domenica 16 febbraio 2014

“Mi denuncio: sono omofobo e pronto ad andare in galera”

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(“Il Giornale” del 16/02/2014) Gli alunni devono portarsi da casa la carta igienica perché mancano i soldi, ma la Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso l’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali), ha deciso che fosse prioritario fornire alle scuole di ogni ordine e grado «gli strumenti per approfondire le varie tematiche legate all’omosessualità». Primo strumento: «I rapporti sessuali omosessuali sono naturali? Sì». Purtroppo però «un pregiudizio diffuso nei Paesi di natura fortemente religiosa è che il sesso vada fatto solo per avere bambini».
Quindi i signori docenti sono invitati a porre agli allievi un’altra domanda: «I rapporti sessuali eterosessuali sono naturali?». Secondo strumento: «Nell’elaborazione di compiti, inventare situazioni che facciano riferimento a una varietà di strutture familiari ed espressioni di genere. Per esempio: “Rosa e i suoi papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar. Se ogni lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?”». L’obiettivo è che maestre e professori possano «essi stessi diventare “educatori dell’omofobia”». A Palazzo Chigi, già poco ferrati nell’aritmetica dei conti pubblici, devono essere assai scarsi anche in italiano. C’è scritto questo e molto altro nei tre opuscoli intitolati Educare alla diversità a scuola commissionati dal Dipartimento per le Pari opportunità all’Istituto A.T. Beck per la terapia cognitivo-comportamentale, con sedi a Roma e Caserta, destinati alle scuole primarie e secondarie per dare concreta attuazione alla Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. Quando Gianfranco Amato, 52 anni, avvocato di Varese, ha letto le linee guida che il governo intende perseguire nel triennio 2013-2015 sotto l’egida del Consiglio d’Europa, non credeva ai propri occhi. Non solo perché la gestione del progetto risulta affidata al Gruppo nazionale di lavoro Lgbt (acronimo di lesbiche, gay, bisessuali e transgender), «formato da 29 associazioni tutte e solo di quella sponda, come Arcigay, Arcilesbica e Movimento identità transessuale», ma anche perché ha scoperto che in Italia è stata creata a sua insaputa una forza speciale per mettere in riga gli omofobi: «Si chiama Oscad, cioè Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, ed è composto da polizia e carabinieri. La sigla ricorda l’Ovra fascista. Ormai siamo a uno zelo da far invidia al Reichsministerium für Volksaufklärung und Propaganda di quel malefico genio dell’indottrinamento di Stato che fu Joseph Goebbels».
Ecco perché l’avvocato Amato ha notificato un atto di diffida stragiudiziale al Dipartimento delle Pari opportunità, all’Unar, al ministero dell’Istruzione e ai 122 Uffici scolastici regionali e provinciali. «Guai a loro se adotteranno atti o provvedimenti che diano seguito alla Strategia nazionale del governo. Quell’arbitrario documento dev’essere solo annullato». Il legale non ha agito a titolo personale, bensì come presidente dei Giuristi per la vita, un’associazione che ha sede a Roma. Ne fanno parte una quarantina di cultori delle scienze giuridiche, fra cui magistrati come Francesco Mario Agnoli, presidente aggiunto onorario della Cassazione, e Giacomo Rocchi, consigliere della prima sezione penale della medesima Corte suprema.
«Non c’interessa il dialogo sui massimi sistemi, siamo una task force operativa molto agguerrita», spiega Amato, sposato, tre figli, rappresentante per l’Italia di Advocates international e collaboratore dell’Alliance defense fund, formata da legali che si occupano di cause riguardanti la libertà religiosa e la bioetica. «Ci autofinanziamo per offrire patrocinio gratuito a docenti e medici nei guai con la giustizia per motivi di coscienza».
Le maestre finiscono in tribunale?
«Agli italiani è sfuggito che il 19 settembre la Camera ha approvato il disegno legislativo promosso da Ivan Scalfarotto, deputato del Pd, gay dichiarato. Presto andrà in aula al Senato e diventerà legge dello Stato. Quando ne ho illustrato i contenuti a un amico imprenditore e a sua moglie, non volevano crederci: “Tu esageri sempre”. Allora ho capito come si arrivò ai campi di sterminio: grazie all’ignoranza dei tedeschi. Tant’è che mi sono sentito in obbligo di scriverci un libro, Omofobia o eterofobia? Perché opporsi a una legge ingiusta e liberticida, edito da Fede & Cultura, che sta andando a ruba con il passaparola».
