lunedì 29 luglio 2013

Lettera a Costanza Miriano, da Eliseo Del Deserto


Dune_nel_deserto
Carissima Costanza,
non sono il tuo amico, ma sono pur sempre omosessuale, chiamami pure come ti pare, tanto ormai sono il primo a scherzarci su, perché l’autoironia è una buona arma di difesa. Comunque va bene anche solo se mi chiami con il mio pseudonimo. Eliseo!
Forse non avrei dovuto leggere la tua lettera, perché le lettere agli amici sono sempre qualcosa di molto intimo, ma l’ho trovata su quasi tutti i profili Facebook dei miei contatti. Io stesso ho deciso di condividerla… Perché fondamentalmente, è vero! “Condivido” tutto quello che hai scritto.

Io sono omosessuale e credo che sia sempre più diffusa una certa mentalità che vuole ammorbidire le coscienze riguardo a questo orientamento sessuale: nelle fiction, nelle scuole, ecc.: tra un po’ ci chiameranno i diversamente sessuali per non offenderci, oppure diventeremo gli operatori di qualche cosa: questo a livello formale, perché tra la gente di un certo tipo, rimarremo di fatto sempre dei froci o culattoni, come i diversamente abili sono ancora dei mongoli, le persone di colore sono sempre negri, e gli operatori ecologici sono sempre spazzini.
E’ vero, in modo sempre più evidente sta passando l’idea che essere omosessuali è normale e sono proprio i “normali” ad essere in pericolo, perché pensano che tutti siano come loro e quindi che essere omosessuale voglia dire vivere più o meno come vivono loro: ad esempio se un uomo guarda il culo ad una donna, ecco che l’omosessuale al massimo guarderà il culo ad un altro uomo. Non è così! Questo è anche il mio obiettivo personale, ossia quello di far capire che cos’è esattamente essere gay, non tanto agli omosessuali, che lo sanno benissimo quello che sono, ma si sforzano e forzano gli altri a pensare che loro siano “ok”; ma vorrei farlo capire a voi “normali”! (ps. Vedi anche il mio blog…)
Sono anch’io del parere che il matrimonio è sacro e può essere solo tra uomo e donna. Non parliamo del fatto che sono assolutamente convinto che la vita sia un dono, e che ci sono già tanti problemi nelle famiglie dove c’è un papà maschio e una mamma femmina, ne è una prova il fatto che sono omosessuale. Penso che avere un figlio non possa mai essere un atto di egoismo, non va quindi mai preteso: avere figli è un dono di Dio, una benedizione. I figli non sono dei genitori, tutti noi siamo solo di Dio, e prima i genitori lo capiscono meglio è per tutti, in modo particolare per i figli.
Però lasciami dire una cosa Costanza. Non condivido il fatto che tu paragoni la mia sofferenza con la tua. Io non dico che la mia è maggiore, tutti soffriamo. La vita è difficile… per tutti! Con quello che sto per dirti non voglio screditare le tue posizioni. Te l’ho già detto chiaramente no? Voglio solo dirti che la mia sofferenza non è assolutamente uguale a quella dei “normali”.
Perché vedi ad esempio a me è successo che dalla prima elementare, ma forse già dall’asilo, ogni giorno mi sentivo chiamare “femmina”, anche quando a me francamente piacevano le ragazzine, ed avevo anche due fidanzatine (anche se non sono sicuro che loro sapessero di esserlo). Quando poi mia madre mi ha spiegato verso i dieci anni che esistevano le persone omosessuali, ho avuto una premonizione: mi avrebbero chiamato “frocio”. L’oracolo si è avverato. Per tutti gli anni delle medie sono stato il frocio del quartiere. Sono stato anche picchiato perché secondo i miei coetanei maschi ero gay. Mi bagnavano il culo nelle fontanelle del paese così da umiliarmi davanti a tutti. In terza media poi sono stato in gita lontano da casa, per qualche giorno, e non