venerdì 29 marzo 2013

Maria e il Sabato santo....



Sabato santo, un giorno di passaggio e di attesa. Noi oggi sappiamo che, in realtà, si trattava di un giorno che stava tra la morte e la vita, una vita nuova sullo sfondo della Risurrezione di Gesù ma anche, alla fine dei tempi, della nostra.
Ma in quei giorni lontani com’era la situazione? Certamente non si è trattato di ore facili né per Maria né, tantomeno, per gli apostoli. Di oggettivo, di tangibile, c’era soltanto quella morte la quale era stata annunciata, è vero, da Gesù stesso, come passaggio indispensabile e necessario, ma non per questo meno sconcertante. E poi c’erano le promesse di risurrezione ma, come tutte le profezie, un po’ nebulose. È dunque facilmente intuibile come nell’ambiente che aveva circondato Gesù il clima fosse di angoscia e di dubbio. E come per la fede di quei primi seguaci si trattasse di una prova assai forte.

E Maria in tutto questo? La tradizione sostiene che colei che aveva avuta tanta fede da dire sì al momento dell’Annunciazione, e che poi era vissuta accanto a Gesù, comprendendone sempre meglio il mistero, non può aver dubitato. Anzi, con ogni probabilità, ella ha trascorso le lunghe ore di attesa di quel sabato sostenendo quanti accorrevano a lei per riceverne conforto.
Ciononostante, ci sono altre domande ancora che si affollano quando consideriamo, come stiamo facendo ora, la risurrezione di Gesù nella prospettiva di Maria. Per esempio, viene spontaneo chiedersi come mai nessuno dei Vangeli accenni al fatto che Madre e Figlio dopo la risurrezione si siano incontrati, anche solo una volta, anche solo per poco. È davvero possibile che Gesù non abbia desiderato mostrarsi anzitutto alla Madre per confortarla e gioire con lei e che di tutto questo non sia rimasta traccia alcuna? Non è questo silenzio un fatto un po’ strano?
In realtà appare davvero poco probabile che tale incontro non sia avvenuto, mentre invece occorre cercare una spiegazione del fatto che i Vangeli non ne parlino. O meglio, cercare di capire come mai Maria scompaia dai Vangeli dopo ciò che ci riferisce Giovanni e cioè quelle parole pronunciate da Gesù morente: «Madre ecco tuo Figlio», «Figlio ecco tua Madre». E come invece poi riappaia negli Atti il giorno di Pentecoste, raccolta in preghiera con gli apostoli, radunati nel cenacolo in attesa della discesa dello Spirito.
E se il significato di questa scelta di silenzio sul tempo intercorrente tra questi due avvenimenti fatta dagli evangelisti attingesse proprio al senso profondo di quelle ultime parole ai piedi della croce? E se tale scelta fosse dovuta proprio al fatto che in esse era racchiuso un passaggio assai importante nella vita di Maria? Non dimentichiamo infatti che, proprio in quegli istanti, davanti al Figlio morente e per sua estrema volontà – un vero e proprio testamento – questa donna completava, se così si può dire, il suo ruolo di madre fisica di Gesù, però ne iniziava uno non meno importante, quello di Madre della Chiesa.

Sempre madre, dunque, ma in forma nuova, destinata questa volta ad aiutare altri figli cioè tutti quei credenti che, uniti nel corpo mistico, costituiranno la Chiesa. Un ruolo proteso verso il futuro e che ella svolgerà fino alla fine dei tempi. È dunque probabile che per questo, non fosse più rilevante riferire dei suoi incontri privati con Gesù risorto, mentre diventava invece decisivo farci sapere, questo sì, che ella era là presente in quel cenacolo a Pentecoste, dove la Chiesa, nata nascostamente ai piedi della Croce, riceveva dallo Spirito una conferma visibile e ufficiale.

Madre di Dio, dunque, ma anche, tramite la Chiesa, Madre nostra. Ecco, quindi, come guardare a Maria in questo sabato santo. Come a colei che non solo, per questo suo compito, può ottenerci la grazia di meglio capire e vivere gli avvenimenti di salvezza che ricordiamo. Ma anche come a colei nella quale, per prima, quella risurrezione di Gesù nella quale stiamo per rinnovare la nostra fede, ha dimostrato tutta la sua efficacia, come dimostra quella sua Assunzione che la vede già gloriosa Regina dell’universo. (R. Brichetti Messori)

* * *
Il testo che segue è di don Tonino Bello.