Legge liberticida?
«Hanno inventato l’emergenza omofobia per avviare una persecuzione contro chi non la pensa come loro. Il Pew research center di Washington, presieduto da Allan Murray, ex vicedirettore del Wall Street Journal, ha pubblicato uno studio mondiale sull’atteggiamento verso l’omosessualità. L’Italia è fra le 10 nazioni più amichevoli con i gay, per i quali il 74 per cento della popolazione non prova alcuna ostilità. Siamo appena un gradino sotto la civilissima Gran Bretagna. Ma poi, scusi, servono le statistiche? Puglia e Sicilia non hanno forse eletto due governatori omosessuali?».
Allora perché è stata varata la Strategia nazionale contro l’omofobia?«Me lo dica lei. Il piano del governo prevede corsi di formazione obbligatoria sui diritti Lgbt non solo per docenti e alunni ma anche per bidelli e personale di segreteria. E che cosa vorrà dire l’impegno a “favorire l’empowerment delle persone Lgbt nelle scuole”? E il “diversity management per i docenti”? Lo chiedo ai cattolici che siedono nel governo, come Gabriele Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione, e Maurizio Lupi e Mario Mauro, ministri ciellini».
A che serve l’Oscad?
«Già, a che serve una sorta di polizia speciale? A me risulta, proprio dai dati dell’Oscad, che dal 2010 a oggi siano pervenute appena 83 segnalazioni per offese, aggressioni, lesioni, danneggiamenti, minacce e suicidi relativi all’orientamento sessuale. Una media di 28 casi l’anno, 1 ogni 2 milioni di abitanti. E questa sarebbe un’emergenza nazionale?».
Stando agli opuscoli dell’Unar, gli insegnanti delle scuole sono tenuti a «non usare analogie che facciano riferimento a una prospettiva eteronormativa» giacché «tale punto di vista può tradursi nell’assunzione che un bambino da grande si innamorerà di una donna e la sposerà».
«Sposare una donna: inaudito! Aveva visto giusto Gilbert Chesterton: spade dovranno essere sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi d’estate e che 2 più 2 fa 4. Siamo giunti a un livello tale di relativismo da far impazzire la ragione. Non si riconosce più la natura. È la teoria del gender: i ragazzi non sono maschi o femmine per un dato biologico, ma a seconda di come sentono di essere».
Insegnare che «maschio e femmina Dio li creò», come sta scritto nella Bibbia, diventerà reato?
«La strada è quella, tracciata dall’Unar nelle Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone Lgbt, dove i credenti vengono biasimati perché descrivono “le unioni tra persone dello stesso sesso come una minaccia alla famiglia tradizionale, come contro natura e come sterili, infeconde”. Nei libretti destinati ai maestri, l’Unar denuncia che “il grado di religiosità” è “da tenere in considerazione nel delineare il ritratto di un individuo omofobo” e che “maggiore risulta il grado di cieca credenza nei precetti religiosi, maggiore sarà la probabilità che un individuo abbia un’attitudine omofoba”. Ed emette la condanna finale: “Per essere più chiari, vi è un modello omofobo di tipo religioso, che considera l’omosessualità un peccato”».
Perché la Presidenza del Consiglio ha affidato tutte le pubblicazioni dell’Unar all’Istituto A.T. Beck?
«È quello che stiamo cercando di scoprire. C’è stata una regolare gara d’appalto? Chi vi ha partecipato? Al vincitore quanti soldi sono andati? Quali competenze ha questo istituto? Perché il Dipartimento delle Pari opportunità ne ha sposato in toto le tesi come se fossero le uniche possibili? Si saranno accorti, a Palazzo Chigi, che nelle linee-guida per i licei viene assegnato il compitino di aritmetica antiomofobico di Rosa che compra tre lattine di tè con i suoi papà, copiato pari pari dal fascicolo per la scuola primaria? Non molto scientifico, come lavoro».
Di Antonella Montano, direttrice dell’Istituto A.T. Beck, che cosa può dirmi?
«Poco. Se non che il suo libro Mogli, amanti, madri lesbiche è stato presentato da Paola Concia, l’ex deputata del Pd firmataria di un progetto di legge contro l’omofobia bocciato dal Parlamento».
