domenica 23 febbraio 2014

Lunedì della VII settimana del Tempo Ordinario



San Massimo il Confessore afferma che dal momento della creazione dell’uomo e della donna, 
la volontà umana è orientata a quella divina 
ed è proprio nel “sì” a Dio che la volontà umana è pienamente libera e trova la sua realizzazione. 
Purtroppo, a causa del peccato, questo “sì” a Dio si è trasformato in opposizione: 
Adamo ed Eva hanno pensato che il “no” a Dio fosse il vertice della libertà, 
l’essere pienamente se stessi. 
Gesù al Monte degli Ulivi riporta la volontà umana al “sì” pieno a Dio; 
in Lui la volontà naturale è pienamente integrata nell’orientamento 
che le dà la Persona Divina. 
Gesù vive la sua esistenza secondo il centro della sua Persona: 
il suo essere Figlio di Dio. 
La sua volontà umana è attirata dentro l’Io del Figlio, 
che si abbandona totalmente al Padre. 
Così Gesù ci dice che solo nel conformare la sua propria volontà a quella divina, 
l’essere umano arriva alla sua vera altezza, diventa “divino”; 
solo uscendo da sé, solo nel “sì” a Dio, 
si realizza il desiderio di Adamo, di noi tutti, 
quello di essere completamente liberi.

Benedetto XVI





Mc 9, 14-29

In quel tempo, Gesù sceso dal monte e giunto presso i discepoli, li vide circondati da molta folla e da scribi che discutevano con loro.
Tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?».
Gli rispose uno della folla: «Maestro, ho portato da te mio figlio, posseduto da uno spirito muto. Quando lo afferra, lo getta al suolo ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». Egli allora in risposta, disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me». E glielo portarono.
Alla vista di Gesù lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava spumando. Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall'infanzia; anzi, spesso lo ha buttato persino nel fuoco e nell'acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: «Credo, aiutami nella mia incredulità».
Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito immondo dicendo: «Spirito muto e sordo, io te l'ordino, esci da lui e non vi rientrare più». E gridando e scuotendolo fortemente, se ne uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «E' morto». Ma Gesù, presolo per mano, lo sollevò ed egli si alzò in piedi.
Entrò poi in una casa e i discepoli gli chiesero in privato: «Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?». Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera».


Il commento

Abbiamo bisogno di sentirci ripetere che "Tutto è possibile a chi crede". Abbiamo bisogno di poter appoggiare a queste parole la nostra incredulità. Quante preghiere avvolte in quel "se tu puoi" che le rende inefficaci. Per questo dobbiamo conoscere il Signore, imparare ad aver fede, appoggiarci a Lui incondizionatamente, per cancellare ogni se dalla nostra preghiera, ogni sospetto dal nostro amore, perché divenga consegna di tutto noi stessi, abbandono senza riserve. Perché ogni "se" sia trasformato in "si", in un amen che professi la fede che si fa carità. In fondo, è questa la missione della Chiesa: ripetere queste parole di Gesù, dinanzi ad ogni demonio che tiene imprigionato l'uomo, far conoscere il Signore e il suo potere sul peccato e la morte, annunciare il Vangelo del suo mistero pasquale. Il cuore della predicazione è racchiuso in queste semplici parole, ma ha un potere immenso. Schiudere le porte dei nostri cuori e suscitare il desiderio della fede. Soffriamo e non possiamo salvarci. Il demonio ha buon gioco e ci fa muti e sordi, ci irrigidisce, e così ci rende incapaci di amare, di relazionarci con chi ci è prossimo. Andiamo in collera per un nonnulla, non sentiamo le ragioni degli altri, siamo chiusi in noi stessi, prigionieri del nostro personalissimo mondo. Questo significa essere sordi e muti, non avere relazione con l'esterno, uomini e fatti ci restano estranei. Da qui le convulsioni,  il digrignare i denti, l'ira, la tristezza, l'accidia. 

