sabato 21 dicembre 2013

Papa Francesco alla Curia Romana in occasione dei Saluti di Natale

<br>

Nuovo tweet del Papa: "L’Avvento è un cammino verso Betlemme. Lasciamoci attrarre dalla luce di Dio fatto uomo." (21 dicembre 2013)

*

"Professionalità, servizio, santità e obiezione di coscienza alle chiacchiere!"

[Text: Italiano, Français, English, Español, Português]
Testo dell'allocuzione del Papa - Il segno (...) indica frasi aggiunte dal Santo Padre e pronunciate a braccio.
"Santità nella Curia significa anche obiezione di coscienza alle chiacchiere! Noi giustamente insistiamo molto sul valore dell’obiezione di coscienza, ma forse dobbiamo esercitarla anche per difenderci da una legge non scritta dei nostri ambienti che purtroppo è quella delle chiacchiere. Allora facciamo tutti obiezione di coscienza; e badate che non voglio fare solo un discorso morale! Le chiacchiere danneggiano la qualità delle persone, del lavoro e dell’ambiente".
(NdR. Alle ore 11, presso la Sala Clementina, la Curia Romana ha offerto i suoi auguri di Natale a Papa Francesco. Prima dell'allocuzione del Santo Padre ha parlato il cardinale Decano del Collegio cardinalizio Angelo Sodano).
Signori Cardinali,
cari fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle,
(...) il Signore ci ha concesso di percorrere ancora una volta il cammino dell’Avvento, e rapidamente siamo giunti agli ultimi giorni che precedono il Natale, giorni carichi di un clima spirituale unico, fatto di sentimenti, di ricordi, di segni liturgici e non, come il presepe… In questo clima si colloca anche il tradizionale incontro con voi, Superiori e Officiali della Curia Romana, che collaborate quotidianamente nel servizio alla Chiesa. Vi saluto tutti cordialmente. E permettetemi di salutare in modo particolare Mons. Pietro Parolin, che da poco ha iniziato il suo servizio di Segretario di Stato, e ha bisogno delle nostre preghiere!

Mentre i nostri cuori sono tutti pervasi di riconoscenza verso Dio, che tanto ci ha amato da donare per noi il Figlio Unigenito, è bello dare spazio anche alla gratitudine tra noi. E io sento il bisogno, in questo mio primo Natale da Vescovo di Roma, di dire un grande “grazie” a voi, sia a tutti come comunità di lavoro, sia a ciascuno personalmente. Vi ringrazio per il vostro servizio di ogni giorno: per la cura, la diligenza, la creatività; per l’impegno, non sempre agevole, di collaborare nell’ufficio, di ascoltarsi, di confrontarsi, di valorizzare le diverse personalità e qualità nel rispetto reciproco.
In modo particolare desidero esprimere la mia gratitudine a coloro che in questo periodo terminano il loro servizio e vanno in pensione. Sappiamo bene che come sacerdoti e vescovi non si va mai in pensione, ma dall’ufficio sì, ed è giusto, anche per dedicarsi di più alla preghiera e alla cura delle anime, incominciando dalla propria! Dunque un “grazie” speciale, dal cuore, per voi, cari fratelli che lasciate la Curia, specialmente per voi che avete lavorato qui per tanti anni e con tanta dedizione, nel nascondimento. Questo è veramente degno di ammirazione. Io ammiro tanto questi Monsignori che seguono il modello dei vecchi curiali, persone esemplari... Ma anche oggi ne abbiamo! Persone che lavorano con competenza, con precisione, abnegazione, portando avanti con cura il loro dovere quotidiano. Vorrei qui nominare qualcuno di questi nostri fratelli, per esprimere loro la mia ammirazione e la mia riconoscenza, ma sappiamo che in una lista i primi che si notano sono quelli che mancano, e, facendolo, corro il rischio di dimenticare qualcuno e di commettere così un’ingiustizia e una mancanza di carità. Però voglio dire a questi fratelli che costituiscono una testimonianza molto importante nel cammino della Chiesa.
(...) Da questo modello e da questa testimonianza ricavo le caratteristiche dell’officiale di Curia, e tanto più del Superiore, che vorrei sottolineare: la professionalità e il servizio.
