lunedì 18 marzo 2013

Giuseppe, lo sposo di Maria





Giuseppe abbracciava il Figlio in quanto neonato,
lo serviva in quanto Dio.
Gioiva di lui in quanto buono 
e aveva soggezione di lui in quanto giusto.
Grande paradosso!
Chi mi ha dato che tu diventassi figlio mio, 
o figlio dell'Altissimo?
Volevo licenziare tua madre.
Non sapevo che nel suo utero c'era un gran tesoro,
che avrebbe arricchito in un istante la mia povertà.
Il re Davide è sorto dalla mia tribù 
e ha cinto il diadema.
A un gran abbassamento sono giunto io: 
invece che re sono carpentiere.
Mi è toccato però un diadema: 
nelle mie braccia sta il Signore dei diademi.
Mosè portava le tavole di pietra 
che il suo Signore aveva scritto.
E Giuseppe scortava solennemente la tavola pura, 
nella quale dimorava il figlio del Creatore.

S. Efrem


* * *

Domani 19 MARZO celebriamo la Solennità di

SAN GIUSEPPE 

SPOSO DELLA BEATA VERGINE MARIA

PATRONO DELLA CHIESA UNIVERSALE



In Piazza San Pietro alle ore 9.30

CAPPELLA PAPALE

Imposizione del pallio, consegna dell'anello del Pescatore e Santa Messa per l'inizio del Ministero Petrino del Vescovo di Roma Francesco

Libretto della Celebrazione

In preghiera per l'inizio del ministero petrino di Papa Francesco e con un pensiero di riconoscenza e di augurio per Benedetto XVI... (*)

Su san Giuseppe vedi anche in questo blog i post seguenti:

18 Dic 2012
Per la solennità che abbiamo celebrato oggi, propongo la lettura di questo stupendo testo di Fr. Ephraim... Giuseppe: Il mistero del Padre. Pubblicato da vito luigi valente a 14:41 ... http://kairosterzomillennio.blogspot.com/ ...



19 Mar 2012

lunedì 19 marzo 2012. Regalo per la festa del papà. Per la solennità che abbiamo celebrato oggi, propongo la lettura di questo stupendo testo di Fr. Ephraim... Giuseppe: Il mistero del Padre. Pubblicato da vito luigi valente a 14:41 ...


(*): Il 19 marzo, festa del Patrono della Chiesa, san Giuseppe, è l'onomastico di Benedetto XVI, Romano Pontefice emerito. Joseph Ratzinger fu battezzato con il nome "Giuseppe" il 17 aprile 1927. Ecco il racconto scritto dallo stesso Papa emerito: "Sono nato il 16 aprile 1927, Sabato Santo, a Marktl  sull’Inn (1). In famiglia veniva spesso ricordato che il giorno della mia nascita era l’ultimo della Settimana Santa e la vigilia di Pasqua, tanto più che io fui battezzato il mattino successivo alla mia nascita, con l’acqua appena benedetta della “notte pasquale”, che allora veniva celebrata al mattino: l’essere il primo battezzato della nuova acqua era un importante segno premonitore. Personalmente sono sempre stato grato per il fatto che, in questo modo, la mia vita sia stata fin dall’inizio immersa nel mistero pasquale, dal momento che non poteva che essere un segno di benedizione. Indubbiamente, non era la domenica di Pasqua ma, appunto, il Sabato Santo. Eppure, quanto più ci penso, tanto più mi pare una caratteristica della nostra esistenza umana, che ancora attende la Pasqua, non è ancora nella luce piena, ma fiduciosa si avvia verso di essa". (2)
(1) Marktl (Marktl am Inn) è un comune tedesco di 2.703 abitanti situato nel circondario di Altötting, in Baviera, a breve distanza dal confine con l'Austria.
(2) Joseph Ratzinger, La mia vita, San Paolo, 1997.



 MESSALE
Antifona d'Ingresso  Lc 12,42
Ecco il servo saggio e fedele,
che il Signore ha posto a capo della sua famiglia.

 
Colletta

Dio onnipotente, che hai voluto affidare gli inizi della nostra redenzione alla custodia premurosa di san Giuseppe, per sua intercessione concedi alla tua Chiesa di cooperare fedelmente al compimento dell'opera di salvezza. Per il nostro Signore...

