sete e ci dice: “Conosco il tuo cuore, la tua solitudine e il tuo dolore, le reazioni, i giudizi e le umiliazioni. lo ho sopportato tutto questo prima dite. Ho portato su di Me tutto questo per te affinché tu possa dividere anche la Mia potenza e vittoria. Conosco specialmente il tuo bisogno di amore e di bere alla fonte dell'amore e della consolazione. Quante volte la tua sete è stata vana; dissetandoti in modo egoistico, riempiendo la tua sete di piaceri illusori, cioè la vacuità ancora più grande del peccato! Hai sete di amore? “Venite a Me o voi assetati...” (Gv. 7,37). Io vi darò da bere fino a pienezza. Hai sete di essere amato? Ti amo più di quanto puoi immaginare, al punto di morire in croce per te.
Ho sete del tuo amore. Sì, questo è il solo modo di dirti il Mio amore: HO SETE DI TE. Ho sete di amarti e di essere amato. Per dimostrarti quanto sei prezioso per Me! HO SETE DI TE. Non dubitare mai della Mia Grazia, del mio desiderio di perdonarti, di benedirti e di vivere la mia vita in te. HO SETE DI TE. Aprimi, vieni a me, sii assetato di me, offrimi la tua vita. E io ti dimostrerò quanto conti per il Mio cuore”. [5] Gesù Cristo, Figlio di Dio, ha sete della nostra sete (cfr San Gregorio di Nazianzo), ha desiderio del nostro desiderio. Ha bisogno di noi, ha sete di fratelli.
La nostra domanda è risposta alla sete di Cristo. Non è poi così paradossale affermare che La nostra preghiera di domanda è una risposta. E’ un dato di fatto. Con la forza dell’amore siamo chiamati a rispondere al lamento del Dio vivente: “Essi hanno abbandonato me, sorgente d'acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate” [6], risposta di fede alla promessa gratuita di salvezza [7], risposta d'amore alla sete del Figlio unigenito [8].
A tutti si rinnova l’invito di Dio: “O voi tutti assetati venite all'acqua, chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate senza denaro e senza spesa, vino e latte” [9], “Chi ha sete venga, chi vuole prenda in dono dell'acqua della vita” [10]. E’ un chiaro invito di Gesù Cristo a tutti gli uomini. E’ un incoraggiamento a “bere” dalla fonte eterna: l'unica che toglie la sete del cuore e della mente, che guarisce l’anima e il corpo, l’unica che dona salvezza, la sola che dà la felicità che dura per sempre.
Ma teniamo ben presente che questa acqua scaturisce anche da coloro che hanno creduto in Lui come Salvatore, i quali, simili a vasi di terra, sono chiamati ad essere ripieni dell'Acqua della Vita [11] e si dispongono umilmente a condividerla. 
Le Vergini Consacrate sono chiamate a vivere questa condivisione mediante la consacrazione, la donazione totale a Dio, da loro portato come vasi sacri, fragili come la creta ma forti della grazia, da cui attingere l’amore che dio ha riversato in loro.
Le Vergini consacrate, poi, con la loro dedizione assisua alla preghiera testimoniano che la preghiera e la vita spirituale autentica sono simili alla pulsione primaria, istintiva della sete che è bisogno primario ed elementare. È una necessità quasi “animalesca”, analoga a quella che il profeta Geremia raffigurava nella brama degli asini selvatici, che durante la siccità “si fermano sulle alture e aspirano l’aria come sciacalli” a causa delle fauci riarse, “mentre i loro occhi languiscono, perché non si trova più erba” [12]
Ma il vivere la preghiera e la vita come risposta alla sete di Dio permette a loro, ed anche a noi di pregare così: “Il tuo amore è più dolce della vita, le mie labbra ti celebrano” [13]. Queste donne testimoniano di aver capito la lezione di Gesù alla Samaritana. Non cercano Dio sulla montagna di Samaria né di Sion, Lo cercano e trovano dentro il loro cuore come pozzo da cui sgorga acqua di vita eterna. Sono assetate di Dio e per questo il loro Rituale per la Consacrazione cita il Salmo 41: “Come un cervo assetato cerca l’acqua viva, così la mia anima cerca te, Dio mio” (v. 2). Poi dissetate da Dio, “sono consacrate al culto divino della lode e del servizio a tutti gli uomini” (cfr aggiunta alla Preghiera eucaristica IV durante la Messa per la loro Consacrazione).
Con la loro vita queste donne dicono, come Abramo [14]: “Mi fido di Te; mi affido a Te, Signore”. Ess ci richiamono che credere in Dio significa fondare su di Lui la mia vita, lasciare che la sua Parola la orienti ogni giorno, nelle scelte concrete, senza paura di perdere qualcosa di se stessi, senza esitare a consacrarsi a Dio, completamente.
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NOTE
[1] Gv 4,15.
[2] Gv 4,12.20.