La professionalità, che significa competenza, studio, aggiornamento… Questo è un requisito fondamentale per lavorare nella Curia. Naturalmente la professionalità si forma, e in parte anche si acquisisce; ma penso che, proprio perché si formi, e perché venga acquisita, bisogna che ci sia dall’inizio una buona base.
E la seconda caratteristica è il servizio, servizio al Papa e ai Vescovi, alla Chiesa universale e alle Chiese particolari. Nella Curia Romana si apprende, “si respira” in modo speciale proprio questa duplice dimensione della Chiesa, questa compenetrazione tra universale e particolare; e penso che sia una delle esperienze più belle di chi vive e lavora a Roma: “sentire” la Chiesa in questo modo. Quando non c’è professionalità, lentamente si scivola verso l’area della mediocrità. Le pratiche diventano rapporti di “cliché” e comunicazioni senza lievito di vita, incapaci di generare orizzonti di grandezza. D’altra parte, quando l’atteggiamento non è di servizio alle Chiese particolari e ai loro Vescovi, allora cresce la struttura della Curia come una pesante dogana burocratica, ispettrice e inquisitrice, che non permette l’azione dello Spirito Santo e la crescita del popolo di Dio.
A queste due qualità, professionalità e servizio, vorrei aggiungerne una terza, che è la santità della vita. Sappiamo bene che questa è la più importante nella gerarchia dei valori. In effetti, è alla base anche della qualità del lavoro, del servizio. (...) Santità significa vita immersa nello Spirito, apertura del cuore a Dio, preghiera costante, umiltà profonda, carità fraterna nei rapporti con i colleghi. Significa anche apostolato, servizio pastorale discreto, fedele, portato avanti con zelo a contatto diretto con il Popolo di Dio. Questo è indispensabile per un sacerdote. 
Santità nella Curia significa anche (...) obiezione di coscienza alle chiacchiere! Noi giustamente insistiamo molto sul valore dell’obiezione di coscienza, ma forse dobbiamo esercitarla anche per difenderci da una legge non scritta dei nostri ambienti che purtroppo è quella delle chiacchiere. Allora facciamo tutti obiezione di coscienza; e badate che non voglio fare solo un discorso morale! Le chiacchiere danneggiano la qualità delle persone, del lavoro e dell’ambiente.
Cari Fratelli, sentiamoci tutti uniti in questo ultimo tratto di strada verso Betlemme. Ci può far bene meditare sul ruolo di san Giuseppe, così silenzioso e così necessario accanto alla Madonna. Pensiamo a lui, alla sua premura per la sua Sposa e per il Bambino. Questo ci dice tanto sul nostro servizio alla Chiesa! Allora viviamo questo Natale spiritualmente vicini a san Giuseppe. (...)
Vi ringrazio tanto per il vostro lavoro, e soprattutto per le vostre preghiere. Davvero mi sento “portato” dalle preghiere, e vi chiedo di continuare a sostenermi così. Anch’io vi ricordo al Signore e vi benedico, augurando un Natale di luce e di pace a ciascuno di voi e ai vostri cari. Buon Natale!
FRANCESE
Messieurs les Cardinaux,
chers frères dans l’Épiscopat et dans le Sacerdoce,
chers frères et sœurs,
Le Seigneur nous a accordé de parcourir une fois encore le chemin de l’Avent, et nous sommes arrivés rapidement aux derniers jours qui précèdent Noël, jours riches d’un climat spirituel unique, fait de sentiments, de souvenirs, de signes liturgiques et non liturgiques, comme la crèche… Dans ce climat se déroule aussi la traditionnelle rencontre avec vous, Supérieurs et Membres de la Curie romaine, qui collaborez quotidiennement au service de l’Église. Je vous salue tous cordialement. Et permettez-moi de saluer de façon particulière Monseigneur Pietro Parolin, qui a commencé depuis peu son service de Secrétaire d’État, et qui a besoin de nos prières ! 
Tandis que nos cœurs sont pleins de reconnaissance envers Dieu, qui nous a tant aimés jusqu’à nous donner son Fils unique, il est beau de donner aussi de la place à la gratitude entre nous. Et je sens le besoin, en mon premier Noël d’Évêque de Rome, de vous dire un grand « merci », aussi bien à tous en tant que communauté de travail, qu’à chacun personnellement. Je vous remercie pour votre service de chaque jour : pour le soin, l’application, la créativité ; pour l’engagement, pas toujours facile, à collaborer au bureau, à s’écouter, à se confronter, à valoriser les différentes personnalités et qualités dans le respect réciproque.