Nelle feste c'è Lui.
Nelle vigilie, al centro, c'è Lei.
Discreta come brezza d'aprile che ti porta sul limitare di casa profumi di verbene, fiorite al di là della siepe.
Ci sono, a volte, degli attimi così densi di mistero, che si ha 1'impressione di averli già sperimentati in altre stagioni della vita. E ci sono degli attimi così gonfi di presentimenti, che vengono vissuti come anticipazioni di beatitudini future.
Nel giorno del Sabato santo, di questi attimi, ce n'è più di qualcuno. E come se cadessero all'improvviso gli argini che comprimono il presente. L'anima, allora, si dilata negli spazi retro stanti delle memorie. Oppure, allungandosi in avanti, giunge a lambire le sponde dell' eterno rubandone i segreti, in rapidi acconti di felicità.
Come si spiega, infatti, se non con questo rimpatrio nel passato, il groppo di allusioni che, superata appena la "parasceve", si dipana al primo augurio di buona Pasqua, e si stempera in mille rigagnoli di ricordi, fluenti tra anse di gesti rituali?
La casa, vergine di lavacri, che profuma d'altri tempi. L'amico giunto dopo tanti anni, nei cui capelli già grigi ti attardi a scorgere reliquie d'infanzie comuni. Il dono opulento, là in cucina, tra le cui carte stagnole cerchi invano sapori di antiche sobrietà... quando era viva lei, e la madia nascondeva solo stupori di uova colorate. Il grembo vuoto della chiesa, il cui silenzio trabocca di richiami, e dove nel vespro ti decidi finalmente a entrare, come una volta, per riconciliarti con Dio e sentirti restituire a innocenze perdute.
E come si spiega se non col crollo delle dighe erette dai calendari terreni, quel sentimento pervasivo di pace che, nel Sabato santo, almeno di sfuggita, irrompe dal futuro e ti interpella con strani interrogativi a cui sentì già di poter dare risposte di gioia?
C'è un tempo in cui la gente starà sempre a scambiarsi strette di mano e sorrisi, così come fa oggi? Verranno giorni sottratti all'usura delle lacrime? Esistono spazi di gratuità, dove non smetteremo più gli abiti di festa? Ci sono davvero delle stagioni in cui la vita sarà sempre così?
Fascino struggente del Sabato santo, che ti mette nell' anima brividi di solidarietà perfino con le cose e ti fa chiedere se non abbiano anch' esse un futuro di speranza!
Che cosa faranno gli alberi stanotte, quando suoneranno a stormo le campane? Le piante del giardino spanderanno insieme, come turiboli d'argento, la gloria delle loro resine? E gli animali del bosco ululeranno i loro concerti mentre in chiesa si canta l'Exultet? Come reagirà il mare, che brontola sotto la scogliera, all'annuncio della Risurrezione? L'angelo in bianche vesti farà fremere le porte anche dei postriboli? Oltre i cancelli del cimitero, sussulteranno sotto il plenilunio le tombe dei miei morti? E le montagne, non viste da nessuno, danzeranno di gioia attorno alle convalli?
Una risposta capace di spiegare il tumulto di queste domande io ce l'avrei. Se nel Sabato santo il presente sembra oscillare su passato e futuro, è perché protagonista assoluta, sia pur silenziosa, di questa giornata è Maria.
Dopo la sepoltura di Gesù, a custodire la fede sulla terra non è rimasta che lei. Il vento del Golgota ha spento tutte le lampade, ma ha lasciato accesa la sua lucerna. Solo la sua. Per tutta la durata del sabato, quindi, Maria resta l'unico punto di luce in cui si concentrano gli incendi del passato e i roghi del futuro. Quel giorno essa va errando per le strade della terra, con la lucerna tra le mani. Quando la solleva su un versante, fa emergere dalla notte dei tempi memorie di santità; quando la solleva sull'altro, anticipa dai domicili dell' eterno riverberi di imminenti trasfigurazioni.
Santa Maria, donna del Sabato santo, estuario dolcissimo nel quale almeno per un giorno si è raccolta la fede di tutta la Chiesa, tu sei l'ultimo punto di contatto col cielo che ha preservato la terra dal tragico blackout della grazia. Guidaci per mano alle soglie della luce, di cui la Pasqua è la sorgente suprema.
Stabilizza nel nostro spirito la dolcezza fugace delle memorie, perché nei frammenti del passato possiamo ritrovare la parte migliore di noi stessi. E ridestaci nel cuore, attraverso i segnali del futuro, una intensa nostalgia di rinnovamento, che si traduca in fiducioso impegno a camminare nella storia.
Santa Maria, donna del Sabato santo, aiutaci a capire che, in fondo, tutta la vita, sospesa com' è tra le brume del venerdì e le attese della domenica di Risurrezione, si rassomiglia tanto a quel giorno. È il giorno della speranza, in cui si fa il bucato dei lini intrisi di lacrime e di sangue, e li si asciuga al sole di primavera perché diventino tovaglie di altare.
Ripetici, insomma, che non c'è croce che non abbia le sue deposizioni. Non c'è amarezza umana che non si stemperi in sorriso. Non c'è peccato che non trovi redenzione. Non c'è sepolcro la cui pietra non sia provvisoria sulla sua imboccatura. Anche le gramaglie più nere trascolorano negli abiti della gioia. Le rapsodie più tragiche accennano ai primi passi di danza. E gli ultimi accordi delle cantilene funebri contengono già i motivi festosi dell'alleluia pasquale.
Santa Maria, donna del Sabato santo, raccontaci come, sul crepuscolo di quel giorno, ti sei preparata all' incontro col tuo figlio Risorto. Quale tunica hai indossato sulle spalle? Quali sandali hai messo ai piedi per correre più veloce sull'erba? Come ti sei annodata sul capo i lunghi capelli di nazarena? Quali parole d'amore ti andavi ripassando segretamente, per dirgliele tutto d'un fiato non appena ti fosse apparso dinanzi?
Madre dolcissima, prepara anche noi all' appuntamento con Lui. Destaci l'impazienza del suo domenicale ritorno. Adornaci di vesti nuziali. Per ingannare il tempo, mettiti accanto a noi e facciamo le prove dei canti.
Perché qui le ore non passano mai.