lunedì 19 novembre 2012

V. S. Soloviev: "Il racconto dell'anticristo"


Chiesa sinistrata: "L'anticristo" di Vladimir Soloviev

 Durante l'Angelus di ieri il Papa ha commentato una parte del discorso di Gesù sugli ultimi tempi, in termine tecnico «escatologico»  (cfr Mc 13,24-32). Approssimandoci infatti alla fine dell'Anno Liturgico, siamo sollecitati a pensare alla seconda venuta del Figlio dell'Uomo, tecnicamente la "Parusia". Su questo tema tanto inchiostro è stato versato, molto spesso senza alcuna cognizione di causa o con intenti più o meno manifestamente commerciali (i "Testimoni di Geova"!!!); qualche volta però il genio del cristianesimo ha prodotto delle opere davvero pregevoli, addirittura profetiche. E' questo il caso di due opere famosissime, di cui propongo la (ri-)lettura in questo tempo. La seconda (per la prima vedi il post precedente) è il celeberrimo "Racconto dell'Anticristo" di V. S. Soloviev., che ha anche ispirato il Cardinal Biffi per una meditazione davanti al Santo Padre (v. infra in questo post) (*). Buona lettura!

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(*): Vedi anche per il testo del libro del Cardinal Biffi:
01 Nov 2012
Gli esercizi per la Quaresima 2007, guidati dall'arcivescovo emerito di Bologna - e già predicatore in Vaticano nel 1989 - Giacomo Biffi, hanno avuto come filo conduttore l'invito di San Paolo a pensare «alle cose di lassù» ...


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Quando Vladimir Sergeevic Soloviev (*)(1853-1900) diede alle stampe «Il racconto dell'Anticristo» nel febbraio del 1899, solo un anno prima della sua morte, il pubblico rimase alquanto perplesso. Tuttavia, il grande pensatore russo descrive con perspicacia la raffigurazione dell'Anticristo: personaggio affascinante, convinto uomo di spirito, ammirevole filantropo, pacifista impegnato, vegetariano ed animalista determinato.

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(*): VLADIMIR SERGEEVIC SOLOV’ËV nasce a Mosca il 16 gennaio 1853. Poeta, scrittore, filosofo e critico letterario, è considerato il più grande filosofo russo e l’“Origene dei tempi moderni”. “I tre dialoghi e il breve racconto dell’Anticristo” (di cui si parla in questa pagina) è il suo testamento spirituale dato alle stampe l’anno della morte (1900). Studioso dei Padri della chiesa e delle scienze occulte, delle teologie orientali e dei sistemi di tipo gnostico, Solov’ëv per Hans Urs von Balthasar è “autore della più universale creazione speculativa dell’età moderna, il pensatore che può essere considerato, accanto a Tommaso d’Aquino, come il più grande artefice di ordine e di organizzazione nella storia del pensiero”.
Sull’anticristo e sul romanzo di Solov’ëv, il Cardinale Biffi aveva già svolto una dettagliata relazione il 4 marzo del 2000 in una conferenza organizzata dal centro Culturale E. Manfredini e dalla Fondazione Russia Cristiana. Il testo del suo intervento è stato poi riportato per intero nel libro “Pinocchio, Peppone, l’Anticristo” (Cantagalli 2005). In quell’intervento Ricordando le parole profetiche del filosofo russo, il Cardinale di Bologna aveva detto: “Soprattutto è stupefacente la perspicacia con cui (Solovev) descrive la grande crisi che colpirà il cristianesimo negli ultimi decenni del Novecento, crisi che Soloviev vede come l'Anticristo che riesce a influenzare e a condizionare un pò tutti, quasi emblema, ipostatizzazione della religiosità confusa e ambigua di questi nostri anni. L'Anticristo un sarà 'convinto spiritualista', un ammirevole filantropo, un pacifista impegnato e solerte, un vegetariano osservante, un animalista determinato e attivo”. E ancora, ironizzava il Cardinale Biffi, quell'Anticristo sarà “anche un esperto esegeta: la sua cultura biblica gli propizierà addirittura una laurea honoris causa a Tubinga. Soprattutto, si dimostrerà un eccellente ecumenista, capace di dialogare 'con parole piene di dolcezza, saggezza ed eloquenza'".
Ma chi è l'Anticristo? Una potenza politica, religiosa, una persona influente? Non lo sappiamo, però siamo chiamati alla continua vigilanza. In tutto il Nuovo Testamento vi sono continui riferimenti alla figura dell'Anticristo e della sua incessante azione nel mondo per allontanare i Figli di Dio da Dio. Nella Seconda Lettera ai Tessaolnicesi, così l'Apostolo San Paolo descrive la figura dell'Anticristo: «Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l'apostasia e dovrà esser rivelato l'uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio. Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, venivo dicendo queste cose? E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che avverrà nella sua ora. Il mistero dell'iniquità è gia in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. Solo allora sarà rivelato l'empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all'apparire della sua venuta, l'iniquo, la cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri, e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l'amore della verità per essere salvi. E per questo Dio invia loro una potenza d'inganno perché essi credano alla menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all'iniquità». (2Ts 2, 3-12) L'apostolo Giovanni, nella sua Prima Lettera e nell'Apocalisse, riferendosi all'Anticristo lo descrive come colui che non riconosce che Gesù Cristo è Figlio di Dio negandone la divinità: «Chi è il menzognero se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L'anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio». (1Gv 2,22)
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L’ammonimento profetico di Vladimir S. Soloviev

