martedì 9 aprile 2013

Insetticida cercasi disperatamente



I grillini hanno deciso di puntare tutto sul tema dei diritti civili.

La prima proposta riguarda le unioni omosessuali, il contrasto all’omofobia e alla transfobia.

Il ddl più importante è quello che vorrebbe “modifiche al codice civili in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio in favore delle coppie formate dallo stesso sesso”. Ciò che propongono i 5 Stelle è l’introduzione di un articolo 91, per riconoscere il “matrimonio egualitario”, che, come già accade in altri Paesi europei, interessi anche persone dello stesso sesso.
I grillini vorrebbero anche il riconoscimento per i figli di un “coniuge”, “anche quando il concepimento avviene mediante il ricorso a tecniche di riproduzione medicalmente assistita, inclusa la maternità surrogata”.
Insieme a questo disegno di legge ne sono stati presentati altri due, incentrati sul contrasto a omofobia e transfobia.
(Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/interni/omofobia-transfobia-unioni-gay-i-primi-tre-disegni-legge-dei-904608.html)

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 E come se non bastasse....

 Emma Bonino, abortista

E’ ormai da tempo che  tra i papabili ad essere eletti alla Presidenza della Repubblica circola il nome di Emma Bonino. Ora, per una serie di contingenze politiche la cosa si sta facendo ancora più insistente. E preoccupa.
Sulla prossime elezioni del sostituto di Napolitano si gioca un’importante partita politica. Anzi, la vera partita politica. Tutto il resto ne dipende, compreso il futuro governo. Tutti lo sanno ed è per questo che la tattica e il surplace hanno la meglio.

Il Pd ha due spinte interne. Una è la tentazione di Bersani di eleggere Romano Prodi con il “metodo Grasso”, ossia alla chetichella, senza accordi previ di natura organica. In questo modo si eleggerebbe un Presidente “di parte” e non rappresentativo della maggioranza degli italiani. Dal punto di vista di Bersani ne varrebbe la pena, però, perché così facendo si metterebbe in angolo Berlusconi e lo si accerchierebbe definitivamente con un Presidente a lui ostile. Certo, una “occupazione” di tutte le cariche istituzionali dopo aver “pareggiato” le elezioni comporterebbe, a lungo andare, molte conseguenze negative, ma nell’immediato potrebbe dare dei frutti. L’altra tendenza interna al Pd vuole scegliere un Presidente non di “parte” e quindi gradito anche al Pdl, come base per un successivo governo di unità nazionale con dentro anche il partito di Berlusconi.

In questo quadro è possibile che si trovi una convergenza proprio sul nome della Bonino. Mara Carfagna, del Pdl, l’ha indicata, seppure a titolo personale, come una persona gradita. Il segretario del Partito socialista Nencini l’ha proposta. Sta montando sui media la campagna pro Bonino. Lo scorso 4 aprile Il TG2 ha dedicato un lungo servizio sulle donne in politica che terminava con la Bonino. “Io voglio Emma Bonino Presidente” è il manifesto lanciato dai Radicali nella loro pagina face book. Il 5 aprile è uscito il solito sondaggio SWG secondo il quale Emma Bonino sarebbe al primo posto anche nel gradimento degli italiani. In precedenza era uscito un analogo sondaggio secondo cui tra i Grillini Emma Bonino, insieme a Rodotà e a Zagrebelski, era ai primi posti. Insomma: la consueta macchina propagandistica è iniziata alla grande. I deputati cattolici nel frattempo tacciono (o quasi), come pure il mondo cattolico in quanto tale, che sembra ormai pronto ad accettare tutto (o quasi) dopo aver deciso di poter votare tutto (senza quasi).

L’elezione alla Presidenza della Repubblica di Emma Bonino sarebbe un fatto gravissimo per l’Italia. Lei  rappresenta una cultura radicale fatta di etica libertaria ed esasperato individualismo. In questi decenni Emma Bonino e i Radicali hanno decostruito tutti i principali valori su cui si era retta la società italiana. Non sono stati gli unici, naturalmente, in quanto di numero esiguo, ma ne sono stati l’avanguardia e la Bonino ne è il simbolo. Le cosiddette battaglie per “i diritti civili” hanno portato in Italia le leggi sull’aborto e sul divorzio, che la Bonino considera ora troppo restrittive. La sua linea è per la depenalizzazione delle droghe, per l’apertura ad ogni “tipo” di famiglia, per la completa autodeterminazione circa il fine vita, per il suicidio assistito. In tema di fecondazione artificiale la Bonino è per l’abolizione della legge 40, o la sua definitiva apertura, a favore di un completo “fai da te” in tutta questa delicata problematica. La Bonino è per l’ideologia del gender, per la distribuzione senza limiti della cosiddetta “contraccezione d’emergenza” a carattere abortivo, per il mercato della banche del seme, per l’utero in affitto. La Bonino è per liberalizzare tutto, individualizzare completamente l’etica sociale, superare definitivamente la natura. E’ liberista sfrenata in economia ed è libertaria sfrenata in etica sociale. Rappresenta l’ideologia della borghesia moderna allo stato puro, che è un’ideologia nichilista. Quando parla – e ne parla spesso – di legalità e di diritto, li intende in modo assolutamente contrattualistico, senza il minimo riferimento ad una eventuale e remota legge di natura, nemmeno nelle forme aggiornate a cui hanno approdato alcuni intellettuali laici.

