Il Santo Padre Francesco ha ricevuto ieri mattina in Udienza, nella Biblioteca privata:
il Signor Adolfo Pérez Esquivel, Premio Nobel per la Pace nel 1980. Di seguito riporto a proposito da "L'Osservatore Romano".
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(Piero Di Domenicantonio)Un abbraccio forte, carico di affetto. Adolfo Pérez Esquivel sorride mentre guarda la fotografia del momento forse più intenso del suo incontro con Papa Francesco. Ottantun’anni, una vita consumata in difesa dei diritti umani, premio Nobel per la pace nel 1980, quest’uomo che ha subito il carcere e la tortura sa ancora emozionarsi come un bambino. Sono passate poche ore dall’udienza in Vaticano e racconta al nostro giornale la gioia per aver potuto incontrare il suo connazionale che i cardinali in conclave hanno eletto vescovo di Roma, andandolo a prendere «quasi alla fine del mondo» o, dice, «all’inizio: dipende dal punto di vista». Come è stato il suo incontro con Papa Francesco?
Eravamo entrambi molto emozionati. Abbiamo potuto conversare a lungo e su
diversi temi. E gli ho assicurato che lo accompagnerò con la preghiera nel suo
cammino, nell’affrontare le grandi sfide che attendono la Chiesa di oggi. In
Argentina, l’ultima volta ci eravamo incontrati un anno fa. E allora non potevo
immaginare quello che sarebbe accaduto il 13 marzo. Per me l’elezione di Papa
Francesco rappresenta una grazia. È un segno forte dello Spirito, arrivato in
un momento in cui la Chiesa
e il mondo avvertono un immenso bisogno di rinnovamento, di spiritualità e di
impegno sociale.
Da Buenos Aires a Roma: chi è Papa Bergoglio?
È innanzitutto un pastore. Anche in Argentina, nonostante le responsabilità
che gli sono state affidate prima nella Compagnia di Gesù e poi nell’arcidiocesi
di Buenos Aires e nella conferenza episcopale, è sempre stato un uomo sereno e
schivo. Una sua caratteristica era quella di saper ascoltare e dialogare con
tutti, con i diversi settori della società, dal mondo della cultura a quello
della politica e del sindacato. Era costantemente attento ai problemi del Paese
e soprattutto del popolo. In cattedrale, durante le sue omelie ha sempre
parlato chiaro. E con forza ha affrontato, alla luce del Vangelo, i temi della
povertà e della crisi economica.
Dopo l’elezione è stata avviata una campagna denigratoria nei confronti
del Pontefice che lei ha immediatamente smontato. Chi ha paura di Papa
Francesco?
È vero, c’è stato questo tentativo. Ma poiché le accuse erano totalmente
infondate ho sentito il dovere di smentirle. Papa Francesco non ha avuto niente
a che fare con la dittatura militare. E non lo dico solo io. Lo dice anche il
presidente della Corte suprema di giustizia argentina. Non c’è alcuna ombra nel
passato di Bergoglio. E in nessun modo si può dire che sia stato compromesso
con la dittatura. Al contrario si è battuto a favore delle persone scomparse e
dei perseguitati. Non tutti i suoi interventi sono stati però ascoltati: i
militari dicevano “sì” a tutti, ma poi facevano il contrario. Credo che questa
campagna denigratoria contro Papa Francesco sia stata alimentata da diverse
correnti politiche e ideologiche.
Come interpreta l’elezione di un Papa che viene dall’America latina?
Papa Francesco viene da quello che Paolo VI chiamava «il continente della speranza».
La fede è fortemente radicata in America latina e questo è anche il risultato
dell’opera di tanti pastori che hanno saputo dare voce alle attese di giustizia
dei più poveri. Con il Papa abbiamo ricordato l’arcivescovo Romero e tanti
altri profeti e martiri della Chiesa in America latina. Il nostro è un
continente di martiri, preti, religiosi, vescovi che come semi hanno perso la
vita per dare la vita. Penso che occorra portare alla luce la testimonianza di
questa Chiesa martire che ha vissuto il Vangelo accanto ai poveri.
All’inizio del pontificato Papa Francesco ha parlato di una Chiesa povera
e per i poveri e ha chiesto di custodire i doni della creazione.
Sì, questa opzione per i poveri è una caratteristica della sua vita. Sono i
poveri di cui parla il Vangelo ai quali egli è sempre andato incontro con
grande umiltà. E adesso il Papa ci dice che tutta la Chiesa deve vivere nella
povertà e nell’umiltà. C’è poi la sfida della difesa del creato, della
salvaguardia dei beni e delle risorse della creazione. Credo che anche questo
sia un campo nel quale potrà crescere la collaborazione tra i credenti. Papa
Francesco è sempre stato aperto al dialogo, all’ecumenismo, in uno spirito di
autentica fraternità. Come cristiani dobbiamo condividere questo suo impegno,
accompagnarlo nella sua missione. Durante l’udienza gli ho detto che potrà
contare su di noi, sulla nostra preghiera. Stiamo vivendo un momento molto
particolare per la Chiesa
e per il mondo. Un tempo di speranza e di rinnovamento. Ricordo Giovanni XXIII
che chiedeva di aprire le porte e le finestre per far uscire la polvere e far
entrare la luce. Credo che questo sia un momento propizio per farlo.
L'Osservatore Roma, 23 marzo 2013.