giovedì 14 marzo 2013

La Chiesa in festa per Papa Francesco



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Sequela e adesione incondizionata
di Luigi Negri*

Non conosco personalmente il nuovo Papa, non l’ho mai incontrato, ho letto solo alcune interviste che ha rilasciato negli ultimi anni al mensile 30 Giorni.

La sua presenza oggi è stata certamente un fatto di grande impatto anche emotivo, e la semplicità con cui si è posto è certamente un fatto significativo per il popolo cristiano.

Ma la mia riflessione vorrebbe andare più al fondo. E individuare nella scelta che il Conclave ha fatto un gesto che ha la stessa natura, la stessa struttura dello spirito di Cristo, che guida la Chiesa in tempi, in modi, e con persone che sono diverse da quello che ciascuno di noi è o vorrebbe essere.

Per questo l’atteggiamento che io vivo - e invito tutti a farlo - è quello di una profonda obbedienza alla volontà di Cristo, che ci si manifesta nella presenza di questo nuovo papa.

Seguirlo, aderire incondizionatamente alla sua presenza e al suo magistero, fare della nostra vita personale, parte viva della sequela a Cristo, renderà il nostro cammino certamente fecondo, come fecondo mi auguro che sia il suo ministero petrino.

* Arcivescovo di Ferrara-Comacchio

 * * *
Perché in segreto l'avevo previsto
di Vittorio Messori
in “Corriere della Sera” di oggi,  14 marzo 2013
Mi scuso di cominciare con un episodio personale. Ma, come si vedrà, sullo sfondo c'è un problema
molto grave che riguarda la Chiesa intera e con il quale, dunque, Francesco dovrà confrontarsi in
modo prioritario. Spero dunque mi sia perdonato l'apparente personalismo.
Nel mese trascorso dalla fatidica ricorrenza di Nostra Signora di Lourdes, l'11 febbraio,
innumerevoli colleghi sia italiani sia stranieri mi hanno chiesto una previsione sul cardinale che i
confratelli avrebbero eletto come successore di Benedetto XVI. Sempre, senza eccezione, mi sono
schermito, a nessuno ho risposto, ricordando che a un cristiano non è lecito tentare di rubare il
mestiere allo Spirito Santo; e rievocando episodi, vissuti di persona nella redazione dei giornali, in
cui le indicazioni dei papabili da parte degli esperti erano state regolarmente smentite. Per questo
motivo, pur scusandomi, non ho partecipato a quella sorta di divertissement dei colleghi del
Corriere
che, sorridendo, hanno indicato ciascuno una loro terna.
Ho fatto una sola eccezione al riserbo che mi era imposto con un collega — che è anche un vecchio
amico e col quale ho scritto un libro sulla fede — Michele Brambilla, ora a
La Stampa
ma formatosi
in questo nostro quotidiano e buon conoscitore dei problemi religiosi. Chiedendogli di tenere per sé
la cosa, sino a Conclave concluso, gli ho proposto scherzosamente di farmi da notaio e gli ho
affidato un nome, uno soltanto: Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires. L'amico
collega mi ha telefonato anche ieri, sotto il diluvio di piazza San Pietro dove attendeva la fumata e
mi ha ricordato quella previsione, chiedendomi se la confermavo: gli ho detto che mi sembrava di
poterlo fare. Michele mi ha ricordato che Bergoglio non era tra coloro che la maggioranza dei
colleghi dava come papabile: almeno in questo Conclave, mentre in quello che elesse Joseph
Ratzinger pare sia stato colui che ebbe il maggior numero di voti dopo l'eletto. Ma otto anni sono
passati, il cardinal Bergoglio ha ormai 76 anni, tutti attendevano un Papa nel pieno delle forze. Un
limite che qualcuno aveva fissato sotto i 65 anni. Tra l'altro, sarebbe stato il primo gesuita a divenire
Papa, dignità alla quale la Compagnia non ha mai mirato, secondo la raccomandazione del
fondatore Ignazio. Eppure, insistetti su quella candidatura argentina.
Doti da indovino, confidenze del Paraclito, collegamenti occulti con le Sacre Stanze cardinalizie?
Macché, non facciamola grossa, solo un poco di conoscenza della realtà della Chiesa attuale. Avevo
infatti spiegato all'amico: «In Conclave, dove si conosce la condizione della Chiesa nel mondo
intero, si potrebbe decidere per una scelta «geopolitica», come fu per Karol Wojtyla. Una scelta
fortunata: non soltanto si ebbe uno dei migliori pontificati del secolo, ma si gettò nel panico la
