lunedì 26 novembre 2012

Le buone leggi proteggono il matrimonio

 
Riprendo dalla edizione quotidiana de "L'Osservatore Romano" le seguenti due belle notizie.

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Nota della Conferenza episcopale spagnola.


L’attuale legislazione spagnola riguardante il matrimonio è «gravemente ingiusta», perché «non riconosce con chiarezza l’istituzione del matrimonio nella sua specificità, non protegge il diritto dei contraenti a essere riconosciuti nell’ordinamento giuridico come “marito” e “moglie”, non garantisce il diritto dei bambini e dei giovani a essere educati come “mariti” e “mogli” del futuro, né il diritto dei bambini a godere di un padre e di una madre in seno a una famiglia stabile».
I vescovi spagnoli bocciano la sentenza del Tribunale costituzionale che il 6 novembre scorso ha avallato la legge che, nel 2005, ha legalizzato nel Paese il matrimonio tra persone dello stesso sesso. In una nota «sulla legislazione familiare e la crisi economica», diffusa al termine dell’assemblea plenaria svoltasi da lunedì 19 a venerdì 23 a Madrid, la Conferenza episcopale sottolinea che «non sono leggi giuste quelle che non riconoscono né proteggono diritti così basilari» e chiede con urgenza una riforma della legislazione sul matrimonio.
Dopo aver ricordato il recente documento La verdad del amor humano. Orientaciones sobre el amor conyugal, la ideología de género y la legislación familiar, i presuli si rivolgono ai politici affermando che «la retta ragione esige che, in questa materia tanto decisiva, tutti agiscano in accordo con la propria coscienza, al di là di qualsiasi disciplina di partito. Nessuno può controfirmare con il suo voto leggi che danneggiano così gravemente le strutture fondamentali della società. I cattolici in particolare — si legge nella nota — tengano presente che, come servitori del bene comune, devono essere anche coerenti con la propria fede». Senza la famiglia, senza la protezione del matrimonio e della natalità, non ci sarà un’uscita duratura dalla crisi. La conferma viene dall’«ammirevole esempio della solidarietà di tante famiglie nelle quali nonni, figli e nipoti si aiutano ad andare avanti come solo è possibile fare in seno a una famiglia stabile e sana». È proprio nell’ambito della vita coniugale e familiare che si gioca il futuro degli individui e della società. «Esprimiamo nuovamente alle famiglie che più soffrono per la crisi economica, con problemi abitativi, mancanza di lavoro e povertà, la vicinanza nostra e di tutta la comunità cattolica. Allo stesso modo — concludono i vescovi — rinnoviamo il nostro impegno ad attivare la dimensione caritatevole della comunità cristiana, promuovendo nelle nostre diocesi l’attenzione verso i più bisognosi». Al riguardo, la Conferenza episcopale spagnola consegnerà alle Caritas diocesane 6 milioni di euro, aumentando l’importo del 20 per cento rispetto all’anno scorso: «Un piccolo gesto con il quale si vuole incoraggiare tutti a contribuire generosamente, in particolare in questo periodo di crisi». L’assemblea plenaria si è conclusa con un pellegrinaggio a Montilla, in provincia di Cordoba, dove, il 12 ottobre scorso, è cominciato l’anno giubilare indetto per la proclamazione di san Giovanni d’Ávila a dottore della Chiesa universale. Nell’omelia della messa seguita al pellegrinaggio, il cardinale arcivescovo di Madrid, Antonio María Rouco Varela, ha sottolineato l’importanza del rispetto dei valori della giustizia e della dignità dell’uomo dal momento del concepimento fino alla morte naturale. E il popolo di Dio è chiamato, con parole e opere, a essere «testimone coraggioso della carità di Cristo».

