domenica 29 settembre 2013

Santa Messa per i catechisti. Omelia di Papa Francesco



Santa Messa per i catechisti. Omelia di Papa Francesco: “Il catechista è uomo della memoria di Dio se ha un costante, vitale rapporto con Lui e con il prossimo; se è uomo di fede, che si fida veramente di Dio e pone in Lui la sua sicurezza; se è uomo di carità, di amore, che vede tutti come fratelli"

Il segno (...) indica frasi aggiunte dal Santo Padre e pronunciate a braccio.
1. «Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri, … distesi su letti d’avorio» (Am 6,1.4), mangiano, bevono, cantano, si divertono e non si curano dei problemi degli altri.Parole dure quelle del profeta Amos, ma che ci mettono in guardia da un pericolo che tutti corriamo. Che cosa denuncia questo messaggero di Dio, che cosa mette davanti agli occhi dei suoi contemporanei e anche davanti ai nostri occhi oggi? Il rischio di adagiarsi, della comodità, della mondanità nella vita e nel cuore, di avere come centro il nostro benessere.
E’ la stessa esperienza del ricco del Vangelo, che indossava vestiti di lusso e ogni giorno si dava ad abbondanti banchetti; questo era importante per lui. E il povero che era alla sua porta e non aveva di che sfamarsi? Non era affare suo, non lo riguardava. Se le cose, il denaro, la mondanità diventano centro della vita ci afferrano, ci possiedono e noi perdiamo la nostra stessa identità di uomini: guardate bene ... il ricco del Vangelo non ha nome, è semplicemente “un ricco”. Le cose, ciò che possiede sono il suo volto, non ne ha altri.
Ma proviamo a domandarci: come mai succede questo? Come mai gli uomini, forse anche noi, cadiamo nel pericolo di chiuderci, di mettere la nostra sicurezza nelle cose, che alla fine ci rubano il volto, il nostro volto umano? Questo succede quando perdiamo la memoria di Dio. (...) Se manca la memoria di Dio, tutto si appiattisce sull’io, sul mio benessere. La vita, il mondo, gli altri, perdono di consistenza, non contano più nulla, tutto si riduce a una sola dimensione: l’avere. Se perdiamo la memoria di Dio, anche noi stessi perdiamo consistenza, anche noi ci svuotiamo, perdiamo il nostro volto come il ricco del Vangelo! Chi corre dietro al nulla diventa lui stesso nullità – dice un altro grande profeta, Geremia (cfr Ger 2,5). Noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, non delle cose, non degli idoli!
2. Allora, guardandovi, mi chiedo: chi è il catechista? E’ colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio; la custodisce in se stesso e la sa risvegliare negli altri. E’ bello questo: fare memoria di Dio, come la Vergine Maria che, davanti all’azione meravigliosa di Dio nella sua vita, non pensa all’onore, al prestigio, alle ricchezze, non si chiude in se stessa. Al contrario, dopo aver accolto l’annuncio dell’Angelo e aver concepito il Figlio di Dio, che cosa fa? Parte, va dall’anziana parente Elisabetta, anch’essa incinta, per aiutarla; e nell’incontro con lei il suo primo atto è la memoria dell’agire di Dio, della fedeltà di Dio nella sua vita, nella storia del suo popolo, nella nostra storia: «L’anima mia magnifica il Signore … perché ha guardato l’umiltà della sua serva … di generazione in generazione la sua misericordia» (Lc 1,46.48.50). (...) In questo cantico di Maria c’è anche la memoria della sua storia personale, la storia di Dio con lei, la sua stessa esperienza di fede. Ed è così per ognuno di noi, per ogni cristiano: la fede contiene proprio memoria della storia di Dio con noi, la memoria dell’incontro con Dio che si muove per primo, che crea e salva, che ci trasforma; la fede è memoria della sua Parola che scalda il cuore, delle sue azioni di salvezza con cui ci dona vita, ci purifica, ci cura, ci nutre. Il catechista è proprio un cristiano che mette questa memoria al servizio dell’annuncio; non per farsi vedere, non per parlare di sé, ma per parlare di Dio, del suo amore, della sua fedeltà. (...) San Paolo raccomanda al suo discepolo e collaboratore Timoteo soprattutto una cosa: Ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, che io annuncio e per il quale soffro (cfr 2 Tm 2,8-9). Ma l’Apostolo può dire questo perché lui per primo si è ricordato di Cristo, che lo ha chiamato quando era persecutore dei cristiani, lo ha toccato e trasformato con la sua Grazia.
