martedì 3 settembre 2013

Il filo unico e insanguinato che lega le terre dei figli di Abramo



Secondo  tweet di Papa Francesco oggi: "Vogliamo che in questa nostra società, dilaniata da divisioni e da conflitti, scoppi la pace" (3 settembre 2013)

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Da Gregorio Magno a Karol Wojtyla il «dovere» di parlare contro l’orrore
di Alberto Melloni
in “Corriere della Sera” del 3 settembre 2013
Il modo in cui papa Francesco s’è fatto voce della tragedia di Siria e il gesto che ha annunciato per
sabato hanno un significato che sarebbe riduttivo incasellare nella sequenza delle «rivoluzioni»
bergogliane. Nell’Angelus di domenica ci sono infatti due citazioni teologicamente impegnative sia
per chi le ha fatte sia per chi le ha ascoltate.
Il Papa ha supplicato di porgere l’orecchio al «grido che sale» dalla terra: un movimento che, nella
Scrittura, è quello che porta verso Dio la voce d’Israele in Mizraim (Egitto). Non lo si ritrova, quel
riferimento all’Esodo, nelle tante condanne papali della guerra che papa Francesco domenica poteva
ricalcare. Poteva riferirsi al «dovere di parlare» con cui Wojtyla deplorò inascoltato la guerra nel
2003; alla formula di Pio XII del 1939 per cui «nulla è perduto con la pace» o a quella di Benedetto
XV sulla «inutile strage» del 1917; poteva congiungere come Paolo VI all’Onu nel 1965 il «mai più
la guerra» alla teoria della guerra come conseguenza fatale del peccato. Invece non ha omesso nulla,
ma ha scelto come cifra di riferimento quella del grido che è una citazione dell’Esodo e insieme una
citazione del messaggio con cui Giovanni XXIII nell’ottobre 1962 scongiurò la deflagrazione
atomica ai tempi della crisi di Cuba. Una scelta che dice come Francesco non abbia in mente una
rituale deplorazione, ma voglia andare oltre.
E l’oltre è indicato dall’altra citazione biblica del Vangelo di Marco che disegna il gesto annunciato
per sabato 7. Francesco ha invitato al digiuno e alla preghiera i cristiani — e i capi delle grandi
chiese dovranno prendere posizione. Ma si è rivolto allo stesso titolo anche ai non cristiani (per gli
ebrei è l’indomani di Rosh Hashana, il Capodanno) e agli atei, invitati non in un cortile per esclusi,
ma in una piazza che vuol essere icona dell’unità della famiglia umana in una lotta escatologica
contro la guerra. «Col digiuno e la preghiera», secondo il Vangelo di Marco, non si placa Dio, ma si
caccia quel demonio resistente perfino all’insorgenza messianica e alla santità dell’Inerme.
Proponendo così una sorta di esorcismo del disumano che passa dalla «lectio divina», Francesco
riporta alla mente la predicazione di Gregorio Magno davanti all’assedio dei Longobardi del 593-
594. Mentre incombe la catastrofe Gregorio apre la Scrittura col popolo e vi legge ciò che prima
non appariva, perché «le parole divine crescono con chi le legge».
Cimentarsi in questa lettura è un atto coraggioso. Il mondo di oggi gradisce messaggi brevi, al
limite del vuoto ben confezionato che ad esempio la politica italiana conosce. Francesco dovrà
dimostrare di avere una lettura piena e globale di una serie di crisi che la diplomazia vede come
episodi separati e che le comunità cristiane, alla luce della loro minorità, sanno invece essere l’una
il destino dell’altra. Quello che dal 1989 insanguina l’ex Impero ottomano, e le sue vicinanze, è un
unico grande sisma (dello stesso tipo di quello che avrebbe spappolato l’Europa senza
l’ecumenismo e senza l’euro). Un sisma moltiplicato dalla riapertura di cicatrici confessionali
interne all’Islam che per rimarginarsi richiederanno pochi secoli e che intanto formeranno intere
generazioni alla efferatezza. Le comunità cristiane ortodosse, cattoliche, protestanti sanno grazie
alla loro disseminata irrilevanza quantitativa che senza iniziative serie e audaci (di cui non si vede
traccia e che eccedono l’Onu) la Libia diventerà come la Siria, la Siria come l’Iraq, l’Iraq come
l’Afghanistan e via di questo passo, in una somma di violenza di cui, alla fine, come sempre, si
rischia che paghi il conto Israele anche se dovesse pagare il conto da vincitore. Trovare il filo
politico di questa lettura globale non è il mestiere del Papa: ma se il Papa trova il filo spirituale può
darsi che qualcuno si accorga che quello che lega le terre dei figli di Abramo è un filo unico. Unico 
e insanguinato.

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Vatican Insider
(Andrea Tornielli) Francesco e la giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria sulla scia degli appelli dei Pontefici dell'ultimo secolo e lancia il tweet «Vogliamo che in questa nostra società, dilaniata da divisioni e da conflitti, scoppi la pace». Che avesse in animo di fare (...)
La diplomazia vaticana in campo (Giacomo Galeazzi)

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"Una catena d'impegno per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà"

Il Movimento dei Focolari si unisce alla preghiera e al digiuno proposti da papa Francesco per la Siria


«Due parole s’impongono in queste ore estremamente drammatiche e pericolose: impegno totale nel rispondere a papa Francesco con la preghiera e il digiuno e gratitudine per aver dato voce ai cuori di milioni di uomini di tutte le fedi e di popoli di tutte le latitudini».
Così Maria Voce esprime il sentire del Movimento dei Focolari da Amman, in Giordania, dove sta incontrando le comunità dei Focolari dei Paesi di Medio Oriente e Nord Africa. Un mosaico di Chiese (cattolici, copto-ortodossi, greco-ortodossi e greco-cattolici, maroniti, armeni, caldei, siro-ortodossi e siro-cattolici) ed una nutrita rappresentanza di musulmani provenienti dall’Algeria, Marocco, Turchia e Giordania.
Papa Francesco afferma nel suo accorato appello che «non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto» a costruire «la convivenza nei popoli e tra i popoli, ma la cultura dell’incontro, la cultura del dialogo: questa è l’unica strada per la pace». Ed è toccante sentire l’eco che arriva da famiglie e giovani della comunità dei Focolari di Aleppo: «Continuiamo nonostante tutto a costruire ponti di amore e unità con gli altri […], seminiamo la speranza nell’umanità sofferente attorno a noi, riempiamo i cuori tristi con la presenza di Dio, facciamo di tutto per portare l’amore agli altri. […] E preghiamo per la pace tanto minacciata nel mondo e nel Medio oriente, soprattutto in Siria, Egitto, Libano ed Iraq e perché trionfi l’amore di Dio nel mondo».
Con tutti gli uomini di buona volontà, gli aderenti dei Focolari intensificano il loro personale impegno con il diffondere e moltiplicare “gesti di pace” cominciando dai propri ambienti, come incoraggia a fare papa Francesco. Inoltre si raccolgono in preghiera quotidiana per la pace alle ore 12, di ogni fuso orario, nei 194 Paesi dove il Movimento è radicato. Il motivo viene sintetizzato da Maria Voce: «Per metterci di fronte a Dio e porci al suo servizio, perché possa usarci come strumenti di pace in tutti i nostri Paesi”.
I membri dei Focolari parteciperanno alla giornata indetta dal Papa per il prossimo 7 settembre per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero,unendosi alle forme più varie di preghiera, nelle parrocchie, nelle comunità, sulle strade e nelle case, in centinaia di città del mondo.