venerdì 27 settembre 2013

Udienza ai partecipanti al Congresso Internazionale sulla Catechesi promosso in occasione dell'Anno della fede. Discorso di Papa Francesco





Di solito sono loro, i catechisti, i protagonisti del primo annuncio della fede cristiana. Oggi saranno invece loro ad ascoltare le riflessioni di un catechista d’eccezione: Papa Francesco. Li riceve nel pomeriggio nell’Aula Paolo VI,  in margine al congresso internazionale di catechesi organizzato dal Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione nell’ambito delle iniziative per l’Anno della fede.Duemila tra catechisti, operatori pastorali, docenti ed esperti di diverse realtà formative giunti da una cinquantina di Paesi, sono riuniti infatti in Vaticano da giovedì 26 fino a sabato 28 per confrontarsi sul tema: «Il catechista, testimone della fede».
Rappresentano un movimento che coinvolge nel mondo almeno tre milioni di persone, donne soprattutto, 250 mila delle quali solo in Italia. In molte realtà in cui scarseggiano sacerdoti e diaconi permanenti, svolgono un’importantissima opera di evangelizzazione e di azione pastorale. E il Pontefice ha riservato loro un duplice appuntamento: oltre all’udienza odierna, infatti, parteciperanno anche alla messa che il vescovo di Roma celebrerà in Piazza San Pietro domenica 29 con loro e per loro.
Il congresso si svolge nel ventennale della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Le giornate sono incentrate soprattutto sulla prima parte del documento. Presidenti delle commissioni delle Conferenze episcopali che si occupano di catechesi ed evangelizzazione, responsabili degli uffici catechistici e, soprattutto, i catechisti stessi stanno compiendo una verifica del lavoro svolto, e cercano nuove metodologie per un’azione più efficace di catechesi, legata alla testimonianza di vita. In particolare si stanno confrontando sul patrimonio di dottrina e di spiritualità, ovvero, come ha spiegato l’arcivescovo Ruiz Arenas, segretario del dicastero organizzatore, su «il mistero della rivelazione di Dio e l’offerta della verità che ci dona il Signore per la nostra salvezza». E siccome tra le competenze del Pontificio Consiglio figurano la promozione del Catechismo stesso e la giurisdizione — trasferita dalla Congregazione per il Clero — sulla catechesi, l’arcivescovo presidente Fisichella non esclude che in futuro possano nascere centri o luoghi di formazione per i catechisti.
Il congresso è stato introdotto da un video della durata di quindici minuti, concepito come catechesi narrativa, che attraverso il linguaggio simbolico invitava a riflettere sul Credo, dando spazio soprattutto alla musica e alle immagini.
Successivamente, tra il pomeriggio inaugurale e stamattina, i presenti hanno ascoltato la catechesi introduttiva di monsignor Fisichella, la lectio divina sulla figura dei discepoli di Emmaus (Luca 24, 13-35) offerta dalla teologa Bruna Costacurta, e quattro delle cinque relazioni in programma: l’ultima, infatti, sarà tenuta sabato mattina prima delle conclusioni affidate a monsignor Ruiz Arenas.
L'Osservatore Romano