Il catechista allora è un cristiano che porta in sé la memoria di Dio, si lascia guidare dalla memoria di Dio in tutta la sua vita, e la sa risvegliare nel cuore degli altri. E’ impegnativo questo! Impegna tutta la vita! Lo stesso Catechismo che cos’è se non memoria di Dio, memoria della sua azione nella storia, del suo essersi fatto vicino a noi in Cristo, presente nella sua Parola, nei Sacramenti, nella sua Chiesa, nel suo amore? Cari catechisti, vi domando: siamo noi memoria di Dio? Siamo veramente come sentinelle che risvegliano negli altri la memoria di Dio, che scalda il cuore?
3. «Guai agli spensierati di Sion», dice il profeta. Quale strada percorrere per non essere persone “spensierate”, che pongono la loro sicurezza in se stessi e nelle cose, ma uomini e donne della memoria di Dio? Nella seconda Lettura san Paolo, scrivendo sempre a Timoteo, dà alcune indicazioni che possono segnare anche il cammino del catechista, il nostro cammino: tendere alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza (cfr 1 Tm 6,11). Il catechista è uomo della memoria di Dio se ha un costante, vitale rapporto con Lui e con il prossimo; se è uomo di fede, che si fida veramente di Dio e pone in Lui la sua sicurezza; se è uomo di carità, di amore, che vede tutti come fratelli; se è uomo di “hypomoné”, di pazienza e perseveranza, che sa affrontare le difficoltà, le prove, gli insuccessi, con serenità e speranza nel Signore; se è uomo mite, capace di comprensione e di misericordia.
Preghiamo il Signore perché siamo tutti uomini e donne che custodiscono e alimentano la memoria di Dio nella propria vita e la sanno risvegliare nel cuore degli altri. Amen.

*

Chi non è fedele al Catechismo perde la memoria di Dio
di Massimo Introvigne

Dopo la dura omelia del 28 settembre alla Gendarmeria Pontificia, in cui aveva evocato il diavolo entrato in Vaticano per la porta delle chiacchiere e dei pettegolezzi, Papa Francesco ha voluto concludere il weekend dedicato ai catechisti mettendo ancora «parole dure» al centro della sua meditazione. Si tratta di quelle del profeta Amos: «Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri, … distesi su letti d’avorio» (Am 6,1.4). Il Pontefice le ha commentate osservando che gli «spensierati di Sion» oggi sono coloro che non pregano e non rispettano l'integrità della dottrina, finendo per perdere la memoria di Dio e per annunciare se stessi invece del Vangelo.
In che senso questo vecchio ammonimento di un profeta biblico sta ancora «davanti ai nostri occhi oggi»? Amos, ha spiegato il Papa, denuncia «il rischio di adagiarsi, della comodità, della mondanità nella vita e nel cuore, di avere come centro il nostro benessere», materiale e non materiale. «Se le cose, il denaro, la mondanità diventano centro della vita ci afferrano, ci possiedono e noi perdiamo la nostra stessa identità di uomini: guardate bene, il ricco del Vangelo non ha nome, è semplicemente "un ricco". Le cose, ciò che possiede sono il suo volto, non ne ha altri».
Questa immagine ci colpisce, ma non è ancora sufficiente. Se vogliamo andare oltre, dobbiamo chiederci perché tanti uomini, anche oggi, si comportano così, perché noi stessi spesso «cadiamo nel pericolo di chiuderci, di mettere la nostra sicurezza nelle cose, che alla fine ci rubano il volto, il nostro volto umano». Certamente la nostra esperienza ormai ci insegna che la ricerca spasmodica del solo benessere, materiale o psicologico, non porta alla felicità. E se siamo cristiani conosciamo anche i moniti del Vangelo.
Il problema è che, chi più chi meno, tutti ogni tanto «perdiamo la memoria di Dio». In questo senso Amos si riferisce agli smemorati e agli spensierati: «Guai agli spensierati di Sion». Dove si dimentica Dio, resta solo l'io. «Se manca la memoria di Dio, tutto si appiattisce, tutto va sull’io, sul mio benessere. La vita, il mondo, gli altri, perdono la consistenza, non contano più nulla, tutto si riduce a una sola dimensione: l’avere. Se perdiamo la memoria di Dio, anche noi stessi perdiamo consistenza, anche noi ci svuotiamo, perdiamo il nostro volto come il ricco del Vangelo! Chi corre dietro al nulla diventa lui stesso nullità». Chi adora gli idoli perde il suo volto, immagine e somiglianza di Dio, e finisce per apparire come se fosse fatto «a immagine e somiglianza delle cose, degli idoli».
