sabato 23 marzo 2013

Confessione e psicanalisi




Ai sette sacramenti istituiti da Cristo appartiene la riconciliazione del peccatore pentito che riceve il perdono divino mediante il ministero della Chiesa, che ha assunto diverse modalità nel variare dei tempi, la più evidente delle quali è stata il passaggio dalla forma pubblica della penitenza a quella privata. della penitenza a quella privata.
In realtà le compo-nenti essenziali del sacramento non sono mutate: il pentimento per la colpa grave, il proposito di evitarla, l’impegno di ripararla, quindi l’as-soluzione della Chiesa e la rinnova-ta e piena comunione ecclesiale. Ma se questi sono i termini del sacramento, il suo esercizio, specialmente con la penitenza privata, ha portato con il ministro del sacra-mento un tipo di rapporto non ri-ducibile alla semplice assoluzione preceduta dalla confessione. Facil-mente l’ambito della confessione se-gna il luogo e l’occasione tra peni-tente e confessore di un dialogo e di un confronto preziosi e insieme estremamente delicati, rientranti d’altra parte nel compito della «cu-ra d’anime», per usare l’e s p re s s i o n e della Regula pastoralis di Gregorio Magno, che definisce «la guida del-le anime» «l’arte delle arti» (I, 1). Senza dubbio, la riconciliazione sacramentale non va confusa con una seduta psicanalitica, così come va nettamente distinta la figura del confessore rispetto a quella dello psicologo. Il primo è chiamato a es-sere il ministro della grazia divina per il penitente; il secondo si pro-pone di guarire lo spirito malato di un paziente. Com’è noto, la tradizione cristia-na e non solo cristiana conosce la figura della guida spirituale. Una volta si parlava di “direttore ”spirituale; oggi sembra sia diventato af-fatto sconveniente parlare di diret-tore, perché equivarrebbe ad am-mettere una specie di dominio che compromette dall’esterno la libertà all’anima. È senza dubbio possibile un’ingerenza indebita e si può an-che riconoscere che questo sia avve-nuto; in ogni caso, il pensiero va non solo ai grandi direttori e mae-stri di spirito che hanno illustrato la storia della Chiesa, che furono gui-de sapienti di anime eccezionali, ma anche ai tanti illuminati confessori che hanno indirizzato e sostenuto il cammino interiore di numerosi fe-deli. Anche al riguardo, vanno chia-ramente distinti il ministero dell’as-soluzione della colpa e il carisma della direzione spirituale. E, d’altra parte, lo stesso incontro sacramentale si accompa-gna normalmente nel confes-sore all’esercizio di alcune delle opere di misericordia spirituale, come il consiglio, l’insegnamento, l’ammoni-zione, il conforto, miranti a rinfrancare e a illuminare il penitente, e con cui, per usare ancora le parole di Gregorio Magno, si assolve l’impegno della «cura delle anime». Ma a questo punto appare chiaro che, se per l’assolu-zione basta che il confessore ne abbia la facoltà, per que-sta cura d’anime occorre che egli sia provveduto di un corredo di capacità e di doti che non s’improvvisano e che possiamo ravvisare nella maturità di giudizio, nella prudenza, nella preparazione dottrinale, nella discrezione, nell’affidabilità, nel senso di responsabilità, e anche nella pazienza, che sa attendere e che si guarda dal caricare il penitente di un peso che al momento non potrebbe portare. O vviamente, senza ce-dere per ciò a nessuna forma di relativismo dottrinale. Il farlo sarebbe un inganno per la coscienza del penitente stesso. Vien da dire, allora, che non è sufficiente la santità personale. Secondo san Tommaso, quando si tratta di affidare la prelatura, non si deve considerare unicamente la santità: «È possibile, egli scrive, che a colui che è più perfetto riguardo alla carità, manchino diverse qualità che sono invece richieste perché si sia dei prelati idonei, e che si trovano invece in chi possiede minor carità, come la scienza, l’op erosità, l’energia, e altre doti del genere» (Quaestiones quodlibetales, 4, c). Analogamente si può dire di chi, nel ministero del perdono, si fa gui-da con l’esercizio delle opere di misericordia spirituale. Da qui la necessità di un’accurata e seria formazione, e forse selezione, della figura del confessore, perché sia in grado di edificare la co-munità cristiana, certo fermo restante che l’insostituibile maestro interiore delle anime è pur sempre lo Spirito Santo. (Inos Biffi)

(©L'Osservatore Romano 23 marzo 2013)