Nomenklatura dell'Unione Sovietica e di tutto l'Est che prevedeva guai, da un Papa polacco. Non
sbagliava nello spaventarsi. In effetti, vennero Walesa, Solidarnosc, i cantieri Lenin di Danzica, gli
scioperi operai che per la prima volta un regime comunista non osò reprimere nel sangue. Fu quella
la crepa che, allargandosi, alla fine fece cadere tutti i muri dell'Impero. Ma nulla sarebbe stato
possibile senza un Pontefice polacco, e di quale tempra e prestigio!, che sorvegliava e consigliava
dal Vaticano». Ebbene, continuavo nel ragionamento, oggi una scelta geopolitica potrebbe rivolgersi
in due direzioni: chiamare alla cattedra di Pietro il primo cinese nella storia che partecipi a un
Conclave, l'arcivescovo di Hong Kong, John Tong Hon. Il panico, stavolta, non sarebbe a Mosca o a
Varsavia ma a Pechino, nella capitale della superpotenza del futuro, dove il governo — non potendo
estirpare i cattolici, coriacei alle persecuzioni — ha tentato di creare una Chiesa nazionale, staccata
da Roma, nominando persino i vescovi. E i credenti fedeli al Papa sono ridotti alla clandestinità.
Come continuare a tenerli nelle catacombe o nei lager, con uno dei loro divenuto Papa?
Ma la Chiesa non ha mai fretta, giudica secondo i tempi delle «lunghe durate», come dicono gli
storici degli Annales, il turno della Cina verrà probabilmente in un prossimo Conclave allorché,
come capita in tutti i regimi totalitari, il sistema comincerà il declino e sarà indebolito, pronto per il
colpo di grazia. E in questo, di Conclave? In questo, pensavo, c'era spazio per un'altra scelta
geopolitica e stavolta davvero urgente, anzi urgentissima, anche se in Europa non si conosce la
serietà dell'evento. Succede, cioè, che la Chiesa romana sta per perdere quello che considerava il
«Continente della speranza», il Continente cattolico per eccellenza nell'immaginario comune, quello
grazie al quale lo spagnolo è la lingua più parlata nella Chiesa. Il Sudamerica, infatti, abbandona il
cattolicesimo al ritmo di migliaia di uomini e donne ogni giorno. Ci sono cifre che tormentano gli
episcopati di quelle terre: dall'inizio degli anni Ottanta ad oggi, l'America Latina ha perso quasi un
quarto di fedeli. Dove vanno? Entrano nelle comunità, sette, chiesuole degli evangelicals, i
pentecostali che, inviati e sostenuti da grandi finanziatori nordamericani, stanno realizzando il
vecchio sogno del protestantesimo degli Usa: finirla, anche in quel Continente, con la superstizione
«papista». Occorre dire che i grandi mezzi economici di cui quei missionari dispongono attirano i
molti diseredati di quelle terre e li inducono a entrare in comunità dove tutti sono sorretti anche
economicamente. Ma c'è pure il fatto che le teologie politiche dei decenni scorsi, predicate da preti
e frati divenuti attivisti ideologici, hanno allontanato dal cattolicesimo quelle folle, desiderose di
una religiosità viva, colorata, cantata, danzata. Ed è proprio in questa chiave che il pentecostalismo
interpreta il cristianesimo e attira fiumane di transfughi dal cattolicesimo. Dunque, i padri del
Conclave probabilmente avrebbero valutato l'urgenza di un intervento, secondo un programma
proposto e gestito da Roma stessa, insediandovi come Papa uno di quel Continente. Ma l'emorragia
riguarda soprattutto il Brasile e l'America delle Ande: perché, se Papa sudamericano doveva essere,
perché un argentino, un arcivescovo di un Paese meno toccato dalla fuga verso le sette?
Probabilmente ha giocato il fatto che il cardinal Bergoglio (a parte l'alta qualità dell'uomo, la
preparazione teologica, l'esperienza) è al contempo iberoamericano ed europeo. La sua è una
famiglia di immigrati recenti dall'astigiano, l'italiano è la sua seconda lingua materna: poiché per la
Chiesa non sono urgenti solo i problemi di oltreatlantico ma anche quelli di un riordino energico
della Curia, occorreva un uomo che sapesse fronteggiare certe situazioni vaticane. Insomma, non
una predizione la mia, un semplice ragionamento. Molti altri ragionamenti saranno necessari, a
cominciare dalla scelta del nome, Francesco, inedito nella storia del papato. Ma l'ora è tarda, il
tempo stringe. Ci sarà tempo per riprendere il discorso.(V. Messori)