De façon particulière, je désire exprimer ma gratitude à ceux qui en cette période terminent leur service, et partent à la retraite. Nous savons bien que, comme prêtres et évêques, on ne part jamais à la retraite, mais du bureau, oui, et c’est juste, pour se consacrer aussi davantage à la prière et au soin des âmes, en commençant par la sienne ! Donc, un « merci » spécial, du fond du cœur, à vous chers frères qui laissez la Curie, spécialement à vous qui avez travaillé ici pendant de nombreuses années et avec beaucoup de dévouement, de façon cachée. Cela est vraiment digne d’admiration. J’admire beaucoup ces Monseigneurs qui suivent le modèle des vieux Curialistes, personnes exemplaires... Mais aujourd'hui aussi, nous en avons !  Des personnes qui travaillent avec compétence, avec précision, avec abnégation, accomplissant avec soin leur devoir quotidien. Je voudrais ici nommer quelques-uns de nos frères pour leur exprimer mon admiration et ma reconnaissance, mais nous savons que dans une liste, les premiers qui se remarquent sont ceux qui manquent, et en le faisant, je cours le risque d’oublier quelqu’un et de commettre ainsi une injustice et un manque de charité. Je veux donc dire à ces frères qu’ils constituent un témoignage très important sur le chemin de l’Église. 
À partir de ce modèle et de ce témoignage, je tire les caractéristiques du membre de la Curie, et encore plus du Supérieur, que je voudrais souligner : la professionnalité et le service.  
La professionnalité, qui signifie compétence, étude, mise à jour… C’est une qualité fondamentale pour travailler à la Curie. Naturellement la professionnalité se forme, et en partie aussi, s’acquiert ; mais je pense que, vraiment parce qu’elle se forme et parce qu’elle doit être acquise, il faut qu’il y ait dès le départ  une bonne base.
La seconde caractéristique est le service, service du Pape et des Évêques, de l’Église universelle et des Églises particulières. Dans la Curie Romaine on apprend, « on respire » de manière spéciale cette double dimension de l’Église, cette compénétration entre universel et particulier ; et je pense que c’est une des expériences les plus belles de celui qui vit et travaille à Rome : « sentir » l’Église de cette manière. Quand il n’y pas de professionnalisme, lentement on glisse vers le terrain de la médiocrité. Les dossiers deviennent des rapports de « clichés » et des communications sans levain de vie, incapables de produire de larges horizons. D’autre part, quand l’attitude n’est pas celle du service des Églises particulières et de leurs Évêques, alors la structure de la Curie grandit comme une pesante douane bureaucratique, d’inspection et d’inquisition et qui ne permet pas l’action du Saint Esprit et la croissance du peuple de Dieu. 
À ces deux qualités, professionnalisme et service, je voudrais en ajouter une troisième, qui est la sainteté de la vie. Nous savons bien que c’est elle la plus importante dans la hiérarchie des valeurs. En effet, elle est aussi à la base de la qualité du travail, du service. Sainteté signifie vie immergée dans l’Esprit, ouverture du cœur à Dieu, prière constante, humilité profonde, charité fraternelle dans les relations avec les collègues. Elle signifie aussi apostolat, service pastoral discret, fidèle, accompli avec zèle au contact direct du peuple de Dieu. Ceci est indispensable pour un prêtre. 
Sainteté dans la Curie signifie aussi objection de conscience aux bavardages ! Nous insistons beaucoup à juste titre sur la valeur de l’objection de conscience, mais peut-être devons-nous l’exercer aussi pour nous défendre d’une loi non écrite de notre environnement, qui est malheureusement celle des bavardages. Alors faisons tous objection de conscience ; mais attention je ne veux pas faire seulement un discours moral ! Les bavardages abîment la qualité des personnes, du travail et de l’environnement. 