In compenso è passato quello del collega Scalfarotto.
«Testo inutile e pericoloso. Già l’articolo 3 della Costituzione sancisce che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso”. Non possono esservi cittadini più uguali di altri, come certi animali della Fattoria di George Orwell. Per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico s’introduce un reato senza definirne il presupposto. Che cos’è l’omofobia? Non esiste una definizione scientifica, né leggi o sentenze che lo stabiliscano. Poiché non è una malattia riconosciuta dall’Oms, come la claustrofobia o l’agorafobia, verrà lasciata alla libera interpretazione dei magistrati. Tipico degli Stati totalitari. Mi ricorda il reato di “attività antisocialista” nell’Urss: nessuno sapeva in che cosa consistesse, però ti faceva finire nei gulag».
Non starà davvero esagerando?
«In uno Stato liberale il cittadino sa preventivamente quali saranno le conseguenze dei suoi comportamenti. Il nostro diritto penale sanziona i fatti, non i motivi. Io rubo? Viene punito il furto. Che abbia rubato per fame – ecco un motivo – può servire al massimo per graduare la pena. Invece la legge Scalfarotto punisce i motivi. E crea una categoria privilegiata di soggetti che diventano meritevoli di tutela giuridica per il solo fatto di avere un certo orientamento sessuale».
Ho capito: la legge non le piace.
«Passato il principio secondo cui una categoria è stata discriminata, lo Stato dovrà dotarsi di sistemi riparativi e compensativi. È già successo con gli afroamericani negli Usa. Arriveremo alle quote viola, su calco di quelle rosa. Chi si dichiara gay avrà diritto a un posto di lavoro e a un alloggio. Non avendo il giudice strumenti per accertare l’omosessualità, basterà un’autocertificazione».
La legge Scalfarotto non lo prevede.
«La legge Scalfarotto non prevede nulla, qui sta l’inganno più subdolo. Punisce l’omofobia in base a un’altra legge, la Reale-Mancino, che fu promulgata per combattere l’ideologia nazifascista, il razzismo, l’antisemitismo. Con i gay parificati ai neri e agli ebrei, dire che un uomo non può sposare un altro uomo equivarrà a dire che va impedito il matrimonio fra l’uomo bianco e la donna nera».
Conseguenze penali?
«Terribili. Per una dichiarazione omofoba la legge mi punisce con 1 anno e 6 mesi di reclusione. Che diventano 4 anni se la faccio come associazione e addirittura 6 se ho una carica direttiva nella medesima. Con l’obbligo per lo Stato di procedere d’ufficio anche nel caso in cui il gay che ho offeso decidesse di perdonarmi o di ritirare la querela per evitare lo strepitus fori, cioè la pubblicità negativa».
Papa, vescovi e preti sono candidati alla galera, visto che il catechismo, al paragrafo 2.357, presenta le relazioni gay «come gravi depravazioni», dichiara che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati» e «contrari alla legge naturale» perché «precludono il dono della vita», decretando che «in nessun caso possono essere approvati».
«Sta già accadendo a tanti cristiani in giro per l’Europa. Tony Miano, 49 anni, statunitense, ex vicesceriffo della contea di Los Angeles che oggi fa il predicatore di strada, è stato arrestato lo scorso 1° luglio a Wimbledon, in Inghilterra, perché commentava davanti a un centro commerciale il capitolo 4 della prima Lettera ai Tessalonicesi di San Paolo, quella che invita ad astenersi dall’impudicizia. Ho letto il verbale dell’interrogatorio: allucinante, sembra un resoconto tratto dagli Acta Martyrum. E per fortuna che il poveretto non aveva osato proclamare in pubblico la prima Lettera ai Corinti, quella in cui San Paolo dice che “né effeminati, né sodomiti erediteranno il regno di Dio”».
Come presidente dei Giuristi per la vita, passerà 6 anni in cella anche lei.
