giovedì 29 agosto 2013

Il Papa e l'elogio dell'inquietudine



Il  tweet di Papa Francesco: "L’amore di Dio non è qualcosa di vago, di generico; l’amore di Dio ha un nome e un volto: Gesù Cristo" (29 agosto 2013)

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Ieri, 28 agosto 2013, Papa Francesco ha celebrato la Messa per l'apertura del Capitolo Generale degli Agostiniani, proponendo loro un'ampia riflessione sulla nozione di inquietudine. Temi analoghi - con toni ovviamente diversi - il Pontefice aveva presentato qualche ora prima ai giovani della Diocesi di Piacenza-Bobbio in pellegrinaggio a Roma per l'Anno della fede. Anche ai giovani il Papa aveva detto di non stare tranquilli, di «fare rumore», di «andare controcorrente», non per un generico gusto del chiasso ma ispirati dai tre valori fondamentali: «bellezza, bontà, verità».
Con gli Agostiniani, Francesco ha meditato su un brano famosissimo delle «Confessioni» di sant'Agostino (354-430): «Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te». Che cos'è l'inquietudine? Ci sono certamente inquietudini che non fanno bene, ma quali inquietudini invece sant'Agostino c'invita ad accogliere e coltivare? «Ne propongo tre - ha risposto il Papa -:l’inquietudine della ricerca spirituale, l’inquietudine dell’incontro con Dio, l’inquietudine dell’amore».
La prima: l’inquietudine della ricerca spirituale. «Agostino - ricorda il Pontefice - vive un’esperienza abbastanza comune al giorno d’oggi: viene educato dalla mamma Monica [331-387] nella fede cristiana, anche se non riceve il Battesimo, ma crescendo se ne allontana, non trova in essa la risposta alle sue domande, ai desideri del suo cuore, e viene attirato da altre proposte». S'interessa al manicheismo, ma si dà anche al «divertimento spensierato», agli spettacoli, alle donne, alla carriera della corte imperiale. «Agostino è un uomo “arrivato”, ha tutto, ma nel suo cuore rimane l’inquietudine della ricerca del senso profondo della vita».
Agostino ha almeno il merito di rimanere inquieto. «Certo commette errori, prende anche vie sbagliate, pecca, è un peccatore; ma non perde l’inquietudine della ricerca spirituale. E in questo modo scopre che Dio lo aspettava, anzi, che non aveva mai smesso di cercarlo per primo». In questo c'è una grande lezione per noi, una lezione attualissima. «Vorrei dire - ha esclamato Papa Francesco -  a chi si sente indifferente verso Dio, verso la fede, a chi è lontano dalla Chiesa o l’ha abbandonata, anche a noi, con le nostre “lontananze” e i nostri “abbandoni” verso la Chiesa: guarda nel profondo del tuo cuore, guarda nell’intimo di te stesso, e domandati: hai un cuore che desidera qualcosa di grande o addormentato dalle cose? Il tuo cuore ha conservato l’inquietudine della ricerca o l’hai lasciato soffocare dalle cose, che finiscono per atrofizzarlo? Dio ti attende, ti cerca: che cosa rispondi?».
Ecco dunque la seconda inquietudine: quella della ricerca di Dio. «In Agostino è proprio questa inquietudine del cuore che lo porta all’incontro personale con Cristo, lo porta a capire che quel Dio che cercava lontano da sé, è il Dio vicino ad ogni essere umano, il Dio vicino al nostro cuore, più intimo a noi di noi stessi». È però importante, ha aggiunto il Papa, riflettere sul fatto che dopo avere trovato Dio «Agostino non si ferma, non si adagia, non si chiude in se stesso come chi è già arrivato, ma continua il cammino. L’inquietudine della ricerca della verità, della ricerca di Dio, diventa l’inquietudine di conoscerlo sempre di più e di uscire da se stesso per farlo conoscere agli altri». È un tema tipico del Magistero di Francesco, ma il Pontefice lo ritrova già in Agostino, che «si lascia inquietare da Dio, non si stanca di annunciarlo, di evangelizzare con coraggio». Avrebbe preferito una vita di studio: la Chiesa lo chiama invece a diventare vescovo in una situazione difficilissima, mentre infuria la guerra. «Il tesoro di Agostino è proprio questo atteggiamento: uscire sempre verso Dio, uscire sempre verso il gregge… non “privatizzare” l’amore… sempre in cammino! Sempre inquieto!».
C'è, afferma il Papa, una vera «pace dell’inquietudine». «Possiamo domandarci: sono inquieto per Dio, per annunciarlo, per farlo conoscere? O mi lascio affascinare da quella mondanità spirituale che spinge a fare tutto per amore di se stessi? Mi sono per così dire “accomodato” nella mia vita cristiana, nella mia vita sacerdotale, nella mia vita religiosa, anche nella vita di comunità, o conservo la forza dell’inquietudine per Dio, per la sua Parola, che mi porta ad “andare fuori”, verso gli altri?». 
Infine, l'ultima inquietudine: l’inquietudine dell’amore. Il Papa, che aveva confidato di essere un grande devoto di santa Monica, è tornato sulla figura della madre di sant'Agostino. «Quante lacrime ha versato quella santa donna per la conversione del figlio! E quante mamme anche oggi versano lacrime perché i propri figli tornino a Cristo e alla Chiesa! Non perdete la speranza nella grazia di Dio!». A Monica un vescovo disse: «Non è possibile che un figlio di tante lacrime perisca». «Donna inquieta, questa donna! - commenta Francesco -. E Agostino è erede di Monica, da lei riceve il seme dell’inquietudine. Ecco, allora, l’inquietudine dell’amore: cercare sempre, senza sosta, il bene dell’altro, della persona amata, con quella intensità che porta anche alle lacrime». Lacrime che ricordano quelle di Maria, di Gesù per l'amico morto Lazzaro, di Pietro dopo il tradimento.
E noi? «Come siamo con l’inquietudine dell’amore? Crediamo nell’amore a Dio e agli altri? Non in modo astratto, non solo le parole»! Troppo spesso forse «rimaniamo chiusi in noi stessi, nelle nostre comunità, che molte volte è per noi “comunità-comodità». Parlando a religiosi, il Pontefice ha fatto cenno «ai consacrati che non sono fecondi, che sono “zitelloni”», un'espressione simile a quella che aveva usato tempo fa per le suore.  Chiediamo dunque a Dio, ha concluso Francesco, che ci dia la grazia dell'inquietudine, che «conservi nel nostro cuore l’inquietudine spirituale di ricercarlo sempre, l’inquietudine di annunciarlo con coraggio, l’inquietudine dell’amore».
Introvigne