 
LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura  
2 Sam 7,4-5.12-14.16
Il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre.
 

Dal secondo libro di Samuèle
   
In quei giorni, fu rivolta a Natan questa parola del Signore:
«Va’ e di’ al mio servo Davide: Così dice il Signore: “Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno.
Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio.
La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».
 
   

Salmo Responsoriale  
Dal Salmo 88
In eterno durerà la sua discendenza.
Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».

«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide, mio servo.
Stabilirò per sempre la tua discendenza,
di generazione in generazione edificherò il tuo trono».

«Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Gli conserverò sempre il mio amore,
la mia alleanza gli sarà fedele».
 

Seconda Lettura   
Rm 4,13.16-18.22
Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza.
 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani   
Fratelli, non in virtù della Legge fu data ad Abramo, o alla sua discendenza, la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede.
Eredi dunque si diventa in virtù della fede, perché sia secondo la grazia, e in tal modo la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto per quella che deriva dalla Legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi – come sta scritto: «Ti ho costituito padre di molti popoli» – davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono.
Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: «Così sarà la tua discendenza». Ecco perché gli fu accreditato come giustizia.
  

Canto al Vangelo
   Sal 83,5
Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio.
Nel tempo pasquale: Alleluia, alleluia.

Beato chi abita nella tua casa, Signore:
senza fine canta le tue lodi.

Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio.

  
  
Vangelo  Mt 1,16.18-21.24a
Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore.

Dal vangelo secondo Matteo

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.
 
Oppure:
Vangelo  Lc 2,41-51
Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo.

Dal vangelo secondo Luca

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso.

* * *


Il commento

Il timore di Giuseppe dinanzi a un Figlio, è simile al nostro di fronte a noi stessi, figli nel Figlio. In Maria abbiamo ricevuto le sembianze del Figlio, la stessa natura di Dio. Ma nonostante ciò, abbiamo paura di noi stessi, di essere quello che siamo per non essere rifiutati. Per paura siamo schiavi, soggetti a un padrone che, mostrandoci debolezze e difetti, ci induce a pensare male di noi stessi e di Dio che ci ha fatto così deboli. E' la paura e lo scandalo di un'infinita distanza tra la sublimità della nostra vocazione e l'inadeguatezza di ciò che siamo. Lo scandalo e la paura di Giuseppe, giusto della rettitudine di voler "ag-giustarsi" in ogni circostanza alla volontà di Dio, e per questo preda del dubbio e dell'angoscia dinanzi a qualcosa di straordinario, al di fuori della stessa Legge cui ha votato la vita. Forse intuisce, ma l'eccezionalità e l'imprevedibilità sono come uno tsunami. Giuseppe ama Maria, ma la giustizia appresa dalla sapienza del suo popolo non ammette deroghe, neanche per quella deliziosa fanciulla che attendeva di sposare. Il fatto era lì, incontrovertibile. Maria era incinta e Giuseppe non c'entrava nulla. La ragione