venerdì 14 marzo 2014

Bufale e pecoroni


Il vescovo che dice che «il sesso orale non è peccato se si pensa a Gesù»? Una balla (e nemmeno la più grave)

di Emanuele Boffi   Tempi.it
Ma come si fa a rilanciare una balla del genere? Ieri (e ancora oggi) su molti siti italiani (Il Giornale, Libero,  Leggo, Lettera43, TGCOM - nota dell’admin)  è stata riportata la notizia che l’arcivescovo di Granada, Francisco Javier Martínez, avrebbe scritto nel libro Cásate y sé sumisa (la versione spagnola del libro Sposati e sii sottomessa di Costanza Miriano) che «il sesso orale non è peccato se si pensa a Gesù».
Gli elementi per riprendere una frase del genere ci sono tutti: un importante uomo di Chiesa, il sesso, la balordaggine che questo non sia peccato «se si pensa a Gesù». Ci si aspetterebbe, da chi fa informazione, almeno una verifica della fonte.
Ma, si sa, tira più un clic di mille carri di verifiche. E infatti è una bufala, inventata, tempo fa, da un sito satirico spagnolo (una sorta di Lercio.it o Il Vernacoliere – nota dell’admin). La frase – ripresa da un sito messicano – diventa virale, circola sul web, fa il giro di internet. È successo questa volta, come tante altre volte.
Ma questo è solo un aspetto della vicenda. Quel che, forse, dovrebbe fare ancora più riflettere è il fatto che molti siti per, diciamo così, “avvalorare” la notizia, hanno voluto ricordare ai loro lettori che Martínez è un vescovo «ultraconservatore» da sempre «contrario all’aborto». Capito come è ridotta l’informazione? Non solo scambia le panzane per notizie, ma ci vuole fare credere che anche la contrarietà all’aborto è una panzana.
*Corre la bufala del sesso orale "assolto" da un vescovo
di Rino Cammilleri