L'Osservatore Romano 27 novembre 2012 
 
 
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 Appelli da intellettuali e rappresentanti di movimenti cattolici alle Settimane sociali di Francia. Diversità fra uomo e donna ricchezza da conservare

«L’unità fra l’uomo e la donna resta sempre in un equilibrio precario. L’uno non deve mai cessare di riscoprire il valore dell’altro ed entrambi non devono mai dimenticare di considerare la diversità come una ricchezza, né stancarsi di ricominciare ogni volta a ripercorrere la via del dialogo».
Ma un’opera che vuol dare testimonianza della possibilità per la famiglia umana di essere “una” «deve necessariamente partire dall’unità», con la coscienza che «una qualsiasi struttura ecclesiale non vive in funzione di se stessa ma per il bene dell’umanità in cui è immersa». È uno dei passaggi più significativi dell’intervento tenuto sabato scorso a Parigi da Maria Voce, presidente del movimento dei Focolari, all’ottantasettesima edizione delle Settimane sociali di Francia. Nel suo discorso, intitolato Hommes et femmes dans l’Église, Maria Voce ha sottolineato che il rapporto fra uomini e donne nella Chiesa non è una questione di potere ma di amore: la dignità di entrambi trova fondamento in Dio creatore e, anche «se la donna non può accedere alla carriera ecclesiastica, ella possiede il più grande dei carismi, l’amore. La donna può rispecchiarsi in Maria, la creatura più grande che esista, colei che ha vissuto l’amore in modo perfetto».
La presidente dei Focolari — intervenuta in un dibattito moderato da Anne Ponce, caporedattore del settimanale cattolico francese «Pèlerin», al quale ha partecipato anche monsignor Alphonse Borras, teologo e vicario generale della diocesi di Liegi — ha citato Chiara Lubich e il suo movimento basato sull’unità nella distinzione, con l’esercizio praticato congiuntamente da uomini e donne. «Come fare per tenere unite tutte queste persone in un’unica famiglia?», si è chiesta Maria Voce rispondendo che «nel movimento dei Focolari si dà più importanza alla vita che alle strutture, anche se utili». Ma un’altra domanda è stata al centro della sua relazione: in un’istituzione (la Chiesa) nella quale la gerarchia è maschile, quale riconoscimento dare al contributo sempre maggiore delle donne? «Il riconoscimento della donna nella Chiesa necessita di una specie di “lotta” — ha spiegato — cioè di una fedeltà a se stessi, alla propria coscienza e, in ultima analisi, al piano di Dio. Ma una “lotta” che, in questo caso, per Chiara ha avuto le caratteristiche di una “Pasqua”, cioè di una morte e di una risurrezione, che ha permesso il manifestarsi pienamente del disegno di Dio, la sua volontà, sul ruolo della donna». Questa presidenza femminile — il movimento dei Focolari sarà sempre, per statuto, guidato da una donna — «è molto significativa: indica una distinzione fra il potere di governo e l’importanza del carisma». È un messaggio lanciato alla Chiesa «per sottolineare la priorità dell’amore, priorità che non è un monopolio solo femminile. Certo che la donna, data la sua predisposizione alla maternità, ha una grande capacità d’amore che le dà di percepire dentro di sé quanto l’altro sta vivendo, così come solo una madre può fare». Maria Voce conclude quindi ribadendo che il “vero” potere risiede nell’amore evangelico che genera la presenza di Gesù in mezzo alla comunità, e affermando che quando si costruisce qualcosa su questa base «si opera un capovolgimento straordinario».
La presidente dei Focolari è stata solo uno degli esperti intervenuti, tra venerdì e domenica, alle Settimane sociali di Francia quest’anno dedicate al tema Hommes et femmes, la nouvelle donne. Particolarmente applaudito il discorso della filosofa Sylviane Agacinski sulle «metamorfosi della differenza». Il dominio ancestrale degli uomini sulle donne — è stato spiegato — non condiziona solo posti e ruoli ma influenza anche il modo di pensare il mondo. E ha orientato non solamente la filosofia ma anche il cristianesimo e la teologia. Come pensare oggi la differenza? Come rispettarla, specialmente nei campi della filiazione e della vita? La Agacinski ha tuttavia fortemente criticato quegli studi di genere che fanno della differenza sessuale una costruzione culturale, e ha ammonito sulle gravi conseguenze che, per esempio, la procreazione per inseminazione in seno a coppie formate da donne potrebbe avere sul bambino. Tali pratiche — ha detto — non solo impongono «una finzione di concepimento desessualizzato che non è verosimile» ma «rischiano di imporre il diritto di occultare l’altro sesso nel concepimento di questi bambini e di impedire loro di avere accesso alla propria reale origine». Bambini che «non sono rappresentati politicamente ma dei quali si devono difendere i diritti».

L'Osservatore Romano 27 novembre 2012