Che cosa c'entrano queste parole del profeta Amos, si è chiesto Papa Francesco, con l'incontro mondiale dei catechisti venuti a Roma per l'Anno della fede? C'entrano, perché a ben guardare il catechista «è colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio; la custodisce in se stesso e la sa risvegliare negli altri». In questo senso, la prima catechista è la Vergine Maria che «davanti all’azione meravigliosa di Dio nella sua vita, non pensa all’onore, al prestigio, alle ricchezze, non si chiude in se stessa. Al contrario, dopo aver accolto l’annuncio dell’Angelo e aver concepito il Figlio di Dio, che cosa fa? Parte, va dall’anziana parente Elisabetta, anch’essa incinta, per aiutarla; e nell’incontro con lei il suo primo atto è la memoria dell’agire di Dio, della fedeltà di Dio nella sua vita, nella storia del suo popolo, nella nostra storia». Dalla «memoria di Dio» di Maria nasce la prima catechesi, a Elisabetta: il Magnificat.
«In questo cantico di Maria c’è anche la memoria della sua storia personale, la storia di Dio con lei, la sua stessa esperienza di fede. Ed è così per ognuno di noi, per ogni cristiano: la fede contiene proprio la memoria della storia di Dio con noi, la memoria dell’incontro con Dio che si muove per primo, che crea e salva, che ci trasforma; la fede è memoria della sua Parola che scalda il cuore, delle sue azioni di salvezza con cui ci dona vita, ci purifica, ci cura, ci nutre». Come Maria il catechista dovrebbe custodire in sé questa memoria e trasformarla in annuncio: «non per farsi vedere, non per parlare di sé, ma per parlare di Dio, del suo amore, della sua fedeltà». Come Maria, il catechista dovrebbe «parlare e trasmettere tutto quello che Dio ha rivelato, cioè la dottrina nella sua totalità, senza tagliare né aggiungere». Quanti catechisti - e non solo - invece «tolgono e aggiungono» secondo le loro dottrine personali, che non sono quelle della Chiesa!
Il catechista, l'evangelizzatore «è un cristiano che porta in sé la memoria di Dio, si lascia guidare dalla memoria di Dio in tutta la sua vita, e la sa risvegliare nel cuore degli altri. È impegnativo questo! Impegna tutta la vita!». E il punto di riferimento del catechista è il Catechismo della Chiesa Cattolica, «memoria di Dio, memoria della sua azione nella storia, del suo essersi fatto vicino a noi in Cristo, presente nella sua Parola, nei Sacramenti, nella sua Chiesa, nel suo amore». I catechisti fedeli al Catechismo sono «come sentinelle che risvegliano negli altri la memoria di Dio, che scalda il cuore».
Ma ecco che torna il richiamo al profeta Amos, perché il suo ammonimento colpisce e descrive anche la cattiva catechesi. Gli «spensierati di Sion» sono coloro «che pongono la loro sicurezza in se stessi», che annunciano se stessi pretendendo di annunciare Dio. Spesso il problema nasce da una carenza nella vita spirituale. «Il catechista è uomo della memoria di Dio se ha un costante, vitale rapporto con Lui e con il prossimo; se è uomo di fede, che si fida veramente di Dio e pone in Lui la sua sicurezza; se è uomo di carità, di amore, che vede tutti come fratelli; se è uomo di "hypomoné", di pazienza, di perseveranza, che sa affrontare le difficoltà, le prove, gli insuccessi, con serenità e speranza nel Signore; se è uomo mite, capace di comprensione e di misericordia». La Madonna lo insegna: la capacità di custodire in sé la memoria di Dio, per diventare capaci di trasmetterla, alla fine può nascere soltanto dalla preghiera.

*

FRANCESE
1. « Malheur à ceux qui vivent bien tranquilles en Sion, et à ceux qui se croient en sécurité… couchés sur des lits d’ivoire » (Am 6, 1.4), ils mangent, ils boivent, ils se divertissent et ils ne s’occupent pas des problèmes des autres.