[3] 1 Cor 10,4,
[4] Non dobbiamo dimenticare che tra Ebrei e samaritani non correva buon sangue da quando questi ultimi si erano formati un regno ed un culto autonomo. Erano degli scismatici, e per di più mescolati con coloni stranieri (assiri) praticanti culti pagani. I rapporti erano improntati ad ostilità: condannati quelli personali, evitato persino l'attraversamento della regione, situata tra Giudea e Galilea, seguendo un percorso ben più lungo, pur di evitarli.
I Samaritani al Tempio di Gerusalemme contrapponevano il loro sul monte Garizim. E' chiaro che per i Giudei questo rappresentava un fatto gravissimo, perché essi consideravano essenziale l'unicità del Tempio, luogo della presenza di Jahvé in mezzo al popolo.
[5] Preghiera della B. Teresa di Calcutta, che ha voluto che accanto al Crocifisso posto dietro l’altare di ogni cappella delle Case delle sue Suore ci sia scritto “I THIRST” = Ho sete. Può essere utile consultare  http://www.motherteresa.org.
[6] Ger 2,13.
[7] Cfr Gv 7,37-39; Is 12,3; 51,1.
[8] Cfr Gv 19,28; Zc 12,10; 13,1.
[9] Is 55,1.
[10]Ap 22,17.
[11]Gv 7,38-39.
[12] Ger  14,6.
[13] Sal 63,4.
[14] A questo Patriarca è “dedicata” la II domenica di quaresima del Rito Ambrosiano. Abramo, il credente, ci insegna la fede; e, da straniero sulla terra, ci indica la vera patria. La fede ci rende pellegrini sulla terra, inseriti nel mondo e nella storia, ma in cammino verso la patria celeste. Credere in Dio ci rende dunque portatori di valori che spesso non coincidono con la moda e l’opinione del momento. In tante nostre società Dio è diventato il ‘grande assente’ e al suo posto vi sono molti idoli, diversissimi idoli e soprattutto il possesso e l’‘io’ autonomo. E anche i notevoli e positivi progressi della scienza e della tecnica hanno indotto nell’uomo un’illusione di onnipotenza e di autosufficienza, e un crescente egocentrismo ha creato non pochi squilibri all’interno dei rapporti interpersonali e dei comportamenti sociali. Eppure la sete di Dio non si è estinta e il messaggio evangelico continua a risuonare attraverso le parole e le opere di tanti uomini e donne di fede.

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LETTURA PATRISTICA
  Dalle "Catechesi" di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo
(Catech. 16, sullo Spirito Santo 1,11-12.16; PG 33,931-935.939-942)
L'acqua viva dello Spirito Santo
"L'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna" (Gv 4,14). Nuova specie di acqua che vive e zampilla, ma zampilla solo per chi ne è degno. Per quale motivo la grazia dello Spirito è chiamata acqua? Certamente perché tutto ha bisogno dell'acqua. L'acqua è generatrice delle erbe e degli animali. L'acqua della pioggia discende dal cielo. Scende sempre allo stesso modo e forma, ma produce effetti multiformi. Altro è l'effetto prodotto nella palma, altro nella vite e così in tutte le cose, pur essendo sempre di un'unica natura e non potendo essere diversa da se stessa. La pioggia infatti non discende diversa, non cambia se stessa, ma si adatta alle esigenze degli esseri che la ricevono e diventa per ognuno di essi quel dono provvidenziale di cui abbisognano.
Allo stesso modo anche lo Spirito Santo, può essendo unico e di una sola forma e indivisibile, distribuisce ad ognuno la grazia come vuole. E come un albero inaridito, ricevendo l'acqua, torna a germogliare, così l'anima peccatrice, resa degna del dono dello Spirito Santo attraverso la penitenza, porta grappoli di giustizia. Lo Spirito appartiene ad un'unica sostanza, però, per disposizione divina e per i meriti di Cristo, opera effetti molteplici.
Infatti si serve della lingua di uno per la sapienza. Illumina la mente di un altro con la profezia. A uno conferisce il potere di scacciare i demoni, a un altro largisce il dono di interpretare le divine Scritture. Rafforza la temperanza di questo, mentre aq uello insegna la misericordia. Ispira a un fedele la pratica del digiuno, ad altri forme ascetiche differenti. C'è chi da lui apprende la saggezza nelle cose temporali e chi perfino riceve da lui la forza di accettare il martirio. Nell'uno lo Spirito produce un effetto, nell'altro ne produce uno diverso, pur rimanendo sempre uguale a se stesso. Si verifica così quanto sta scritto: "A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune" (1Cor 12,7).
Mite e lieve il suo avvento, fragrante e soave la sua presenza, leggerissimo il suo giogo. Il suo arrivo è preceduto dai raggi splendenti della luce e della scienza. Giunge come fratello e protettore. Viene infatti a salvare, a sanare, a insegnare, a esortare, a rafforzare e a consolare. Anzitutto illumina la mente di colui che lo riceve e poi, per mezzo di questi, anche degli altri.
E come colui che prima si trovava nelle tenebre, all'apparire improvviso del sole riceve la luce nell'occhio del corpo e ciò che prima non vedeva, vede ora chiaramente, così anche colui che è stato ritenuto degno del dono dello Spirito Santo, viene illuminato nell'anima e, elevato al di sopra dell'uomo, vede cose che prima non conosceva.