umana era senza spiegazioni se non quelle rese dall'evidenza. E questa spingeva inesorabilmente Giuseppe al rifiuto di quella ragazza, proprio in virtù della Legge alla quale Giuseppe aveva sempre adeguato la propria vita. Ma Dio appare dove nessuno se lo aspetta. Senza preavviso, senza chiedere il permesso, al di là di ogni legge. Maria incinta fuori del matrimonio, promessa sposa, ma non ancora sposa. Per accogliere questa follia occorreva un cuore capace di dilatarsi e saltare fuori dallo stesso perimetro della Legge, e una giustizia che superasse quella dei farisei; un amore capace di trascendersi ben al di là della carne, il cui limite estremo era tutto nella struggente e triste decisione di Giuseppe, ripudiare in segreto Maria proteggendola così da un destino di morte, e caricarsi le conseguenze che avrebbero segnato anche la sua vita per sempre. L'amore aveva spinto Giuseppe sino a condividere la stessa sorte di Maria, ed era qualcosa di grande, il meglio che la carne avesse mai dato, ma in quell'istante in cui si giocavano le sorti dell'umanità Dio lo chiamava ad un salto più grandeE Giuseppe era lì, con quel dubbio a bucargli lo stomaco e a lacerargli il cuore, la vita intera precipitata in un "pensiero" come i tanti che sottraggono tempo e forze nell'inutile tentativo di individuare modi e parole per ovviare all'imponderabile. Come noi, oggi, dinanzi alla nostra storia, alle briciole di un'esistenza che vorrebbe avere capo e coda, e non ne trova in nessun percorso logico e umano. Anche oggi è un giorno decisivo per la sorte di nostra moglie, di nostro figlio, di quell'amico o di quel collega. Per salvare, Dio scende anche oggi a cercare chi è finito fuori legge, e ha scelto proprio noi per accogliere e custodire l'opera del suo amore. E ci ripete le parole che in Giuseppe hanno sciolto ogni dubbio: "Giuseppe, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quello che è generato in lei viene dallo Spirito Santo". Tua sposala "promessa" sposa è "già" sposa agli occhi di Dio, ancor prima del suggello finale delle nozze, perché la Provvidenza di Dio aveva precorso il tempo, infranto le regole del mondo, la biologia del cosmo, disegnando, dall'eterno e per l'eterno, un cammino di salvezza tra le piaghe dell'umanità peccatrice, ed esso passa per Giuseppe e Maria. Essi sono le due braccia di Dio aperte ad accogliere ogni uomo in un abbraccio di misericordiaTutto era già pronto dall'eternità: Maria, piena di Grazia, Immacolata Concezione per dare alla luce il Messia Immacolato; Giuseppe, figlio della Giustizia misericordiosa di Dio per accogliere e il "Giusto che si addosserà il peccato di molti". Le loro nozze, già compiute nella volontà di Dio, si celebrano ora nel tempo e nella carne, perché la volontà di salvezza giunga nel tempo e ad ogni carne. Nella pienezza dei tempi Dio ha aperto il Cielo e ha inviato l'officiante, Gabriele, l'angelo dell'annuncio. Le nozze di Giuseppe e Maria, infatti, sono l'annuncio della Buona Notizia e l'umanità è in attesa del loro "consenso": “Dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, la redenzione dei prigionieri, la liberazione dei condannati, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutto il genere umano. Non sia che mentre tu sei titubante, egli passi oltre e tu debba, dolente, ricominciare a cercare colui che ami. Levati su, corri, apri! Levati con la fede, corri con la devozione, apri con il tuo assenso(San Bernardo, Omelie sulla Madonna).