Chers frères, sentons-nous tous unis en ce dernier bout de chemin vers Bethléem. Méditer sur le rôle de Saint Joseph, si silencieux et si nécessaire auprès de la Vierge, peut nous faire du bien. Pensons à lui, à sa prévenance envers son Épouse et envers l’Enfant. Cela nous dit tant de choses sur notre service de l’Église ! Alors vivons ce Noël spirituellement proches de Saint Joseph.
Je vous remercie beaucoup pour votre travail, et surtout pour vos prières. Vraiment je me sens « porté » par les prières, et je vous demande de continuer à me soutenir de cette manière. Moi aussi je vous rappelle au Seigneur et je vous bénis, souhaitant un Noël de lumière et de paix à chacun de vous et aux personnes qui vous sont chères. Joyeux Noël !
INGLESE
Your Eminences,
Dear Brother Bishops and Priests,
Dear Brothers and Sisters,
Once again the Lord has enabled us to journey through Advent, and all too quickly we have come to these final days before Christmas.  They are days marked by a unique spiritual climate made up of emotions, memories and signs, both liturgical and otherwise, such as the creche…  It is in this climate that this traditional meeting takes place with you, the Superiors and Officials of the Roman Curia, who cooperate daily in the service of the Church.  I greet all of you with affection.  Allow me to extend a special greeting to Archbishop Pietro Parolin, who recently began his service as Secretary of State, and who needs our prayers!
While our hearts are full of gratitude to God, who so loved us that he gave us his only-begotten Son, it is also good to make room for gratitude to one another.  In this, my first Christmas as the Bishop of Rome, I also feel the need to offer sincere thanks to all of you as a community of service, and to each of you individually.  I thank you for the work which you do each day: for the care, diligence and creativity which you display; and for your effort – I know it is not always easy – to work together in the office, both to listen to and challenge one another, and to bring out the best in all your different personalities and gifts, in a spirit of mutual respect.
In a particular way, I want to express my gratitude to those now concluding their service and approaching retirement.  As priests and bishops, we know full well that we never really retire, but we do leave the office, and rightly so, not least to devote ourselves more fully to prayer and the care of souls, starting with our own!  So a very special and heartfelt “thank you” goes to those of you who have worked here for so many years with immense dedication, hidden from the eyes of the world.  This is something truly admirable.  I have such high regard for these “Monsignori” who are cut from the same mould as the curiales of olden times, exemplary persons…  We need them today, too!  People who work with competence, precision and self-sacrifice in the fulfilment of their daily duties.  Here I would like to mention some of them by name, as a way of expressing my esteem and my gratitude, but we know that, in any list, the first names people notice are the ones that are missing!    Besides, I would also risk overlooking someone and thus committing an injustice and a lack of charity.  But I want to say to these brothers of ours that they offer a very important witness in the Church’s journey through history.
This mould and this witness make me think of two hallmarks of the curial official, and even more of curial superiors, which I would like to emphasize: professionalism and service.
Professionalism, by which I mean competence, study, keeping abreast of things…  This is a basic requisite for working in the Curia.  Naturally, professionalism is something which develops, and is in part acquired; but I think that, precisely for it to develop and to be acquired, there has to be a good foundation from the outset.
The second hallmark is service: service to the Pope and to the bishops, to the universal Church and to the particular Churches.  In the Roman Curia, one learns – in a real way, “one breathes in” – this twofold aspect of the Church, this interplay of the universal and the particular.  I think that this is one of the finest experiences of those who live and work in Rome: “to sense” the Church in this way.  When professionalism is lacking, there is a slow drift downwards towards mediocrity.  Dossiers become full of trite and lifeless information, and incapable of opening up lofty perspectives.  Then too, when the attitude is no longer one of service to the particular Churches and their bishops, the structure of the Curia turns into a ponderous, bureaucratic customshouse, constantly inspecting and questioning, hindering the working of the Holy Spirit and the growth of God’s people.
To these two qualities of professionalism and service, I would also like to add a third, which is holiness of life.  We know very well that, in the hierarchy of values, this is the most important.  Indeed, it is basic for the quality of our work, our service.  Holiness means a life immersed in the Spirit, a heart open to God, constant prayer, deep humility and fraternal charity in our relationships with our fellow workers.  It also means apostleship, discreet and faithful pastoral service, zealously carried out in direct contact with God’s people.  For priests, this is indispensable.