Meditazione tenuta il 27 febbraio 2007 dell'arcivescovo emerito di Bologna Card. Giacomo Biffi durante gli Esercizi Spirituali quaresimali alla Curia romana e a Papa Benedetto XVI e pubblicata sul quotidiano "Il Foglio" del 15 marzo 2007.
Alla fine del secolo XIX la mentalità più diffusa prevedeva per il secolo che stava per iniziare un avvenire di progresso, di prosperità, di pace. Già Victor Hugo, sul finire dell’Ottocento, aveva profetizzato: “Questo secolo è stato grande, il prossimo secolo sarà felice”.
1. Solov’ëv non si lascia contagiare da tanto laicistico candore e, nella sua ultima opera, “I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo”, datata alla Pasqua del 1900, pochi mesi prima di morire, prevede che il secolo XX sarà contrassegnato da grandi guerre, da grandi rivoluzioni cruente, da grandi lotte civili. Sul finire del secolo, i popoli europei – persuasi dei gravi danni derivati dalle loro rivalità – daranno origine, egli dice, agli Stati Uniti d’Europa “Ma… i problemi della vita e della morte, del destino finale del mondo e dell’uomo, resi più complicati e intricati da una valanga di ricerche e di scoperte nuove nel campo fisiologico e psicologico, rimangono come per l’addietro senza soluzione. Viene in luce soltanto un unico risultato importante, ma di carattere negativo: il completo fallimento del materialismo teoretico”. Ciò non comporterà però l’estendersi e l’irrobustirsi della fede. Al contrario, l’incredulità sarà dilagante. Sicché, alla fine si profila per la civiltà europea una situazione che potremmo definire di vuoto. In questo vuoto appunto emerge e si afferma la presenza e l’azione dell’Anticristo.
2. Più che la vicenda immaginata da Solov’ëv – nella quale l’Anticristo prima viene eletto presidente degli Stati Uniti d’Europa, poi è acclamato imperatore romano, si impadronisce del mondo intero, e alla fine si impone anche alla vita e all’organizzazione delle Chiese – mette conto di richiamare le caratteristiche che sono qui attribuite a questo personaggio. Era – dice Solov’ëv – “un convinto spiritualista”. Credeva nel bene e perfino in Dio, “ma non amava che se stesso”. Era un asceta, uno studioso, un filantropo. Dava “altissime dimostrazioni di moderazione, di disinteresse e di attiva beneficenza”. Nella sua prima giovinezza si era segnalato come dotto e acuto esegeta: una sua voluminosa opera di critica biblica gli aveva propiziato una laurea ad honorem da parte dell’Università di Tubinga. Ma il libro che gli ha procurato fama e consenso universali porta il titolo: “La via aperta verso la pace e la prosperità universale”, dove “si uniscono il nobile rispetto per le tradizioni e i simboli antichi con un vasto e audace radicalismo di esigenze e direttive sociali e politiche, una sconfinata libertà di pensiero con la più profonda comprensione di tutto ciò che è mistico, l’assoluto individualismo con un’ardente dedizione al bene comune, il più elevato idealismo in fatto di principi direttivi con la precisione completa e la vitalità delle soluzioni pratiche”. E’ vero che alcuni uomini di fede si domandavano perché non vi fosse nominato nemmeno una volta il nome di Cristo; ma altri ribattevano: “Dal momento che il contenuto del libro è permeato dal vero spirito cristiano, dall’amore attivo e dalla benevolenza universale, che volete di più?”. D’altronde, egli “non aveva per Cristo un’ostilità di principio”. Anzi ne apprezzava la retta intenzione e l’altissimo insegnamento. Tre cose di Gesù, però, gli riuscivano inaccettabili. Prima di tutto le sue preoccupazioni morali. “Il Cristo – affermava – col suo moralismo ha diviso gli uomini secondo il bene e il male, mentre io li unirò coi benefici che sono ugualmente necessari ai buoni e ai cattivi”. Poi non gli andava “la sua assoluta unicità”. Egli è uno dei tanti; o meglio – diceva tra sé – è stato il mio precursore, perché il salvatore perfetto e definitivo sono io, che ho purificato il suo messaggio da ciò che è inaccettabile all’uomo di oggi. Soprattutto, non poteva sopportare il fatto che Cristo fosse vivo, tanto che istericamente si ripeteva: “Lui non è tra i vivi e non lo sarà mai. Non è risorto, non è risorto, non è risorto! È marcito, è marcito nel sepolcro…”.
3. Ma dove l’esposizione di Solov’ëv si dimostra particolarmente originale e sorprendente – e merita la più approfondita riflessione – è nell’attribuzione all’Anticristo delle qualifiche di pacifista, di ecologista, di ecumenista.
I. Già s’è visto che la pace e la prosperità sono gli argomenti del capolavoro letterario del nostro eroe. Ma sono idee che egli riuscirà anche ad attuare. Nel secondo anno di regno, come imperatore romano e universale, potrà emettere il proclama: “Popoli della terra! Io vi ho promesso la pace e io ve l’ho data”. E proprio a questo proposito matura in lui la coscienza della sua superiorità sul Figlio di Dio: “Il Cristo ha portato la spada, io porterò la pace”. A ben capire il pensiero di Solov’ëv su questo punto, gioverà citare quanto egli dice nel terzo dialogo per bocca del Signor Z., l’interlocutore che rappresenta l’autore: “Cristo è venuto a portare sulla terra la verità, ed essa, come il bene, innanzitutto divide”. “C’è dunque – dice Solov’ëv – la pace buona, la pace cristiana, basata su quella divisione che Cristo è venuto a portare sulla terra precisamente con la separazione tra il bene e il male, tra la verità e la menzogna; e c’è la pace cattiva, la pace del mondo, fondata sulla mescolanza o unione esteriore di ciò che interiormente è in guerra con se stesso”. Quanto al pensiero sulla guerra nel senso più comune e ovvio del termine, ricordiamo che il primo dei tre dialoghi solovëviani è tutto dedicato alla critica del pacifismo tolstojano e della dottrina della non-violenza. La guerra – vi si afferma – è certamente un male, ma bisogna riconoscere che, sia nella vita dei singoli sia in quella delle nazioni, si danno situazioni in cui alla violenza malvagia non basta rispondere con gli ammonimenti e le buone parole. Possiamo dire che, secondo Solov’ëv, mentre gli ideali di pace e di fraternità sono valori cristiani indiscutibili e vincolanti, tali non possono essere ritenuti il pacifismo e la teoria della non-violenza che finiscono col risolversi troppo spesso in una resa sociale alla prevaricazione e in un abbandono senza difesa dei piccoli e dei deboli alla mercé degli iniqui e dei prepotenti.
II. L’Anticristo sarà poi anche un ecologista o almeno un animalista. Sono termini moderni che ovviamente Solov’ëv non usa; ma la sua descrizione è abbastanza chiara: “Il nuovo padrone della terra – egli precisa – era anzitutto un filantropo, pieno di compassione, non solo amico degli uomini ma anche amico degli animali. Personalmente era vegetariano, proibì la vivisezione e sottopose i mattatoi a una severa sorveglianza; le società protettrici degli animali furono da lui incoraggiate in tutti i modi”.
III. L’Anticristo infine si dimostrerà un eccellente ecumenista, capace di dialogare “con parole piene di dolcezza, saggezza ed eloquenza”. Convocherà i rappresentanti di tutte le confessioni cristiane a “un concilio ecumenico da tenere sotto la sua presidenza”. La sua azione mirerà a cercare il consenso di tutti attraverso la concessione dei favori concretamente più apprezzati. “Se non siete capaci di mettervi d’accordo tra voi – dirà ai convenuti dell’assise ecumenica – spero di mettere d’accordo io tutte le parti, dimostrando a tutti il medesimo amore e la medesima sollecitudine per soddisfare la vera aspirazione di ciascuno”. Attuerà praticamente questo disegno, ridonando ai cattolici il potere temporale del Papa, erigendo per gli ortodossi un istituto per la raccolta e la custodia di tutti i preziosi cimeli liturgici della tradizione orientale, creando a vantaggio dei protestanti un centro di libera ricerca biblica lautamente finanziato. È un ecumenismo esteriore e “quantitativo”, che gli riuscirà quasi perfettamente: le masse dei cristiani entreranno nel suo gioco. Soltanto un gruppetto di cattolici con a capo il Papa Pietro II, un esiguo numero di ortodossi guidati dallo staretz Giovanni e alcuni protestanti che si esprimono per bocca del professor Pauli resisteranno al fascino dell’Anticristo. Costoro arriveranno ad attuare l’ecumenismo della verità, radunandosi in un’unica Chiesa e riconoscendo il primato di Pietro. Ma sarà un ecumenismo “escatologico”, realizzato quando ormai la storia è pervenuta alla sua conclusione: “Così – racconta Solov’ëv – si compì l’unione delle Chiese nel cuore di una notte oscura su un’altura solitaria. Ma l’oscurità della notte venne a un tratto squarciata da un vivido splendore e in cielo apparve un grande segno: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle”.
4. Qual è allora l’“ammonimento profetico” che arriva ai nostri tempi da questa specie di parabola del grande filosofo russo? Verranno giorni, ci dice Solov’ëv, quando nella cristianità si tenderà a risolvere il fatto salvifico, che non può essere accolto se non nell’atto difficile, coraggioso, concreto e razionale della fede, in una serie di “valori” facilmente esitabili sui mercati mondani. Da questo rischio dobbiamo guardarci. Anche se un cristianesimo che parlasse solo di “valori” largamente condivisibili ci renderebbe infinitamente più accettabili nei salotti, nelle aggregazioni sociali e politiche, nelle trasmissioni televisive, non possiamo e non dobbiamo rinunciare al cristianesimo “di Gesù Cristo”, il cristianesimo che ha al suo centro lo “scandalo” della croce e la realtà sconvolgente della risurrezione del Signore. Questo pericolo – vorrei aggiungere – nella società dei nostri tempi non è puramente ipotetico. Don Divo Barsotti ha detto una parola tremenda, ma di attualità incontestabile: in molte proposte, in molte iniziative, in molti discorsi delle nostre comunità – egli afferma – Gesù Cristo è una scusa per parlare d’altro. Il Figlio di Dio crocifisso e risorto, unico Salvatore dell’uomo, non è “traducibile” in una serie di buoni progetti e di buone ispirazioni, omologabili con la mentalità mondana dominante. E’ una “pietra”, come egli ha chiaramente detto di sé – e come noi raramente abbiamo il coraggio di ripetere –: su questa “pietra”, o (affidandosi) si costruisce o (contrapponendosi) ci si va a schiantare: “Chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà” (Mt 21,44).
5. Qualche chiarificazione a questo punto si impone. È indubitabile che il cristianesimo sia prima di ogni altra cosa “avvenimento”; ma è altrettanto indubitabile che questo avvenimento propone e sostiene dei “valori” irrinunciabili. Certo non si può, per amore di dialogo, sciogliere il fatto cristiano in una serie di valori condivisibili dai più; ma non si può neppure disistimare i valori autentici, quasi fossero qualcosa di trascurabile. Occorre dunque un discernimento. Ci sono dei valori assoluti – o, come dicono i filosofi, trascendentali –: tali sono, ad esempio, il vero, il bene, il bello. Chi li percepisce e li onora e li ama, percepisce, onora, ama Gesù Cristo, anche se non lo sa e magari si crede anche ateo, perché nell’essere profondo delle cose Cristo è la verità, la giustizia, la bellezza. Ci sono valori relativi (o categoriali), come il culto della solidarietà, l’amore per la pace, il rispetto per la natura, l’atteggiamento di dialogo eccetera. Questi meritano un giudizio più articolato, che preservi la riflessione da ogni ambiguità. Solidarietà, pace, natura, dialogo possono diventare nel non cristiano le occasioni concrete di un approccio iniziale e informale a Cristo e al suo mistero. Ma se nella sua attenzione essi si assolutizzano fino a svellersi del tutto dalla loro oggettiva radice o, peggio, fino a contrapporsi all’annuncio del fatto salvifico, allora diventano istigazioni all’idolatria e ostacoli sulla strada della salvezza. Allo stesso modo, nel cristiano, questi stessi valori – solidarietà, pace, natura, dialogo – possono offrire preziosi impulsi all’inveramento di una totale e appassionata adesione a Gesù, Signore dell’universo e della storia; è, per esempio, il caso di san Francesco d’Assisi. Ma se il cristiano, per amore di apertura al mondo e di buon vicinato con tutti, quasi senza avvedersene stempera sostanzialmente il fatto salvifico nella esaltazione e nel conseguimento di questi traguardi secondari, allora egli si preclude la connessione personale col Figlio di Dio crocifisso e risorto, consuma a poco a poco il peccato di apostasia, si ritrova alla fine dalla parte dell’Anticristo.
6. Nella prefazione a “I tre dialoghi” Solov’ëv racconta che, ai suoi tempi, in qualche governatorato della Russia aveva cominciato a diffondersi una nuova religione, che aveva estremamente semplificato la sua attività di culto. I suoi adepti “dopo aver praticato in qualche angolo buio nella parete dell’isba un buco di media grandezza… applicavano ad esso le labbra e ripetevano molte volte con insistenza: isba mia, buco mio, salvatemi!”. In questa incredibile aberrazione – nota Solov’ëv – c’era almeno il pregio di un uso corretto dei termini: “l’isba la chiamavano isba e il buco… lo chiamavano buco”. Nel nostro mondo c’è invece di peggio, continua implacabilmente il filosofo. “L’uomo ha perduto l’antica schiettezza. La sua isba ha ricevuto la denominazione di “regno di Dio in terra”; quanto al buco, si è cominciato a chiamarlo ‘nuovo vangelo’”. (Qui la polemica con Tolstoj è scoperta e addirittura feroce). Ma il cristianesimo senza Cristo e senza la buona notizia di una reale e personale risurrezione “è poi la stessa cosa di uno spazio vuoto, come un semplice buco, praticato in una isba di contadini”. In conclusione, a me pare che anche e soprattutto oggi siamo alle prese con la cultura della pura e semplice “apertura”, della libertà senza contenuti, del niente esistenziale. Questa è la più grande tragedia del nostro tempo. Ma la tragedia diventa ancora più grande quando a questo “niente”, a queste “aperture”, a questi “buchi” si attribuisce per amore di dialogo qualche ingannevole etichetta cristiana. Fuori di Cristo – persona concreta, realtà viva, avvenimento – c’è solo il “vuoto” dell’uomo e la sua disperazione. In Cristo, che è il plèroma del Padre, l’uomo trova la sua pienezza e la sua sola speranza.