E Maria ha aperto con il suo eccomi, e Dio ha preso finalmente dimora nel suo seno, Il mistero di un Dio nascosto nella carne dell'uomo, sembra peccato invece è amore. Anche Lei, Immacolata Concezione, senza peccato s'è fatta peccato per partorire al mondo il Dio fatto peccato. Per salvare i peccatori, e farli figli di Dio, ha fatto peccato la Madre e il Figlio. Manca solo Giuseppe, anche lui di fronte all'irruzione dello Spirito Santo, l'amore infinito che Dio aveva deciso dovesse passare per la strettoia della sua angoscia. L'arduo cammino dell'amore, accogliere il mistero di un amore così lacero, incomprensibile, come Gesù al Giordano, nella fila dei peccatori, e Maria incinta fuori del matrimonio. Lo stesso amore fatto carne nel seno di Maria è deposto, inerme, sulla soglia della sua libertà; come per Maria, la sofferenza di ogni uomo bussa ora alla sua porta, la sua angoscia non è un affare privato, è la stessa angoscia dell'umanità che grida dentro di lui. Anche Giuseppe è agli occhi di Dio già sposato con Maria, e non può più rimandare l'ora del suo "consenso"Solo gli occhi di Dio vedono "oltre" l'angusto sguardo dell'uomo; solo gli occhi di Dio vedono la misericordia e il riscatto nel peccatore più turpe. Per questo la Grazia dona a Giuseppe gli occhi di Dio, e il suo sguardo su Maria si fa accoglienza di quanto lo Spirito Santo aveva operato nell'ombra del mistero. La parola dell'Angelo è rivolta oggi a ciascuno di noi, come un balsamo di pace e di speranza: "Non temere", non temiamo di prendere con noi Maria, la Figlia di Sion, immagine di un Popolo e della sua storia, della nostra storia. In Lei siamo generati, e quello che è generato in Lei è opera dello Spirito Santo. Siamo dunque opera del respiro di Dio, la vita divina è dentro la nostra vita. La carne la sorregge a malapena, la tenda d'argilla che sono le nostre membra peccatrici, quelle zolle di terra che ci scandalizzano, impauriscono e paralizzano, non sono che la povera stalla di Betlemme dove Dio ha voluto nascere e prendere dimora. Non temiamo le nostre debolezze, l'astruso passato, l'incerto futuro. Quel che è in noi, quello che ci genera oggi a questo giorno come ad ogni giorno è il dito di Dio; il soffio del Suo Spirito dà vita alla nostra morte e a quella a cui siamo inviati. In Dio siamo "già" sposati con il suo Figlio, siamo suoi da sempre, da prima della creazione del mondo. Noi siamo il suo destino e Lui è la nostra Patria. In ogni evento che ci impaurisce si nasconde l'annuncio di salvezza per noi e l'umanità intera. La storia ci è data perché vi si compiano le nozze che diano alla luce il Salvatore del mondo. Siamo preziosi ai suoi occhi, perché, in noi, Dio vede il riscatto di questa generazione. I nostri occhi guardano la nostra vita come riflessa in uno specchio scheggiato e ombrato, gli occhi di Dio guardano, e amano, il suo Figlio in noi e in ogni uomo. Come hanno guardato Maria, e come, per la Grazia, hanno imparato a guardarla gli occhi di Giuseppe. Lo sguardo di Dio che ha chiamato e fatto crescere la Santa Famiglia di Nazaret nella comunione al punto che l'amore si è fatto viscere di misericordia per l'umanità; in essa si rivela il valore immenso e la missione decisiva di ogni famiglia cristiana: offrire al mondo la misericordia fatta carne, Cristo Gesù; per compiere questa missione occorre solo che viva abbandonata alla volontà di Dio, vivendo ogni istante nella certezza che ciascuno è un passo prezioso e decisivo per la salvezza del mondo. Non temiamo allora di accogliere lo straordinario amore di Dio, di incamminarci con Lui alla ricerca della pecora perduta, di prendere con noi quanto Egli sta operando, misteriosamente e al di là di ogni ragionevole limite imposto dalla stessa Legge religiosa che vorremmo seguire: attraverso la vicenda di Giuseppe il Signore ci chiama ad "uscire da noi stessi, dal recinto dell’orto dei propri convincimenti considerati inamovibili se questi rischiano di diventare un ostacolo, se chiudono l’orizzonte che è di Dio", perché "le nostre certezze possono diventare un muro, un carcere che imprigiona lo Spirito Santo" (Card. J Bergoglio, Intervista a 30 Giorni, Novembre 2007). Non temiamo di amare oltre la giustizia umana, oltre l'amore contenuto nella nostra povera carne. Non temiamo di lasciarci colmare dallo stesso Spirito che ha fecondato Maria, che sta operando in chi ci è accanto, affidato alle nostre cure di marito e padre e fratello. Non temiamo di lasciarci aprire gli occhi della fede per discernere l'opera dell'infinito amore di Dio anche e soprattutto in quanto appare, alla giustizia della Legge, ingiusto e malvagio. Che il Signore ci doni gli occhi della fede della Chiesa inviata alla ricerca della pecora perduta, dei peccatori, dei falliti; gli occhi di Giuseppe attratti in un amore più grande, infinitamente più grande della carne, occhi celesti sulla terra. Gli occhi che sorgono da un cuore rinnovato e trasformato nell'amore di Dio: "L’uomo e la donna che vogliono vivere il loro battesimo devono andare verso le periferie, verso le periferie geografiche, le periferie culturali, le periferie esistenziali, devono andare con questa proposta evangelica... vivere in questa tensione, una tensione tra l'interiorità dell’incontro con Gesù che vi spinge verso fuori e pone tutto in questione, tra un andare e un tornare continuo" (Card. J Bergoglio).