Holiness, in the Curia, also means conscientious objection to gossip!  We rightfully insist on the importance of conscientious objection, but perhaps we too need to exercise it as a means of defending ourselves from an unwritten law of our surroundings, which unfortunately is that of gossip.  So let us all be conscientious objectors; and mind you, I am not simply preaching!  Gossip is harmful to people, our work and our surroundings.
Dear brothers and sisters, let us feel close to one another on this final stretch of the road to Bethlehem.  We would do well to meditate on Saint Joseph, who was so silent yet so necessary at the side of Our Lady.  Let us think about him and his loving concern for his Spouse and for the Baby Jesus.  This can tell us a lot about our own service to the Church!   So let us experience this Christmas in spiritual closeness to Saint Joseph.
I thank you most heartily for your work and especially for your prayers.  Truly I feel “borne aloft” by your prayers and I ask you to continue to support me in this way.  I too remember you before the Lord, and I impart my blessing as I offer my best wishes for a Christmas filled with light and peace for each of you and for all your dear ones.  Happy Christmas!
SPAGNOLO
Señores Cardenales,
Queridos hermanos en el episcopado y en el sacerdocio,
Queridos hermanos y hermanas
El Señor nos ha dado la gracia de recorrer una vez más el camino del Adviento, y hemos llegado rápidamente a los últimos días previos a la Navidad, días impregnados de un clima espiritual único, lleno de sentimientos, recuerdos, signos litúrgicos y no litúrgicos, como el Portal de Belén... En este clima se enmarca también el tradicional encuentro con ustedes, Superiores y Oficiales de la Curia Romana, que colaboran cotidianamente en el servicio a la Iglesia. Saludo a todos cordialmente. Y permítanme que lo haga en particular a Monseñor Pietro Parolin, que ha comenzado recientemente su servicio de Secretario de Estado y necesita nuestras oraciones.
Este tiempo, en el que nuestros corazones rebosan de gratitud a Dios, que nos ha amado hasta dar a su Hijo Unigénito por nosotros, es el momento de darnos las gracias también entre nosotros. Y, en esta primera Navidad como Obispo de Roma, siento la necesidad de decirles a ustedes un efusivo «gracias»: a todos como comunidad de trabajo y a cada uno personalmente. Gracias por su servicio cotidiano: por el celo, la diligencia, la creatividad; gracias por el esfuerzo, no siempre fácil, de colaborar en el trabajo, de escucharse y confrontarse, de valorar personalidades y cualidades diferentes en el respeto recíproco.
Deseo expresar mi gratitud de manera particular a los que en este periodo terminan su servicio y se jubilan. Ya sabemos que nunca se jubilan como sacerdotes y obispos, pero sí del cargo, y es justo que sea así, también  para dedicarse más a la oración y la cura de almas, comenzando por la suya. Así pues, un «gracias» especial, de corazón, a ustedes, queridos hermanos que dejan la Curia, sobre todo a los que han trabajado aquí durante muchos años y con tanta dedicación, en lo escondido. Esto es verdaderamente digno de admiración. Admiro mucho a estos monseñores que siguen el modelo de los antiguos curiales, personas ejemplares... Pero también hoy los tenemos. Personas que trabajan con competencia, con rigor, con abnegación, desempeñando con esmero sus tareas de cada día. Quisiera mencionar aquí alguno de estos hermanos nuestros para expresarle mi admiración y reconocimiento, pero sabemos que lo primero que se nota en una lista son los que faltan; y, si lo hiciera, correría el riesgo de olvidarme de alguno y de cometer así una injusticia y una falta de caridad. Pero quiero decir a estos hermanos que constituyen un testimonio muy importante en el camino de la Iglesia.
De este modelo y este testimonio, tomo las características del oficial de la Curia y, más aún, del Superior que me gustaría destacar: la profesionalidad y el servicio.
La profesionalidad, que significa competencia, estudio, actualización... Es un requisito fundamental para trabajar en la Curia. Naturalmente, la profesionalidad se va formando, y en parte también se adquiere; pero pienso que, precisamente para que se forme y para que se adquiera, es necesario que haya una buena base desde el principio.
