venerdì 31 maggio 2013

Papa Francesco contro i corrotti.




Un saggio sul degrado etico contemporaneo per il Pontefice che si fa «curato» di anime

 Si amplia con un testo di papa Francesco la collana di approfondimento in ebook del Corriere* -- Padre Zeus donaci il miracolo di un cambiamento». Nei frammenti lirici dell’antico poeta greco Simonide, morto cinquecento anni prima di Cristo, risuona la «parola temeraria» e «l’urlo», a quel «cambiamento di narrativa» che cinquanta giorni fa si è ripetuto per la Chiesa cattolica e per il mondo, con l’elezione di Papa Francesco. Sì, «cambiamento di narrativa», cambiamento stesso di contenuto delle parole, cambiamento della storia.
Corvi, scandali, accuse e controaccuse, dissolti, allontanati. Non perché non esistano più, ma perché il lavacro che li ripulirà sarà quello della Misericordia, prima ancora di quello della giustizia. «Misereando atque eligendo», come recita il motto di cardinale e di Papa di Francesco. E con corvi, scandali e documenti rubati è volato via anche il clima da «manipulitismo» di ritorno che si è respirato intorno al Vaticano nell’ultimo anno, e che ha trovato il suo climax esattamente nel maggio scorso, per molti aspetti ricalcando, quasi in una scimmiottatura, quello mondano degli anni Novanta. 
«Corruzione», denunciavano i documenti di Vatileaks, «corruzione» e «mancanza di trasparenza ». 
«Guarire dalla corruzione» per Bergoglio non è un programma politico o sociale, e neppure l’adeguamento ad uno standard internazionale. 
Per lui l’orizzonte della corruzione non è quello di mazzette, di appalti, di costi gonfiati. E il problema della corruzione non è quello di fare piazza pulita, ma di guarire da «quelle cose cattive che vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo» (Mc 7,20-23). 
Si tratta, insomma, di guarire il cuore. Di curare. Bergoglio è arrivato per noi, come il «Curato» del mondo e della Chiesa, colui che si prende cura, che pulisce e sana le ferite, alimenta di cibo, accarezza. «Non abbiate paura della tenerezza», ha detto. Curato, molto più che parroco. Perché parrocchia ha purtroppo acquisito un significato di chiusura, di cerchia ristretta, e invece il curato si prendeva cura delle anime dei cristiani di un vasto territorio, quello ancora non costituito in una parrocchia, in istituzione. Il curato si prendeva cura delle anime di quelle che Bergoglio chiamerebbe oggi, ai tempi della globalizzazione, «le periferie del mondo». E come il Curato d’Ars, Bergoglio va verso le periferie. In un abbraccio. 
Non parroco del mondo, meglio, curato del mondo, a cominciare dalla sua Chiesa di Roma. Curato di ognuno di noi, che siamo tutti — ad essere sinceri—delle «periferie del mondo». Ecco allora che si comprendono le brevi omelie della Casa Santa Marta. Casa, sì, casa, non «Palazzo Apostolico», non «Appartamento pontificio». Casa. Eppure, quella finestra spenta dell’Appartamento, la sera, quel buio che sovrasta il colonnato del Bernini, per un romano è un po’ come un occhio accecato, un occhio senza luce. Accettato dai romani, solo come necessaria contrizione, dopo tutto quello che è accaduto lì dentro con il maggiordomo Corvo. 
Francesco continuamente sottolinea che il problema della Chiesa non sono le strutture, l’organizzazione, che la Chiesa non è una Ong. E c’è come un’urgenza in questo ripetersi, come a dire «attenzione»—innanzitutto ai cattolici, ai preti, alla Curia — «attenzione, l’essenziale è questo» dice il curato che vuole confessare in parrocchia, e già lo ha fatto. La corruzione — scrive Bergoglio— «non si identifica affatto con una serie di peccati. Uno può essere un gran peccatore e, tuttavia, non essere caduto nella corruzione». E nel testo pubblicato ne I Corsivi fa esplicito riferimento a Zaccheo e Matteo, due pubblicani, esattori delle tasse romane, due che con i soldi avevano ben a che fare, e alla Samaritana, la donna che aveva avuto cinque mariti. 
«Curato» però è un participio passato, significa anche «colui che è curato ed amato». E forse per questo che il curato Francesco ha aperto il cuore e «piace» a credenti e non credenti. Ed è lui stesso amato, sinceramente, dal popolo, al di là dell’uso ideologico della sua immagine. È amato dal popolo, vox Dei, che segue con semplicità, forse con l’istinto del gregge, la sua voce. 
C’è invece chi (dentro e fuori il Vaticano) è rimasto  fermo all’altra narrativa, quella precedente le dimissioni di Ratzinger (perché bisognerà anche ricordare che la novità di Francesco è potuta arrivare solo grazie al gesto di Benedetto). Magari per negare quella narrativa. Se corvi, veleni, misteri li vogliamo definire «A». Tutti a invocare la negazione di «A», il «non A». 
E così è accaduto che le affermazioni di Bergoglio siano anche state grandemente banalizzate. 
Da attese del tipo: «la Curia sarà rovesciata come un calzino», «ci saranno pensionamenti eccellenti », «vedrete che spoil system» e, «chiuderà lo Ior». Francesco invece non ha scelto «non A». Ha scelto «B», ha imboccato una strada diversa, la sua. Da quasi tre mesi: il tempo del reset del cuore. Anche se dopo le strutture cambieranno, l’organizzazione cambierà. 
Tanto che ha già designato il cosiddetto G8, la Commissione di cardinali da tutto il mondo per la riforma della Curia e l’ha fatta presiedere al presidente della Caritas, Maradiaga. «Una chiesa povera per i poveri». 
«Padre Zeus donaci il miracolo di un cambiamento » scriveva Simonide di Ceo, cinquecento anni prima di Cristo. Il problema umano, ci dice Francesco, è tutto qui. Un miracolo, un fatto inatteso che irrompe nella vita e nella storia. Un caso, un accidente, come dicono gli atei, i materialisti («Democrito che il mondo a caso pone», scriveva Dante, nel canto IV dell’Inferno). 
Il caso, che, a guardar bene, è il nome laico di Dio. Il caso, o meglio, un amore, una grazia.
Maria Antonietta Calabrò, Corriere della Sera 31 maggio 2013