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 Vladimir Sergeevic SOLOVIEV
Il racconto dell'anticristo (1900)


Il Signor Z. (legge)C'era in questo tempo, tra i credenti spiritualisti, un uomo ragguardevole -molti lo chiamavano superuomo -, il quale era lontano dall'infanzia della mentee dall'infanzia del cuore. Egli era ancor giovane, ma grazie al suo genioeccelso a trentatré anni godeva fama di grande pensatore, di scrittore e diriformatore sociale. Cosciente di possedere in sé una grande forza spirituale,era sempre stato un convinto spiritualista e la sua vivida intelligenza gliaveva sempre indicato la verità di ciò a cui si deve credere: il bene. Dio, ilMessia. Egli credeva in ciò, ma non amava che se stesso. Credeva in Dio, ma nelfondo dell'anima involontariamente e senza rendersene conto preferiva se stessoa Lui. Credeva nel Bene, ma l'Occhio dell'Eternità, che vede tutto, sapeva chequest'uomo si sarebbe inchinato davanti alla potenza del male, appena appenaquesta riuscisse a corromperlo, non con l'inganno dei sentimenti e delle bassepassioni e nemmeno con la suprema attrattiva del potere, ma solleticando il suosmisurato amor proprio. Del resto questo amor proprio non era ne un istintoincosciente ne una folle pretesa. A parte il suo talento eccezionale, la suabellezza e la sua nobiltà, anche le altissime dimostrazioni di moderazione, didisinteresse e di attiva beneficenza, parevano giustificare a sufficienza losconfinato amor proprio che nutriva per sé il grande spiritualista, l'asceta,il filantropo. Se gli si rinfacciava di essere così in abbondanza fornito didoni divini, egli vi scorgeva i segni particolari di una eccezionale benevolenzadall'alto verso di lui e si considerava come secondo dopo Dio, il figlio di Dio,unico nel suo genere. In una parola egli riconosceva in sé quelle che erano lecaratteristiche del Cristo. Ma la coscienza della sua alta dignità all'attopratico non prendeva in lui l'aspetto di un obbligo morale verso Dio e il mondo,ma piuttosto l'aspetto di un diritto e di una superiorità in rapporto aglialtri e soprattutto in rapporto al Cristo. Ma non aveva per Cristo una ostilitàdi principio. Gli riconosceva l'importanza e la dignità di Messia; però contutta sincerità vedeva in lui soltanto il suo augusto precursore. Per quellamente ottenebrata dall'amor proprio erano inconcepibili l'azione morale delCristo e la Sua assoluta unicità. Egli ragionava così: "Cristo è venutoprima di me; io mi manifesto per secondo, ma ciò che viene dopo in ordine ditempo, in natura è primo. Io giungo ultimo alla fine della storia precisamenteperché sono il salvatore perfetto, definitivo. Quel Cristo è il mioprecursore. La sua missione era di precedere e preparare la miaapparizione". E in base a quest'idea, il grande uomo del secolo XXIapplicava a se tutto ciò che è detto nel Vangelo circa il secondo avvento,spiegando questo avvento non come il ritorno di Cristo stesso, ma come lasostituzione del Cristo precursore col Cristo definitivo, cioè se  stesso.
In questo stadio «l'uomo del futuro» si presenta ancora in modo ben definito eoriginale. Considerava il suo rapporto con Cristo alla stessa guisa di Maometto,un uomo retto che non si può accusare di nessuna cattiva intenzione.

     La preferenza piena di amor proprio, che egli fa di sestesso nei confronti del Cristo, verrà giustificata da quest'uomo con unragionamento di questo genere: «Il Cristo è stato il riformatore dell'umanità,predicando e manifestando il bene morale nella sua vita, io invece sono chiamatoad essere il benefattore di questa umanità,  in parte emendata e in parteincorreggibile. Darò a tutti gli uomini ciò che è loro necessario. Il Cristo,come moralista ha diviso gli uomini secondo il bene e il male, mentre io li uniròcon i benefici che sono ugualmente necessari ai buoni e ai cattivi. Sarò ilvero rappresentante di quel Dio che fa sorgere il suo sole e per buoni e per icattivi e distribuisce la pioggia sui giusti e sugli ingiusti. Il Cristo haportato la spada, io porterò la pace. Egli ha minacciato alla terra ilterribile ultimo giudizio. Però l'ultimo giudizio  sarò io e il miogiudizio non sarà solo un giudizio di giustizia ma anche un giudizio diclemenza. Ci sarà anche la giustizia ma non una giustizia compensatrice bensìuna giustizia distributiva. Opererò una distinzione fra tutti e a ciascuno daròciò che gli è necessario.

     E in questa magnifica disposizione, egli attende unchiaro appello di Dio che lo chiami all'opera della nuova salvezza dell'umanità,una testimonianza palese e sorprendente che lo dichiari il figlio maggiore, ilprimogenito diletto da Dio. Attende e nutre il suo amor proprio con la coscienzadelle proprie virtù e delle proprie doti sovraumane; infatti egli è, come sidice, un uomo di una moralità irreprensibile e di un genio straordinario.

     Questo giusto, pieno di orgoglio, attende la supremasanzione per cominciare la propria missione che porterà alla salvezza dell'umanità, ma è stanco di aspettare. Ha già compiuto trent'anni e altri treanni trascorrono. Ed ecco gli balena nella mente un pensiero e con un brividoardente gli penetra fino al midollo delle ossa: «E se?... E se non fossi io, maquell'altro... Il Galileo... S'egli non fosse il mio precursore, ma il veroprimo ed ultimo? Però in tal caso dovrebbe essere vivente... Dov'è dunqueLui?... Se a un tratto mi venisse incontro... in questo momento, qui... Che Glidirei? Dovrei inchinarmi davanti a lui come l'ultimo cristiano scimunito eborbottare stupidamente come un qualsiasi cittadino russo: "Signore GesùCristo abbi pietà di me peccatore", oppure prostrarmi a terra come unadonnetta polacca? Io che sono un genio luminoso, il superuomo. No, mai! ». E aquesto punto al posto dell'antico ragionevole e freddo rispetto per Dio e per ilCristo, germoglia e si sviluppa nel suo cuore dapprima una specie di timore epoi l'invidia ardente che opprime e contrae tutto il suo essere; infine l'odiofurioso si impadronisce della sua anima. «Sono io, io, non Lui! Lui non è trai viventi e non lo sarà mai. Non è risorto, non è risorto, non è risorto! Èmarcito, è marcito nel sepolcro, come l'ultima...».

     Con la schiuma alla bocca, a balzi convulsi, si lanciafuori dalla sua casa e dal suo giardino e fugge nella notte fonda e buia per unsentiero roccioso... Si placa il suo furore e ad esso succede una disperazionearida e pesante come quelle rocce, oscura come quella notte. S'arresta sull'orlodi un precipizio che cade a picco e ode di lontano il confuso fragore di untorrente che scorre in basso fra le rocce. Un'angoscia intollerabile gli opprimeil cuore. A un tratto qualcosa si agita dentro di lui. «Lo chiamerò perchiedergli ciò che debbo fare?». E nell'oscurità gli appare un volto dolce etriste. «Egli ha compassione di me... No, mai! Non è risorto, non è risorto!». E si getta nell'abisso. Ma qualche cosa di elastico come una colonnad'acqua, lo trattiene sospeso nell'aria, egli si sente sconvolto come da unascossa elettrica, e una forza arcana lo ributta indietro. Per un istante perdela conoscenza e si risveglia, in ginocchio a qualche passo dal precipizio.Davanti a lui si stagliava una figura avvolta in un nebuloso nimbo fosforescentee due occhi gli trapassavano l'anima con un sottile insopportabile bagliore...

     Vede quei due occhi penetranti e senza darsi conto seprovenga dal suo intimo o dall'esterno ode una strana voce sorda, perfettamentecontenuta e nello stesso tempo netta, metallica e priva affatto di anima comequella di un fonografo. E questa voce gli dice: «Mio amato figlio, in te èriposto tutto il mio affetto... Perché non sei ricorso a me? Perché haionorato l'altro, il cattivo e il padre suo! Io sono dio e padre tuo. Ma quelmendicante, il crocifisso è estraneo a me e a te. Non ho altri figliall'infuori di te. Tu sei l'unico, il solo generato, uguale a me. Io ti amo enon esigo nulla da te. Così tu sei bello, grande, possente. Compi la tua operanel tuo nome e non nel mio. Io non provo invidia nei tuoi confronti.
Ti amo e non richiedo nulla da parte tua. L'altro, colui che tu consideravi comedio, ha preteso dal suo figlio obbedienza e una obbedienza illimitata fino allamorte di croce e sulla croce lui non lo ha soccorso. Io non esigo nulla da te,ma parimenti ti aiuterò. Per amor tuo, per il tuo merito, per la tua eccellenzae per il mio amore puro e disinteressato verso di te, io ti aiuterò. Ricevi ilmio spirito. Come prima il mio spirito ti ha generato nella bellezza, così orati genera nella forza». A queste parole dello sconosciuto, le labbra delsuperuomo si sono involontariamente socchiuse, due occhi penetranti si sonoaccostati vicinissimi al suo volto ed ha provato la sensazione come se un gettopungente e ghiacciato penetrasse in lui e riempisse tutto il suo essere. E nelmedesimo tempo si è sentito pervaso da una forza inaudita, da un vigore, da unaagilità e da un entusiasmo mai provati. In quello stesso istante sono scomparsia un tratto il fantasma luminoso e i due occhi e qualcosa ha sollevato ilsuperuomo sopra la terra e d'un colpo lo ha deposto nel suo giardino.

     Il giorno dopo, non solo i visitatori del grande uomo,ma perfino i servitori furono stupiti per il suo aspetto particolare, quasiispirato. Ma sarebbero rimasti ancora più colpiti se avessero potuto vedere conquale rapidità e facilità soprannaturali, rinchiuso nel suo studio, egliscriveva la sua celebre opera La via aperta verso la pace e la prosperitàuniversale.

     I precedenti libri e l'azione sociale del superuomoavevano incontrato dei severi critici, ancorché essi fossero per la maggiorparte soprattutto religiosi e perciò privi di qualsiasi autorità; infattiquello di cui parlo è il tempo dell'Anticristo. E così, pochi erano staticoloro che avevano potuto ascoltare questi critici, quando indicavano in tuttigli scritti e in tutti i discorsi «dell'uomo del futuro» i segni di un amorproprio assolutamente intenso ed eccezionale ed esprimevano dubbi di fronteall'assenza di una vera semplicità, di rettitudine e di bontà di cuore.
Ma con questa sua nuova opera egli riuscì adattirare a sé perfino alcuni che in precedenza erano stati suoi critici edavversari. Questo libro, scritto dopo l'avventura dell'abisso, manifesta in luila potenza di un genio senza precedenti. È qualcosa che abbraccia insieme emette d'accordo tutte le contraddizioni. Vi si uniscono il nobile rispetto perle tradizioni e i simboli antichi con un vaste e audace radicalismo di esigenzee direttive sociali e politiche, uni sconfinata libertà di pensiero con la piùprofonda comprensione di tutto ciò che è mistico, l'assoluto individualismocon una ardente dedizione al bene comune, il più elevato idealismo in fatte diprincipi direttivi con la precisione completa e la vitalità delle soluzionipratiche. Tutto questo risultava così unito e legato insieme con tale genialitàd'arte che ogni singolo pensatore, ogni uomo d'azione, poteva facilmentescorgere ed accettare l'insieme soltanto sotto l'angolo particolare del propriopersonale punto di vista. E questo senza nulla sacrificare della verità in sestessa, senza elevarsi per essa effettivamente al di sopra del proprio io, senzaassolutamente rinunciare di fatto al loro esclusivismo, senza nulla correggerecirca gli errori di opinione o di tendenza, senza colmare per nulla possibililacune. Questo libro meraviglioso è subito tradotto nelle lingue di tutte lenazioni progredite e anche il alcune di quelle arretrate. Per un anno intero, intutte le parti del mondo, migliaia di giornali sono pieni zeppi della pubblicitàdegli editori e dell'entusiasmo dei critici. Edizioni economiche, col ritrattodell'autore, si diffondono a milioni di esemplari e l'intero mondo civile (aquell'epoca cioè quasi tutto il globo terrestre) si riempie della gloriadell'uomo incomparabile, grande, unico! Nessuno osa ribattere a questo libro cheappare a ciascuno come rivelazione della verità integrale. Tutto il passato viè trattato con così perfetta giustizia, tutto il presente apprezzato con tantaimparzialità, sotto tutti gli aspetti e il futuro migliore è accostato in modocosì evidente e palpabile, che ciascuno dice: «Ecco qui ciò di cui abbiamobisogno; ecco un ideale che non è utopia, ecco un progetto che non è unachimera». E il prodigioso scrittore non se lo trascina tutti, ma ognuno lotrova gradevole e in tal modo si compie la parola del Cristo.