«Se essere omofobo significa considerare l’omosessualità un peccato, ritenere che il sesso debba essere aperto alla trasmissione della vita, credere nei precetti della Chiesa, allora mi autodenuncio: dichiaro pubblicamente e con orgoglio ai funzionari dell’Unar di essere un omofobo. Mandino nel mio studio gli agenti dell’Oscad ad arrestarmi. Li aspetto». (“Il Giornale” del 16/02/2014)

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Ideologia gender a scuola
Gay nella scuola, la Guerra va avanti
di Tommaso Scandroglio
Solo qualche giorno fa abbiamo analizzato il contenuto di tre volumi dal titolo “Educare alla diversità” pubblicati sotto l’egida dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), organo che dipende dal Dipartimento Pari Opportunità, il quale a sua volta fa riferimento al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. I tre volumi perseguono lo scopo di “instillare” – per usare un termine presente nei testi – l’ideologia gender nelle menti degli alunni delle scuole elementari, medie e superiori.
«Di questa ricerca ignoravo addirittura l’esistenza». Questo è il commento di Maria Cecilia Guerra, vice ministro del Lavoro e Politiche Sociali con delega alle Pari opportunità, cioè l’ente che ha posto il suo logo sulla prima pagina di questi tre tomi, quando la notizia di questi aberranti volumi ha cominciato a circolare.
La Guerra ha trovato come capri espiatori di questa operazione l’Istituto Beck – il vero e proprio soggetto che ha redatto i libri dello scandalo – e l’UNAR: “L’Istituto Beck sulla base di un contratto con l’UNAR che risale al 2012, ben prima che io esercitassi la delega alle Pari opportunità nel luglio 2013, ha prodotto il kit per insegnanti. L’UNAR ha poi autorizzato la diffusione di questo materiale con il logo della Presidenza del Consiglio - Pari Opportunità senza che il direttore me ne desse alcuna informazione”. Da qui la decisione di inviare “una nota formale di demerito al direttore dell’UNAR, Marco De Giorgi”.
Non solo il Dipartimento di Pari opportunità non sarebbe stato avvisato, ma nemmeno il Miur,cioè il Ministero dell’istruzione. Infatti il vice ministro aggiunge che “non è accettabile che materiale didattico su questi argomenti sia diffuso tra gli insegnanti da un ufficio del Dipartimento Pari opportunità senza alcun confronto con il Miur”.
La Guerra si è stracciata le vesti dunque per una questione meramente procedurale? Solo perché lei e il Miur non erano stati avvisati? Oppure oltre a tale difetto formale il vice ministro esprime anche riserve sul contenuto di questi libri?  “Una materia così sensibile – tiene a precisare la Guerra – richiede particolare attenzione ai contenuti e al linguaggio. Questa attenzione, quando si parla a nome delle istituzioni, ricade nella responsabilità delle autorità politiche, che devono però essere messe nella condizione di esercitarla! Sono convinta che l’educazione alle diversità sia cruciale”, però “la finalità non deve mai essere quella di imporre una visione unilaterale del mondo, quanto di sollecitare nei giovani senso critico, rispetto di ogni specificità e identità, a partire da quelle che coinvolgono l’ambito affettivo e valoriale”.
Detto in soldoni: l’UNAR ha fatto una gran porcata sia perché non ci ha informati sia perché soprattutto il contenuto di questi libri pare proprio essere a senso unico, animato da una chiara impronta ideologica.
Ma le cose stanno davvero così? La Guerra pare che non la racconti giusta. Sull’aspetto formale  - la mancanza di approvazione dei testi da parte dei ministeri interessati – non ci pronunciamo più di tanto anche se appare difficilmente credibile che notizia di una simile operazione  non sia arrivata alle orecchie di nessuno dei piani alti. E poi come si fa ad ipotizzare l’esistenza di un funzionario o di un ricercatore dell’Istituto Beck così ingenuo da non prevedere che prima o poi tutta l’operazione truffaldina sarebbe stata scoperta? Impegnare con tanto di logo un ministero nella speranza che nessuno si accorga di nulla non lo farebbe nemmeno il più sprovveduto degli sprovveduti. Insomma, la storia per come ci è stata venduta dal vice ministro puzza un po’ di bruciato. 
Ma la puzza di bruciato si fa più intensa e rivela l’esistenza di un vero e proprio incendio se ci spostiamo dal piano formale a quello sostanziale. La Guerra come abbiamo visto prende le distanze dal contenuto di questi tre libri e fa intendere che anche il Miur la pensa come lei. 
Però se andiamo a rileggere alcune sue affermazioni recenti in merito ad omosessualità e teoria gender da insegnarsi a scuola, scopriamo che i giudizi espressi dalla Guerra collimano alla perfezione con le indicazioni didattiche contenute nei volumi “Educare alla diversità”. 
