domenica 16 febbraio 2014

Diffida al Festival di Sanremo

Rufus WainwrightSanremo blasfemo e gay, diffida al Festival
di Gianfranco Amato

Il Festival della Canzone Italiana, la celebre kermesse canora che si svolge a Sanremo dal 1951, sta diventando sempre più una vetrina mediatica della propaganda omosessualista. L’anno scorso fu la volta del bacio gay scambiato sul palco tra due uomini. Quello che allora fece scandalo sulla stampa, però, non fu il bacio proibito ma la reazione, giustamente indignata, del senatore Giovanardi, bollato come omofobo e linciato dalla stampa progressista.

Poiché l’avanzata ideologica LGBT non conosce limiti, la 64ma edizione del Festival, quest’anno, pare intenda superare il limite della decenza. Con particolare orgoglio e convinto entusiasmo è stata, infatti, annunciata la presenza, quale gradito ospite straniero, del controverso cantante Rufus Wainwright, fervente detrattore della Chiesa Cattolica e difensore dei diritti LGBT, nonché promotore del matrimonio omosessuale e del commercio di bambini, tramite utero in affitto, destinati alle famiglie “arcobaleno”. Lui stesso il 2 febbraio 2011 ha annunciato la nascita della piccola Viva Katherine, concepita tramite utero in affitto e cresciuta da lui e dal suo compagno.

Rufus Wainawright è noto, tra l’altro, per l’esecuzione di testi osceni e dissacratori come il celebre “Gay Messiah” (che canta scimmiottando in maniera blasfema Gesù Cristo crocefisso), in cui si parla del «Messia che risusciterà da un film porno degli anni ‘70», del «Battista» che «non viene battezzato nello sperma», e di altre allusioni erotiche di natura blasfema. Quel testo integra palesemente il reato di offese ad una confessione religiosa mediante il vilipendio di persone, previsto e punito dall’art.403 del Codice Penale.

Occorre, peraltro, ricordare, che ai sensi dell’art. 25, primo comma, del Regolamento del Festival «gli artisti durante le loro esibizioni non potranno assumere atteggiamenti e movenze o usare abbigliamenti e acconciature in contrasto con i principi del buon costume ovvero in violazione di norme di legge o di diritti anche di terzi». Spetta agli organizzatori del Festival, ed in particolare alla Direzione Artistica, al Comitato di Controllo e alla Commissione Musicale, il compito di vigilare e controllare il puntuale rispetto della citata norma regolamentare. Nell’esercizio di tale delicata funzione di controllo non può non tenersi conto anche della sensibilità religiosa di milioni di telespettatori e della natura di servizio pubblico che riveste la rete emittente.
Per tutti questi motivi, i Giuristi per la vita hanno notificato una diffida, indirizzata agli organizzatori del 64° Festival della Canzone Italiana, al Presidente della Rai, alla Commissione Parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, e al Sindaco del Comune di Sanremo.
In quell’atto si sono invitati gli organizzatori del Festival ad esaminare attentamente il testo dei brani che gli artisti – ed in particolare Rufus Wainwright – eseguiranno, vigilando affinché negli stessi testi non si ravvisi alcun contenuto osceno o dissacratorio, in violazione di quanto disposto dal citato art. 25 del Regolamento. Si sono, inoltre, diffidati gli stessi organizzatori, ed in particolare la Direzione Artistica, il Comitato di Controllo e la Commissione Musicale, dall’autorizzare o consentire che il cantante Rufus Wainwright si esibisca utilizzando il controverso brano intitolato “Gay Messiah”, o altro brano dall’identico contenuto osceno e dissacratorio, avvertendo che, in difetto, agiranno giudizialmente contro tutti i responsabili, sia in sede civile (anche attraverso class action, azioni risarcitorie ed ogni altra iniziativa ritenuta utile), sia in sede penale, mediante denuncia alla competente Procura della Repubblica.
Vediamo se la diffida avrà qualche effetto. In caso contrario, saremo costretti a subire l’ennesimo oltraggio blasfemo in salsa gay, con la beffa che tutto ciò avverrà in una rete televisiva pubblica e a spese dei contribuenti. Questa volta, però, l’eventuale offesa dissacratoria non resterà priva di effetti. Gli organizzatori del Festival sono avvisati.

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LETTERA APERTA A LUCIANA LITTIZZETTO


Gentile signora Littizzetto, ho 81 anni, ho lavorato nei campi da quando ne avevo dieci anni e sono andata in pensione quando ne avevo 60, oggi percepisco una pensione di 478,00 euro al mese. Grazie a Dio ho un fazzoletto di terra dove ancora oggi coltivo un piccolo orto, zappando la terra come si faceva una volta, riesco a racimolarci ben poco: qualche cipolla, qualche patata, un po’ di insalata….. ho difficoltà a salire le scale perchè la vita dura dei campi mi ha massacrato la schiena, dovrei fare delle terapie, ma dovrei pagarle perchè il servizio sanitario nazionale non le passa, dovrei prendere degli integratori alimentari che costano sui trenta euro per 15 giorni di cura, ma come può immaginare non posso curarmi, perchè con 478 euro ci devo pagare la luce, il riscaldamento e il ticket per i farmaci che devo prendere per il mio cuore (circa 15 euro ogni 15 giorni). Non esco quasi mai da casa, perchè abito in campagna a 6 km dal paese e ora c’è la neve e la mia compagnia è spesso la Televisione. Mi hanno detto che lei prende circa 5 mila euro al giorno per andare a dire qualcosa su Rai Tre.. così l’altra sera ho guardato il programma di Fazio per sentire le cose che avrebbe detto. Pensavo che per prendere 5 mila euro al giorno dicesse cose importanti… e invece l’ho sentita dire solo parolacce e insultare politici che magari io ho votato. Adesso dovrò pagare il canone RAI, sui cento euro….. Ora le chiedo, perchè dovrei pagare alla RAI oltre cento euro per sentire le sue parolacce? Con cento euro potrei farci 4 cicli di terapia per le mie ginocchia! Lei se la prende con le escort, con Ruby etc…. ma lei non è diversa da loro, visto che guadagna 5 mila euro al giorno per tenere in bocca solo il ca…. e il turpiloquio! E’ comodo far finta di stare dalla parte dei poveri, far la parte delle verginelle, quando si prendono 5 mila euro al giorno facendo la escort del turpiloquio! Io sono una contadina vera, io sono una povera vera, io sono un’ignorante vera, ma le parolacce non le ho mai dette e non accetto che lei venga pagata anche con i miei soldi per dirle in  RAI. Vada a dirle in un teatro dove solo chi vuole sentirle possa venire ad ascoltarla e si faccia pagare da quelli che vogliono sentirla, non da me che devo vivere con 478 euro al mese ad 81 anni!
Grazie e scusi per il disturbo.
fonte : www.losai.eu
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Pop "raffinato" a Sanremo
di Rino Cammilleri