Y la segunda característica es el servicio, servicio al Papa y a los obispos, a la Iglesia universal y a las iglesias particulares. En la Curia Romana se aprende, «se respira» de un modo especial precisamente esta doble dimensión de la Iglesia, esta compenetración entre lo universal y lo particular; y me parece que ésta es una de las más bellas experiencias de quien vive y trabaja en Roma: «sentir» la Iglesia de esta manera. Cuando no hay profesionalidad, lentamente se va resbalando hacia el área de la mediocridad. Los expedientes se convierten en informes de «cliché» y en comunicaciones sin levadura de vida, incapaces de generar horizontes de grandeza. Por otro lado, cuando la actitud no es de servicio a las iglesias particulares y a sus obispos, crece entonces la estructura de la Curia como una pesada aduana burocrática, controladora e inquisidora, que no permite la acción del Espíritu Santo y el crecimiento de Pueblo de Dios
A estas dos cualidades, la profesionalidad y el servicio, quisiera añadir una tercera, que es la santidad de vida. Sabemos muy bien que esto es lo más importante en la jerarquía de valores. En efecto, también está en la base de la calidad del trabajo, del servicio. Santidad significa vida inmersa en el Espíritu, apertura del corazón a Dios, oración constante, humildad profunda, caridad fraterna en las relaciones con los colegas. También significa apostolado, servicio pastoral discreto, fiel, ejercido con celo en contacto directo con el Pueblo de Dios. Esto es indispensable para un sacerdote.
La santidad en la Curia significa también hacer objeción de conciencia a las habladurías. Nosotros insistimos mucho en el valor de la objeción de conciencia, y con razón, pero tal vez deberíamos ejercerla también para oponernos a una ley no escrita de nuestros ambientes, que por desgracia es la de la  cháchara. Así pues, hagamos todos objeción de conciencia; y –fíjense ustedes– no lo digo sólo desde un punto de vista moral. La cháchara daña la calidad de las personas, del trabajo y del ambiente.
Queridos hermanos, sintámonos todos unidos en este último tramo del camino a Belén. Nos puede venir bien meditar sobre el papel de san José, tan callado y tan necesario al lado de la Virgen María. Pensemos en él, en su preocupación por su esposa y por el Niño. Esto nos dice mucho sobre nuestro servicio a la Iglesia. Por tanto, vivamos esta Navidad muy unidos espiritualmente a san José.
Les agradezco mucho su trabajo, y sobre todo sus oraciones. Me siento realmente «sostenido» por las oraciones, y les pido que sigan apoyándome así. También yo les recordaré ante el Señor y los bendigo, deseándoles una Navidad de luz y de paz a cada uno de ustedes y a sus seres queridos.
¡Feliz Navidad!
PORTOGHESE 
Senhores Cardeais,
Amados irmãos no episcopado e no sacerdócio,
Amados irmãos e irmãs!
O Senhor concedeu-nos a graça de fazermos uma vez mais o caminho do Advento, tendo rapidamente chegado aos últimos dias que precedem o Natal, dias permeados dum clima espiritual único, feito de sentimentos, recordações, sinais litúrgicos e não litúrgicos, como o presépio... Neste clima, situa-se também o tradicional encontro convosco, Superiores e Oficiais da Cúria Romana que prestais diariamente a vossa colaboração para o serviço da Igreja. A todos vos saúdo cordialmente; seja-me permitido que saúde de modo particular o Arcebispo Pietro Parolin, que há pouco começou o seu serviço como Secretário de Estado e precisa das nossas orações!
Ao mesmo tempo que temos os nossos corações repletos de gratidão a Deus, que nos amou até ao ponto de entregar o Filho Unigénito por nós, é bom dar espaço à gratidão também entre nós. E, neste meu primeiro Natal como Bispo de Roma, sinto necessidade de vos dizer um grande «obrigado» a todos, como comunidade de trabalho, e a cada um pessoalmente. Agradeço-vos pelo vosso serviço de cada dia: pelo cuidado, a diligência, a criatividade; pelo empenho, nem sempre fácil, em colaborardes no departamento ouvindo-vos, confrontando-vos, valorizando as diferentes personalidades e qualidades no respeito recíproco.
