venerdì 31 gennaio 2014

Sui temi etici, l'Europa non ascolta i cittadini...




La Commissaria della Ricerca della UE tenta di evitare il confronto con i due milioni di cittadini firmatari dell'iniziativa "Uno di Noi" mettendo in gioco la credibilità del sistema rappresentativo e democratico


Secondo la Commissaria della Ricerca della UE, Máire Geoghegan-Quinn, la Commissione non terrà conto della richiesta dei cittadini formulata dall'Iniziativa Popolare Europea più firmata "Uno di Noi", perché ritiene sufficiente appoggiarsi alle regole già incluse nel precedente programma-quadro che bloccano l’Europa dal sovvenzionare progetti non supportati dalla legislazione degli Stati Membri nei quali sono portati avanti.
La dichiarazione della Commissaria è stata incautamente rilasciata, durante la conferenza stampa sul neo-adottato Programma Quadro “Horizon 2020”, ad un giornalista che chiedeva come intendesse rispondere la Commissione all’iniziativa cittadina "Uno di Noi". Un progetto attraverso il quale oltre 1.900mila cittadini hanno chiesto di escludere dai sovvenzionamenti UE progetti di ricerca che comportino la distruzione di embrioni umani.
L’on. Carlo Casini, parlamentare europeo che ha “sposato” e promosso l’iniziativa, nonché presidente del MPV Italiano, ha spiegato la complessità della situazione. Nel 2006 la Commissione fece una dichiarazione, inserita da allora negli Programmi Quadro, in cui si impegnava a non sollecitare domande di finanziamenti di ricerche che comportassero la distruzione di embrioni umani, a non finanziare la distruzione dell’embrione né procedimenti che utilizzino embrioni umani se ciò è vietato in tutti gli Stati Membri (allora 27, oggi 28). Quindi basta un solo stato che ammette la ricerca su embrioni e questo divieto decade.
La UE non deve decidere se è legale o possibile fare ricerche su embrioni, materia su cui decide lo Stato Membro, ma deve decidere sulla gestione dei fondi dell’Unione, cioè se con il denaro pubblico (le tasse dei cittadini) è possibile sovvenzionare ricerche su embrioni umani.
Nella UE la distruzione di embrioni umani ai fini della ricerca è una materia controversa: ci sono Stati Membri dove tale ricerca è illegale, altri dove è legale. La Commissione non impedisce la sovvenzione pubblica di ricerche eticamente controverse. Si obbligano però i cittadini di tutti gli Stati membri, anche quelli che non permettono la ricerca su embrioni umani, a versare le loro tasse per ricerche eticamente dubbie e in certi casi illegali.
L’iniziativa "Uno di Noi" si limita a chiedere che in quelle situazioni, oggettivamente controverse, in cui la ricerca comporta la distruzione degli embrioni, la UE - che non può legiferare in materia - non utilizzi il denaro dei cittadini. Chi vuole fare queste ricerche, seguendo l’ordinamento del proprio stato membro, le faccia chiedendo però sovvenzioni altrove.
"Uno di noi" - afferma Casini- "vuole dimostrare che non è sufficiente la dichiarazione della Commissione perché in pratica permette il co-finanziamento di procedimenti che presuppongono la distruzione di embrioni umani con il contributo economico dell’UE e quindi di noi cittadini. Quel tipo di tutela è insufficiente, lacunosa e ambigua”.
Ana del Pino, coordinatrice Europea di "Uno di Noi" ha dichiarato: “Gli organizzatori dell’iniziativa certamente non considerano questo un modo appropriato di trattare l’iniziativa, e continueranno ad insistere perché la ricerca sia basata su principi etici. E’ possibile ignorare una proposta legislativa sottoscritta da quasi 2 milioni di cittadini senza dare alcuna ragione?”.
“Certamente - aggiunge la coordinatrice - il regolamento delle ECI No 211/2011, dà un margine di discrezione alla Commissione che non può essere illimitato, altrimenti non avrebbe senso fare lo sforzo di organizzare le ECI e di raccogliere 1 milione di firme". L’obiettivo delle ECI è precisamente di "bypassare il diritto esclusivo della Commissione di fare proposte legislative e di dare tale diritto ai cittadini", afferma la del Pino.
Se la Commissione imponesse il suo veto ad una iniziativa di successo, le ECI perderebbero di senso. In altre parole, se iniziative popolari come "Uno di Noi" non verranno tenute in considerazione, "questo avrà conseguenze non solo sull'iniziativa in sè ma sull’idea stessa della partecipazione dei cittadini all’UE per combattere il cosiddetto deficit democratico”.
E. Pittino