     «Sono venuto nel nome del Padre mio e voi non miaccoglierete, un altro verrà nel suo proprio nome e voi l'accoglierete».Infatti per essere accolto bisogna essere piacevole.

     Veramente alcune pie persone, pur lodando con calore illibro, si stanno a domandare perché mai non vi sia nominato nemmeno una voltail Cristo, ma altri cristiani ribattono: «Sia lodato Iddio! Nei secoli passatitutte le cose sacre sono state rese logore da ogni sorta di zelatori senzavocazione ed ora uno scrittore profondamente religioso deve essere moltocircospetto. E visto che il contenuto del libro è permeato dal vero spiritocristiano, dall'amore attivo e dalla benevolenza universale, che volete ancora?».

     Questa risposta fa tornare l'accordo fra tutti. Pocodopo la pubblicazione della Via aperta, che fece del suo autore l'uomo piùpopolare che fosse mai comparso al mondo, si doveva tenere a Berlino l'assembleacostituente internazionale dell'Unione degli Stati Uniti d'Europa. QuestaUnione, istituita dopo una serie di guerre esterne ed interne, collegate con laliberazione dal giogo dei Mongoli e che aveva mutato in modo considerevole lacarta dell'Europa, questa Unione era esposta al pericolo di uno scontro, ora nonpiù tra le nazioni, ma tra i partiti politici e sociali. I reggitori dellapolitica generale europea, appartenenti alla potente confraternita deiframassoni, si rendevano conto della carenza di una autorità generaleesecutiva. Raggiunta al prezzo di tanta fatica, l'Unione europea era ad ogniistante sul punto di disgregarsi. Nel consiglio dell'Unione o tribunaleuniversale (Comité permanent universel) non si era raggiunta l'unanimità,perché i veri massoni, votati alla causa, non erano riusciti a impadronirsi ditutti i seggi. I membri indipendenti del Comitato stringevano fra loro degliaccordi separati e questo fatto prospettava la minaccia di una nuova guerra.Allora gli «adepti» decisero di rimettere il potere esecutivo nelle mani diuna sola persona, munita dei pieni poteri necessari. Il principale candidato eraun membro segreto dell'ordine, «l'uomo del futuro». Era l'unica personalitàche godesse di una rinomanza universale. Era per professione scienziato nel ramodella balistica e per posizione sociale un ricco capitalista; per questo avevapotuto annodare ovunque amichevoli relazioni con uomini appartenenti allafinanza e all'esercito. In altri tempi meno civili si sarebbe levata contro dilui la circostanza che la sua origine era coperta da una densa nube diincertezza. Sua madre, donna di facili costumi, era largamente nota in tutti edue gli emisferi, e troppi uomini di diverse condizioni avevano uguale motivo diritenerlo loro figlio. Queste circostanze non potevano certo avere alcunaimportanza in un secolo così progredito che perfino gli era toccato in sorte diessere l'ultimo. L'uomo del futuro fu eletto presidente a vita degliStati Uniti d'Europa con la quasi unanimità di suffragi e, quando comparve allatribuna in tutto lo splendore della sua sovrumana giovanile bellezza e della suaforza e con eloquenza ispirata espose il suo programma universale, l'assembleasedotta ed affascinata, in uno slancio di entusiasmo, decise di conferirglisenza votazione l'onore supremo: il titolo di imperatore romano. Il congresso sichiuse fra il tripudio generale e il grande eletto emanò un proclama checominciava così: «Popoli della terra! Vi do la mia pace! » e terminava conqueste parole: «Popoli della terra! Si sono compiute le promesse! L'eterna paceuniversale è assicurata! Ogni tentativo di turbarla incontrerà immediatamenteuna insuperabile resistenza. Giacché d'ora in poi c'è sulla terra una potenzacentrale più forte di tutte le altre potenze, sia prese separatamente che preseinsieme. Questa potenza, che nulla può vincere e che prevale su tutti,appartiene a me il plenipotenziario, l'eletto dell'Europa, l'imperatore di tuttele sue forze. Il diritto internazionale possiede finalmente quella sanzione chefino adesso gli mancava. E d'ora innanzi nessuna potenza oserà dire: guerra,quando io dico: pace. Popoli della terra, la pace sia con voi! ». Questomanifesto produsse l'effetto desiderato. Ovunque fuori dell'Europa, specialmentein America, sorsero dei forti partiti fautori dell'impero che costrinsero i lorogoverni ad unirsi, a condizioni diverse, con gli Stati Uniti di Europa, sottol'autorità suprema dell'imperatore romano. Qua e là in Asia e in Africarimanevano ancora delle tribù e dei sovrani indipendenti. L'imperatore, con unesercito poco numeroso, ma scelto, formato da truppe russe, tedesche, polacche,ungheresi e turche, compie una passeggiata militare dall'Asia orientale fino alMarocco e senza grande spargimento di sangue sottomette tutti i recalcitranti.In tutte le regioni di queste due parti del mondo, egli nomina dei governatori,presi tra i magnati indigeni educati all'europea e a lui devoti. In tutti ipaesi pagani, la popolazione, abbagliata ed affascinata, ne fa una divinitàsuperiore. In un anno egli fonda la monarchia universale nel senso vero eproprio della parola. I germi della guerra vengono estirpati fin dalla radice.La lega universale della pace si riunisce per l'ultima volta, pronuncia unentusiastico panegirico per il grande fondatore della pace e poi si scioglie,non avendo più ragione di esistere. Nel secondo anno di regno, l'imperatoreromano e universale emette un nuovo proclama: «Popoli della terra! Io vi hopromesso la pace e ve l'ho data. Ma la pace è bella soltanto con la prosperità.Colui che nella pace è minacciato dai mali della miseria non ha che una pacesenza gioia. Venite dunque ora a me tutti voi che avete fame e freddo che io visazierò e vi riscalderò». E poi annuncia la semplice e completa riformasociale che aveva già tracciata nel suo libro e aveva ormai affascinato tuttigli spiriti nobili e sensati. Ora grazie alla concentrazione nelle sue mani ditutte le finanze del mondo e di colossali proprietà fondiarie, egli potérealizzare questa riforma, venendo incontro ai desideri dei poveri, senzascontentare in modo sensibile i ricchi. Ciascuno cominciò a ricevere secondo lesue capacità.

     Il nuovo padrone della terra era anzitutto unfilantropo, pieno di compassione e non solo amico degli uomini, ma anche amicodegli animali. Personalmente era vegetariano, proibì la vivisezione esottopose i mattatoi a una severa sorveglianza; le società protettrici deglianimali furono da lui incoraggiate in tutti i modi. La più importante di questesue opere fu la solida instaurazione in tutta l'umanità dell'uguaglianza cherisulta essere la più essenziale: l'uguaglianza della sazietà generale. Questoevento si compì nel secondo anno del suo regno. La questione sociale,economica, fu definitivamente risolta. Ma se la sazietà costituisce il primointeresse per chi ha fame, per quelli che sono sazi sorge il desiderio diqualche cosa d'altro.

     Perfino gli animali, quando sono sazi, vogliono disolito dormire, ma anche divertirsi. Tanto più l'umanità, che sempre postpanem ha reclamato circenses.

      L'imperatore-superuomo comprende bene che cosaoccorre per le moltitudini a lui sottoposte. In quel tempo giunge in Roma a luidall'Estremo Oriente un grande operatore di miracoli, circondato da una fittanube di strane avventure e di bizzarri racconti fiabeschi.

     Questo operatore di miracoli si chiamava Apollonio; erasenza alcun dubbio un uomo di genio, metà asiatico metà europeo, vescovocattolico in partibus infidelium, riuniva in sé in modo meraviglioso ilpossesso delle conclusioni più recenti e delle applicazioni tecniche dellascienza occidentale, con la conoscenza e la capacità di servirsi di tutto ciòche è veramente fondato e importante nel misticismo dell'Oriente. Strabiliantisaranno i risultati di una combinazione di tal genere! Apollonio giunge fral'altro all'arte mezzo scientifica e mezzo magica di captare e di guidare apropria volontà l'elettricità dell'atmosfera, e fra il popolo si dice che eglifa discendere il fuoco dal cielo. Del resto, pur colpendo l'immaginazione dellafolla con svariati inauditi prodigi, non è sceso ancora ad abusare dellapropria potenza per scopi particolari. Così ecco che quest'uomo viene incontroal grande imperatore, lo saluta chiamandolo vero figlio di Dio; e gli dichiaradi aver trovato nei libri segreti dell'Oriente predizioni che designanodirettamente lui, l'imperatore, come ultimo salvatore che giudicherà l'universoe propone di mettere al suo servizio la propria persona e tutta la propria arte.Affascinato, l'imperatore lo accoglie come un dono del cielo e, dopo averlodecorato con titoli fastosi, non si separerà mai più da lui. E così i popolidella terra, colmati di benefici dal loro signore, ottengono, oltre la paceuniversale e la generale sazietà, anche la possibilità di dilettarsicostantemente con i prodigi e le apparizioni più sorprendenti. Intanto finisceil terzo anno di regno del superuomo.