Ogni peccato è figlio dell'orgoglio, la catena con cui il demonio ci inganna e ci fa schiavi, chiudendoci a Dio e al prossimo. «Da quanto tempo gli accade questo?»... «Dall'infanzia». Da quanto tempo siamo incapaci di perdonare? Da quanto tempo ci chiudiamo a riccio di fronte a certe situazioni? Da quanto tempo la minima avvisaglia di umiliazione ci riempie di spavento e cominciamo a tremare e ci difendiamo, magari attaccando gratuitamente chi ci è accanto? Da quanto tempo scappiamo nella dissimulazione, nella menzogna? Da quanto tempo non possiamo fare a meno di essere al centro dell'attenzione? Da quanto tempo? Dall'infanzia, da quando il demonio, ingannandoci, ha conficcato la menzogna nel nostro cuore e nella nostra mente. Prendendo spunto da una sofferenza, da un'ingiustizia, dalla Croce con la quale ogni uomo è segnato sin dalla nascita, il demonio ci ha reso schiavi dei suoi desideri che cercano, sempre, di uccidere Cristo, la Verità, l'amore. Il figlio indemoniato del Vangelo di oggi è immagine di ogni uomo, che fin dall'infanziafin dal grembo materno è stato concepito nel peccato, è figlio di una generazione incredula, la stirpe di Adamo ed Eva. L'incredulità genera sempre orgoglio. Il peccato originale è la mancanza di fede nell'amore di Dio: Adamo ed Eva non hanno creduto alla parola d'amore di Dio con la quale li invitava ad accogliere l'unica via alla felicità, al possesso eterno della beatitudine: rimanere nel suo amore come creature. Con la parola che gli proibiva di mangiare dei frutti dell'albero della conoscenza del bene e del male li voleva proteggere dalla morte, dal fallimento della propria vita, dal peccato. Appropriarsi di quell'albero avrebbe significato salire sul trono di Dio e sedersi ai comandi di una navicella spaziale senza neanche sapere dove accendere il motore. La vita diviene allora un missile impazzito gettato nel vuoto, senza sapere da dove si viene e dove si è diretti. Credere di essere Dio senza esserlo, illudersi di essersi appropriati della fonte della vita, di essere entrati nella stanza dei bottoni laddove si decide quel che è buono e quel che è male, autonomamente; e la vita, la natura, la ragione, il cuore, tutto si ribella come abusato, violentato da chi non aveva il diritto di decidere e stabilire nulla. "L'uomo vuol diventare Dio e deve diventarlo. Ma ogni volta che, come nell'eterno dialogo col serpente in Paradiso, cerca di arrivarci distaccandosi dalla protezione di Dio e dalla sua creazione per contare solo su se stesso e affermarsi in modo indipendente da Dio, ogni volta che, in una parola, diviene completamente adulto, emancipato, e rigetta l'infanzia come stato di vita, finisce nel nulla, perché si oppone alla verità di se stesso che è la dipendenzaE' proprio mantenendo ciò che è proprio dell'infanzia e dell'essere figlio, vissuto prima di tutto da Gesù, che egli entra col Figlio nella divinità" (J. Ratzinger, Il Signore Gesù Cristo).

La libertà che ci è data non è quella di stabilire che cosa sia bene o male, ma è quella che appare nella Vergine Maria, la nuova Eva, di fronte all'annuncio dell'angelo. La libertà di accogliere il bene, l'unico adeguato all'uomo perché entrambi opere di Dio, e rigettare il male, inadeguato all'uomo, perché opera del demonio, nemico di Dio e della sua creatura. Così in ogni circostanza della nostra vita, nelle relazioni matrimoniali, nella sessualità, negli affetti, nel rapporto con i beni, con il lavoro: ogni istante della nostra vita reca un annuncio, il bene ci viene incontro incastonato nella volontà di Dio; ma anche il male è lì, accovacciato, come una possibilità molto concreta, e si annida nel rifiuto della stessa volontà divina. Tutto concorre perchè noi si possa accogliere la storia d'amore che Dio prepara per noi, la Grazia scende come acqua dal Cielo per irrigare e spingerci ad abbandonarci, con fede, all'amore di Dio. Ma il demonio esiste e si frappone sempre e insinua il dubbio, agita lo spettro della sofferenza, della solitudine, e ci spinge a farci dio, a stabilire le regole del gioco, a dare la qualifica di bene agli appetiti da lui suscitati, alla menzogna da lui insinuata, e di male a quanto proviene da Dio. Prestare fede a questo inganno è l'altra faccia della stessa medaglia dell'incredulità: credere al demonio è non credere a Dio. Le conseguenze sono quelle che appaiono nel ragazzo del Vangelo. Tutto si fa ostile, ci getta nel fuoco delle passioni, nell'acqua della depressione, tutto diviene strumento di morte, la vita stessa vuole ucciderci. Quello che ci è dato per conoscere e amare Dio ed essere autenticamente felici, per l'incredulità che genera l'orgoglio, si trasforma in una trappola mortale. 