Con lei al Quirinale avremmo una interpretazione puramente formalistica, più che positivistica, e non sostanziale della Costituzione, senza riferimento ad un suo retroterra culturale e antropologico. Emma Bonino non rappresenta gli italiani. Sarebbe un Presidente non condiviso e non condivisibile. Esporrebbe la massima carica della Repubblica all’obiezione di coscienza. Toglierebbe alla nostra Costituzione la terra sotto i piedi. (S. Fontana)
La storia di Emma Bonino - chi è veramente e cosa vuole la leader radicale - vale la pena essere conosciuta. Per questo vi suggeriamo di acquistare il libro di Danilo Quinto a lei dedicato "Emma Bonino dagli aborti al Quirinale?", direttamente dal nostro sito (clicca qui)

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Ma poichè non c'è limite al peggio...

 Il vento di novità che ha spinto Ignazio Marino

 Ignazio Marino vince le primarie per la candidatura Pd a sindaco di Roma (di ROMA!!!).

Propongo di seguito un articolo apparso su Il Foglio di Giuliano Ferrara nel luglio del 2009.
Palermo. Ignazio Marino si presenta, anche sulla scena politica e nelle primarie per la segreteria del partito di opposizione, come un grande medico di prestigio internazionale. Gli è dovuto uno screening imparziale. Il Foglio è entrato in possesso di una lettera riservata arrivata a Marino, e da lui controfirmata, il 6 settembre del 2002. La lettera afferma che Marino si è reso responsabile di irregolarità amministrative rilevanti, e il chirurgo accetta condizioni molto dure, severissime, di risoluzione del rapporto di lavoro con la grande struttura americana per cui operava professionalmente. Resta opaco anche un eventuale altro motivo per la separazione.
Il sette settembre del 2002, il giorno dopo aver controfirmato le accuse di irregolarità a suo carico e aver accettato di rimborsare la cifra richiesta dal datore di lavoro, il futuro senatore del Pd invia una lunga lettera alle redazioni dei giornali per spiegare le motivazioni che l’hanno costretto a dimettersi dalla guida di uno dei centri di trapianti più importanti d’Europa (l’Ismett di Palermo) che lo stesso Marino aveva fondato appena tre anni prima in collaborazione con un colosso medico e universitario di Pittsburgh, Pennsylvania. Un colosso in cui il chirurgo dei trapianti aveva lavorato per molti anni: l’University of Pittsburgh Medical Center (UPMC). “Importanti ragioni di carattere personale”, scriverà Marino, “dopo aver preso un sonnifero per riuscire a dormire prima di affrontare il passo d’addio”, “mi hanno portato a riflettere sui molteplici impegni connessi al ruolo di direttore dell’Ismett”.
Le “importanti ragioni di carattere personale” sono state per molto tempo un piccolo ma significativo enigma della vita di Marino. In quei giorni, le dimissioni del chirurgo ebbero l’effetto di creare un profondo sentimento di indignazione nei confronti di quei “poteri siciliani” che avevano costretto Marino a tornare in America. “Quel tratto di penna sotto la lettera di dimissioni – scrisse Repubblica l’8 settembre del 2002 – è un sipario di ferro che si abbatte con assordante clangore sui sogni di cambiamento, di superamento del sottosviluppo, di avvicinamento all’Europa. Marino ha scelto di andarsene senza alzare la voce. Del resto, gridare non spetta a lui. Non è un politico ma un chirurgo, e continuerà a farlo lontano dalla Sicilia, maledicendola e amandola come tutti i siciliani della diaspora”. Quel tratto di penna sotto la lettera di dimissioni fece molto indignare un fronte politico di centrosinistra guidato dall’allora sindaco di Palermo Leoluca Orlando (“L’istituto è stato sacrificato a logiche clientelari”), preoccupato per l’insostenibile “fuga dei cervelli italiani” verso l’estero. Unica nota dissonante quella del compianto Carlo Marcelletti: “Ma quale fuga di cervelli”, spiegò, “per la partenza di Marino qui nessuno si è stracciato le vesti per la disperazione. Marino doveva raccontare la verità prima di andarsene e non lo ha fatto”.
La verità sulla fuga del cervello genovese – che ha studiato a Roma per imparare a Pittsburgh come aprire un centro di trapianti a Palermo – è contenuta nella lettera datata 6 settembre del 2002 e inviata dall’amministrazione della University of Pittsburgh Medical Center per sanzionare la separazione con il “Dear dr. Marino”. La materia del contendere riguarda “a variety of reasons”, una serie di irregolarità – “intenzionali e deliberate” – di cui Jeffrey A. Romoff (il boss dell’UMPC firmatario della missiva) ne specifica però una in particolare. In inglese si dice “a dozens of duplicate originals of receipts” e in italiano la disinvoltura si traduce semplicemente così: note spese truccate. Pittsburgh sarà molto severa con Marino: chiederà un risarcimento in denaro, la restituzione di tutti i benefit e i materiali offerti dall’università, la rinuncia a ogni buonuscita e l’allontanamento immediato dall’università americana (dove il senatore aveva una cattedra), dal Centro Nazionale Trapianti (di cui Marino era membro) e dalla stessa Ismett. Al futuro senatore l’UPMC prometterà discrezione sulle ragioni che hanno portato al divorzio e offrirà soltanto “neutral reference” (referenze fredde: la data di assunzione e la funzione svolta).
Il Foglio non ha alcun pregiudizio personale contro Marino e anzi ha pubblicato il manifesto integrale della sua candidatura alla guida del Pd. Ma non sarebbe male che una star della medicina, generosa del proprio status e della propria immagine nella battaglia pubblica in corso, spiegasse in modo serio e trasparente perché si precipitò a dimettersi sette anni fa da un grande gruppo sanitario americano, perché controfirmò le accuse a lui rivolte avallandole, perché diede spiegazioni reticenti o imprecise o vanitose di un passo che oggi risulta tanto opaco. Dear dr. Marino, questo pasticcio siculo-americano lo spiega meglio ai suoi elettori o no?