     Dopo la felice soluzione del problema politico esociale, viene alla ribalta la questione religiosa. Fu lo stesso imperatore asollevarla, affrontandola anzitutto nei suoi rapporti col cristianesimo. Questaera la situazione del cristianesimo in quel tempo. Nonostante una fortissimadiminuzione del numero dei suoi fedeli - su tutto il globo terrestre nonrimanevano più di quarantacinque milioni di cristiani - esso si era elevato ereso più compatto moralmente, guadagnando in qualità ciò che aveva perduto innumero. Non si contavano ormai fra i cristiani degli individui che non avesseropiù per il cristianesimo alcun interesse spirituale. Le diverse confessionireligiose avevano subito una diminuzione abbastanza similare nel numero deifedeli, cosicché si era approssimativamente mantenuta fra di esse la stessaproporzione numerica di prima; per quanto concerne i loro sentimenti reciproci,anche se all'inimicizia non era subentrato un ravvicinamento completo, quella siera notevolmente addolcita e le opposizioni avevano perduto la loro primitivaasprezza. Il Papato da tempo era stato scacciato da Roma e dopo lungheperegrinazioni aveva trovato un asilo a Pietroburgo, alla condizione di nonsvolgere propaganda nella città e nell'interno del paese. Il Papato si eranotevolmente semplificato in Russia. Senza modificare nella sostanza il rigorosoordinamento dei suoi collegi e dei suoi uffici, aveva dovuto renderemaggiormente spirituale il carattere della loro attività e similmente ridurreal minimo la fastosità del suo rituale e delle sue cerimonie. Molte costumanzestrane ed allettanti, anche se non erano state abolite formalmente, andarono indisuso da sé. In tutti gli altri paesi, specialmente nell'America del Nord, lagerarchia cattolica possedeva ancora molti rappresentanti di forte volontà, diinfaticabile energia e in una posizione indipendente: questi con maggior forzadi prima stringevano in pugno l'unità della Chiesa cattolica e le conservavanoil suo carattere internazionale cosmopolita. Per quanto concerne ilprotestantesimo, in testa al quale continuava a mantenersi la Germania, speciedopo che una parte considerevole della Chiesa anglicana si era riunita allaChiesa cattolica, esso si era sbarazzato delle sue tendenze negatrici estreme, icui sostenitori erano passati apertamente all'indifferentismo religioso eall'incredulità. Nella Chiesa evangelica erano rimasti soltanto i sincericredenti, in testa ai quali stavano uomini che riunivano in sé una vastadottrina insieme ad una profonda religiosità e che sempre più rafforzavano insé l'aspirazione a riprodurre in se stessi la viva immagine del verocristianesimo primitivo. L'ortodossia russa, dopo che gli avvenimenti politiciavevano mutato la posizione ufficiale della Chiesa, aveva perduto molti milionidi sedicenti fedeli, adepti solo di nome; in compenso provava la gioia di essereunita alla parte migliore dei vecchi credenti e perfino ai seguaci di moltesette animate da uno spirito religioso positivo. Questa Chiesa rinnovata, senzaaumentare di numero, prese a sviluppare le sue forze spirituali, che manifestavain particolar modo nella sua lotta interna contro le sette estremiste che sierano moltiplicate tra il popolo e nella società e non esenti da elementidemoniaci e satanici.

     Durante i primi due anni del nuovo regime, tutti icristiani ancora impauriti e stanchi dalla serie di guerre e rivoluzioniprecedenti, dimostravano, nei riguardi del nuovo sovrano e delle sue pacificheriforme, in parte una benevola aspettativa, in parte una decisa simpatia eperfino un ardente entusiasmo. Ma, al terzo anno, con la comparsa del grandemago, molti, ortodossi, cattolici ed evangelici, cominciarono a provare serieapprensioni e antipatie. Ci si pose a leggere con maggiore attenzione e acommentare con più vivacità i testi evangelici e apostolici che parlavano delprincipe di questo mondo e dell'Anticristo. L'imperatore, subodorando da certiindizi che si stava addensando una tempesta, decise di mettere le cose in chiaroal più presto. Al principio del quarto anno di regno, egli pubblicò unmanifesto indirizzato a tutti i fedeli cristiani di ogni confessione,invitandoli a scegliere o nominare dei rappresentanti muniti di pieni poteri, invista di un concilio ecumenico da tenere sotto la sua presidenza. La residenzaimperiale a quel tempo era stata trasferita da Roma a Gerusalemme. La Palestinaera allora una provincia autonoma, abitata e governata in prevalenza da Ebrei.Gerusalemme era una città libera diventata in seguito città imperiale. Iluoghi sacri ai cristiani erano rimasti intatti; ma sulla vasta piattaforma diHaram-es-Scerif, partendo da Birket-Israin e dall'attuale caserma da un latofino alla moschea di El-Aksa e alle «Scuderie di Salomone» dall'altro lato,s'innalzava un enorme edificio che comprendeva oltre a due piccole moscheeantiche, uno spazioso «tempio» imperiale, destinato all'unione di tutti iculti, due fastosi palazzi imperiali con biblioteche, musei e dei localiparticolari per esperimenti ed esercizi di magia. In questo edificio mezzotempio e mezzo palazzo, doveva aprirsi, alla data del 14 settembre, il concilioecumenico. Poiché la confessione evangelica non ha clero nel vero senso dellaparola, i prelati cattolici e ortodossi, per dare, conforme al desideriodell'imperatore, una certa omogeneità alla rappresentanza di tutte leconfessioni della cristianità, decisero di permettere che partecipasse alconcilio un certo numero di laici, noti per la loro pietà e la loro dedizioneagli interessi della Chiesa; e una volta ammessi i laici non si poteva escludereil basso clero, secolare e regolare. In tal modo il numero complessivo dei mèmbridel concilio superò i tremila, ma circa mezzo milione di pellegrini cristianiinvase Gerusalemme e tutta la Palestina. Fra i membridel concilio tre eranoposti in particolare evidenza.

     In primo luogo il papa Pietro II che stava per dirittoa capo della sezione cattolica del concilio. Il suo predecessore era mortomentre era in viaggio per recarsi al concilio e il conclave, riunitesi aDamasco, aveva eletto all'unanimità il cardinale Simone Barionini che avevaassunto il nome di Pietro II. Proveniva da una povera famiglia della provinciadi Napoli ed era diventato famoso come predicatore dell'ordine dei Carmelitani einoltre per aver reso grandi servizi nella lotta contro una setta satanica, chesi era affermata a Pietroburgo e nei suoi dintorni pervertendo non solo gliortodossi ma anche i cattolici. Divenuto arcivescovo di Moghilev e in seguitofatto cardinale, era già in anticipo designato alla tiara. Era un uomo dicinquant'anni di media statura, di costituzione robusta, di colorito rosso, nasoadunco, folte sopracciglia. Era ardente e impetuoso, parlava con foga con ampigesti e trascinava, più che non li persuadesse, i suoi uditori. Verso ilpadrone del mondo, il nuovo Papa dimostrava diffidenza e antipatia, specie dopoil fatto che il defunto pontefice, mentre si recava al concilio, aveva cedutoalle insistenze dell'imperatore e aveva nominato cardinale l'esotico vescovoApollonio, già cancelliere imperiale e gran mago universale, che Pietroriteneva dubbio cattolico, ma autentico impostore. Capo effettivo degliortodossi, benché in forma non ufficiale era lo starets Giovanni assainoto fra il popolo russo. Benché figurasse ufficialmente come vescovo «ariposo» egli non viveva in nessun monastero e andava sempre m giro da tutte leparti. Sul suo conto correvano varie leggende. Alcuni assicuravano che eraFjodor Kuzmic risorto, vale a dire l'imperatore Alessandro morto circa tresecoli prima. Altri andavano più avanti e affermavano che egli era il vero starets Giovanni, cioè l'apostolo Giovanni il Teologo che non era mai morto esi era manifestato apertamente negli ultimi tempi. Da parte sua egli non dicevanulla circa la sua origine e circa la sua giovinezza. Era adesso un vecchio dimolti anni ma aitante, con la canizie dei capelli ricciuti e della barba chetirava ad una tinta giallastra e perfino verde; era di statura alta e corpomagro, ma aveva guance piene e leggermente rosee occhi vivi e scintillanti eun'espressione dolcemente bonaria ne!la faccia e nel modo di parlare; portavasempre una tunica bianca e  un candido mantello. A capo della delegazioneevangelica del concilio stava l'eruditissimo teologo tedesco, professor ErnstPauli. Era un vecchietto di bassa statura, asciutto, con fronte spaziosa nasoaguzzo, mento rasato e liscio. I suoi occhi brillavano di una particolare fierabonomia. Ad ogni momento si stropicciava le mani, scuoteva la testa, aggrottavale ciglia in modo terribile e spingeva in avanti le labbra; intanto con occhisfavillanti pronunciava con voce cupa dei suoi interrotti: «So! Nun! Ja! Soalso!». Indossava l'abito di cerimonia: cravatta bianca, e lunga redingoteda pastore con alcune decorazioni.