ALTRO COMMENTO:  CONGREGAZIONE PER IL CLERO
 Che cosa sappiamo di san Giuseppe? A dire il vero non granché, se ci atteniamo a ciò che di lui  dicono i Vangeli. San Marco non ne dice nulla; san Giovanni lo cita solamente due volte: Gv 1,45; 6,42. E pur vero, comunque, che questi due Evangelisti posizionano il loro racconto, dopo un Prologo, allinizio della vita pubblica di Gesù. Matteo e Luca, che ci parlano dellinfanzia del Signore, sono dunque le fonti privilegiate, anche se le 25 citazioni di san Luca e le 17 menzioni di san Matteo non ci forniscono dettagli. Si ignora anzitutto il luogo e la sua data di nascita e nessuna parola di Giuseppe ci è trasmessa esplicitamente. Pur tuttavia, quei pochi versetti che ci parlano di lui, ci fanno scoprire luomo di fiducia del Padre Onnipotente che gli affida il suo unico Figlio e Colei da cui tale Figlio ha preso carne: Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù (Mt 1, 16).
Nel disegno di Dio, dunque, il nome di Giuseppe è indissolubilmente unito, nel tempo e nelleternità, a quello di Maria e di Gesù. Ancor più di quello di san Giovanni Battista, che pure annuncia lAgnello di Dio, perché Giuseppe è il servo silenzioso della Parola che si cela dietro la sua missione, con la quale fa corpo finanche nel nome. Giuseppe significa quello che fa crescere e che veglia sulla crescita del Figlio di Dio. Ed egli lo farà in una rinuncia esemplare tale, che la sobrietà dei racconti matteani dellinfanzia di Cristo riescono a rendere molto meglio di tutti i commenti teologici.
Dopo Maria, san Giuseppe è probabilmente il più grande santo del cielo ed anche per questo, insieme a San Michele, è stato scelto come patrono della Chiesa universale. San Gregorio di Nazianzio così scriveva di lui: Il Signore ha riunito in Giuseppe, come in un sole, tutte le prerogative e tutto ciò che i santi hanno insieme di luce e di splendore. Nessun dubbio, inoltre, che san Giuseppe abbia ricevuto tutte le grazie necessarie per esercitare questa paternità unica che costituisce la sua particolare missione, tanto che noi siamo in diritto di pensare che, tra i figli degli uomini, e certamente dopo Cristo, egli è quello nel quale il Padre si è meglio riflesso.
Lungo tutta la storia della Chiesa, da santIreneo, santEfrem, san Basilio fino a san Francesco di Sales, santa Teresa dAvila, san Vincenzo de' Paoli, passando per santAgostino, san Bernardo e tanti altri, tutti hanno attinto ispirazione dallumile carpentiere, diventato lombra del Padre divino, in virtù della sua missione unica nel mistero dellIncarnazione. Ed i papi stessi non sono tra gli ultimi a cantare le glorie di san Giuseppe! Da Pio IX a Benedetto XVI, passando per Giovanni XXIII, Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, per citare solamente i più vicini a noi, essi confidavano sullintimità della loro relazione col Protettore della Chiesa universale e questo perché, come Maria continua, nel cuore della Chiesa, il suo ministero materno di partorire luomo nuovo, così san Giuseppe continua a vegliare sulla crescita del Corpo mistico di Colui su cui ricevette autorità paterna.
In questo  secolo ventunesimo in cui la nostra civiltà occidentale vive una profonda crisi di paternità, che scuote fino alle fondamenta la nostra società, nel momento in cui gli psicologi, i sociologici e gli altri cultori delle scienze umane cercano nuovi modelli di paternità, faremmo bene a volgere i nostri sguardi ed i nostri cuori verso colui che incarnò, nel cuore del mondo, quella paternità divina da cui proviene ogni altra paternità in cielo e sulla terra (cf. Ef 3, 15).
Perché non seguire dunque lesempio del Papa buono,  il beato Giovanni XXIII, che confessava in tutta semplicità: San Giuseppe lo amo molto, a tal punto che non posso cominciare la mia giornata, né finirla, senza che la mia prima parola ed il mio ultimo pensiero non siano per lui. E  proprio di papa Giovanni XXIII riportiamo una semplice preghiera al patrono dei lavoratori:


 A SAN GIUSEPPE LAVORATORE

O glorioso San Giuseppe,
ricorda a tutti i lavoratori
che nei campi , nelle officine , nelle miniere,
nei laboratori della scienza,
non sono soli a operare, gioire e soffrire,
ma che accanto ad essi c’è Gesù,
con Maria, Madre sua e nostra,
a sostenerli, a tergerne il sudore,
a impreziosire le fatiche.
Insegna loro a fare del lavoro, come tu  hai fatto,
Uno strumento altissimo di santificazione.

[Discorso alle Acli, 1° maggio 1959]