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Di seguito il testo del discorso del Santo Padre.
"Badate bene, non ho detto “fare” i catechisti, ma “esserlo”, perché coinvolge la vita. Si guida all’incontro con Gesù con le parole e con la vita, con la testimonianza. Ed “essere” catechisti chiede amore, amore sempre più forte a Cristo, amore al suo popolo santo. E questo amore, necessariamente, parte da Cristo".
Questo pomeriggio, alle ore 17, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Francesco ha incontrato  partecipanti al Congresso Internazionale sulla Catechesi (26-28 settembre 2013) sul tema: “Il catechista, testimone della fede”, promosso e organizzato in occasione dell’Anno della fede. 
Cari catechisti, buona sera
sono felice che nell’Anno della fede ci sia questo incontro per voi: la catechesi è un pilastro per l’educazione della fede, e ci vogliono buoni catechisti! Grazie di questo servizio alla Chiesa e nella Chiesa. Anche se a volte può essere difficile, si lavora tanto, ci si impegna e non si vedono i risultati voluti, educare nella fede è bello! 
(...) Aiutare i bambini, i ragazzi, i giovani, gli adulti a conoscere e ad amare sempre di più il Signore è una delle avventure educative più belle, si costruisce la Chiesa! “Essere” catechisti! (...) Badate bene, non ho detto “fare” i catechisti, ma “esserlo”, perché coinvolge la vita. Si guida all’incontro con Gesù con le parole e con la vita, con la testimonianza. (...) Ed “essere” catechisti chiede amore, amore sempre più forte a Cristo, amore al suo popolo santo. E questo amore, (...) necessariamente, parte da Cristo. (...) 
Che cosa significa questo ripartire da Cristo per un catechista, per voi, anche per me, perché anch’io sono catechista?
1. Prima di tutto ripartire da Cristo significa avere familiarità con Lui. 
(...) Gesù lo raccomanda con insistenza ai discepoli nell’Ultima Cena, quando si avvia a vivere il dono più alto di amore, il sacrificio della Croce. Gesù utilizza l’immagine della vite e dei tralci e dice: rimanete nel mio amore, rimanete attaccati a me, come il tralcio è attaccato alla vite. Se siamo uniti a Lui possiamo portare frutto, e questa è la familiarità con Cristo.(...) 
La prima cosa, per un discepolo, è stare con il Maestro, ascoltarlo, imparare da Lui. E questo vale sempre, (...) è un cammino che dura tutta la vita! (...) Per me, ad esempio, è molto importante rimanere davanti al Tabernacolo; è uno stare alla presenza del Signore, lasciarsi guardare da Lui. (...) E questo scalda il cuore, tiene acceso il fuoco dell’amicizia col Signore, ti fa sentire che Lui veramente ti guarda, ti è vicino e ti vuole bene. (...) Capisco che per voi non è così semplice: specialmente per chi è sposato e ha figli, è difficile trovare un tempo lungo di calma. Ma, grazie a Dio, non è necessario fare tutti nello stesso modo; nella Chiesa c’è varietà di vocazioni e varietà di forme spirituali; l’importante è trovare il modo adatto per stare con il Signore; e questo si può, è possibile in ogni stato di vita. In questo momento ognuno può domandarsi: come vivo io questo “stare” con Gesù? (...) Ho dei momenti in cui rimango alla sua presenza, in silenzio, mi lascio guardare da Lui? Lascio che il suo fuoco riscaldi il mio cuore? Se nel nostro cuore non c’è il calore di Dio, del suo amore, della sua tenerezza, come possiamo noi, poveri peccatori, riscaldare i cuori degli altri? (...)  
2. Il secondo elemento è questo: ripartire da Cristo significa imitarlo nell’uscire da sé e andare incontro all’altro. Questa è un’esperienza bella, e un po’ paradossale. Perché? Perché chi mette al centro della propria vita Cristo si decentra! Più ti unisci a Gesù e Lui diventa il centro della tua vita, più Lui ti fa uscire da te stesso, ti decentra e ti apre agli altri. Questo è il vero dinamismo dell’amore, questo è il movimento di Dio stesso! Dio è il centro, ma è sempre dono di sé, relazione, vita che si comunica… Così diventiamo anche noi se rimaniamo uniti a Cristo, Lui ci fa entrare in questo dinamismo dell’amore. Dove c’è vera vita in Cristo, c’è apertura all’altro, c’è uscita da sé per andare incontro all’altro nel nome di Cristo. (...) 
Il cuore del catechista vive sempre questo movimento di “sistole - diastole”: unione con Gesù - incontro con l’altro. (...). Se manca uno di questi due movimenti non batte più, non vive. Riceve in dono il kerigma, e a sua volta lo offre in dono. (...) E’ così nella natura stessa del kerigma: è un dono che genera missione, che spinge sempre oltre se stessi. San Paolo diceva: «L’amore di Cristo ci spinge», ma quel “ci spinge” si può tradurre anche “ci possiede”. E’ così: l’amore ti attira e ti invia, ti prende e ti dona agli altri. In questa tensione si muove il cuore del cristiano, in particolare il cuore del catechista. Chiediamoci tutti: è così che batte il mio cuore di catechista: unione con Gesù e incontro con l’altro? (...) Si alimenta nel rapporto con Lui, ma per portarlo agli altri? (...) Vi dico una cosa: non capisco come un catechista possa rimanere fermo, senza questo movimento. (...)  
3. E il terzo elemento sta sempre in questa linea: ripartire da Cristo significa non aver paura di andare con Lui nelle periferie. Qui mi viene in mente la storia di Giona, una figura davvero interessante, specialmente nei nostri tempi di cambiamenti e di incertezza. Giona è un uomo pio, con una vita tranquilla e ordinata; questo lo porta ad avere i suoi schemi ben chiari e a giudicare tutto e tutti con questi schemi, in modo rigido.(...) Perciò quando il Signore lo chiama e gli dice di andare a predicare a Ninive, la grande città pagana, Giona non se la sente.(...) Ninive è al di fuori dei suoi schemi, è alla periferia del suo mondo. E allora scappa, va in Spagna, fugge via, si imbarca su una nave che va lontano, da quelle parti. Andate a rileggere il Libro di Giona! E’ breve, ma è una parabola molto istruttiva, specialmente per noi che siamo nella Chiesa.
Che cosa ci insegna? Ci insegna a non aver paura di uscire dai nostri schemi per seguire Dio, perché Dio va sempre oltre, 
(...) Dio non ha paura (...) delle periferie. (...) Dio è sempre fedele, è creativo, (...) non è chiuso, e per questo non è mai rigido, ci accoglie, ci viene incontro, ci comprende. Per essere fedeli, per essere creativi, bisogna saper cambiare. (...) Per rimanere con Dio bisogna saper uscire, non aver paura di uscire. Se un catechista si lascia prendere dalla paura, è un codardo; se un catechista se ne sta tranquillo finisce per essere una statua da museo; (...) se un catechista è rigido diventa incartapecorito e sterile. Vi domando: qualcuno di voi vuole essere codardo, statua da museo o sterile?(...)  
Ma attenzione! Gesù non dice: andate, arrangiatevi. No! Gesù dice: Andate, io sono con voi! Questa è la nostra bellezza e la nostra forza: se noi andiamo, se noi usciamo a portare il suo Vangelo con amore, con vero spirito apostolico, con parresia, Lui cammina con noi, ci precede, ci “primerea” sempre. Ormai avete imparato il senso di questa parola. (...) E questo è fondamentale per noi: Dio sempre ci precede! Quando noi pensiamo di andare lontano, in una estrema periferia, e forse abbiamo un po’ di timore, in realtà Lui è già là: Gesù ci aspetta nel cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima senza fede.(...) Gesù è lì, in quel fratello. Lui sempre ci precede.
Cari catechisti, 
(...) vi dico grazie per quello che fate, ma soprattutto perché ci siete nella Chiesa, nel Popolo di Dio in cammino. (...) Rimaniamo con Cristo, cerchiamo di essere sempre più una cosa sola con Lui; seguiamolo, imitiamolo nel suo movimento d’amore, nel suo andare incontro all’uomo; e usciamo, apriamo le porte, abbiamo l’audacia di tracciare strade nuove per l’annuncio del Vangelo.
Il Signore vi benedica e la Madonna vi accompagni. Grazie!