martedì 23 aprile 2013

Un peccatore felice di pentirsi perché non vede l’ora di ricominciare.





Il discorso di Masoch-citorio, in cui il Presidente ha maltrattato i politici fra gli applausi scroscianti dei medesimi, ha provocato un immediato effetto di emulazione nelle altre categorie di furbacchioni del Paese.  

Pochi minuti dopo lo storico cazziatone presidenziale, veniva segnalato un assembramento di automobilisti in via Veneto: stavano portando in trionfo il vigile che li aveva multati per parcheggio in quadrupla fila (nella mischia qualcuno cercava di sfilargli i verbali dalle tasche). A riprova che da noi il senso di colpa prevale sempre su quello del ridicolo, nei dintorni di piazza del Popolo alcuni evasori fiscali con yacht a carico facevano la ola a una pattuglia della Guardia di Finanza, costringendola a passare sotto una cascata di scontrini, ovviamente falsi. Molto toccante la scena all’uscita della metropolitana di via Barberini, dove una madre esasperata ha requisito il computerino ai figli, che hanno accolto la decisione con urla di giubilo, tuffandosi nella lettura dei libri di scuola. (Sotto la copertina c’erano le istruzioni di un videogioco). In piazza di Spagna un marito fedifrago ascoltava a testa bassa la gelida requisitoria della moglie, interrompendone i passaggi più significativi con vivissimi applausi, mentre tramite sms spostava di mezz’ora l’appuntamento con l’amante. Nulla è più liberatorio dell’essere scoperti, nulla più dolce della possibilità di sdoppiarsi fra vittima e carnefice smanioso di espiazione. Noi Dostoevskij non abbiamo bisogno di leggerlo: lo abbiamo nelle vene. Naturalmente un Dostoevskij in versione light. Un peccatore felice di pentirsi perché non vede l’ora di ricominciare.  (M. Gramellini)
La Stampa