lunedì 3 febbraio 2014

UDIENZA DEL PAPA COL CAMMINO NEOCATECUMENALE. I COMMENTI (3)



Comunità Neocatecumenali: 50 anni di buoni frutti


Riflessione del giornalista teologo Gennari dopo l’incontro tra il Papa e l'assemblea del Cammino

GIANNI GENNARIROMA

Sabato Francesco ha tenuto una sua “catechesi” papale a una festosissima assemblea delle Comunità Neocatecumenali ricevute in occasione del “mandato” missionario a decine di famiglie in partenza appunto per una “missione” in tanti paesi del mondo. L’incontro, ampiamente ripreso in diretta Tv dal Centro Televisivo Vaticano e trasmesso anche da “Tele2000”, si svolgeva nell’Aula delle Udienze strapiena e ha avuto una prima parte con l’intervento del “fondatore” delle Comunità, Kiko Arguello, che come sempre e da sempre ha parlato a lungo, appassionato e vibrante. 

Vedendolo e ascoltandolo è tornata alla mente anche la lunga serata in Brasile, ai margini della Giornata della Gioventù, nella quale avvenne anche allora l’incontro delle Comunità con Francesco: lunghissima introduzione di parole, canti, esortazioni e preghiere del Fondatore e dei suoi più vicini collaboratori e, dopo, un pensiero sostanziale, breve, ma ricco di contenuti, da parte di Francesco che richiama all’essenziale per tutti.

Anche sabato è andata così: il Papa è arrivato mentre già da molto tempo si festeggiava, si ascoltavano parole e anche canti da parte del Fondatore, ha ascoltato la parte che rimaneva e poi sorridente e vicino, fraterno e insieme sincero e… “papale” ha tenuto il suo discorso, breve, ma dai contenuti di grande rilievo, per chi conosce la storia della Chiesa degli ultimi 50 anni e in particolare delle Comunità neocatecumenali.

Questo discorso nella sua paterna chiarezza ha un valore di grande importanza.
In sostanza, sorridendo e guardando dritto ai suoi interlocutori, un insieme bellissimo di adulti e bambini, di giovani e anziani, di preti e laici, uomini e donne che hanno alle spalle lunghi anni di preparazione e davanti altri lunghi anni di “missione” nelle più diverse parti del mondo, Francesco ha ricordato tre cose essenziali. 

Eccole con le sue stesse parole.
La prima: “avere la massima cura per costruire e conservare la comunione all’interno delle Chiese particolari nelle quali andate ad operare (…) mettersi in ascolto della vita delle Chiese nelle quali i vostri responsabili vi inviano, …valorizzarne le ricchezze… soffrire per le debolezze se necessario, e camminare insieme… sotto la guida dei Pastori delle Chiese locali. La comunione è essenziale: a volte può essere meglio rinunciare a vivere in tutti i dettagli ciò che il vostro itinerario esigerebbe, pur di garantire l’unità (dell’) unica comunità ecclesiale, della quale dovete sempre sentirvi parte”.  

La seconda: “…vi farà bene pensare che lo Spirito di Dio arriva sempre prima di noi (…) Lo Spirito sempre ci precede…Anche nei posti più lontani, anche nelle culture più diverse…Da qui scaturisce la necessità di una speciale attenzione al contesto culturale nel quale voi famiglie andrete ad operare (…) Tanto più importante sarà il vostro impegno ad ‘imparare’ le culture che incontrerete…”.

La terza, infine: “…vi esorto ad avere cura gli uni degli altri, in particolare modo dei più deboli. Il Cammino Neocatecumenale…è una strada esigente, lungo la quale un fratello o una sorella può trovare delle difficoltà impreviste…La libertà di ciascuno non deve essere forzata, e si deve rispettare anche la eventuale scelta di chi decidesse di cercare, fuori dal Cammino, altre forme di vita cristiana che lo aiutino a crescere nella risposta alla chiamata del Signore”.

Parrebbero, e in fondo lo sono, parole da rivolgere a tutti i fratelli di ogni comunità cattolica, ma dette alle Comunità Neocatecumenali con la loro storia, ricca e complessa, la loro dinamica di presenza e azione in tante parti del mondo, cattolico o no, hanno un preciso significato certo fraterno, ma anche autorevolmente paterno e decisivo.

Primo: il rischio di sentirsi “Chiesa” con la “C” maiuscola e con una esclusiva forte, in autonomia dalla vita delle Chiese locali è da sempre presente in ogni nuova iniziativa ecclesiale. “Noi siamo Chiesa”, dove quel “noi” diventa più importante di “Chiesa”, non è solo qualcosa che riguarda movimenti detti di dissenso, ma è presente ovunque ci sia una esperienza ampia e profonda che inizia e vuole diffondersi, al punto da far credere che solo chi prende sul serio l’idea nuova, la parola e la regola del “fondatore”, chiunque esso sia, è davvero “la” Chiesa che serve in questo momento della storia… Di qui – storia che ha da sempre accompagnato il “neo catecumenale” – la tensione all’interno delle diocesi, della parrocchie, e talora l’assorbimento di tutta la realtà parrocchiale nell’unico sentiero della neocatecumenalità, con allontanamento di tante persone ed energie che dovrebbero poter convivere appunto nella “comunione” di tutti, in cammino con i Pastori.

