venerdì 19 aprile 2013

Presbyterorum ordinis. 50 anni dopo



L'emorragia di clero, seguita all’epoca del Vaticano II, «non è in alcun modo ascrivibile al Concilio, né alla sua, talvolta, ambigua ricezione. È necessario riconoscere che la crisi era precedente, aveva radici profonde e remote e, probabilmente, le riforme conciliari ne hanno arginato i devastanti effetti». Lo scrive il cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione del clero, nel volume «Presbyterorum ordinis. 50 anni dopo», il primo di una serie di saggi a commento dei documenti conciliari proposti in una nuova collana dell'editore Cantagalli per celebrare il mezzo secolo del Vaticano II.


Il volume (216 pagine, 14 euro) apre una serie tutta curata da cardinali. Il testo del documento conciliare, in latino e italiano, è inframezzato dal testo che commenta e contestualizza i suoi contenuti. La collana di Cantagalli, rivolta al grande pubblico e non agli specialisti, vuole «tornare a guardare agli insegnamenti dei documenti conciliari rinunciando a interpretazioni parziali e ideologiche». E spera di «aiutare i più giovani, senza “retroguardie”, a scoprire il grande evento che ha segnato la storia della Chiesa nel Novecento e ad accoglierne l’eredità senza mediazioni di parte; e i meno giovani a rivivere la gioia, l’entusiasmo e il fervore missionario degli anni del Concilio».


Nel commento al decreto conciliare dedicato ai sacerdoti, il cardinale Piacenza scrive: «Se i sociologi e gli storici delle religioni continuano a sottolineare come l’emorragia di clero, seguita all’epoca del Concilio Ecumenico Vaticano II, non abbia precedenti nella storia della Chiesa, nemmeno se paragonata alla “Riforma” luterana, ciò non è in alcun modo ascrivibile al Concilio, né alla sua, talvolta, ambigua ricezione. È necessario riconoscere che la crisi era precedente, aveva radici profonde e remote e, probabilmente, le riforme conciliari e la stessa Presbyterorum ordinis ne hanno arginato i devastanti effetti».


Il Prefetto del clero osserva poi che dall'analisi del testo del decreto, emerge «che la dottrina ivi presentata, dal punto di vista sia sacramentale sia pastorale, è pienamente coerente con l’intera Tradizione ecclesiale, con i Concili dogmaticamente più rilevanti, tra cui quello di Trento, e offre un profilo dell’identità sacerdotale totalmente radicato nel sacramento dell’ordine e da esso interamente dipendente, anche per quanto concerne la missione».


Piacenza riconosce che «soprattutto nei primi decenni immediatamente successivi alla promulgazione della Presbyterorum ordinis, si sono cercate nuove forme di esercizio del ministero sacerdotale che fossero più rispondenti alle esigenze della cultura contemporanea e più efficaci dal punto di vista della missione. Tuttavia, tale ricerca ha purtroppo visto non pochi unilateralismi, che hanno occupato le menti ed i cuori di chi ha lasciato che i criteri del mondo entrassero nell’orizzonte della fede, trovandosi, così, più che con un mondo nuovamente evangelizzato, con una fede, e talvolta perfino con esperienze comunitarie, totalmente mondanizzate».

Il cardinale nel commento rileva come «ogni percorso di autentica riforma non può prescindere, nella Chiesa, dal fondamentale contributo dei sacerdoti. Se è vero che lo Spirito Santo è libero di disegnare, in ogni epoca, il volto della Sposa di Cristo, soprattutto suscitando santi, donne e uomini totalmente pervasi da Cristo e capaci, perciò, di evangelizzare con la propria stessa vita e di rinnovare la Chiesa e il mondo, non di meno, nel concreto e quotidiano esercizio del ministero pastorale, i sacerdoti declinano, per il popolo santo di Dio, quanto la Chiesa universale, ed in essa l’autorità suprema, indica come cammino di necessaria riforma». In questo non facile compito, osserva ancora il Prefetto del clero, «un criterio deve sempre prevalere: quello del bene delle anime. Su ogni possibile modo di attuazione di una riforma, deve sempre regnare sovrana la domanda: “Questo aiuterà la fede? Susciterà un più grande attaccamento a Cristo?"...


«Se questo semplice ed immediato criterio fosse sempre tenuto presente - afferma Piacenza - non ci sarebbero né pericolosi stravolgimenti dottrinalmente infondati, né nostalgici irrigidimenti di dubbia utilità missionaria». (A. Tornielli)
Fonte: Vatican Insider