E non c'è verso, non possiamo farci nulla. Sino a che non giunge Gesù a scuotere l'inganno, lo spirito di menzogna che ha rapito il nostro spirito. E schiumiamo, ci agitiamo, non vogliamo scoprirci peccatori, e ci difendiamo. Gesù si scontra con la nostra incredulità, se ne rammarica sin nel profondo, e non può più sopportare di vederci così ingannati, stare con noi incatenati alla menzogna che si fa peccato non può sopportarlo. Lui viene per strapparci alla tomba e farci suoi. Così desidera stare con noi, eternamente. Per questo soffre infinitamente del nostro metterlo sullo stesso piano dei tanti falsi profeti che non hanno potuto nulla sulla nostra vita. In quel "se tu puoi" è tutta la nostra incredulità, la superficialità e l'opportunismo con cui sino ad oggi ci siamo accostati al Signore. Ed ecco lo schiaffo che ci salva: il rimprovero, la gelosia, la passione ardente di Gesù: "Tutto è possibile per chi crede". Le stesse parole rivolte dall'angelo a Maria. Parole d'amore come una mano tesa, un appoggio sicuro cui abbandonare la propria vita, i propri dolori, i dubbi, le angosce, i fallimenti. Parole che schiudono le labbra e il cuore ad un grido, quello decisivo: "credo, aiutami nella mia incredulità". E' questa l'apparente contraddizione che ci apre alla conversione e alla salvezza. Credere che siamo increduli. E credere che Gesù, oggi e ogni istante della nostra vita, può aiutarci nella nostra incredulità, Lui, autore e perfezionatore della nostra fede. "Credo", ed è un dono del Cielo; "aiutami nella mia incredulità", ed è la nostra povera carne mendicante di vita. In questa preghiera c'è tutta la nostra vita, il cammino di fede a cui siamo chiamati. Il nulla che siamo non è allora l'inizio della fine, ma l'aurora della salvezza. Basta solo una parola, l'annuncio amoroso che Dio può tutto, soprattutto l'impossibile. E' questa la preghiera con cui la Chiesa, ogni apostolo, può cacciare i demoni. La preghiera radicata nella fede, nella conoscenza intima e appassionata del Signore, nel suo amore infinito, nell'accoglienza libera e confidente della sua volontà, come Maria: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga in me secondo la tua Parola" Solo chi ha nel cuore questa preghiera sarà capace di pregare e scacciare i demoni dai fratelli, annunciare con potenza la liberazione dalla propria volontà, la bellezza della Verità, accompagnare dall'incredulità alla fede, e sciogliere la lingua nella lode per l'opera d'amore che Dio ha preparato per ogni uomo.


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«Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede»