Paroles dures, que celles du prophète Amos, mais qui nous mettent en garde contre un danger que nous courons tous. Que dénonce ce messager de Dieu, qu’est-ce qu’il met sous les yeux de ses contemporains et aussi sous nos yeux ? Le risque de se complaire, du confort, de la mondanité dans la vie et dans le coeur, d’avoir comme centre notre bien-être. C’est l’expérience même du riche de l’Évangile, qui portait des vêtements de luxe et se donnait, chaque jour, à de copieux banquets ; cela était important pour lui. Et le pauvre qui était à sa porte et qui n’avait pas de quoi se nourrir ? Ce n’était pas son affaire, cela ne le regardait pas. Si les choses, l’argent, la mondanité deviennent le centre de la vie, ils nous saisissent, ils nous possèdent et nous perdons notre identité-même d’êtres humains : le riche de l’Évangile n’a pas de nom, il est simplement « un riche ». Les choses, ce qu’il possède sont son visage, il n’en a pas d’autres. Mais essayons de nous demander : comment se fait-il que cela arrive ? Comment se fait-il que les hommes, peut-être nous aussi, nous tombons dans le danger de nous renfermer, de mettre notre sécurité dans les choses, qui, au final, nous volent le visage, notre visage humain ? Cela arrive quand nous perdons la mémoire de Dieu. Si la mémoire de Dieu fait défaut, tout s’aplatit sur le moi, sur mon bien-être. La vie, le monde, les autres, perdent leur consistance, ils ne comptent pour rien, tout se réduit à une seule dimension : l’avoir. Si nous perdons la mémoire de Dieu, nous aussi nous perdons de notre consistance, nous nous vidons aussi, nous perdons notre visage comme le riche de l’Évangile ! Celui qui court derrière le néant devient lui-même nullité – comme le dit un autre grand prophète, Jérémie (cf. Jr 2, 5). Nous sommes faits à l’image et à la ressemblance de Dieu, pas des choses, ni des idoles !
2. Alors, en vous regardant, je me demande : qui est le catéchiste ? C’est celui garde et alimente la mémoire de Dieu ; la garde en lui-même et sait l’éveiller chez les autres. C’est beau cela : faire mémoire de Dieu, comme la Vierge Marie qui, face à l’action merveilleuse de Dieu dans sa vie, ne pense pas à l’honneur, au prestige, aux richesses, elle ne s’enferme pas sur ellemême.
Au contraire, après avoir accueilli l’annonce de l’Ange et après avoir conçu le Fils de Dieu, que fait-elle ? Elle part, elle va chez sa vieille parente Élisabeth, elle-aussi enceinte, pour l’aider ; et dans la rencontre avec elle, son premier acte est la mémoire de l’agir de Dieu, de la fidélité de Dieu dans sa vie, dans l’histoire de son peuple, dans notre histoire : « Mon âme exalte le Seigneur… Il s’est penché sur son humble servante… Son amour s’étend d’âge en âge » (Lc 1, 46.48.50).
Dans ce cantique de Marie il y a aussi la mémoire de son histoire personnelle, l’histoire de Dieu avec elle, sa propre expérience de foi. Et c’est ainsi pour chacun de nous, pour chaque chrétien : la foi contient vraiment la mémoire de l’histoire de Dieu avec nous, la mémoire de la rencontre avec Dieu qui, le premier, se met en mouvement, qui crée et sauve, qui nous transforme ; la foi est mémoire de sa Parole qui réchauffe le coeur, de ses actions de salut par lesquelles il nous donne vie, nous purifie, prend soin de nous, nous nourrit. Le catéchiste est vraiment un chrétien qui met cette mémoire au service de l’annonce ; non pas pour se faire voir, non pas pour parler de lui-même, mais pour parler de Dieu, de son amour, de sa fidélité. Saint Paul recommande surtout une chose à son disciple et collaborateur Timothée: souviens-toi de Jésus Christ, ressuscité d’entre les morts, que j’annonce et pour qui je souffre (cf. 2 Tm 2, 8-9). Mais l’Apôtre peut dire cela parce que lui, le premier, s’est souvenu du Christ, qui l’a appelé quand il était persécuteur des chrétiens, l’a touché et transformé par sa Grâce. Le catéchiste alors est un chrétien qui porte en lui la mémoire de Dieu, qui se laisse guider par la mémoire de Dieu dans toute sa vie, et qui sait l’éveiller dans le coeur des autres. C’est impératif cela ! ça engage toute la vie ! Le Catéchisme lui-même, qu’est-ce qu’il est sinon la mémoire de Dieu, mémoire de son action dans l’histoire, du fait qu’il s’est fait proche de nous dans le Christ, présent dans sa Parole, dans les Sacrements, dans son Église, dans son amour ? Chers catéchistes, je vous demande : sommes-nous la mémoire de Dieu ? Sommes-nous vraiment comme des sentinelles qui éveillent chez les autres la mémoire de Dieu, qui réchauffe le coeur ? 3. « Malheur à ceux qui vivent bien tranquilles dans Jérusalem ». Quelle route parcourir pour ne pas être des personnes « bien tranquilles », qui mettent leur sécurité en elles-mêmes et dans les choses, mais des hommes et des femmes de la mémoire de Dieu ? Dans la deuxième lecture saint Paul, toujours en écrivant à Timothée, donne quelques indications qui peuvent marquer aussi le chemin du catéchiste, notre chemin : tendre à la justice, à la piété, à la foi, à la charité, à la patience, à la douceur (cf. 1 Tm 6, 11).
