domenica 25 agosto 2013

"Amore e humour"


"Amore e humour" di Jean Guitton e "Michelangelo, Murillo e i catechisti" di Albino Luciani

(A 35 anni dall'elezione di Papa Giovanni Paolo I, Albino Luciani) A metà degli anni Ottanta Jean Guitton scrisse l’introduzione per un’edizione della Catechetica in briciole (Cinisello Balsamo, San Paolo, 1987). Ne pubblichiamo una parte insieme ad alcuni brani dal testo scritto da Albino Luciani nel 1949 quando svolgeva il suo ministero sacerdotale nella diocesi di Belluno.
(Jean Guitton) Ho preso visione del testo della Catechetica in briciole, dove ho ritrovato il sapore di quello scrittore nato che fu Albino Luciani. Il termine “sapore” riassume l’impressione di saggezza, di scienza e di sapidità lasciatami dagli scritti e dalle parole di questo pastore incomparabile. Vi si intuiscono quel misto di humour e di amore che lo affratellano a Dickens e a Mark Twain, i suoi autori preferiti; l’esperienza profonda della vita e particolarmente della vita infantile; la preoccupazione di non separare mai lo spirito dal cuore, la memoria dall’invenzione, la parola dalla parabola; e, soprattutto, quello che è stato definito “il sorriso”.
Del suo breve passaggio durato 33 giorni l’umanità ha ritenuto il sorriso. Passare come un fiore dei campi, lasciandosi dietro il profumo del sorriso, significa compiere una grande opera in questo momento di angoscia per l’universo. Il sorriso illumina queste pagine di consiglio! Par di percepire in sordina non tanto Francesco di Sales, Fénelon o il Curato d’Ars, quanto piuttosto i santi italiani del sorriso, Filippo Neri, il Cottolengo, don Bosco.
Nelle sue lettere agli Illustrissimi (libro inimitabile fatto di amore-humour), Mons. Luciani parla del «catechismo del nostro tempo» e si indirizza a un vescovo francese del secolo XIX. La scelta è indovinata, perché Mons. Dupanloup aveva il dono delle lingue: aveva confessato Talleyrand, che non dimenticò mai le sue lezioni; aveva insegnato al giovane Renan; aveva interrogato Mélanie e Maximin, i ragazzi di La Salette! Ed ecco quel che Luciani scrive sapidamente a Dupanloup: «Insomma, grande vescovo, grande letterato, mattatore in tutti i movimenti di idee e opinioni del vostro secolo. Per me però l’aspetto più interessante della vostra persona e della vostra opera è la passione per il catechismo. Avete cominciato a istruire i piccoli ancora chierico a San Sulpizio, avete continuato giovanissimo prete all’Assunta e alla Maddalena; tutta Parigi accorreva ad ascoltarvi. Anche da vescovo, il catechismo fu in cima ai vostri pensieri, invase la maggior parte dei vostri libri. Avete scritto nel vostro diario: “Appena assegnatami la classe dei piccoli, presi subito fuoco: da allora, ciò che non è catechismo, azione pura della grazia sulle anime, è niente ai miei occhi; il piccolo letterato, ch’era in me, cedette il posto e si pose al completo servizio del catechista”. Scriveste ancora: “Il più bello dei ministeri è il ministero pastorale. Ma il catechismo è più bello ancora. È il bell’ideale del cuore di Dio. Niente gli si può paragonare. È il ministero più puro, il più disinteressato, il più distaccato da pretese”. M’è venuto da pensare a voi e a queste appassionate convinzioni, perché ho sott’occhio il testo del Catechismo per fanciulli che sarà sperimentato in Italia dal prossimo ottobre in poi. Buon testo, mi pare. Ma che vale il testo, se poi non ci sono le teste e il cuore dei catechisti?».
Mons. Luciani indica ai catechisti laici il modo di procedere. Non me la sento di deflorare le gioie che proverete gustando queste pagine. Vedrete come l’autore concilia i due imperativi contrari di ogni catechesi: essere, da un lato, una rivelazione venuta da Dio attraverso gli apostoli, trasmessa quindi per autorità divina, affidata al cuore, alla memoria che sola «sait par coeur» e, dall’altro lato, una scoperta fatta dal bambino, una ricerca spontanea, uno slancio, un’interrogazione del maestro da parte dell’allievo, a volte l’invenzione di un nuovo linguaggio. Autorità e libertà. Tradizione e progresso. Divinità e umanità. Rivelazione e invenzione. Tutte le coppie di contrari, che in veste di filosofo mi sforzo di associare in una sintesi semplice, le ritrovo nel problema del catechismo dei bambini post-conciliari, così come mons. Luciani con un tatto squisito le affrontava nel 1949.
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Michelangelo, Murillo e i catechisti