L'ANNUNCIO di oggi, 24 febbraio
Ogni giorno, come un fiume carsico, scorre in noi una sottile sofferenza; spesso non ne comprendiamo l'origine, siamo tristi e basta. Più spesso imputiamo le cause della sofferenza e della frustrazione a chi ci sta intorno, ai fatti del presente o del passato. Ma, sia che lo psicologo ci abbia illuminato la sorgente, sia che brancoliamo nel buio, continuiamo a soffrire e non sappiamo come uscirne, perché non crediamo che l'unica ragione di ogni nostra sofferenza è il peccato, generato in noi dall'ascolto che abbiamo prestato al "se" insinuatoci dal demonio. "Se tu puoi qualcosa" è figlio del "se" sibilato dal serpente mentre ipnotizzava le debolezze di Adamo ed Eva: "se Dio ti ama" perché ti proibisce di mangiare questo frutto? Perché è geloso e sa che, "una volta che ne mangiaste, diventereste come Lui"... Così, con un "se" gonfio di invidia la morte è entrata nel mondo, ed è giunta sino a te e a me. Lo stesso "se" ci attende per sporcarci lo sguardo su chi ci è accanto, stravolgendo le sue parole, seminando pregiudizi sulle sue intenzioni. Soffriamo dunque perché i "se" ci succhiano le energie, spogliando la vita della sua autenticità, per catapultarci in una selva di dubbi e angosce che ci impediscono di entrare nella storia. Soffriamo perché "dall'infanzia" abbiamo accolto il "se" che ci ha sottratto la Verità. Per questo, di fronte all'incredulità, Gesù ci chiede oggi "da quanto tempo" siamo incapaci di perdonare. "Da quanto tempo" la minima avvisaglia di umiliazione ci riempie di spavento e cominciamo a tremare e ci difendiamo, magari attaccando gratuitamente chi ci è accanto? "Da quanto tempo" non possiamo fare a meno di essere al centro dell'attenzione? Soffriamo "dall'infanzia", quando il demonio, ingannandoci, ha conficcato la menzogna nel nostro cuore e nella nostra mente. Prendendo spunto da una sofferenza, da un'ingiustizia, dalla croce con la quale ogni uomo è segnato sin dalla nascita, il demonio ci ha reso schiavi dei suoi desideri che cercano, sempre, di uccidere Cristo. Il figlio del Vangelo è immagine di ogni uomo che, fin dal grembo materno, è stato concepito nel peccato. Siamo tutti figli di una "generazione incredula", stirpe di Adamo ed Eva. Il demonio esiste, e si frappone sempre tra noi e Dio, e insinua il dubbio, agita lo spettro della sofferenza, della solitudine, e ci spinge a farci dio, a stabilire le regole del gioco, per decidere che sono un bene gli appetiti da lui suscitati, mentre è male quanto proviene da Dio. Per questo, credere al demonio è non credere a Dio. Le conseguenze appaiono nel ragazzo del Vangelo: tutto si fa ostile, ci getta nel fuoco delle passioni, nell'acqua melmosa della depressione: non lo sperimentiamo ogni giorno? Il demonio ci "afferra" con i pensieri, ci "getta al suolo" incapaci di perdonare, pazientare, scusare; e cominciamo a "schiumare" ira di fronte ai torti e alle ingiustizie, "digrigniamo i denti" pieni di sdegno per le debolezze dell'altro, e ci "irrigidiamo" nelle nostre posizioni, nei criteri e giudiziE non c'è verso, non possiamo farci nulla perché, ingannati, lottiamo contro le creature di carne e di sangue, muoviamo guerra agli eventi per cambiarli, e non ci abbandoniamo all'unico che "può scacciare" dalla nostra vita il demonio. Sino a quando Gesù, stanco di "stare" accanto e "sopportare" tanta incredulità, pieno di gelosia e zelo per i suoi fratelli presi la laccio dei "se", non ci vine incontro; e comincia a "scuotere" il nostro cuore perché sia svelato l'inganno, lo "spirito muto" che, con la menzogna, ci ha chiusa mente, cuore e bocca di fonte alla Verità. E allora, anche questo lo sperimentiamo, anche da bambini come no..., ci prendono le "convulsioni" e cominciamo a "spumare" bugie e giustificazioni grottesche, perché è dura per l'orgoglio scoprirci peccatori. Ma Lui ci ama davvero, ci ha visti già liberati nell'estasi della Trasfigurazione da cui è appena disceso; non si scandalizza e non si ferma, ma ci annuncia le stesse parole rivolte dall'angelo a Maria: "Tutto è possibile per chi crede". Parole d'amore che schiudono le labbra e il cuore alle parole della fede: "credo, aiutami nella mia incredulità". E' l'apparente contraddizione che ci apre alla conversione e alla salvezza: credere innanzitutto che siamo increduli, per credere poi che Gesù, oggi e ogni istante della nostra vita, può aiutarci nella nostra incredulità. "Credo", ed è un dono del Cielo; "aiutami nella mia incredulità", ed è la nostra povera carne mendicante di vita. In questa preghiera c'è tutta la nostra vita, il cammino di fede a cui siamo chiamati. Il nulla che siamo non è l'inizio della fine, ma l'aurora della salvezza. Basta solo una parola, l'annuncio amoroso che Dio può tutto, soprattutto l'impossibile. E scacciare un demonio installato nel cuore di una persona è l'impossibile per eccellenza. Solo la preghiera robusta di fede adulta può innescare il potere infinito di Gesù. Per questo chi ama prega, non si perde in chiacchiere e dolcinerie; chi ama conosce l'origine della sofferenza dell'altro e sa che solo un esorcismo può salvarlo. Per questo, chi ama sua moglie, suo marito e i suoi figli, chi ama le pecore affidategli, si lascia assorbire nell'intimità di Cristo dove può vedere trasfigurata ogni situazione e discernere le primizie del Cielo in ogni dolore. E così consegnargli, nella preghiera, anche i casi più disperati, nella certezza che nulla è impossibile a Dio. Solo chi, guarito dai demoni muti e sordo ai "se" satanici, prega incessantemente e vive la propria vita come una liturgia di lode, non ha paura di ripetere l'unico annuncio che può salvare: "spirito muto e sordo, io te l'ordino, esci da lui e non vi rientrare più"; solo chi è risuscitato con Cristo sa che nell'incontro con Lui l'uomo vecchio è destinato a "morire". Nessun timore allora se, consegnato a Cristo, il figlio comincia a "gridare" e a ribellarsi "scuotendosi" perché non vorrebbe abbandonare i peccati. E' proprio il segno che il demonio sta "uscendo", lasciandolo "come morto". E' triste forse per non poter più uscire con quella ragazza o quegli amici, a buttar via la sua gioventù. E' allora che, senza nevrosi di fronte alla morte dell'uomo vecchio, occorre prestare la propria "mano" a Cristo, lasciando che Lui, pieno di misericordia, ci ispiri parole e amore con cui "sollevare" e "rimettere in piedi" nostro figlio. E questo siamo chiamati a viverlo con chiunque, perché così, attraverso la Chiesa, Gesù ha fatto con noi, ridonandoci la dignità di persone e la Grazia per entrare laddove i "se" ci avevano impedito di donarci.