*
UE, sui diritti gay imposto il voto senza dibattito
di Nicolò Fede
Come ci si aspettava, il voto sulla relazione Lunacek, che imporrebbe una tabella di marcia per promuovere l'agenda Lgbt (Lesbiche, gay, bisex, trans), è stato inserito nell’agenda del Parlamento europeo per martedì 4 febbraio. La novità è che non è previsto alcun dibattito: in generale non essendo vincolanti, questi lavori dell’assemblea di Strasburgo lasciano il tempo che trovano. Tuttavia questo progetto di risoluzione sta trovando sul suo cammino una straordinaria ed inattesa opposizione da parte dell’opinione pubblica. Sarebbe stato normale, dunque, che un dibattito precedesse il voto, a causa della grande delicatezza del tema in questione: un atto ufficiale del Parlamento europeo che faccia una serie di rivendicazioni sulla base della discussa teoria del genere non può passare inosservato.
Allora, qual è la classica strategia usata dalle lobby anti-famiglia? Soffocare il dissenso, mettere a tacere le voci discordi, evitare occasioni di dibattito, ridicolizzare coloro che si oppongono. E' proprio quello che sta avvenendo in questi giorni in Europa. Come ogni ideologia, l’omosessualismo rende ciechi ed impedisce di vedere la realtà. Una realtà composta da centinaia e centinaia di cittadini che scrivono agli eurodeputati proprio come avvenne in occasione del voto sulla Relazione Estrela. Sono state avviate una decina di petizioni online, che ad oggi arrivano già a 130mila adesioni (cliccare qui per aderire). Un’apposita pagina Facebook di opposizione è stata aperta. I deputati, molti dei quali saranno candidati alle prossime europee di maggio, si sono accorti che i loro elettori li stanno a guardare.
Il fronte pro-Lunacek inizia a vacillare. A differenza della sua collega Estrela, questa eurodeputata austriaca sembra avere, tuttavia, non poco sostegno nelle fila del Partito Popolare Europeo (PPE): in prima fila gli scandinavi ed i francesi, con il silenzio complice degli altri e la sorprendente militanza LGBT di un’eurodeputata del partito nazionalista maltese, Roberta Metsola. Intervistata da una televisione belga, quest’ultima ha chiaramente affermato che l’idea è di fare «fronte comune per essere sicuri che gli Stati membri dell’UE siano incoraggiati dalla Commissione, e talvolta finanche forzati, a garantire che le leggi» contro l’omofobia siano le stesse in tutta Europa. Come poi la stessa politica maltese giustifichi queste sue posizioni di fronte al suo numeroso elettorato cattolico e come possa conciliarle (nella stessa intervista) con l’idea di sussidiarietà, resta un mistero… Nel frattempo è stata anche lanciata una petizione in sostegno della Lunacek, che ad oggi ha raggiunto il ridicolo numero di 200 firme… Un’ulteriore dimostrazione della distanza dalla realtà e della mancanza di sostegno popolare di cui gode la lobby LGBT.
Una proposta di risoluzione alternativa a quella della Lunacek è stata depositata dal Gruppo Europa, Democrazia e Libertà (EFD). Si tratta di un testo chiaro e molto equilibrato. Se approvato, potrà sostituire il progetto delle lobby omosessualiste, proprio come avvenne in occasione del voto su Estrela, quando una risoluzione alternativa del PPE fece decadere il progetto degli abortisti. Questo testo alternativo invita ad agire perché tutti i cittadini, non solo alcuni, «possano godere pienamente di tutti i diritti fondamentali».

Votare contro questo testo sarà molto difficile per i sostenitori della Lunacek. Significherebbe negare ufficialmente la necessità di un equilibro tra il «diritto alle pari opportunità e gli altri diritti fondamentali». Invece, votare a favore di questo testo significherà impedire che la Relazione Lunacek diventi la parola ufficiale dell’UE, evitando che essa si faccia garante dei diritti di pochi, contro il bene comune. Per questo domenica 2 febbraio a Piazza Farnese a Roma la Manif pour Tous, come in tante altre città d’Europa, dirà un forte no a queste strategie antifamiglia, per il bene dell’Europa.