De forma particular, desejo exprimir a minha gratidão àqueles que, neste período, terminam o seu serviço e passam à reforma. Bem sabemos que, como presbíteros e bispos, nunca se vai para a reforma; mas do serviço, sim. E é justo; até para se dedicar mais à oração e ao cuidado das almas, a começar pela própria! Assim, um «obrigado» especial, que me vem do coração, para vós, amados irmãos que deixais a Cúria, sobretudo para vós que aqui trabalhastes durante tantos anos e com grande dedicação, sem dar nas vistas. Isto é verdadeiramente digno de admiração. Muito admiro estes Monsenhores que seguem o modelo dos antigos curiais, pessoas exemplares… Mas hoje também os temos! Pessoas que trabalham com competência, precisão, abnegação, realizando cuidadosamente o seu dever quotidiano. A minha vontade era nomear aqui algum destes nossos irmãos para lhes exprimir a minha admiração e gratidão, mas sabemos que, numa lista, os primeiros que se notam são aqueles que faltam e, ao fazê-lo, corro o risco de esquecer alguém e cometer assim uma injustiça e uma falta de caridade. Contudo quero dizer a estes irmãos que constituem um testemunho muito importante no caminho da Igreja.
A partir deste modelo e deste testemunho deduzo as características do Oficial de Cúria, e mais ainda do Superior, que gostaria de sublinhar: o profissionalismo e o serviço.
O profissionalismo, que significa competência, estudo, actualização… Isto é um requisito fundamental para trabalhar na Cúria. Naturalmente, o profissionalismo vai-se formando e, pelo menos em parte, adquire-se; mas, precisamente para que se forme e seja adquirido, penso que é preciso haver, desde o início, uma boa base.
E a segunda característica é o serviço, serviço ao Papa e aos bispos, à Igreja universal e às Igrejas particulares. Na Cúria Romana, de um modo especial aprende-se, «respira-se» precisamente esta dupla dimensão da Igreja, esta interpenetração entre universal e particular; e penso que esta seja uma das mais belas experiências de quem vive e trabalha em Roma: «sentir» assim a Igreja. Quando não há profissionalismo, lentamente vai-se escorregando para o nível da mediocridade. A resolução dos casos reduz-se a informações estereotipadas e comunicações sem fermento de vida, incapazes de gerar horizontes grandes. Por outro lado, quando o procedimento não é de serviço às Igrejas particulares e seus bispos, então cresce a estrutura da Cúria como uma alfândega pesadamente burocrática, inspectora e inquisidora, que não permite a acção do Espírito Santo e o crescimento do povo de Deus.
A estas duas qualidades, profissionalismo e serviço, gostaria de acrescentar uma terceira, que é a santidade de vida. Bem sabemos que esta é a mais importante na hierarquia dos valores. Efectivamente, está na base também da qualidade do trabalho, do serviço. Santidade significa vida imersa no Espírito, abertura do coração a Deus, oração constante, humildade profunda, amor fraterno nas relações com os colegas. Significa também apostolado, serviço pastoral discreto, fiel, realizado com zelo no contacto directo com o povo de Deus. Isto é indispensável para um sacerdote. 
Santidade, na Cúria, significa também objecção de consciência às murmurações! Nós, justamente, insistimos muito sobre o valor da objecção de consciência, mas talvez devamos exercitá-la também para nos defendermos de uma lei não escrita que, infelizmente, existe nos nossos ambientes: a das murmurações. Então, façamos todos objecção de consciência! E olhai que não pretendo, com isto, fazer apenas um discurso moral; as murmurações lesam a qualidade das pessoas, do trabalho e do ambiente.
Queridos irmãos, sintamo-nos todos unidos neste último pedaço de estrada para Belém. Nisto pode fazer-nos bem meditar sobre o papel de São José, tão silencioso e tão necessário junto de Nossa Senhora. Pensemos n’Ele, na sua solicitude pela Esposa e o Menino. Isto é de grande inspiração para o nosso serviço à Igreja! Por isso, vivamos este Natal espiritualmente unidos a São José.
Muito obrigado pelo vosso trabalho e, sobretudo, pelas vossas orações. Sinto-me deveras «levado» pelas orações, e peço-vos que continueis a sustentar-me desse modo. Também eu vos recordo ao Senhor e abençoo, desejando um Natal de luz e de paz para cada um de vós e vossos entes queridos. Feliz Natal!