* * *

La Chiesa è in festa perché ha il suo Papa. Papa Francesco è il successore di Benedetto XVI, il Papa emerito dal cui ricchissimo Magistero il nuovo Pontefice potrà partire. La stampa laica scaverà ora nella biografia del nuovo Papa. E dovremo stare attenti alle vecchie letture che cercheranno prima di fare ricorso alle categorie obsolete di progressisti e conservatori, poi di etichettare il nuovo Pontefice come progressista. Sarà allora utile leggere – la pubblichiamo nella prima traduzione italiana integrale – la lettera che l’allora cardinale Bergoglio scrisse il 22 giugno 2010 poco prima della decisione del Senato argentino di approvare il matrimonio e le adozioni omosessuali alle suore dei quattro monasteri carmelitani di Buenos Aires. La lettera fu citata e lodata dall’«Osservatore Romano» ed è molta nota in Argentina. 

«Il popolo argentino – scriveva il futuro Papa – dovrà affrontare nelle prossime settimane una situazione il cui esito può seriamente ferire la famiglia. Si tratta del disegno di legge che permetterà il matrimonio a persone dello stesso sesso. È in gioco l’identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli. È in gioco la vita di molti bambini che saranno discriminati in anticipo e privati della loro maturazione umana che Dio ha voluto avvenga con un padre e con una madre. È in gioco il rifiuto totale della legge di Dio, incisa anche nei nostri cuori». Poi le parole fortissime: «Ricordo una frase di Santa Teresina [di Lisieux, 1873-1897] quando parla della sua malattia infantile. Dice che l’invidia del Demonio voleva vendicarsi della sua famiglia per l’entrata nel Carmelo della sua sorella maggiore. Qui pure c’è l’invidia del Demonio, attraverso la quale il peccato entrò nel mondo: un’invidia che cerca astutamente di distruggere l’immagine di Dio, cioè l’uomo e la donna che ricevono il comando di crescere, moltiplicarsi e dominare la terra. Non siamo ingenui: questa non è semplicemente una lotta politica, ma è un tentativo distruttivo del disegno di Dio. Non è solo un disegno di legge (questo è solo lo strumento) ma è una “mossa” del padre della menzogna che cerca di confondere e d’ingannare i figli di Dio». 

Quello che è oggi Papa Francesco chiedeva l’aiuto dello Spirito Santo per portare «la luce della verità in mezzo alle tenebre dell’errore», «per difenderci dall’incantamento di tanti sofismi con i quali si cerca a tutti i costi di giustificare questo disegno di legge, e che confondono e ingannano perfino persone di buona volontà».
Mentre l’Argentina stava per legalizzare il matrimonio e le adozioni omosessuali il cardinale si rivolgeva alle carmelitane per chiedere loro «preghiere e sacrificio, le due armi invincibili di santa Teresina » perché i politici potessero votare «secondo la legge naturale e la legge di Dio ». «Ricordiamo – concludeva il cardinale che oggi siede sul soglio di Pietro – ciò che Dio stesso disse al suo popolo in un momento di grande angoscia: “Questa guerra non è vostra, ma di Dio» chiedendo «a San Giuseppe, a Maria e al Bambino» «che ci difendano, soccorrano e accompagnino in questa guerra di Dio».