Con l’ebook «Guarire dalla corruzione», una meditazione di papa Francesco sulla morale moderna pubblicata nella sezione «Primo piano» (disponibile in tutti gli store digitali a 2,69 euro), cresce la nuova collana «I Corsivi» del «Corriere della Sera», testi editi solo in ebook (cioè ebook nativi) che ogni settimana si arricchiscono di proposte in otto sezioni dedicate a narrativa, poesia e saggistica, con autori di prestigio, note firme del quotidiano o protagonisti dell’attualità. Si tratta di brevi saggi inediti, assai eclettici per la varietà di «specializzazioni» di ciascuna sezione, dalla riflessione sulla cronaca politica più recente alla monografia storica o artistica e così via, che costituiscono un modo di fare approfondimento che sta prendendo piede nei grandi quotidiani del mondo, al «Corriere» come al «New York Times», al «Guardian» e al canadese «Globe». I nuovi titoli usciti la settimana scorsa sono «La morte di Gadda» di Ludovica Ripa di Meana, testimonianza diretta sugli ultimi mesi di vita di Carlo Emilio Gadda, «Noi donne di Teheran» di Farian Sabahi sulla condizione femminile in Iran, e «Il sorriso di padre Puglisi» di Saverio Gaeta, uscito in occasione della beatificazione del sacerdote ucciso dalla mafia. Gli altri titoli, già in catalogo a partire dal 16 maggio, sono: «Onorevoli e no. Come cambia il potere in Italia» di Sergio Rizzo, sulla formazione del governo Letta e sul passaggio critico per la politica italiana; «Il cinghiale e l’architetto. Come natura e cultura faranno ripartire l’Italia» di Giovanni Floris, su progetti culturali e buone pratiche per l’Italia; «A cena con gli antichi» di Eva Cantarella, sui costumi arcaici legati al cibo; il libro collettivo «Fuori dalla crisi» del Forum idee per la crescita, con proposte per la ripresa; «Si può ancora essere felici?» di Silvia Vegetti Finzi, sulla monetizzazione della felicità; e il reportage di Lilli Gruber «La rivoluzione velata» sulle donne della Primavera araba. Una biblioteca di ebook disponibili negli store digitali (prezzi medi tra 0,89 e 1,99 euro), con icone dedicate su corriere.it e sul «Corriere» in versione digitale, e con un sito Internet: www.icorsivi.corriere.it. (i. b.)