Le catéchiste est un homme de la mémoire de Dieu s’il a une relation constante et vitale avec Lui et avec son prochain ; s’il est un homme de foi, qui a vraiment confiance en Dieu et met en Lui sa sécurité ; s’il est un homme de charité, d’amour, qui considère chacun comme son frère ; s’il est un homme d’« hypomoné », de patience et de persévérance, qui sait affronter les difficultés, les épreuves, les échecs, avec sérénité et espérance dans le Seigneur ; s’il est un homme doux, capable de compréhension et de miséricorde.
Prions le Seigneur afin que nous soyons tous des hommes et des femmes qui gardent et alimentent la mémoire de Dieu dans notre vie, et qui savent l’éveiller dans le coeur des autres. Amen.
INGLESE
1. “Woe to the complacent in Zion, to those who feel secure … lying upon beds of ivory!” (Am 6:1,4). They eat, they drink, they sing, they play and they care nothing about other people’s troubles.
These are harsh words which the prophet Amos speaks, yet they warn us about a danger that all of us face. What is it that this messenger of God denounces; what does he want his contemporaries, and ourselves, to realize? The danger of complacency, comfort, worldliness in our lifestyles and in our hearts, of making our well-being the most important thing in our lives. This was the case of the rich man in the Gospel, who dressed in fine garments and daily indulged in sumptuous banquets; this was what was important for him. And the poor man at his doorstep who had nothing to relieve his hunger? That was none of his business, it didn’t concern him. Whenever material things, money, worldliness, become the centre of our lives, they take hold of us, they possess us; we lose our very identity as human beings. The rich man in the Gospel has no name, he is simply “a rich man”. Material things, his possessions, are his face; he has nothing else.
Let’s try to think: How does something like this happen? How do some people, perhaps ourselves included, end up becoming self-absorbed and finding security in material things which ultimately rob us of our face, our human face? This is what happens when we no longer remember God. If we don’t think about God, everything ends up being about “me” and my own comfort. Life, the world, other people, all of these become unreal, they no longer matter, everything boils down to one thing: having. When we no longer remember God, we too become unreal, we too become empty; like the rich man in the Gospel, we no longer have a face! Those who run after nothing become nothing – as another great prophet Jeremiah, observed (cf. Jer 2:5). We are made in God’s image and likeness, not that of material objects, not that of idols! 2. So, as I look out at you, I think: Who are catechists? They are people who keep the memory of God alive; they keep it alive in themselves and they are able to revive it in others. This is something beautiful: to remember God, like the Virgin Mary, who sees God’s wondrous works in her life but doesn’t think about honour, prestige or wealth; she doesn’t become self-absorbed. Instead, after receiving the message of the angel and conceiving the Son of God, what does she do? She sets out, she goes to assist her elderly kinswoman Elizabeth, who was also pregnant. And the first thing she does upon meeting Elizabeth is to recall God’s work, God’s fidelity, in her own life, in the history of her people, in our history: “My soul magnifies the Lord … For he has looked on the lowliness of his servant … His mercy is from generation to generation” (Lk 1:46, 48, 50).
This canticle of Mary also contains the remembrance of her personal history, God’s history with her, her own experience of faith. And this is true too for each one of us and for every Christian: faith contains our own memory of God’s history with us, the memory of our encountering God who always takes the first step, who creates, saves and transforms us. Faith is remembrance of his word which warms our heart, and of his saving work which gives life, purifies us, cares for and nourishes us. A catechist is a Christian who puts this remembrance at the service of proclamation, not to be important, not to talk about himself or herself, but to talk about God, about his love and his fidelity.