Naturalmente il cardinale Bergoglio si è occupato di moltissimi problemi nel suo ministero pastorale a Buenos Aires. È stato un padre per i poveri nella crisi economica e ha denunciato, tra l’altro, l’«eutanasia coperta» praticata negli ospedali argentini dove pure non è legale, dichiarando che in realtà «in Argentina [che pure ufficialmente la ripudia] c’è la pena di morte» contro i bambini non nati con l’aborto e contro gli anziani malati vittima di una «cultura dello scarto» negli ospedali. Per le sue posizioni in materia di vita e famiglia è stato duramente attaccato dalla presidentessa argentina, d’idee radicali, Cristina Kirchner, che ha evocato a proposito del cardinale Bergoglio «i tempi medievali e quelli dell’Inquisizione». 

Ci sarà tempo di tornare sulla biografia del nuovo Pontefice. Per noi cattolici, oggi, il primo dovere è gridare «Viva il Papa». Con rispetto e affetto, e promettendogli fin da ora non solo obbedienza, ma fattiva collaborazione nel diffondere il suo Magistero, secondo quello che è diventato il marchio di fabbrica dellaNuova Bussola Quotidiana, una testata citata tante volte in questi giorni di Conclave da altri media, non solo in Italia.

Il primo commento, allora, non può che essere formulato ancora alla luce del Magistero che il Pontefice emerito lascia in eredità al suo successore e che ci spiega come va seguito il Papa, ogni Papa. La prima lezione, il primo impegno è che il Papa va seguito sempre. Tutti i giorni. Conosciamo la distinzione fra Magistero ordinario e straordinario, fra le rarissime dichiarazioni infallibili e il resto. Ma sappiamo anche come queste distinzioni siano usate capziosamente come alibi per la disubbidienza. Nella Messa crismale del 2012 Benedetto XVI ha formulato la domanda retorica: «La disobbedienza è veramente una via? Si può percepire in questo qualcosa della conformazione a Cristo, che è il presupposto di ogni vero rinnovamento, o non piuttosto soltanto la spinta disperata a fare qualcosa, a trasformare la Chiesa secondo i nostri desideri e le nostre idee?». Ubbidienza è seguire tutto il Magistero, anche quello ordinario attraverso cui si esercita quotidianamente la grande direzione spirituale che il Santo Padre offre ai singoli e alle nazioni. Sarebbe un pessimo figlio chi affermasse di volere seguire, del proprio padre, solo qualche raro pronunciamento solenne, ignorandone i consigli e le richieste quotidiane.

In secondo luogo, promettiamo al nuovo Papa Francesco che lo seguiremo senza impropri paragoni con i suoi predecessori. Conosciamo il gioco della stampa laicista per cui il «Papa buono» è sempre quello che non c'è più. Offeso quando regnava, ogni Pontefice è usato strumentalmente contro il suo successore. Né è accettabile l'atteggiamento di chi pretende di convocare ogni insegnamento del Papa al tribunale della Tradizione, affermando che seguirà il nuovo Pontefice solo il suo insegnamento sarà «conforme alla Tradizione». Come ha spiegato Benedetto XVI nella grande e poco letta esortazione apostolica del 2010 «Verbum Domini», la Tradizione diventa vivente nel Magistero. «Tradizione» non è il titolo di un volume che potremmo acquistare nella più vicina libreria cattolica. Che cosa dev'essere considerato Tradizione nella Chiesa non va chiesto, ultimamente, ai teologi o agli storici, peraltro sempre divisi tra loro. Da oggi c'è di nuovo qualcuno a cui chiederlo, certi che della sua risposta ci possiamo fidare: Papa Francesco.

