lunedì 24 febbraio 2014

Al centro del cristianesimo il perdono dei peccati

Radcliffe: “Al centro del cristianesimo il perdono dei peccati”



In questo fine settimana il domenicano inglese ha tenuto una serie di conferenze in Irlanda. Rientra la polemica sulle messe per i gay

MARIA TERESA PONTARA PEDERIVA
Una Chiesa in primo luogo “popolo di Dio” (“un’espressione ampiamente utilizzata durante il Concilio Vaticano II, poi entrata nel dimenticatoio”), una Chiesa dalle porte aperte, in particolare ai poveri, una Chiesa che ha il coraggio di “uscire dalla sacrestia e andare a cercare le persone là dove sono, nelle periferie esistenziali, dove si consuma il dolore, l’ingiustizia, l’indifferenza religiosa”.  Una Chiesa ospedale da campo, dove i pastori respirino l’odore delle pecore e cessi il clericalismo, dove tutti abbiano voce a cominciare dalle donne  (“nel Medioevo non esisteva solo la gerarchia , ma contavano gli ordini religiosi, le università , le fraternità, le  famiglie … tutti parte del popolo di Dio”).

Per Timothy Radcliffe, domenicano inglese, sono questi  i “cambiamenti radicali e profondi” della Chiesa di papa Bergoglio, a patto di sgombrare il campo dalle “ingiuste semplificazioni dei media”: “Giovanni Paolo II ha compiuto gesti straordinari, Benedetto XVI ha detto molte cose per cui oggi si applaude Francesco, ma non è riuscito a sfondare la barriera della sordità mediatica …”.

Radcliffe, già Maestro generale dell’Ordine dei Predicatori dal 1992 al 2001,  ha spiegato le nuove prospettive alla St Bridget’s annual Lecture di Belfast dove ha rivelato di un lungo colloquio privato da lui avuto nel mese di novembre con papa Francesco a Santa Marta.
Ma il finesettimana ha registrato anche i suoi due attesi interventi a Dublino nell’ambito della 23° Divine Mercy Conference, l’apostolato della Divina Misericordia fondato da santa Faustina Kowalska, presenti circa 4 mila persone.

Un’attualizzazione del Padre Nostro, in particolare l’espressione “Thy will be done” (sia fatta la tua volontà), per affrontare il tema del ruolo della morale alla luce della Evangelii Gaudium: “Non possiamo vivere nel timore di una punizione, il papa vuole una Chiesa di cristiani adulti”. Il Nuovo Testamento svela come Cristo ci indichi la strada della libertà, “non l’obbedienza cieca ad un tutor celeste e invisibile”. E, se talvolta non siamo in grado di capire, sappiamo bene che si obbedisce alla sua volontà costruendo ogni giorno la giustizia e la pace, ma anche nuove relazioni all’insegna della comunione fraterna, in altre parole offrire parole di vita, non disprezzo o morte. Se questa potrebbe essere una regola morale, custodire la creazione, ne rappresenta un’altra.

Regola primaria è però quella della misericordia: “essere toccato dal dolore di un'altra persona che ti colpisce nelle viscere”, come dice la parola ebraica “Rahamin” (dalla radice di grembo) usata dai vangeli, che tradotta in latino raggiunge invece il cuore . E’ questa la “compassione” del Padre misericordioso al ritorno a casa del figlio o cui ha fatto riferimento papa Francesco a Lampedusa: “Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle ?”.

Significato della misericordia è il perdono dei peccati: “Il cristianesimo più di ogni altra grande religione mette il perdono dei peccati al centro e non significa essere ossessionati, perché sarebbe un inutile complesso distruttivo che contraddice la gioia  del sentirci amati in modo incondizionato”. C'è un solo atto di perdono ed è la mattina di Pasqua: al Venerdì Santo l'umanità aveva compiuto l’atto peggiore possibile, ha rifiutato Dio “non vogliamo essere amati!”. Ciononostante Dio non ha detto: '”Dimentichiamo il Venerdì Santo, non è successo niente”, ma ha fatto sì che l’odio diventasse inizio di una nuova vita. Perché “la grazia creatrice di Dio ci guarisce, come quel verde che ho visto spuntare di recente nel deserto del Sahara dopo la pioggia …”.

E riguardo alla capacità di perdono – da quello tra i coniugi a quello nei confronti dei preti che hanno compiuto abusi (“non possiamo restare prigionieri dell’odio”)  – alla difficoltà di un sentimento che “talvolta ha del disumano”, Radcliffe ha speso parole quasi un parallelo al suo intervento del 2009 al clero di Dublino nel bel mezzo dello scandalo pedofilia.

L’intento è ancora una volta quello di riannodare fili interrotti in una comunità, quella irlandese, dove non si è ancora spento il rancore. Di qui l’accento sulla speranza di un nuovo futuro per la Chiesa: dall’attesa per il prossimo Sinodo alle necessarie riforme e ad più incisivo ruolo dei laici e delle donne in particolare.

E dire che alla vigilia a qualcuno proprio non era andato giù l’invito rivolto a p. Radcliffe, tanto che gli organizzatori avevano dovuto far fronte ad una vera e propria offensiva contraria che lo giudicava troppo “aperto” nei confronti delle persone omosessuali coi quali  ha avuto diversi incontri anche in occasione delle celebrazioni della comunità gay nella chiesa londinese dei gesuiti.

"Sono stato sorpreso della vasta preoccupazione circa le mie opinioni sull'omosessualità”, spiega a Vatican Insider  come ha scritto in una dichiarazione sul sito della Divine Mercy. “Ho presieduto occasionalmente Messe che dovevano essere particolarmente accoglienti per le persone gay, liturgie che rientrano nel programma pastorale dell'arcidiocesi di Westminster,  già approvato dal card. Murphy O'Connor  e poi da Nichols. Non ci sono motivi per considerarle raduni di dissidenti al magistero della Chiesa”.

Una serie di interventi a suo favore aveva riportato equilibrio e Radcliffe, fedele al comando del fondatore  san Domenico, e forte di esperienze che l’hanno visto trovarsi in ben altre situazioni  (come quando in Algeria aveva fatto visita al suo confratello Pierre Clavérie, vescovo di Orano, poche settimane prima che venisse ucciso o negli scontri in Sudan o in Egitto) ha mantenuto l’impegno e i fatti gli hanno dato ragione.