     L'apertura del concilio fu imponente. Per due terzidell'immenso tempio consacrato «all'unione di tutti i culti» erano dispostepanche e altri sedili per i membridel concilio, l'altro terzo era occupato daun alto palco, dove oltre al trono dell'imperatore e ad un altro un po' piùbasso destinato al gran mago - egli era infatti cardinale cancelliere imperiale- si trovavano più indietro file di poltrone riservate ai ministri, aidignitari di corte e ai segretari di Stato. Ai lati c'erano ancor più lunghefile di poltrone di cui non si conosceva la destinazione. Nelle tribune sitrovavano delle orchestre di musicanti e nella piazza vicina erano schierati duereggimenti della guardia e una batteria per le salve d'onore. I membri  delconcilio avevano già celebrato i loro servizi divini nelle varie chiese inquanto l'apertura del concilio doveva avere un carattere completamente laico.Quando l'imperatore fece il suo ingresso insieme al gran mago ed al seguito, el'orchestra attaccò "la marcia dall'umanità unita" cheserviva da inno imperiale e internazionale, tutti i membri del concilio sialzarono in piedi e agitando i loro cappelli gridarono tre volte a gran voce: «Vivat! Urrah! Hoch!». L'imperatore, ritto in piedi accanto al trono, teseil braccio con maestosa affabilità e disse con voce sonora e gradevole: «Cristianidi tutte le confessioni! Miei amatissimi sudditi e fratelli! Fin dagli inizi delmio regno, che l'Altissimo ha benedetto con opere così meravigliose e gloriose,non una volta ho avuto motivo di essere scontento di voi; voi avete sempre fattoil vostro dovere secondo fede e coscienza. Ma questo per me non basta. Ilsincero amore ch'io provo per voi, fratelli amatissimi, anela di esserericambiato. Voglio che non per senso di dovere, ma per un sentimento di amoreche viene dal cuore, voi mi riconosciate per vostro vero capo, in ogni azioneintrapresa per il bene dell'umanità. E così oltre alle cose che faccio pertutti, vorrei darvi un segno di particolare benevolenza. Cristiani, come potreiio rendervi felici? Che posso darvi non come miei sudditi, ma come mieicorreligionari, miei fratelli? Cristiani! Ditemi ciò che vi sta più a cuorenel cristianesimo affinché io possa dirigere i miei sforzi in questa direzione».Egli si arrestò ed attese. Nel tempio correva un brusio soffocato. I mèmbridel concilio bisbigliavano tra loro. Papa Pietro, gesticolando con calore,spiegava qualcosa a quelli che gli stavano attorno. Il professor Pauli scuotevala testa e faceva schioccare le labbra con accanimento. Lo starets Giovanni,piegandosi verso un vescovo d'Oriente e un cappuccino, suggeriva loro qualcosacon voce sommessa. Dopo aver atteso qualche minuto, l'imperatore si rivolse dinuovo al concilio con lo stesso tono affabile di prima, ma in cui risonavaappena un'impercettibile nota di ironia: «Cari cristiani, disse, comprendo comevi riesca difficile darmi una risposta diretta. Voglio darvi una mano.Disgraziatamente da tempo così immemorabile voi vi siete frazionati in sette epartiti diversi che forse tra voi non c'è nemmeno un argomento che susciti lavostra comune simpatia. Ma se non siete capaci di mettervi d'accordo tra voi,spero di mettere d'accordo io tutte le parti, dimostrando a tutti il medesimoamore e la medesima sollecitudine per soddisfare la vera aspirazione diciascuno. Cari cristiani! So che molti fra voi, e non gli ultimi, hanno piùcaro di tutto nel cristianesimo quell'autorità spirituale che esso da ai suoilegittimi rappresentanti e non per loro particolare vantaggio, ma senza dubbioper il bene comune, poiché su questa autorità si basa il giusto ordinespirituale, nonché la disciplina morale, indispensabile per tutti. Carifratelli cattolici! Oh, come capisco il vostro modo di vedere e come vorreiappoggiare la mia potenza sull'autorità del vostro capo spirituale! E perchénon crediate che si tratti di lusinghe e di vane parole, noi dichiariamosolennemente: per nostra autocratica volontà, il vescovo supremo di tutti icattolici, il papa romano, da questo momento è reintegrato nel suo seggio diRoma, con tutti i diritti e le prerogative di un tempo, inerenti a questacondizione e a questa cattedra e che un giorno gli furono conferiti dai nostripredecessori a cominciare da Costantino il Grande. Ma per questo, fratellicattolici, voglio soltanto che dall'intimo del cuore riconosciate in me ilvostro unico difensore ed unico protettore. Coloro che per coscienza esentimento mi riconoscono tale vengano qui vicino a me». E indicava i postivuoti sul palco. Con esclamazioni di gioia - «Gratias agimus! Domine!Salvum fac magnum imperatorem» - quasi tutti i principi della Chiesacattolica, cardinali e vescovi, la maggior parte dei credenti laici e più dellametà dei monaci salirono sul palco e dopo essersi profondamente inchinatidavanti all'imperatore, andarono ad occupare le poltrone loro destinate. Ma giù,in mezzo all'assemblea, diritto e immobile come una statua di marmo, il papaPietro II rimase al suo posto. Tutti coloro che prima gli stavano intorno ora sitrovavano sul palco. Allora la schiera ormai diradata dei monaci e dei laici,che era rimasta in basso, si spostò e si strinse attorno a lui in un anelloserrato da cui si udiva un mormorio contenuto: «Non praevalebunt, nonpraevalebunt portae inferi».
Guardando con sorpresa il papa immobile, l'imperatore alzò di nuovo la voce: «Carifratelli! So che fra voi ci sono di quelli per i quali le cose più preziose delcristianesimo sono la sua santa tradizione, i vecchi simboli, i cantici e lepreghiere antiche, le icone e le cerimonie del culto. E in realtà che cosa vipuò essere di più prezioso di questo per un'anima religiosa? Sappiate dunque,miei diletti, che oggi ho firmato lo statuto e fissata la dotazione di larghimezzi per il museo universale dell'archeologia cristiana che verrà fondatonella nostra gloriosa città imperiale di Costantinopoli, con lo scopo diraccogliere, studiare e conservare tutti i monumenti dell'antichitàecclesiastica, principalmente quelli della Chiesa orientale; vi prego poi chedomani eleggiate fra voi una commissione con l'incarico di studiare con me lemisure da prendere per riavvicinare, quanto più possibile, i costumi e leusanze della vita attuale, alla tradizione e alle istituzioni della Santa ChiesaOrtodossa! Fratelli ortodossi! quelli che hanno in cuore questa mia volontà,quelli che per intimo sentimento mi possono chiamare loro vero capo e signorevengano qui sopra». E la maggior parte dei prelati dell'Oriente e del Nord, lametà dei vecchi credenti e più della metà dei preti, dei monaci e dei laiciortodossi salirono sul palco e con grida di gioia, dando uno sguardo di sfuggitaai cattolici che già vi stavano assisi con aria di importanza. Ma lo staretsGiovanni non si mosse e diede un forte sospiro. E quando la folla attorno a luisi fu alquanto diradata, lasciò il suo banco e andò a sedersi vicino a papaPietro e al suo gruppo. Dietro di lui si avviarono anche tutti gli altriortodossi che non erano saliti sul palco. L'imperatore prese di nuovo a parlare:«Mi sono noti fra voi, cari cristiani, anche coloro che nel cristianesimoapprezzano più di tutto la personale sicurezza in fatto di verità e la liberaricerca riguardo alla Scrittura. Non occorre che mi diffonda su quello che nepenso io. Voi sapete forse che fin dalla mia prima giovinezza ho scritto sullacritica biblica una voluminosa opera, che a quel tempo ha fatto un certo rumoree ha dato inizio alla mia notorietà. Ed ecco che probabilmente in ricordo diquesto fatto l'università di Tubinga in questi giorni mi ha rivolto larichiesta di accettare la sua laurea ad honorem di dottore in teologia. Hoordinato di rispondere che accettavo con gioia e gratitudine. E oggi, insieme aldecreto per la fondazione del museo d'archeologia cristiana, ho firmato quelloper la creazione di un istituto universale per la libera ricerca sulla SacraScrittura in tutte le sue parti e da tutti i punti di vista, nonché per lostudio di tutte le scienze ausiliarie, con un bilancio annuale di un milione emezzo di marchi. Quelli di voi che hanno a cuore queste mie sincere disposizionie che con puro sentimento possono riconoscermi per loro capo sovrano, li pregodi venire qui, accanto al nuovo dottore in teologia». E le belle labbra delgrande uomo si allungarono lievemente in uno strano sorriso. Più della metàdei sapienti teologi si mosse verso il palco, sia pure con qualche indugio equalche esitazione. Tutti volsero lo sguardo verso il professor Pauli che parevaabbarbicato al suo seggio. Egli abbassava profondamente il capo, curvandosi econtraendosi. I sapienti teologi che erano saliti sul palco rimasero confusi,anzi uno di essi a un tratto agitò il braccio e saltò giù direttamente inbasso accanto alla scala e, zoppicando un po', corse a raggiungere il professorPauli e la minoranza rimasta con lui. Pauli sollevò il capo, si alzò con unmovimento un po' indeciso, si diresse verso i banchi rimasti vuoti e,accompagnato dai suoi correligionari che avevano tenuto fermo, venne con essi asedersi accanto allo starets Giovanni, al papa Pietro e ai loro gruppi.

     La grande maggioranza dei membridel concilio sitrovava sul palco, ivi compresa quasi tutta la gerarchia dell'Oriente edell'Occidente. In basso erano rimasti soltanto tre gruppi di uomini che sierano avvicinati gli uni agli altri e che si stringevano accanto allo staretsGiovanni, al papa Pietro e al professor Pauli.

     Con accento di tristezza, l'imperatore si rivolse aloro dicendo:«Che cosa posso fare ancora per voi? Strani uomini! Che volete dame? Io non lo so. Ditemelo dunque voi stessi, o cristiani abbandonati dallamaggioranza dei vostri fratelli e capi, condannati dal sentimento popolare; checosa avete di più caro nel cristianesimo?». Allora simile a un cero candido sialzò in piedi lo starets Giovanni e rispose con dolcezza: «Grande sovrano!Quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. LuiStesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimoracorporalmente tutta la pienezza della Divinità. Da te, o sovrano, noi siamopronti a ricevere ogni bene, ma soltanto se nella tua mano generosa noi possiamoriconoscere la santa mano di Cristo. E alla tua domanda che puoi tu fare pernoi, eccoti la nostra precisa risposta: confessa, qui ora davanti a noi, GesùCristo Figlio di Dio che si è incarnato, che è resuscitato e che verrà dinuovo; confessalo e noi ti accoglieremo con amore, come il vero precursore delsuo secondo glorioso avvento». Egli tacque e piantò lo sguardo nel voltodell'imperatore. In costui avveniva qualche cosa di tremendo. Nel suo intimo sistava scatenando una tempesta infernale, simile a quella che aveva provato nellanotte fatale. Aveva perduto interamente il suo equilibrio interiore e tutti isuoi pensieri si concentravano nel tentativo di non perdere la padronanza di sestesso anche nelle apparenze esteriori e di non svelare se stesso prima deltempo. Fece degli sforzi sovrumani per non gettarsi con urla selvagge sull'uomoche gli aveva parlato e sbranarlo coi denti. A un tratto sentì la voceultraterrena a lui ben nota che gli diceva: "Taci e non temere nulla".Egli rimase in silenzio. Pero il suo volto, rabbuiato e col pallore della morte,era divenuto convulso, mentre i suoi occhi sprizzavano scintille. Frattantodurante il discorso dello starets Giovanni il gran mago che stava sedutotutto ravvolto nel suo ampio mantello tricolore che ne nascondeva la porporacardinalizia, sembrava occupato a compiere sotto di esso arcane manipolazioni, isuoi occhi dallo sguardo concentrato scintillavano e le sue labbra si movevano.Dalle finestre aperte del tempio si scorgeva avvicinarsi un'enorme nuvola nera.Lo starets Giovanni che non staccava i suoi occhi sbigottiti e spaventatidal volto dell'imperatore rimasto ammutolito a un tratto diede un sussulto perlo spavento e voltandosi indietro gridò con voce strozzata: «Figlioli, èl'Anticristo!». Nel tempio scoppiò un tremendo colpo di tuono esimultaneamente si vide saettare una folgore enorme a forma di cerchio cheavviluppò il vegliardo. Per un istante tutti rimasero come annichiliti e quandoi cristiani si furono ripresi dallo stordimento, lo starets Giovannigiaceva a terra cadavere.