Ricordate le polemiche suscitate in Spagna dal libro di Costanza Miriano Spòsati e sii sottomessa? Richieste di messa al bando, di censura almeno sul titolo, interrogazioni parlamentari, manifestazioni di protesta contro Cásate y sé sumísa, con bersaglio, al solito, la Chiesa. I fenomeni anticlericali erano stati particolarmente virulenti a Granada, alla cui arcidiocesi sovrintende un prelato senza peli sulla lingua, Francisco Javier Martínez, già finito nel mirino per aver detto che l’aborto è un genocidio silenzioso. Definito ultraconservatore (mentre fa solo il suo mestiere di vescovo cattolico), non gliene perdonano una, tanto che nel 2007 fu condannato in tribunale a pagare un risarcimento a uno dei suoi preti che lui avrebbe «intimidito».
Nei giorni della polemica contro la Miriano, la cui traduzione spagnola era stata pubblicata da un’editrice diocesana, si era mossa addirittura la ministra della sanità (con delega ai servizi sociali e all’Eguaglianza), Ana Mato, e aveva chiesto il ritiro di quel libro in quanto non condivisibile dalla «maggioranza della società». E a chi si era rivolta? Proprio al nostro arcivescovo, perché la casa editrice implicata, «Nuevo Inicio», dipendeva da lui. Naturalmente, il presule aveva educatamente mandato a quel paese sia la ministra che la pretesa «maggioranza della società» di cui lei si era autoeletta portavoce. Come al solito, quando i giacobini non riescono a prevalere per vie democratiche e legali, ricorrono alla piazza. E, se neanche con questa ottengono nulla, scatenano le loro truppe di riserva composte di nani&ballerine, comici&registi, vignettari&cantanti, i quali, avanzando sotto lo scudo della «satira», cominciano a demolire l’immagine del nemico ideologico indicato.
Così, nel novembre scorso, un sito «satirico» spagnoloeljueves.es, pubblicò una foto dell’arcivescovo di Granada con accanto il libro della Miriano, mettendogli in bocca una serie di «consigli spirituali» del tipo: «Mujer, practicarás felaciones a tu marido siempre que te lo ordene. Pero cuando lo hagas, piensa en Jesús. Recuerda: ¡No eres una pervertida!». O: «Sé una mujer del siglo XXI. Practica el coito de espaldas». Penso che non ci sia bisogno di traduzione. Il sito «satirico» precisava che tali esortazioni erano contenute nel libro dell’arcivescovo di Granada, che però se lo era fatto scrivere da un’italiana. Voi direte che non fa ridere. Ma alla «satira»  di parte non interessa tanto far ridere quanto demonizzare (termine che dice tutto) e distruggere moralmente l’avversario in attesa di procedere, circostanze permettendo, a quella fisica.
Ora, poiché quel che viene messo in internet ci resta per sempre, un sito messicano (stessa lingua) ha in questi giorni riesumato la storia dell’arcivescovo spagnolo che avrebbe detto: «Donne, praticate il sesso orale a vostro marito ogni volta che ve lo chiede. Ricordatevi che non è peccato se quando lo si fa si pensa a Gesù». La cosa, presa per vera, sta facendo il giro del mondo ed è stata rilanciata, in Italia, da testate non di secondo piano come TgcomLeggo e via elencando. Con l’aggiunta di qualche titolo redazionale a effetto, tipo «Chiesa spagnola nella bufera» o «Il prelato non è nuovo a questo genere di provocazioni». La bufala (si dice così in gergo giornalistico) è stata svelata dal sito qelsi.it e ci autorizza a una serie di (meste) riflessioni.
Una è questa: l’arcivescovo avrebbe potuto evitare tutto ciò adendo la magistratura spagnola per chiedere la rimozione della «satira» di novembre. Senza essere sicuro di avere ragione in tribunale. Per giunta, avrebbe fatto la figura di uno che non usa la «misericordia» e, per altri versi, sarebbe finito di nuovo sulle prime pagine. Ciò avrebbe offerto magari il destro a quelli che, tra i suoi colleghi, non lo amano per chiederne il trasferimento lontano dai riflettori, così da far tornare la calma piatta. Ma c’è dell’altro: un arcivescovo non può passare le sue giornate a esplorare continuamente internet alla ricerca di (brutte) cose che lo riguardano. E’ possibile, perciò, che il Nostro non si sia nemmeno accorto della «satira» novembrina dieljueves.es.
A questo punto occupiamoci dei giornali che si rimbalzano una notizia senza verificarla. Chi ha qualche dimestichezza con le redazioni sa che la fretta, talvolta isterica, vi regna sovrana: uno avvista una notizia, la comunica al suo capo il quale la giudica «carina» e autorizza a spararla in pagina. Il tutto in una manciata di secondi. E che succede quando altri avvisano che si tratta di bufala? Ahimè, è già domani e altre notizie incombono e affollano: non c’è tempo, non c’è spazio. Per carità, di cadere in equivoco può capitare a tutti quelli che fanno questo mestiere. È successo anche a me su queste colonne, ma il direttore mi ha subito chiesto rettifica e ho prontamente eseguito, scusandomi coi lettori. La differenza tra il buon giornalista e il riempi-pagine sta tutta qui. Sbagliare è umano, umanissimo; ma non cercare di rimediare, in questo campo, non è semplice trascuratezza, è molto peggio.
Nel caso di monsignor Martínez è come partecipare alla lapidazione di uno che neanche si conosce, giustificandosi col dire che lo stavano facendo tutti. Se Dio esiste (ed esiste), la responsabilità morale di quelli che si occupano di «comunicazione» è spaventosa, perché si tratta dello stesso Dio che ha detto che «la lingua uccide più della spada». Ma solo i «comunicatori» cattolici credenti e praticanti invocano lo Spirito Santo prima di vergare un solo rigo. Pur sapendo, con umiltà, che neanche questo li renderà infallibili.