domenica 29 dicembre 2013

Caterina, una vita contro malattie e...

...beceri animalisti
di Riccardo Cascioli

Trenta auguri di morte e oltre 500 insulti: tanto è costato a Caterina Simonsen, 25 anni,  studentessa di Veterinaria, postare su Facebook una sua foto con respiratore sul volto e un foglio con scritto: «Io, Caterina S., ho 25 anni grazie alla vera ricerca, che include la sperimentazione animale. Senza la ricerca sarei morta a 9 anni. Mi avete regalato un futuro».
Caterina, che intendeva in quel modo dare il proprio sostegno alla campagna a favore della ricerca scientifica, è affetta da quattro malattie genetiche rare che la costringono a lunghe terapie ogni giorno. Il suo post ha ricevuto migliaia di “mi piace”, ma anche una fitta sequenza di insulti e minacce da parte di animalisti, che l’hanno spinta a mettere in rete anche un video di risposta in cui spiega la sua situazione, come vive, e il perché la sperimentazione dei farmaci sugli animali sia inevitabile.
Ciò che colpisce anzitutto nel video, è l’amore di Caterina alla vita, il suo desiderio di vivere malgrado i sacrifici e le sofferenze fisiche che la sua condizione comporta. Per questo non riesce a comprendere come altri esseri umani possano concepire pensieri come “meglio 10 topi che te” o “era meglio se morivi a 9 anni”. Bisogna aver perso qualsiasi consapevolezza del senso della propria esistenza, qualsiasi coscienza del valore della vita. In altre parole, bisogna aver abiurato completamente alla propria identità umana, che implica il riconoscimento di un unicum proprio degli esseri umani rispetto agli animali. 
Purtroppo non è un fenomeno di pochi balordi che usano i social network per sfogare le proprie frustrazioni, come si ama dire in questi casi. E’ invece una mentalità sempre più diffusa, e sicuramente è il vero volto dell’animalismo, che nella sua essenza non è amore per gli animali ma odio per l’uomo. Basti vedere la rapida e inquietante crescita del terrorismo animalista che colpisce allevamenti, distrugge laboratori di ricerca, minaccia di morte imprenditori e ricercatori (giusto un anno fa La Nuova BQ registrava il salto di qualità del terrorismo animalista).

Negli scorsi mesi, tanto per fare un esempio, ci sono stati due attacchi ad altrettanti laboratori dell’Università di Milano: distrutti i risultati di anni di ricerche, che significa ritardi nel poter mettere a punto farmaci per curare malattie anche gravi, e “liberazione” di centinaia di cavie: in realtà tutte condannate a morte, visto che fuori dall’asettico laboratorio universitario hanno poche ore di possibilità di vita. Si uccidono gli animali pur di danneggiare l’uomo, è questa la logica animalista.

Come spiegava recentemente il segretario generale di Federfauna, Massimiliano Filippi,  «un “animalista” non è un amante degli animali e un “amante degli animali” non può essere un animalista! Chi, come l’animalista, è contrario senza se e senza ma all’allevamento o ad altre attività umane con gli animali, compreso il consumo di carne e l’utilizzo di pelli e pellicce, non tiene conto che la sopravvivenza di molte specie animali ormai dipende in gran parte dal fatto che l’uomo tragga beneficio dalla loro esistenza. Chi alleverebbe mai una razza bovina come la Chianina se nessuno più mangiasse la fiorentina? Chi, come l’animalista, è contrario senza se e senza ma alla sperimentazione animale, non tiene conto che è grazie alla sperimentazione animale che oggi esistono tanti farmaci e pratiche veterinarie in grado di salvare anche i suoi animali da patologie per le quali in passato sarebbero morti. Una persona che preferirebbe vedere una specie animale estinta piuttosto che gestita dall’uomo, non solo non ama quella specie animale, ma neanche tutti gli altri animali, visto che sono, anzi siamo, tutti tasselli di uno stesso puzzle».
Eppure la filosofia animalista oggi è sempre più diffusa, ben oltre i gruppi militanti, anche grazie all’irresponsabile complicità dei media che danno ampio spazio alle ragioni di minoranze violente che cianciano di diritti degli animali, facendoli apparire tanti Martin Luther King che promuovono i diritti civili di una razza repressa. Oggi, parlare di “diritti degli animali” è diventata una cosa comune, il pensiero si è insinuato anche fra i cattolici: ma questa è la perdita della centralità della persona. Perché in realtà non esistono i “diritti degli animali”, esistono i “doveri dell’uomo”, la responsabilità dell’uomo, al quale gli animali sono stati “consegnati” da Dio e del cui uso e trattamento a Dio deve rispondere. Tanto è vero che lo stesso catechismo della Chiesa cattolica afferma che «far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita», «è contrario alla dignità dell’uomo», non a quella degli animali (2148). 
E’ solo la riscoperta della centralità dell’uomo nel Creato, quale vertice della Creazione, che evita maltrattamenti e sofferenze inutili degli animali, come l’esempio di tanti santi dimostra. Al contrario, chi promuove i “diritti degli animali” non è gli animali che eleva alla condizione dell’uomo – impresa impossibile – ma è l’uomo che abbassa alla condizione degli animali. Cosa che gli insulti a Caterina inequivocabilmente dimostrano.