c’era nessuno che mi poteva difendere. Sono stati giorni da incubo. I ragazzi dell’altra sezione (quelli cattivi diciamo così) non mi hanno lasciato tregua un secondo. Mi credi? Un secondo! Se non stavo vicino ai docenti, erano sempre dietro a me, a minacciarmi o a fare discorsi zozzi così da mettermi in imbarazzo e lasciarmi costantemente nel terrore di essere picchiato, perché questo sarebbe successo se avessi reagito. I docenti inoltre credendo di fare cosa buona tentavano di allontanarsi da me. Il bullismo ancora non faceva notizia. Al catechismo, cari i miei fratelli cattolici, non era migliore la situazione. Ancora oggi che ho più di trent’anni se passo vicino ad un gruppo di bulletti ho paura.
Sicuramente questo è un aspetto che ci può rendere diversi nella sofferenza.
Ma ce n’è un altro. Perché quando ti innamori, in te questo sentimento si trasforma in una speranza. In me invece si trasforma in disperazione. Ricordo l’ultima volta, o forse l’unica volta che mi sono innamorato. Ho conosciuto un ragazzo, bellissimo, è nata una amicizia dolcissima, spesso lui mi abbracciava ed io ad un certo punto ho sentito che ciò che provavo per lui sfuggiva al mio controllo razionale. Provavo esattamente quello che dicono le canzonette, mi svegliavo la mattina con la sua voce o il suo viso in mente. Ma non lo facevo apposta! Quando mi sono reso conto di essermi innamorato, quello che ho provato è stata: disperazione. Ho pianto come se mi avessero detto che avevo un tumore al cervello, l’unica cosa che riuscivo a dire era: “Ed ora come faccio? Gesù! Come faccio?”. Tra le lacrime non smettevo di gridare a Dio.
Devo dire che Gesù mi ha aiutato, perché ora questo ragazzo è uno dei miei più cari amici. Ed io sono convinto che l’amicizia è la misura dell’amore come ci ha insegnato Lui stesso. Sì! Gesù non mi ha mai puntato il dito, anzi, in Lui ho sempre trovato l’amore che mi è mancato, l’amore di mio padre, di cui ho sempre e solo avuto paura. Di sofferenze ne ho avuto molte altre, ma raccontartele non è lo scopo della mia lettera. Nella Chiesa ed in particolare nei sacerdoti ho sempre trovato ascolto e aiuto. Non mi posso lamentare! Ci sono tanti santi sacerdoti! Dio sia benedetto! Quello che mi spinge a cercare la felicità lontano dall’omosessualità è la convinzione, dettata dall’esperienza, che in Dio trovo la gioia. Credo che questo ci renda fratelli, perché sono sicuro che l’hai sperimentato anche tu.
Ma c’è un terzo elemento che ci rende differenti. Tu per scrivere la tua lettera, hai potuto mettere la tua faccia, il tuo nome e cognome, e speriamo possa essere sempre così, perché come dici, questa proposta di legge che si vuole attuare, mette a rischio la libertà di opinione. Io invece per rispondere alle tue bellissime parole, e lo sto facendo di getto, devo usare uno pseudonimo. Eliseo Del Deserto. Vedi in Italia, ma penso che fondamentalmente sia così ovunque, se ti dichiari omosessuale, ti mettono un’etichetta grande come tutta la faccia, ed anche chi ti promuove e difende lo fa sentendosi buono e davvero aperto di vedute, non sentendosi uguale a te. Ed io non voglio essere etichettato gay, nemmeno ex-gay (Dio me ne scampi… si lotta tanto per cambiare ed alla fine l’unica cosa che ci guadagni è un’altra etichetta con la scritta ex… io le etichette non le voglio proprio). Io voglio essere considerato e amato per quello che sono. Soprattutto voglio essere conosciuto e rispettato. Costanza hai scritto una lettera bellissima, però ecco rispetta la mia sofferenza e non darmi del piagnone!
Sì è difficile per tutti! Ma per qualcuno è più difficile!
Con stima!
Eliseo Del Deserto
P.S. Prega per me!