Terzo: la Chiesa è guidata dal Papa, non dall'opinione pubblica, dai sondaggi, da quello che si crede pensino i fedeli. Non possiamo contrapporre al Papa il cosiddetto senso comune dei fedeli. In un importante discorso del 7 dicembre 2012 alla Commissione Teologica Internazionale, Benedetto XVI ha fatto chiarezza sul «sensus fidelium». Molti infatti oggi contrappongono il «sensus fidelium», la sensibilità diffusa tra i fedeli, al Magistero. E questo avviene, per così dire, sia «a sinistra» sia «a destra». Un certo progressismo afferma volentieri che, specialmente sui temi morali, il Magistero offre certi insegnamenti ma si deve anche tenere conto della sensibilità dei fedeli, che in materia di anticoncezionali, aborto, omosessualità, rapporti prematrimoniali sarebbe ormai maggioritariamente diversa. Nello stesso tempo, un certo «tradizionalismo» - quando vuole criticare il Magistero attuale accusandolo di non essere conforme alla Tradizione - risponde all'obiezione che ho già citato secondo cui spetta precisamente al Magistero definire che cosa sia oggi la Tradizione affermando che sarebbe il senso comune dei fedeli a percepire il contrasto fra certi insegnamenti odierni e quelli tradizionali.

I sociologi hanno più volte osservato come chi argomenta in questo modo, da destra o da sinistra, di rado si rende conto delle difficoltà che esistono quando si tratta di accertare che cosa pensi veramente la maggioranza dei fedeli. La sociologa inglese Linda Woodhead parla della «sondaggite» come di una nuova malattia diffusa tra gli studiosi di scienze religiose che, neanche fossero politici che si preparano alle elezioni, pretendono di decidere ogni questione relativa allo stato della religione tramite i sondaggi. Ma i sondaggi sono per loro natura incerti, così che occorre sempre molta cautela quando si afferma che «il popolo cattolico» pensa questo o quest'altro. Non senza spirito, nella sua autobiografia «La mia vita» il cardinale Joseph Ratzinger aveva osservato che molti teologi, quando parlano del'«opinione dei fedeli», si riferiscono alla loro stessa opinione e a quella degli studenti e amici fedeli alle loro soggettive teorie.

Nel discorso citato del 2012, Papa Ratzinger aveva invitato a «distinguere il sensus fidelium autentico dalle sue contraffazioni». Il senso comune dei fedeli «non è una sorta di opinione pubblica ecclesiale» e non si misura con i sondaggi. Soprattutto, non ha senso contrapporre il «sensus fidei» al Magistero, o utilizzarlo come una sorta di tribunale che potrebbe giudicare e condannare il Magistero del Papa, perché il senso comune che interessa è quello dei «fedeli», e per fedeli s'intendono coloro che prendono sul serio il Magistero e a questo lealmente aderiscono. Dunque, spiegava Benedetto XVI a proposito del «sensus fidelium», «non è pensabile poterlo menzionare per contestare gli insegnamenti del Magistero, poiché il sensus fìdei non può svilupparsi autenticamente nel credente se non nella misura in cui egli partecipa pienamente alla vita della Chiesa, e ciò esige l’adesione responsabile al suo Magistero, al deposito della fede». Esige l'adesione all'insegnamento, anche ordinario e quotidiano, del Papa.

Il Conclave è finito. È finito anche il tempo in cui ciascuno esprimeva opinioni e simpatie su quale fra i «papabili» gli sarebbe piaciuto di più. Ora abbiamo un Papa da seguire - anzitutto ascoltando e leggendo che cosa ci dirà, senza fidarsi dei riassunti e delle interpretazioni della stampa laicista - e da amare. Mi piace concludere con le parole che concludono uno dei miei libri preferiti, «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» del pensatore cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1905-1998), pubblicato durante il pontificato del beato Giovanni XXIII (1881-1963). 