Secondo, e conseguente al primo: il rischio di credere di aver diritto di cancellare tutto il passato di Chiesa altrui, quello che non ha il timbro di fabbrica del proprio “fondatore” e del regolamento della propria comunità è vissuto ovunque si arriva pensando di avere soltanto cose da insegnare, e nulla da “imparare”, perché si pensa di arrivare per primi con il “buon seme” della Parola eterna, senza pensare che ovunque andiamo il Signore ci ha già preceduto, in un modo magari misterioso, ma reale.

Terzo: l’idea che un fratello che ha iniziato il “cammino” con noi, nel momento in cui trova difficoltà ed esprime dubbi o perplessità va ammonito, spinto, forzato a rimanere adeguandosi a tutto oppure espulso con disonore, come traditore della fede e della Chiesa, identificata arbitrariamente con i confini della propria neo-comunità… Un difetto, questo, che siamo soliti verificare per esempio nella vita dei Testimoni di Geova, ma che a ben vedere è presente anche nelle comunità cattoliche, e non solo nei Neocatecumenali: l’idea che chi non è con noi non è cattolico, o che chi non vuole più essere con noi non solo non è più cattolico, ma è anche un traditore è una tremenda minaccia alla “carità” che poi è l’unica regola che nessuna rifondazione può smentire.

Sia chiaro: nessuno può negare che le comunità neocatecumenali hanno dato e danno tanti frutti positivi nella vita della Chiesa cattolica e della società moderna, e il “li riconoscerete dai frutti” è la regola di giudizio suggerita dal Signore stesso. Una storia di ormai quasi 50 anni parla per la bontà dei frutti, tanti, e le eventuali difficoltà non possono cancellare la sostanza bella e provvidenziale.

Un’appendice opportuna: personalmente conosco i Neocatecumenali dall’inizio della loro esperienza a Roma. Ero presente alle prime riunioni presso la chiesa dei Martiri Canadesi a viale XXI Aprile, ho incontrato in luoghi e circostanze diversi tanti neocatecumenali e tantissimi ottimi preti che guidavano “il Cammino” con frutti di conversione e di grazia diffusa… Credo di conoscere e stimare alcune coppie tra le prime a essere partite per la missione, provenienti dalla comunità parrocchiale della Natività di N. S. G. C. a Roma. Uno dei miei amici più antichi e cari, pur nella diversità di carattere e di impostazione di vita e anche di visione teologica, è da tanti anni Rettore del Seminario dei Neocatecumenali a Roma, “Redemptoris Mater”: ci vogliamo bene anche se ci vediamo raramente.

Evviva le Comunità neocatecumenali, dunque, che ora oltre l’approvazione degli Statuti hanno avuto anche questo speciale incoraggiamento di Francesco!

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INTERVISTA AD UNA DELLE FAMIGLIE INVIATE

Diversi i cardinali e quasi un centinaio i vescovi presenti all’incontro del Cammino Neocatecumenale con Papa Francesco. Tra le oltre 400 famiglie del Cammino benedette dal Santo Padre, ben 174 prenderanno parte alle nuove 40 “missio ad gentes”. Sono mamme e papà che, con i propri figli, andranno in una terra lontana per portare l’amore di Cristo risorto. La testimonianza di alcuni di loro nell’Aula Paolo VI: 

R. - Sono sposata con Roberto da 25 anni e andremo in Asia, in missione con sette figli. Ci siamo resi disponibili a vivere questa esperienza di evangelizzazione perché siamo molto grati al Signore per tutto quello che ha fatto in tutti questi anni. Abbiamo visto veramente che vale la pena lasciare tutto per Lui.

R. - Gesù Cristo lo sento dentro e mi spinge ad andare in Bulgaria a portare il suo amore...

R. - Ho undici anni e sono arrivata in missione da quando ne avevo tre. All’inizio ero un po’ triste ma adesso sono felice, anche se non è il mio Paese di nascita.

D. - Papa Francesco ha invitato tante volte ad evangelizzare le periferie esistenziali ...

R. - Certo. In questo senso vediamo come la Francia sia una periferia: ci sono molte persone che hanno rinnegato il loro Battesimo o le loro radici cristiane. Quindi, ci rende onorati ricevere la croce della missione da Papa Francesco!

R. - Siamo contentissimi di cominciare questa nuova "missio ad gentes" in Finlandia, dove fa molto freddo ... ma abbiamo visto che le persone hanno un grande bisogno di vedere queste nuove famiglie con tanti figli. L'amore che si crea tra le famiglie vale molto più di tante catechesi o discorsi.

R. - È molto bello, anche perché vedono la nostra famiglia unita ... Le loro famiglie non sono sempre unite, spesso i genitori sono separati. Vederci uniti li colpisce.

R. - Certo, abbiamo paura per i nostri figli, però siamo contenti! Non ci aspettiamo di convertire nessuno ma ci aspettiamo di trovare - noi per primi - Gesù Cristo, perché Lui dice: “Chi lascia tutto riceve il centuplo”. E lo speriamo anche per noi!
 Radio Vaticana