venerdì 24 maggio 2013

Totus Tuus

Giovanni Paolo II

di Rosanna Brichetti Messori

Cari amici, questo è l’ultimo degli articoli che, da sei mesi a questa parte, ho dedicato ogni sabato alla Madre di Gesù. Si tratta di una sosta da me prevista e voluta fin dall’inizio per evitare il pericolo di trasformare in routine anche le cose più belle e importanti.
Detto questo, vediamo di chiudere in bellezza. Lo faremo ricordando un testimone d’eccezione nella storia della devozione mariana e cioè il caro e amato Giovanni Paolo II. Il quale, come sappiamo, fin dal motto del suo pontificato – “Totus tuus” – riferito appunto a Maria, ha dimostrato il suo attaccamento profondo alla Madre di Dio alla quale egli assegnava un posto importantissimo nella sua vita spirituale e nella vita dell’intera Chiesa. È così ampia la mole degli interventi a lei dedicati che si è potuto dire che: «Nessun papa ha mai scritto tanto… e nessun pontefice ha trasmesso alla Chiesa una così vasta e profonda eredità mariana come lui: non solo perché il suo pontificato è stato uno dei più lunghi delle storia, ma soprattutto per la sua totale dedizione a Maria che lo portava istintivamente a parlare di lei. Il suo magistero spazia in tutti i campi documentari (dalle encicliche all’Angelus) e si apre, possiamo dire, a tutti i temi mariologici e mariani» (E. M. Toniolo).
Ma la cosa che forse a noi può essere più utile sapere è la progressione con la quale Giovanni Paolo II è giunto a capire sempre meglio e sempre più profondamente il ruolo e l’importanza di Maria in una vita improntata alla fede cristiana. Utile, perché può essere un esempio e una traccia anche per noi.
Leggiamo la sua diretta testimonianza in Dono e mistero: «La venerazione alla Madre di Dio nella sua forma tradizionale mi viene dalla famiglia e dalla parrocchia di Wadowice. Ricordo nella chiesa parrocchiale una cappella laterale dedicata alla Madre del Perpetuo Soccorso, dove di mattina, prima dell’inizio delle lezioni, si recavano gli studenti. Inoltre a Wadowice c’era sulla collina un monastero carmelitano. Gli abitanti  lo frequentavano in gran numero e ciò non mancava di riflettersi in una diffusa devozione  per lo scapolare della Madonna del Carmine. Anch’io lo ricevetti credo all’età di dieci anni e lo porto tuttora».
Ma questa è solo la prima fase di questo ragazzo avviato verso un’esperienza di fede sempre più profonda. Sappiamo delle difficoltà causategli dalla guerra e dalla sua conseguente esperienza di seminarista clandestino. È proprio in questo periodo che, come spiegherà a Frossard nel corso di una intervista, la sua pietà mariana ha una svolta a causa di un libro che si ritrova tra le mani. 
Si tratta del famoso Trattato della vera devozione a Maria di san Luigi Maria Grignion de Montfort : «La  lettura di quel libro ha segnato nella mia vita una svolta decisiva. Ho detto svolta benché si tratti di un lungo cammino interiore che ha coinciso con la mia preparazione clandestina al sacerdozio. Proprio allora mi capitò tra le mani questo singolare trattato, uno di quei libri che non basta avere letto. Ricordo di averlo portato con me per molto tempo anche nella fabbrica di soda, tanto che la bella copertina era macchiata di calce. Rileggevo continuamente, e l’uno dopo l’altro, certi passi. Mi sono ben presto accorto che al di là della forma barocca del libro, si trattava di qualcosa di fondamentale. Ne è conseguito che alla devozione della mia infanzia e anche della mia adolescenza verso la Madre di Cristo si è sostituito un nuovo atteggiamento, una devozione venuta dal più profondo della mia fede, come dal cuore stesso della realtà trinitaria e cristologia».
In un’altra occasione, in Varcare la soglia della speranza, Giovanni Paolo II spiegherà ancor meglio questo concetto: «In un primo tempo mi era sembrato di dovermi allontanare un po’ dalla devozione mariana dell’infanzia in favore del cristocentrismo. Grazie a Grignion de Montfort compresi che la vera devozione alla Madre di Dio è invece proprio cristocentrica, anzi è profondamente radicata nel Mistero trinitario di Dio e nei misteri dell’incarnazione e della redenzione. Così dunque riscoprii con consapevolezza nuova la pietà mariana e questa forma matura di devozione alla Madre di Dio mi ha seguito negli anni: suoi frutti sono la Redemptoris mater e la Mulieris dignitatem».
Una fiducia in Maria che tuttavia non si è espressa solo nel suo magistero pubblico ma nella sua stessa vita intima, privata come dimostrano le parole pronunciate appena eletto papa, nel suo primo saluto ai fedeli: «Ho avuto paura nel ricevere questa nomina, ma l’ho fatto nello spirito di obbedienza verso Nostro Signore Gesù Cristo e nella fiducia totale verso sua Madre, la Madonna santissima». Fiducia rinnovata fino all’ultimo, fino a quel faticosissimo, ma fortemente voluto, viaggio a Lourdes, l’ultimo: umile pellegrino tra i pellegrini.