Parole riprese, per volere di Corrêa de Oliveira, in ogni successiva edizione, cambiando solo il nome del Pontefice, e che oggi anche noi possiamo riferire a Papa Francesco. «Non vorremmo considerare concluso questo studio senza un omaggio di filiale devozione e di obbedienza illimitata al "dolce Cristo in terra", colonna e fondamento infallibile della Verità, Sua Santità Papa Giovanni XXIII. Ubi Ecclesia ibi Christus, ubi Petrus ibi Ecclesia. Al Santo Padre si rivolge dunque tutto il nostro amore, tutto il nostro entusiasmo, tutta la nostra devozione. Con questi sentimenti (...) abbiamo creduto di dover pubblicare anche questo studio. Nel nostro cuore, non abbiamo il minimo dubbio sulla verità di ognuna delle tesi che lo compongono. Le sottomettiamo, tuttavia, senza restrizioni, al giudizio del Vicario di Gesù Cristo, disposti a rinunciare senza esitazione a qualsiasi di esse, se si allontana, anche lievemente, dall'insegnamento della santa Chiesa, nostra Madre, Arca della Salvezza e Porta del Cielo». Viva il Papa. (M. Introvigne)

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Papa Francesco. Profili inediti del nuovo Pontefice che interrompono molte tendenze storiche
(Luis Badilla) Ieri, subito dopo l'annuncio del nome del nuovo Papa, si è capito subito che i cardinali elettori avevano dato alla Chiesa le migliori risorse disponibili in questa tappa della sua missione per una grande svolta dimostrando che l'elezione del Successore di Pietro non è frutto di alleanze e cordate, di gruppi e convenienze, bensì frutto di una visione comune e di una condivisione. Si è trattato di una scelta piuttosto breve e sicura, fatta alla quinta votazione, dopo due fumate nere e in 24 ore. Scelta arrivata quando in molti erano convinti che si preparava il passaggio ad una fase più lunga del Conclave perché gli elettori erano segnati da "troppe divisioni, antagonismi e veti incrociati". Ma era ciò che diceva la stampa e non quello che veramente stava accadendo nella Cappella Sistina.
E si è capito subito, da pochi dati, semplici ma giganteschi, cosa stava accadendo. Ecco un breve elenco.
Papa Francesco:
- è il primo gesuita a sedere sul Soglio di Pietro;
- è il primo Pontefice extra-europeo dopo oltre 12 secoli. L'ultimo non-europeo, prima di Papa Francesco, fu Gregorio III / Siria, 690 – Roma, 28 novembre 741. Fu Papa dal 731 al 741;
- è il 12.mo Successore di Pietro non-europeo (dopo 8 asiatici e 3 africani);
- è il primo Pontefice del continente americano (Latinoamerica);
- è il primo Pontefice che ha voluto scegliere il suggestivo nome di Francesco.
 Vaticano;

- è il 34.mo Pontefice membro di un'Ordine o Istituto religioso. In passato ci sono stati: 
17 Papi Benedettini. 16 dell'Ordine di San Benedetto 1 un Camaldolese
6   Papi Agostiniani:
4   Papi Domenicani:
4   Papi Francescani: 2 Frati Minori e due Conventuali
2   Papi Cistercensi.


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(Luis Badilla) Una delle caratteristiche più note del nuovo Papa è la attenta e amorevole preoccupazione che sempre ha avuto verso i candidati al sacerdozio. Nei suoi numerosi incontri con i seminaristi, abituali e profondi, spesso diceva: "Il buon pastore deve avere l'odore delle sue pecore". In questa frase si condensa gran parte del profilo sacerdotale del Successore di Benedetto XVI che, tra l'altro, poco fa dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, ha evidenziato subito un'altra sua nuova caratteristica: la fiducia totale e piena nella preghiera alla quale è sua abitudine invitare sempre tutti, offrendo agli altri la sua. In America Latina gode di un grande prestigio non solo all'interno della Chiesa ma anche fra la gente, fra i fedeli, che a Buenos Aires erano abituati ad incontrarlo sull'autobus o sulla metropolitana o addirittura nel mercato rionale dove andava a fare le spesa per le attività assistenziali della arcidiocesi.