(Albino Luciani) Catechismo è parola greca che significa: parlo dall’alto. Oggi questa parola viene adoperata in tre sensi: a) insegnamento a viva voce della religione («frequentare il catechismo»); b) libro che contiene le verità religiose in forma semplice e piana («comperare un catechismo»); c) le verità stesse contenute nel libro o esposte nell’insegnamento («il catechismo ci insegna che...»).
Il primo significato di insegnamento è più comune. Si badi però che si tratta di un insegnamento speciale: non è istruzione della sola mente, ma educazione di tutta la vita: non mira solo a mettere in testa alcune nozioni, ma trasmette solide convinzioni, così vive e forti da portare alle opere buone, all’esercizio delle virtù. Mi spiego. Ho due catechisti: il primo parla e spiega bene, ma non fa migliori i fanciulli; il secondo è meno bravo, ma sa fare così bene con l’esempio, con la convinzione che lo anima, con le sue esortazioni, che alla sua scuola i fanciulli diventano più buoni, si invogliano a frequentare la Chiesa, pregano volentieri. Il secondo vale molto di più del primo come catechista. Ho due fanciulli: uno sa a memoria il testo e lo capisce ma la sua vita non è quella insegnata dal testo. L’altro ricorda pochino, ma si sforza di diventare migliore per mettere in pratica ciò che ha studiato. Questi ha imparato il catechismo sul serio.
Chiesero a Michelangelo: «Come fate a produrre statue così piene di vita?». Rispose: «Le statue sono già nel marmo. Tutto sta a cavarle fuori». I fanciulli sono come il marmo, della materia grezza: se ne può ricavare dei galantuomini, degli eroi, perfino dei santi. E questa è l’opera del catechista. Messo da parte il catechismo non saprete che mezzo adoperare per fare buoni piccoli e grandi. Tirerete in campo la “dignità umana”? I piccoli non capiscono cosa sia, i grandi se ne infischiano. Metterete avanti l’“imperativo categorico”? Peggio che peggio. È ben diverso, invece, se parlerete a piccoli e grandi di Dio che tutto vede, che premia e castiga, che ha dato una legge santa ed inviolabile, che offre i sacramenti per rafforzare la nostra volontà buona, ma tanto debole e incostante. (...) Il catechismo spiega perché si soffre a questo mondo, come bisogna impiegare la ricchezza, perché tutti devono lavorare. Ci mette avanti Cristo per modello e ci dice Fate come Lui! È vostro fratello. Vi vuol bene, vi perdona, viene a vivere in voi! Il catechismo ci grida continuamente: Sii buono, sii paziente, sii puro, perdona, ama il Signore! Insomma, non esiste al mondo forza moralizzatrice più potente del catechismo.
Peccato che questa immensa forza sia poco sfruttata! I fanciulli studiano poco il catechismo; gli adulti, perché si illudono di averlo studiato, non lo studiano più. E così c’è in giro una ignoranza religiosa incredibile: gente che conosce la scienza e ha letto cataste di libri non sa nulla del cristianesimo in mezzo a cui vive, non ha mai letto il Vangelo per intero.
Senza dire di tanta altra gente che frequenta la Chiesa e si crede pia ed invece manca completamente di idee religiose; crede di aver la fede e ha solo del tenerume; cerca nella pietà non il volere di Dio, ma impressioni, sentimenti e vaghe ebbrezze; ignora la vera devozione e pratica un mucchio di devozioni legate a certe formule, a certi numeri metà cabala, metà superstizioni; svuota la testa e il cuore e carica unicamente il sistema nervoso.
C’è un quadro del Murillo chiamato I fanciulli della conchiglia. In uno sfondo tranquillo e sereno, mentre angeli dall’alto guardano e sorridono, Gesù fanciullo dà da bere, in una conchiglia al piccolo Giovanni Battista l’acqua attinta ad un limpidissmo ruscello che scorre ai piedi. Ecco la missione del catechista: sostituire Gesù e dare ai fanciulli, col catechismo, l’acqua della vita eterna.
Dipende soprattutto dal catechista che la sua missione riesca o no. San Filippo Neri e san Giovanni Bosco catechizzavano i ragazzi in qualche angolo di sacrestia, perfino sulla strada, senza lusso di ambienti, senza mezzi, eppure, incantavano come maghi e trasformavano. Avevano quel che occorre più di tutto: doti religiose che fanno il cristiano; doti morali che fanno l’uomo; doti professionali o del mestiere, che fanno il maestro: doti esterne che non fanno niente di nuovo, e non sono indispensabili, ma danno pieno risalto alle doti precedenti e permettono al catechista di brillare davanti ai ragazzi nella luce completa di cristiano, uomo e maestro.
L'Osservatore Romano