giovedì 26 settembre 2013

Il senso nuovo delle parole



Dopo la giornata mondiale della gioventù cambia il significato dell’espressione “hacer lío”. 

Francesco invita a non rimanere muti perché il Vangelo non è silenzioso. Anticipiamo un articolo che sarà pubblicato sul sito «Terre d’America. News e analisi dell’America Latina», diretto da Alver Metalli. La traduzione dallo spagnolo è di Mariana Gabriela Janún.
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(Jorge Milia) 
Fare lío è un’espressione comune sulla bocca degli argentini. Fanno lío i bambini quando fanno chiasso, i tifosi quando celebrano una vittoria, gli adolescenti lo fanno volentieri nelle loro camere ignorando gli auricolari, hacen lío gli studenti quando festeggiano una laurea, ma fanno lío anche i manifestanti che rendono un inferno la città di Buenos Aires bloccando le strade per protestare, o quelli che vogliono farsi sentire tout-court, magari con il tipico bombo (tamburo) che lo stesso Papa ha fatto entrare nell’udienza con i calciatori argentini sconvolgendo non poco il protocollo. Fare lío è un termine corrente dunque, che il Papa ha usato nel suo dialogo con i giovani a Rio de Janeiro. Ma con una applicazione che lo rende singolare. «Desidero dirvi ciò che spero come conseguenza della Giornata della gioventù: spero che ci sia chiasso. (...) Però io voglio che ci sia chiasso nelle diocesi, voglio che si esca fuori, voglio che la Chiesa esca per le strade».
Vuole che ci sia lío, chiasso, rumore, movimento, che i giovani reclamino spazio nella società, e, perché no, anche nella Chiesa. Le chiese sono spente — sembra dire il Papa argentino — là dove i cristiani non hacen lío, i sacerdoti non escono all’incontro con le “pecore” che gli sono state affidate, l’esistenza stessa non ha il sale del buon lievito di evangelica memoria.
L’idea stessa che la Casa di Dio debba aprire le sue porte non è nuova. È antica come il cristianesimo. L’hagan lío di Francesco è perché le porte delle chiese siano sempre spalancate e possano dare ricovero all’umanità dolorante del popolo di Dio in cammino nel mondo. Ma anche che dall’interno del luogo di culto si possa uscire per portare al mondo, cioè a tutti, il tesoro che vi viene custodito.
Hagan lío, non rimanete silenziosi ha ripetuto tornando a Roma dal Brasile, questa volta dentro le mura vaticane. Il Vangelo non è silenzioso. Ci sta dicendo di non stare zitti. Non lo è stato Gesù quando ha cacciato i mercanti dal tempio o quando volevano lapidare l’adultera. Fatevi sentire è un altro modo di designare la rumorosità a cui allude. Un protagonismo sì, è un farsi vedere, ma con qualcosa di positivo dentro. E non coinvolge soltanto la Chiesa.
In un clima di scontro politico che si credeva superato da decenni nella società argentina, dove persino famiglie, amici, colleghi, hanno smesso di parlarsi o frequentarsi per differenze di opinioni che riguardano la politica, dove, incominciando dai politici, tanti vogliono essere ritratti in una foto con Francisco e anche i nemici di una volta oggi sono, è proprio il caso di dirlo, “più papisti del Papa”, si sente dire, si è incominciato a sentir dire dopo la Giornata mondiale della gioventù che occorre hacer lío, ma in un senso nuovo, così come lo intende il Papa.
Quello che stupisce è che tutti, assolutamente tutti, al di là delle inevitabili strumentalizzazioni politiche, sono certi di aver capito, appunto per la forza e l’espressività della frase, cosa vuol dire questo “positivo”. «Lo ha detto il Papa», aggiungono. E dunque è chiaro.
Così l’espressione sta mutando senso, anzi, lo ha già fatto. Ma più che mutare, possiamo dire che Papa Francesco l’ha “trasfigurata”. È chiaro che non è una questione soltanto per filologi o semiologi. No, come ogni trasfigurazione che continua ad accadere ancora oggi, sta facendo vedere sotto una luce nuova, sta ri-creando, quello che c’era già prima. E lo sta facendo ripartire.
L'Osservatore Romano