Rufus Wainwright è un cantautore dal pop raffinato. Forse la maggior parte di voi, come chi scrive, non lo ha mai nemmeno sentito nominare, ma pare che sia il nuovo astro della musica leggera americana. Che il suo «pop» sia «raffinato» lo abbiamo appreso da un comunicato ufficiale con il quale il Festival di Sanremo 2014 proclama esultante la di lui presenza sul palco del teatro Ariston, dove sarà annunciato con squilli di chiarine dal solito duo Fazio-Littizzetto.
Il cantautore in questione lo si può vedere sul web coronato di spine e in croce mentre esegue il suo brano «Messiah gay», il cui testo «mescola battesimo e sperma, attesa del Messia gay e porno anni ‘70» (così «Il Giornale» del 15 febbraio u.s.). Nel video, chissà come mai, indossa una maschera sugli occhi. Forse perché –direte voi- si vergogna? Non crediamo. Infatti, il raffinato cantautore pop non si nasconde affatto e le sue opere sono frutto di meditata esperienza personale. È unito in nozze omo col suo compagno Jorn Weisbrodt (la lieta cerimonia è avvenuta a New York nel 2012), dal quale (meglio: insieme al quale), per non farsi mancare niente, ha pure avuto una bambina a cui è stata imposto l’acclamante nome di Viva Katherine. Ovviamente, tramite utero altrui.
State pensando a una donna nullatenente e di bassa casta dell’India profonda? No, non sarebbe stato raffinato. A metterci la pancia è stata nientedimeno che Lorca Cohen, figlia del famoso Leonard Cohen, (anche lui) raffinato cantautore degli anni Settanta poi finito monaco buddista. Era il poeta della canzone (di sinistra), i cui brani, infatti, erano tutto testo e quasi niente musica. Da buon poeta, mise alla figlia il nome di Lorca (dall’omonimo García, poeta di sinistra e omosessuale fucilato durante la guerra civile spagnola del 1936).
Ad appendersi a una croce dal vivo aveva già pensato la etero Veronica «Madonna» Ciccone, mentre sullo schermo alle sue spalle scorrevano le immagini dei soggetti negativi del secolo (tra cui Berlusconi), perciò questa della religione cristiana deve considerarsi una fissazione del pop risalente almeno a Jim Morrison dei mitici «Doors», altro «poeta della canzone» che si faceva fotografare coronato di spine.
Ora, qualcuno sospetta che gli organizzatori di Sanremo debbano essere disperati, dal momento che vanno a cercare col lanternino personaggi che facciano «discutere» e, con ciò, mantenere vivo l’interesse per una manifestazione che si avvia ormai ad essere seguita solo dalle sciampiste o da aspiranti a un posticino in un «talent» della De Filippi. Infatti, l’altro ingaggio che sperano faccia discutere è quello di Cat Stevens, l’anziano cantautore anglo-greco che si fece musulmano col nome di Yusuf al-Islam e approvò la fatwa contro lo scrittore anglo-indiano Salman Rushdie. Questi, fulminato da Khomeini in persona per il suo bestseller Versetti satanici, vive da allora sotto scorta. Cat Stevens a un certo punto tornò a cantare, ma gli Usa lo dichiararono persona non grata e dovette limitarsi a girare per l’Europa.
Non fu, la sua, l’unica rentrée: molti vecchi mostri sacri del rock e del pop hanno ripreso con le tournée dopo decenni di ritiro dalle scene. Interrogato sul fenomeno, il settantenne Paul McCartney rispose lapidario: «Hanno finito i soldi». Soldi che, nel caso di Sanremo, in gran parte scucite voi, cari lettori, col canone Rai. Ora, poiché la posizione dell’islam duro e puro sull’omosessualità è ben nota, così come è ben noto il rispetto del Corano per Gesù figlio di Maria (pure Lady Gaga, altra pop raffinata, si è beccata una fatwa al riguardo), la speranza è che la presenza contemporanea in Riviera del cantore del Messia gay e di quello convertito al Profeta faccia scaturire scintille, le scintille facciano alzare l’audience e l’audience faccia accorrere gli sponsor. Per la gioia del dinamico duo e dei dirigenti Rai. E noi, poveri untorelli cattolici credenti e praticanti, che possiamo fare di fronte a cotale sfoggio di «raffinatezza pop» progressiva e/o rétro? Be’, abbiamo smesso senza danno di mangiare pasta Barilla, potremo ben smettere di guardare il Festival della (fu) Canzone Italiana. E suggerire a quanta più gente possibile di fare lo stesso.