     L'imperatore, pallido ma calmo, si rivolseall'assemblea dicendo: «Voi avete veduto il giudizio di Dio. Io non volevo lamorte di alcuno, ma il mio Padre celeste vendica il suo figlio prediletto. Laquestione è risolta. Chi oserà contestare i voleri dell'Altissimo? Segretari!Scrivete: il concilio ecumenico di tutti i cristiani, dopo che il fuoco venutodal cielo ebbe folgorato un insensato avversario della maestà divina, riconosceall'unanimità il regnante imperatore di Roma, come suo capo e supremo sovrano».

     A un tratto una parola squillante e distinta si propagòper il tempio: «Contradicitur». Il papa Pietro II si alzò in piedi ecol volto imporporato, tutto tremante di collera, sollevò il pastorale indirezione dell'imperatore: «Nostro unico Sovrano è Gesù Cristo, il Figlio delDio vivente. Ma ciò che tu sei l'hai sentito. Vattene da noi Caino fratricida!Via da noi, vaso del demonio! Per l'autorità di Cristo, io, servo dei servi diDio, ti scaccio per sempre dal recinto divino, cane schifoso, e ti consegno alpadre tuo, Satana! Anatema, anatema, anatema!».

     Mentre egli parlava, il gran mago si agitava inquietosotto il suo mantello: più fragoroso dell'ultimo anatema rimbombò un colpo dituono e l'ultimo papa cadde a terra inanimato. «Così per mano del padre mioperiscono i miei nemici», disse l'imperatore. «Pereant, pereant!», simisero a gridare tremanti i principi della Chiesa. Egli si volse e,appoggiandosi alla spalla del gran mago uscì lentamente dalla porta che stavadietro il palco, accompagnato dalla folla dei suoi seguaci. Nel tempio eranrimasti i due cadaveri e un cerchio ristretto di cristiani mezzo morti dallapaura. L'unico che non aveva perduto il suo sangue freddo era il professor Pauli.Il terrore generale pareva stimolare tutte le forze del suo spirito.

     Era mutato anche nel suo aspetto esteriore e avevaassunto un'aria maestosa e ispirata. Con passo risoluto, salì sul palco e,sedutosi su uno dei seggi lasciati liberi dai segretari di stato, prese unfoglio di carta e si mise a scrivere. Quando ebbe terminato, si alzò in piedi ea voce alta lesse: «Alla gloria del nostro unico Salvatore Gesù Cristo. Ilconcilio ecumenico delle chiese di Dio, riunito a Gerusalemme, poiché il nostrobeatissimo fratello Giovanni, rappresentante della cristianità orientale, haconvinto il grande impostore e nemico di Dio di essere l'autentico Anticristo,predetto dalla Sacra Scrittura e poiché il nostro beatissimo padre Pietro,rappresentante della cristianità occidentale, con la scomunica lo ha secondolegge e giustizia scacciato per sempre dalla Chiesa di Dio oggi davanti ai corpidi questi due martiri della verità, testimoni di Cristo, delibera: di rompereogni rapporto con lo scomunicato e la sua esecrabile accozzaglia, di ritirarsinel deserto e attendere l'immancabile venuta del nostro vero sovrano GesùCristo» Una grande animazione s'impadronì della folla ed echeggiarono vocipossenti che dicevano: «Adveniat, adveniat cito! Komm, Herr Jesu, komm!».

     Il professor Pauli aggiunse ancora un poscritto e poilesse. «Approvando all'unanimità questo primo ed ultimo atto dell'ultimoconcilio ecumenico, apponiamo le nostre firme» e fece un gesto d'invitoall'assemblea. Tutti si affrettarono a salire sul palco e a firmare. Alla finelui pure firmò a grossi caratteri gotici: Duorum defunctorum testium locumtenens Ernst Pauli. «Ora andiamocene con la nostra arca dell'alleanzadell'ultimo Testamento! », disse indicando i due cadaveri.

     I corpi furono issati su barelle. Lentamente al cantodi inni in latino in tedesco e in slavonico ecclesiastico, i cristiani siavviarono alla porta di Haram-es-Scerif. Qui il corteo fu fermato da un messodell'imperatore, un segretario di stato, accompagnato da un ufficiale con unplotone della guardia. I soldati si schierarono presso la porta e da un podio ilsegretario di stato lesse quanto segue: «Ordine di sua maestà divina: peristruire il popolo cristiano e metterlo in guardia contro uomini malintenzionatifomentatori di discordie e di scandali, abbiamo ritenuto opportuno disporre chei corpi dei due sediziosi, uccisi dal fuoco del cielo, siano esposti in pubbliconella strada dei Cristiani (Haret-en-Nazàra) vicino alla porta principale deltempio di questa religione chiamata Santo Sepolcro o altrimenti Resurrezione,perché tutti possano persuadersi della realtà della loro morte.

     I loro ostinati partigiani, poiché malignamenterespingono ogni nostro beneficio e da insensati chiudono gli occhi davanti alleevidenti manifestazioni della Divinità stessa, grazie alla nostra misericordiae alla nostra intercessione presso il Padre celeste, sono esenti dalla pena dimorte, mediante il fuoco del cielo, che si sono meritata e rimangono in completalibertà, con l'unica proibizione per il bene comune, di abitare nelle città enegli altri luoghi popolati affinché non possano sviare e sedurre con le loromalvagie invenzioni la gente ingenua e semplice». Quando ebbe finito, ottosoldati a un cenno dell'ufficiale si avvicinarono alle barelle dove giacevano icorpi.

     «Si compia ciò che è scritto», disse il professorPauli, e i cristiani che portavano le barelle le cedettero senza una parola aisoldati i quali si allontanarono dalla porta di nord-ovest; dal canto loro icristiani, uscendo dalla porta di nord-est, si diressero rapidamente dalla cittàverso Gerico, passando accanto al monte degli Ulivi, per la strada che igendarmi e due reggimenti di cavalleria avevano in precedenza sgombrato dallafolla del popolo. Essi decisero di aspettare alcuni giorni, sulle collinedeserte vicino a Gerico. L'indomani mattina giunsero da Gerusalemme deipellegrini cristiani loro amici e raccontarono ciò che era accaduto a Sion.Dopo il pranzo di corte, tutti i membridel concilio erano stati convocatinell'immensa sala del trono (dove si supponeva sorgesse il trono di Salomone) el'imperatore, rivolgendosi ai rappresentanti della gerarchia cattolica, avevadichiarato che il bene della Chiesa esigeva da essi l'immediata elezione di undegno successore dell'apostolo Pietro, ma che nelle presenti circostanze ditempo l'elezione doveva avvenire con procedura sommaria. La presenza di lui,l'imperatore, capo e rappresentante di tutto il mondo cristiano, valevalargamente a compensare l'omissione delle formalità rituali, e che in nome ditutti i cristiani, egli proponeva al Sacro Collegio di eleggere il suo dilettoamico e fratello Apollonio, affinché lo stretto legame esistente fra lororendesse duratura e indissolubile l'unione della Chiesa con lo Stato per il benecomune. Il Sacro Collegio si ritirò in una camera particolare per il conclave edopo un'ora e mezzo ritornò col nuovo papa Apollonio. Frattanto mentre siprocedeva all'elezione, l'imperatore con parole piene di dolcezza, saggezza edeloquenza, cercava di persuadere i rappresentanti degli ortodossi e deglievangelici a mettere fine ai vecchi dissidi in vista di una nuova grande epocastorica del cristianesimo, rendendosi garante con la sua parola che Apollonioavrebbe saputo abolire una volta per sempre gli abusi storici del potere papale.Convinti da queste sue parole, i rappresentanti dell'ortodossia e delprotestantesimo avevano steso l'atto di unione delle Chiese e quando Apolloniocomparve nella sala con i cardinali tra le grida di giubilo di tuttal'assemblea, un vescovo greco e un pastore evangelico gli presentarono il lorodocumento. «Accipio et approbo et laetificatur cor meum», disseApollonio apponendo la sua firma. «Io sono del pari un vero ortodosso e un veroevangelico, come sono un vero cattolico» - aggiunse egli, scambiando unamichevole abbraccio col Greco e col Tedesco. Poi si avvicinò all'imperatore,il quale lo abbracciò e lo tenne a lungo tra le braccia. In quel momento deipuntini luminosi cominciarono a volteggiare in tutte le direzioni nel palazzo enel tempio; essi ingrandirono e si mutarono in ombre luminose di esseri strani;fiori mai veduti sulla terra cadevano dall'alto, riempiendo l'aria di un profumoarcano. Si diffondevano dall'alto deliziosi suoni di strumenti musicali finoallora sconosciuti che andavan dritto all'anima e afferravano il cuore, mentrevoci angeliche di invisibili cantori glorificavano i nuovi sovrani del cielo edella terra. Frattanto uno spaventoso rumore sotterraneo echeggiava nell'angolonord-ovest del palazzo centrale, sotto il kubbet-el-aruach vale a diresotto la cupola delle anime, dove secondo la tradizione musulmana, si troval'entrata dell'inferno. Quando gli astanti, su invito dell'imperatore, simossero verso quella parte, tutti intesero chiaramente innumerevoli voci acute epenetranti - mezzo fanciullesche e mezzo diaboliche - che esclamavano: «Ègiunta l'ora, liberateci o salvatori, o salvatori!». Ma quando Apolloniostringendosi verso la rupe, per tre volte gridò verso il basso qualcosa in unalingua sconosciuta, le voci tacquero e il rumore s'interruppe. Frattanto unafolla immensa di popolo proveniente da tutte le parti, aveva circondatoHaram-es-Scerif. Al calar della notte l'imperatore, col nuovo papa, aveva fattola sua apparizione sulla gradinata orientale, sollevando «una tempesta dientusiasmo». Egli salutò affabilmente in tutte le direzioni, mentre Apolloniotraeva da grandi canestri, postigli innanzi dai cardinali segretari, e lanciavain aria senza interruzione magnifiche candele romane, razzi e fontane di fuocoche accendendosi al tocco delle sue mani si trasformavano in perle fosforescentie in luminosi arcobaleni; tutto questo toccando terra si mutava in innumerevolifogli di carta di vari colori, con indulgenze plenarie senza condizioni pertutti i peccati passati, presenti e futuri. L'esultanza popolare sorpassò ognilimite. A dire il vero alcuni affermavano di aver visti coi propri occhi queifogli d'indulgenza trasformarsi in rospi e serpenti estremamente schifosi.Nondimeno l'enorme maggioranza della gente andava in visibilio e la festapopolare si protrasse ancora alcuni giorni; durante questo tempo il nuovopapa-taumaturgo arrivò a compiere dei prodigi così sbalorditivi e incredibiliche sarebbe del tutto inutile darne una narrazione. Nello stesso tempo sullealture deserte di Gerico i cristiani si dedicavano al digiuno e alla preghiera.La sera del quarto giorno sull'imbrunire, il professor Pauli e nove compagni,cavalcando degli asini e trainando una carretta, penetrarono in Gerusalemme;passando per vie traverse, vicino a Haram-es-Scerif, sboccarono a Haret-en-Nazàrae raggiunsero l'entrata del tempio della Resurrezione, dove sul pavimentogiacevano i corpi di papa Pietro e dello starets Giovanni. A quell'ora lavia era deserta: tutta la città al completo si era riversata a Haram-es-Scerif.I soldati di guardia erano immersi in un sonno profondo. I nuovi arrivatitrovarono che i corpi non erano stati toccati dal processo di decomposizione eaddirittura non erano diventati rigidi e grevi. Li issarono su barelle, liricoprirono con mantelli che avevano E portato con sé e, percorrendo le stessevie traverse, ritornarono dai loro fratelli, ma non appena ebbero posate a terrale barelle lo spirito della vita rientrò nei due morti. Essi si agitarono,cercando di sbarazzarsi dei mantelli che li avviluppavano. Tutti presero adaiutarli con grida di gioia e ben presto i due resuscitati si alzarono in piedisani e salvi. E il redivivo starets Giovanni prese così a parlare: «Eccodunque, figlioli miei, che noi non ci siamo lasciati. Ed ecco ciò che vi diròadesso: l'ora è giunta che si adempia l'ultima preghiera di Cristo per i suoidiscepoli: che essi siano uno, come Lui stesso col Padre è uno. Così perquesta unità in Cristo, figlioli miei, veneriamo il nostro carissimo fratelloPietro. Gli sia concesso finalmente di pascere le pecore di Cristo. Proprio così,fratello! ». Ed egli abbracciò Pietro. A questo punto si avvicinò ilprofessor Pauli: «Tu es Petrus!» - disse rivolto al papa -. «Jetztist es ja gründlich erwiesen und ausser jeden Zweifel gesetzt». Gli strinseforte la mano con la destra, mentre tendeva la sinistra allo staretsGiovanni, dicendogli: «So also, Väterchen, nun sind wir ja Eins in Christo».Così si compì l'unione delle Chiese nel cuore di una notte oscura, suun'altura solitaria. Ma l'oscurità della notte venne a un tratto squarciata daun vivido splendore e in cielo apparve il grande segno: una donna vestita disole, con la luna sotto i piedi e sul capo una corona di dodici stelle.L'apparizione restò per qualche tempo immobile, poi si mosse lentamente versosud. Il papa Pietro alzando il pastorale, esclamò: «Ecco la nostra insegna!Andiamo sulle sue orme!». Ed egli si incamminò nella direzione indicatadall'apparizione insieme ai due vegliardi e a tutta la folla dei cristiani,verso il monte di Dio, verso il Sinai...