Nell’articolo “Genitori in Guerra contro il viceministro” di nemmeno un mese fa, avevamo riportato il parere favorevole del viceministro non solo sulle adozioni gay, ma anche sulle Linee guida per i giornalisti in tema di omosessualità (una vera e propria censura alla libertà di espressione) e sul  documento “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)”, strategia che – come riportato in quell’articolo – era stata “partorita all’interno del suo dipartimento ed elaborata sempre dall’UNAR, e mira ad estendere l’ideologia di genere in tutti gli ambiti del vivere civile: dalla scuola al lavoro, dai mass media alle istituzioni sanitarie”. Dunque il suo dipartimento insieme al reprobo UNAR ha confezionato una serie di indicazioni per promuovere l’omosessualità anche nelle scuole e per sconfiggere un asserito bullismo omofobico. E lo spirito di tali indicazioni si ritrovano tali e quali anche nei tre volumi didattici da cui invece ora la Guerra prende le distanze.
Come abbiamo visto la Guerra in particolare mette in guardia dall’ “imporre una visione unilaterale del mondo”, pericolo che secondo lei si annida tre le pagine dei tre volumi contestati. Peccato che fino a qualche settimana fa era di avviso opposto e dichiarava apertamente che questo pericolo non c’era perché “nel concreto si tratta di attività che vengono proposte, nessuna scuola è ‘obbligata’ a fare nessuna attività”. Anche i tre volumi “Educare alla diversità” se è per questo possono non venir adottati dai docenti.
Sull’imposizione del pensiero unico poi era lei stessa che forniva la prova della pistola fumante allorquando ammetteva che il documento dell’UNAR era stato redatto solo da rappresentanti dell’associazionismo gay: “Le associazioni familiari invece non sono state coinvolte perché le famiglie sono rappresentate direttamente nella scuola, nei diversi organismi di gestione previsti”. Seguì a queste parole la replica di tante realtà associative di genitori la quali tenevano a precisare che non erano mai state consultate in merito alla redazione di questo documento.
Che dire invece del Miur che non è stato avvisato della pubblicazione di questa trilogia didattica? Il Ministero dell’istruzione è contrario allo spirito omosessualista che innerva questo lavoro? Per nulla. Di recente infatti questi ha dato alle stampe un documento che si intitola: “Omofobia. Tante diversità, uguali diritti. Interventi contro la discriminazione dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere” (lo trovate allegato in fondo a questo articolo). Manco a dirlo il contenuto di questo documento pare la fotocopia dei tre libri ora messi all’indice della Guerra. Anzi, si spiega che in tutte le scuole saranno gli stessi rappresentanti delle associazioni LGBT a svolgere un ruolo educativo in materia, e che questi corsi coinvolgeranno tutti: studenti, docenti e personale non docente. Non solo: UNAR e MIUR hanno creato insieme un nuovo sito internet (www.noisiamopari.it) con lo stesso scopo, anche promuovendo progetti in materia fatti dalle singole scuole.
Da qui una considerazione: anche se – per ipotesi futuribile – i tee volumi per le scuole fossero bloccati dal ministero, il documento appena citato del Miur e quello dell’UNAR sulla Strategia gender continuerebbero invece indisturbati il loro iter. Cosa serve dunque criticare questi tre volumi e non bloccare anche gli altri documenti identici a quelli per contenuto?
Quindi i tre volumi non sono un falso d’autore, una scheggia impazzita che nulla ha a che vedere con le indicazioni del Dipartimento delle Pari opportunità e del Ministero dell’istruzione, bensì si inseriscono armonicamente nel progetto educativo sul tema omosessualità da insegnare a scuola disegnato da questi due enti. 
La Guerra, noi così supponiamo, ha compiuto un dietrofront solo di facciata: è stata costretta a sconfessare pubblicamente questi tre testi perché le acque intorno ad essi si erano un po’ mosse, forse anche a causa di alcuni articoli coraggiosi sul tema, ma al fine di assicurare che gattopardianamente tutto sarebbe rimasto come prima. Gridare di restare calmi perché l’incendio è stato domato affinché l’incendio invece continui a propagarsi in modo indisturbato. La Guerra insomma va avanti.