Saint Paul recommends one thing in particular to his disciple and co-worker Timothy: Remember Jesus Christ, raised from the dead, whom I proclaim and for whom I suffer (cf. 2 Tim 2:8-9). The Apostle can say this because he too remembered Christ, who called him when he was persecuting Christians, who touched him and transformed him by his grace. The catechist, then, is a Christian who is mindful of God, who is guided by the memory of God in his or her entire life and who is able to awaken that memory in the hearts of others. This is not easy! It engages our entire existence! What is the Catechism itself, if not the memory of God, the memory of his works in history and his drawing near to us in Christ present in his word, in the sacraments, in his Church, in his love? Dear catechists, I ask you: Are we in fact the memory of God? Are we really like sentinels who awaken in others the memory of God which warms the heart?
3. “Woe to the complacent in Zion!”. What must we do in order not to be “complacent” – people who find their security in themselves and in material things – but men and woman of the memory of God? In the second reading, Saint Paul, once more writing to Timothy, gives some indications which can also be guideposts for us in our work as catechists: pursue righteousness, godliness, faith, love, endurance, gentleness (cf. 1 Tim 6:11).
Catechists are men and women of the memory of God if they have a constant, living relationship with him and with their neighbour; if they are men and women of faith who truly trust in God and put their security in him; if they are men and women of charity, love, who see others as brothers and sisters; if they are men and women of “hypomoné”, endurance and perseverance, able to face difficulties, trials and failures with serenity and hope in the Lord; if they are gentle, capable of understanding and mercy.
Let us ask the Lord that we may all be men and women who keep the memory of God alive in ourselves, and are able to awaken it in the hearts of others. Amen.
SPAGNOLO
1. «¡Ay de los que se fían de Sión,... acostados en lechos de marfil!» (Am 6,1.4); comen, beben, cantan, se divierten y no se preocupan por los problemas de los demás.
Son duras estas palabras del profeta Amós, pero nos advierten de un peligro que todos corremos. ¿Qué es lo que denuncia este mensajero de Dios, lo que pone ante los ojos de sus contemporáneos y también ante los nuestros? El riesgo de apoltronarse, de la comodidad, de la mundanidad en la vida y en el corazón, de concentrarnos en nuestro bienestar. Es la misma experiencia del rico del Evangelio, vestido con ropas lujosas y banqueteando cada día en abundancia; esto era importante para él. ¿Y el pobre que estaba a su puerta y no tenía para comer? No era asunto suyo, no tenía que ver con él. Si las cosas, el dinero, lo mundano se convierten en el centro de la vida, nos aferran, se apoderan de nosotros, perdemos nuestra propia identidad como hombres: el rico del Evangelio no tiene nombre, es simplemente «un rico». Las cosas, lo que posee, son su rostro, no tiene otro.
Pero intentemos preguntarnos: ¿Por qué sucede esto? ¿Cómo es posible que los hombres, tal vez también nosotros, caigamos en el peligro de encerrarnos, de poner nuestra seguridad en las cosas, que al final nos roban el rostro, nuestro rostro humano? Esto sucede cuando perdemos la memoria de Dios. Si falta la memoria de Dios, todo queda comprimido en el yo, en mi bienestar. La vida, el mundo, los demás, pierden consistencia, ya no cuentan nada, todo se reduce a una sola dimensión: el tener. Si perdemos la memoria de Dios, también nosotros perdemos la consistencia, también nosotros nos vaciamos, perdemos nuestro rostro como el rico del Evangelio. Quien corre en pos de la nada, él mismo se convierte en nada, dice otro gran profeta, Jeremías (cf. Jr 2,5). Estamos hechos a imagen y semejanza de Dios, no de las cosas, no de los ídolos.
2. Entonces, mirándoles a ustedes, me pregunto: ¿Quién es el catequista? Es el que custodia y alimenta la memoria de Dios; la custodia en sí mismo y sabe despertarla en los demás. Qué bello es esto: hacer memoria de Dios, como la Virgen María que, ante la obra maravillosa de Dios en su vida, no piensa en el honor, el prestigio, la riqueza, no se cierra en sí misma. Por el contrario, tras recibir el anuncio del Ángel y haber concebido al Hijo de Dios, ¿qué es lo que hace? Se pone en camino, va donde su anciana pariente Isabel, también ella encinta, para ayudarla; y al encontrarse con ella, su primer gesto es hacer memoria del obrar de Dios, de la fidelidad de Dios en su vida, en la historia de su pueblo, en nuestra historia: «Proclama mi alma la grandeza del Señor... porque ha mirado la humillación de su esclava... su misericordia llega a sus fieles de generación en generación» (cf. Lc 1,46.48.50).