     (A questo punto il lettore si ferma).

     La Dama. Perché dunque non continuate?

     Il Signor Z. Il manoscritto non va più avanti.Il padre Pansofio non ha potuto portare a termine il suo racconto. Già ammalatomi narrava ciò che aveva in mente di scrivere in seguito - «non appena saròguarito» - diceva. Ma non guarì e la parte finale del suo racconto èsepolta con lui nel monastero di Danilovo.

     La Dama. Ma voi ricorderete certamente quelloche vi ha narrato: raccontatecelo dunque.

     Il Signor Z. Ne ricordo soltanto i trattiprincipali. Dopo che i capi spirituali e i rappresentanti della cristianità sifurono ritirati nel deserto dell'Arabia, dove da ogni parte affluirono a lorofolle di fedeli zelatori della verità, il nuovo papa poté senza alcun ostacolocorrompere, attraverso i suoi prodigi e miracoli, tutto il resto dei cristianisuperficiali che non si erano ricreduti circa l'Anticristo. Egli dichiarò che,con la potenza delle sue chiavi, aveva aperto le porte fra il mondo terrestre equello d'oltretomba e in effetti divenne un fenomeno abituale la comunicazionedei vivi coi morti e anche degli uomini coi demoni; inoltre si svilupparononuove forme inaudite di orgia mistica e di demonolatria. Ma non appenal'imperatore cominciò a credere di essere saldamente sistemato in camporeligioso e dopo che sotto la pressante suggestione della misteriosa voce «paterna»ebbe a dichiararsi unica e vera incarnazione della divinità suprema universale,gli capitò una disgrazia nuova da parte di chi nessuno si sarebbe aspettato: sierano ribellati gli Ebrei. Questo popolo, il cui numero aveva raggiunto a queltempo i trenta milioni di individui, non era del tutto estraneo allapreparazione e all'affermazione dei successi universali del superuomo. Quando siera trasferito a Gerusalemme, aveva fatto segretamente correre la voce neicircoli ebraici che il suo obiettivo principale era di stabilire il dominio diIsraele su tutto il mondo; e allora gli Ebrei lo avevano riconosciuto come ilMessia e la loro entusiastica dedizione per lui non ebbe limiti. All'improvvisosi erano ribellati spirando collera e vendetta. Questo brusco voltafaccia, senzadubbio predetto e dalla Scrittura e dalla tradizione, è presentato da padrePansofio forse con eccessiva semplicità e soverchio realismo. Il fatto si èche gli Ebrei, i quali ritenevano l'imperatore come un perfetto israelita perrazza, avevano scoperto per caso che egli non era nemmeno circonciso. Quellostesso giorno a Gerusalemme e l'indomani in tutta la Palestina scoppiò larivolta. La dedizione ardente e senza limiti verso il salvatore di Israele e ilMessia annunciato si tramutò in un odio altrettanto ardente e senza limiti neiconfronti dell'astuto truffatore e dello sfrontato impostore. Tutto l'ebraismosi sollevò come un solo uomo e i suoi nemici scopersero con sorpresa chel'anima di Israele nel suo fondo non vive di calcoli e delle bramosie diMammona, ma della forza di un sentimento sincero, nella speranza ed il corrucciodella sua eterna fede messianica. L'imperatore che non si aspettava una simileesplosione così all'improvviso, perdette la padronanza di se stesso ed emanòun decreto che condannava a | morte tutti i ribelli ebrei e cristiani. Moltemigliaia e decine di migliaia di uomini che non avevano fatto in tempo adarmarsi, furono spietatamente massacrati. Ma ben presto un esercito di unmilione di Ebrei si impadronì di Gerusalemme e costrinse l'Anticristo arinchiudersi in Haram-es-Scerif.

     Questi non aveva a sua disposizione che una parte dellaguardia e non poteva spuntarla contro la massa dei nemici. Mediante le artimagiche del suo papa, l'imperatore riuscì a filtrare attraverso le linee degliassedianti e ben presto egli ricomparve in Siria, alla testa di uno sterminatoesercito di pagani di varie razze. Gli Ebrei, anche se le probabilità divittoria erano scarse, gli mossero incontro. Ma non appena le avanguardie deidue eserciti ebbero iniziato il combattimento, ecco che si produsse un terremotodi inaudita violenza; sotto il Mar Morto, presso il quale si erano schierate letruppe imperiali, si aperse il cratere di un enorme vulcano e torrenti di fuoco,fusi insieme in un lago di fiamme, inghiottirono lo stesso imperatore, tutte lesue innumerevoli schiere ed il suo inseparabile compagno, il papa Apollonio, cuila magia non recò alcun soccorso. Frattanto gli Ebrei corsero a Gerusalemme,spaventati e tremanti, invocando la salvezza del Dio di Israele. Quando la santacittà apparve ai loro occhi, un grande baleno squarciò il cielo da oriente aoccidente ed essi videro il Cristo che scendeva loro incontro, in veste regale,con le piaghe dei chiodi sulle mani distese. Intanto dal Sinai si mosse versoSion la folla dei cristiani guidati da Pietro, Giovanni e Paolo, mentre da altreparti accorrevano altre folle entusiaste: erano tutti gli Ebrei e tutti icristiani mandati a morte dall'Anticristo. Erano risuscitati e si accingevano avivere con Cristo per mille anni.

     È con questa visione che il padre Pansofio volevafinire il suo racconto che aveva per soggetto non già la catastrofedell'universo, ma soltanto la conclusione della nostra evoluzione storica:l'apparizione, l'apoteosi e la rovina dell'Anticristo.

     L'Uomo Politico. E voi pensate che questaconclusione sia tanto prossima?

     Il Signor Z. Be', sulla scena vi saranno ancoramolte chiacchiere e vanità, ma il dramma è già stato scritto interamente daun pezzo sino alla fine e non è permesso né agli spettatori né agli attori diapportarvi alcun mutamento.

     La Dama. Ma in definitiva quale è il senso diquesto dramma? Non capisco infatti perché il vostro Anticristo nutra tanto odioverso Dio, mentre in fondo è buono e non cattivo!

     Il Signor Z. Il fatto è che m fondo non èbuono. E in questo sta tutto il senso del dramma. Io ritiro le parole che hodetto in precedenza e cioè «che l'Anticristo non si spiega coi soli proverbi».Per spiegarlo integralmente basta un solo proverbio e per di più di un'estremasemplicità: «Non è tutto oro ciò che luccica». Lo splendore di unbene artefatto non ha nessuna forza.

    Il Generale. Vogliate però notare su quale eventocala il sipario di questo dramma storico: sulla guerra, sullo scontro di dueeserciti! Ed ecco che il termine del nostro colloquio si è rifatto all'inizio.Che ve ne pare principe?... Santi del cielo! ma dov'è il principe?

     L'Uomo Politico. Ma non avete osservato? Se n'èandato alla chetichella nel momento patetico, quando lo starets Giovannimetteva l'Anticristo con le spalle al muro. Allora non ho voluto interrompere ilracconto e in seguito mi è passato di mente.

     Il Generale. Quanto è vero Iddio è scappatoper la seconda volta. Ha saputo dominarsi. Però non ha saputo resistere. Ah,Dio mio!