mercoledì 29 maggio 2013

Papa Francesco: il trionfalismo ferma la Chiesa



Il trionfalismo che appartiene ai cristiani è quello che passa attraverso il fallimento umano, il fallimento della croce. Lasciarsi tentare da altri trionfalismi, da trionfalismi mondani, significa cedere alla tentazione di concepire un «cristianesimo senza croce», un «cristianesimo a metà». È stata l’umiltà il centro della riflessione di Papa Francesco durante la messa celebrata questa mattina, mercoledì 29 maggio, nella cappella della Domus Sanctae Marthae.
Nel vangelo di oggi (Marco, 10, 32-45) è descritto il cammino verso Gerusalemme di Gesù, seguito dai discepoli. «Erano sulla strada che saliva a Gerusalemme — ha spiegato il Papa — e Gesù camminava davanti. Deciso. Possiamo anche pensare, in fretta». Soffermandosi sui sentimenti che si agitavano in quel momento nel cuore dei discepoli «sgomenti» e «impauriti», il Santo Padre ha voluto mettere in evidenza il comportamento del Signore che svela loro la verità: «Ecco noi saliamo a Gerusalemme, il Figlio dell’Uomo sarà consegnato» ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà. Gesù «dice la verità» e mostra loro il cammino che finisce «al terzo giorno».
Nonostante le parole di Cristo, i discepoli pensano che sia meglio fermarsi. E nello stesso tempo, ha fatto notare il Pontefice, cominciano a discutere tra loro «come sistemare la Chiesa». Anzi Giacomo e Giovanni «sono andati da Gesù a chiedergli l’ufficio di capo del governo». Ma anche gli altri «discutevano e si domandavano chi tra loro fosse il più importante» in quella Chiesa che volevano sistemare. Cristo, ha osservato il Papa, era davanti al compiersi della sua missione, mentre i suoi discepoli si erano fermati a discutere su «un altro progetto, un altro punto di vista della Chiesa».
In questo modo essi subivano la stessa tentazione di Gesù nel deserto, «quando il diavolo era andato per proporgli un altro cammino» e lo aveva sfidato a compiere «un miracolo — ha ricordato ancora il Pontefice — qualcosa che tutti chiedevano». Come gettarsi dal tempio e salvarsi, in modo tale che tutti potessero vedere il miracolo e redimersi.
Gesù, ha aggiunto, subì la stessa tentazione da parte di Pietro. Quando parlò della croce, ha ricordato il vescovo di Roma, l’apostolo, che pure lo aveva riconosciuto come il Figlio di Dio, lo implorò di rinunciare. «E Gesù gli disse: satana! E rinunciò alla tentazione».
Oggi, ha sottolineato il Pontefice, il pericolo è quello di soccombere alla «tentazione di un cristianesimo senza croce. Un cristianesimo a metà cammino. Questa è una tentazione». Ma ce n’è un’altra, ha aggiunto il Pontefice, «quella di un cristianesimo con la croce senza Gesù» della quale, come ha detto, forse parlerà in un’altra occasione. E riprendendo il tema dell’omelia, il Papa ha spiegato che si tratta della tentazione del trionfalismo. «Noi vogliamo il trionfo adesso — ha detto — senza andare sulla croce. Un trionfo mondano, un trionfo ragionevole». Per fare un esempio ha citato l’episodio evangelico delle tentazioni di Cristo: «tu mi adori e io ti do tutto». E «questo — ha fatto notare il Papa — purché non arrivasse a fare quello che il Padre voleva che Gesù facesse».
«Il trionfalismo nella Chiesa — ha proseguito il Papa — ferma la Chiesa. Il trionfalismo di noi cristiani ferma i cristiani. Una Chiesa trionfalista è una Chiesa a metà cammino». Una Chiesa che si accontentasse di essere «ben sistemata, con tutti gli uffici, tutto a posto, tutto bello, efficiente», ma che rinnegasse i martiri sarebbe «una Chiesa che soltanto pensa ai trionfi, ai successi; che non ha quella regola di Gesù: la regola del trionfo tramite il fallimento. Il fallimento umano, il fallimento della croce. E questa è una tentazione che tutti noi abbiamo».
E in proposito il Papa ha ricordato un episodio della sua vita: «Una volta, ero in un momento buio della mia vita spirituale, e chiedevo una grazia dal Signore. Sono andato a predicare gli esercizi dalle suore e l’ultimo giorno si sono confessate. È venuta a confessarsi una suora anziana, più di ottant’anni, ma con gli occhi chiari, proprio luminosi. Era una donna di Dio. Poi alla fine l’ho vista tanto donna di Dio che le ho detto: “Suora, come penitenza preghi per me, perché ho bisogno di una grazia, eh? Se lei la chiede al Signore, me la darà sicuro”. Lei si è fermata un attimo, come se pregasse, e mi ha detto questo: “Sicuro che il Signore le darà la grazia ma, non si sbagli: con il suo modo divino”. Questo mi ha fatto tanto bene: sentire che il Signore ci dà sempre quello che chiediamo ma lo fa con il suo modo divino». Questo modo, ha spiegato il Papa, «coinvolge la croce. Non per masochismo, no no: per amore, per amore fino alla fine».
Concludendo l’omelia il Santo Padre ha invitato tutti a chiedere al Signore «la grazia di non essere una Chiesa a metà cammino, una Chiesa trionfalista, dei grandi successi». «Se la Chiesa è umile — ha detto — cammina con decisione come Gesù, va avanti, avanti, avanti!».
Con il Santo Padre hanno concelebrato i monsignori Valério Breda, vescovo di Penedo, in Brasile, e José Manuel Garcia Cordero, vescovo di Bragança-Miranda, in Portogallo. Alla messa hanno partecipato, tra gli altri, i dipendenti del servizio laboratori e impianti del Governatorato, don Dario Edoardo Viganò, direttore del Centro Televisivo Vaticano, e monsignor Francesco Ceriotti, per decenni impegnato nell’ambito della comunicazione della Conferenza episcopale italiana, che proprio oggi festeggia il settantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale.
L'Osservatore Romano