En este cántico de María está también la memoria de su historia personal, la historia de Dios con ella, su propia experiencia de fe. Y así es para cada uno de nosotros, para todo cristiano: la fe contiene precisamente la memoria de la historia de Dios con nosotros, la memoria del encuentro con Dios, que es el primero en moverse, que crea y salva, que nos transforma; la fe es memoria de su Palabra que inflama el corazón, de sus obras de salvación con las que nos da la vida, nos purifica, nos cura, nos alimenta. El catequista es precisamente un cristiano que pone esta memoria al servicio del anuncio; no para exhibirse, no para hablar de sí mismo, sino para hablar de Dios, de su amor y su fidelidad.
San Pablo recomienda a su discípulo y colaborador Timoteo sobre todo una cosa: Acuérdate de Jesucristo, resucitado de entre los muertos, a quien anuncio y por el que sufro (cf. 2 Tm 2,8-9). Pero el Apóstol puede decir esto porque él es el primero en acordarse de Cristo, que lo llamó cuando era un perseguidor de los cristianos, lo conquistó y transformó con su gracia. El catequista, pues, es un cristiano que lleva consigo la memoria de Dios, se deja guiar por la memoria de Dios en toda su vida, y la sabe despertar en el corazón de los otros. Esto requiere esfuerzo. Compromete toda la vida. El mismo Catecismo, ¿qué es sino memoria de Dios, memoria de su actuar en la historia, de su haberse hecho cercano a nosotros en Cristo, presente en su Palabra, en los sacramentos, en su Iglesia, en su amor? Queridos catequistas, les pregunto: ¿Somos memoria de Dios? ¿Somos verdaderamente como centinelas que despiertan en los demás la memoria de Dios, que inflama el corazón?
3. «¡Ay de los que se fían de Sión». ¿Qué camino se ha de seguir para no ser «superficiales», como los que ponen su confianza en sí mismos y en las cosas, sino hombres y mujeres de la memoria de Dios? En la segunda Lectura, san Pablo, dirigiéndose de nuevo a Timoteo, da algunas indicaciones que pueden marcar también el camino del catequista, nuestro camino: Tender a la justicia, a la piedad, a la fe, a la caridad, a la paciencia, a la mansedumbre (cf. 1 Tm 6,11).
El catequista es un hombre de la memoria de Dios si tiene una relación constante y vital con él y con el prójimo; si es hombre de fe, que se fía verdaderamente de Dios y pone en él su seguridad; si es hombre de caridad, de amor, que ve a todos como hermanos; si es hombre de «hypomoné», de paciencia y perseverancia, que sabe hacer frente a las dificultades, las pruebas y los fracasos, con serenidad y esperanza en el Señor; si es hombre amable, capaz de comprensión y misericordia.
Pidamos al Señor que todos seamos hombres y mujeres que custodian y alimentan la memoria de Dios en la propia vida y la saben despertar en el corazón de los demás. Amén.
PORTOGHESE
1. «Ai dos que vivem comodamente em Sião e dos que vivem tranquilos (…) deitados em leitos de marfim» (Am 6, 1.4), comem, bebem, cantam, divertem-se e não se preocupam com os problemas dos outros.
São palavras duras, estas do profeta Amós, mas que nos advertem para um perigo que todos corremos. Que denuncia este mensageiro de Deus, que põe ele diante dos olhos dos seus contemporâneos e diante dos nossos também? O risco de se acomodar, da comodidade, da mundanidade na vida e no coração, de ter como centro o nosso bem-estar. É a própria experiência do rico do Evangelho, que vestia roupas de luxo e cada dia se banqueteava lautamente; importante para ele era isto. E o pobre que jazia à sua porta e não tinha com que matar a fome? Não era com ele, não lhe dizia respeito. Se as coisas, o dinheiro, a mundanidade se tornam o centro da vida, apoderam-se de nós, dominam-nos e perdemos a nossa identidade de homens: o rico do Evangelho não tem nome, é simplesmente «um rico». As coisas, aquilo que possui, são o seu rosto, não tem outro.
Mas tentemos descobrir: Como é que acontece isto? Como é que os homens, talvez nós mesmos caímos no perigo de nos fecharmos, de pormos a nossa segurança nas coisas, que no fim nos roubam o rosto, o nosso rosto humano? Isto acontece, quando perdemos a memória de Deus. Se falta a memória de Deus, tudo se nivela pelo eu, pelo meu bem-estar. A vida, o mundo, os outros perdem consistência, já não contam para nada, tudo se reduz a uma única dimensão: o ter. Se perdemos a memória de Deus, também nós mesmos perdemos consistência, também nós nos esvaziamos, perdemos o nosso rosto, como o rico do Evangelho! Quem corre atrás do nada, torna-se ele próprio nulidade – diz outro grande profeta, Jeremias (cf. Jr 2, 5). Estamos feitos à imagem e semelhança de Deus, não das coisas, nem dos ídolos!
2. Assim, ao ver-vos, pergunto-me: Quem é o catequista? É aquele que guarda e alimenta a memória de Deus; guarda-a em si mesmo e sabe despertá-la nos outros. É belo isto: fazer memória de Deus, como a Virgem Maria que, perante a maravilhosa acção de Deus na sua vida, não pensa nas honras, no prestígio, nas riquezas, não se fecha em si mesma. Antes pelo contrário! Depois de ter recebido o anúncio do Anjo e ter concebido o Filho de Deus, que faz Ela? Parte, vai ter com a sua prima Isabel, idosa e também ela grávida, para a ajudar; e, quando a encontra, o seu primeiro acto é fazer memória do agir de Deus, da fidelidade de Deus na sua vida, na história do seu povo, na nossa história: «A minha alma glorifica o Senhor, (...) porque pôs os olhos na humildade da sua serva (...); a sua misericórdia se estende de geração em geração» (Lc 1, 46.48.50).
Neste cântico de Maria, está presente também a memória da sua história pessoal, a história de Deus com Ela, a sua própria experiência de fé. E o mesmo se passa com cada um de nós, com cada cristão: a fé contém precisamente a memória da história de Deus connosco, a memória do encontro com Deus que toma a iniciativa, que cria e salva, que nos transforma; a fé é memória da sua Palavra que inflama o coração, das suas acções salvíficas pelas quais nos dá vida, purifica, cuida de nós e alimenta. O catequista é precisamente um cristão que põe esta memória ao serviço do anúncio; não para dar nas vista, nem para falar de si, mas para falar de Deus, do seu amor, da sua fidelidade.
A Timóteo, seu discípulo e colaborador, São Paulo recomenda sobretudo isto: Lembra-te de Jesus Cristo, ressuscitado dentre os mortos, que eu anuncio e pelo qual sofro (cf. 2 Tm 2, 8-9). Mas o Apóstolo pode dizer isto, porque ele, primeiro, se lembrou de Cristo, que o chamou quando era perseguidor dos cristãos, tocou-o e transformou-o com a sua graça. Deste modo, o catequista é um cristão que traz em si a memória de Deus, deixa-se guiar pela memória de Deus em toda a sua vida, e sabe despertá-la no coração dos outros. Isto é difícil! Compromete a vida toda! E o próprio Catecismo que é senão memória de Deus, memória da sua acção na história, de Se ter feito próximo de nós em Cristo, presente na sua Palavra, nos Sacramentos, na sua Igreja, no seu amor? Amados catequistas, pergunto-vos: Somos memória de Deus? Procedemos verdadeiramente como sentinelas que despertam nos outros a memória de Deus, que inflama o coração.
3. «Ai dos que vivem comodamente em Sião!» Que estrada seguir para não sermos pessoas «que vivem comodamente», que põem a sua segurança em si mesmos e nas coisas, mas homens e mulheres da memória de Deus? Na segunda leitura, escrevendo ao referido Timóteo, São Paulo dá algumas indicações que podem caracterizar também o caminho do catequista, o nosso caminho: procurar a justiça, a piedade, a fé, o amor, a paciência, a mansidão (cf. 1 Tm 6, 11). O catequista é pessoa da memória de Deus, se tem uma relação constante, vital com Ele e com o próximo; se é pessoa de fé, que confia verdadeiramente em Deus e põe n’Ele a sua segurança; se é pessoa de caridade, de amor, que vê a todos como irmãos; se é «hypomoné», pessoa de paciência e perseverança, que sabe enfrentar as dificuldades, as provas, os insucessos, com serenidade e esperança no Senhor; se é pessoa gentil, capaz de compreensão e de misericórdia.

Peçamos ao Senhor para sermos todos, homens e mulheres que guardam e alimentam a memória de Deus na própria vida e a sabem despertar no coração dos outros. Amen.

*

La Repubblica.it
Papa Francesco torna a ripeterlo. Benessere, possedere, denaro. Sono il primo passo verso il niente. "Chi corre dietro al nulla diventa lui stesso nullità", ha sottolineato papa Francesco, citando il profeta Geremia, nella messa per la Giornata dei Catechisti, mettendo in (...)