lunedì 19 novembre 2012

La Fede che salva e guarisce

Di seguito il Vangelo di oggi, 19 novembre, lunedi della XXXIII settimana del T.O., con un commento. Sulla memoria liturgica di Matilde di Magdeburgo e Matilde di Hackeborn vedi i post seguenti:


19 Nov 2011
MATILDE DI MAGDEBURGO. (ca. 1208-ca. 1283). testimone. Il monastero di Helfta fu nel XIII secolo un luogo di alta spiritualità e un ritrovo di grandi mistiche che trovavano alimento nella ruminazione quotidiana delle ...
19 Nov 2011
Metilde di Hackeborn: "Il Libro della Grazia Speciale" 3. 1241-1298- Metilde di Hackeborn - Liber gratiae specialis. IL LIBRO DELLA. GRAZIA SPECIALE ...... su Facebook. Etichette: Libri, Matilde di Hackeborn, Monachesimo ...



Si trovano l’uno di fronte all’altro:
Dio con la sua volontà di guarire
e l’uomo con il suo desiderio di essere guarito.
Due libertà, due volontà convergenti:
"Che vuoi che io ti faccia?", gli chiede il Signore.
"Che io riabbia la vista!", risponde il cieco.
"Va’, la tua fede ti ha salvato".
Con queste parole si compie il miracolo. Gioia di Dio, gioia dell’uomo.
Benedetto XVI 
Dal Vangelo secondo Luca 18,35-43.
Mentre si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto a mendicare lungo la strada. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli risposero: «Passa Gesù il Nazareno!». Allora incominciò a gridare: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo sgridavano, perché tacesse; ma lui continuava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e ordinò che glielo conducessero. Quando gli fu vicino, gli domandò: «Che vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io riabbia la vista». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo lodando Dio. E tutto il popolo, alla vista di ciò, diede lode a Dio. 

Il commento

"Gerico era saldamente sbarrata dinanzi agli Israeliti; nessuno usciva e nessuno entrava" (Gs. 5,13). Qui giaceva la vita del cieco, inchiodata come la nostra dinanzi alle barriere che si ergono nelle relazioni e ci spingono a “mendicare” un po’ di affetto, stima e considerazione; quelle mura, infatti, ci impediscono di vedere nel fratello la Terra che ci è stata promessa, il “tu” a cui donarci ed essere felici. Ma Gerico non è un caso o un ghigno crudele del destino. Come aveva fatto con Israele, il Signore ha condotto anche noi dinanzi a questa città fortificata. “Al popolo Giosuè aveva ordinato: «Non urlate, non fate neppur sentire la voce e non una parola esca dalla vostra bocca finché vi dirò: Lanciate il grido di guerra, allora griderete». Come il popolo, così anche il cieco era rimasto  silenzioso, sino al passaggio di Gesù. Egli è l’immagine dell'uomo ferito dal peccato, incapace di tutto eppure spinto a superare il limite imposto da quegli occhi chiusi sul mondo. La sua mano è tesa come la nostra: proprio “mendicando” e cedendo a compromessi grossolani, essa esprime balbettando il desiderio della pienezza di vita per la quale siamo nati, quella che il suo cuore "vedeva" prima e che poi aveva smarrito. Non a caso, infatti, prima di conquistarla, i sacerdoti e il popolo girano per sei giorni intorno a Gerico portando con sé l’Arca dell’Alleanza, il segno della presenza di Dio. Sei giorni, come la ferialità della nostra vita passata a “mendicare”, senza però che il Signore abbia smesso un istante di alimentare e sostenere in noi il desiderio del settimo giorno. Per questo il fallimento e la nostra meschinità sono già un'opera divina: ci umiliano, preparandoci a ricevere la stessa Grazia donata al cieco, quella di trovarsi in quel luogo, in quel momento, dentro a quell'appuntamento che lui non aveva fissato.

Giunge oggi il settimo giorno, “passa Gesù il Nazareno”, ce lo annunciano quelli che "camminano avanti", il Popolo in procinto di entrare in Gerico. E’ arrivata la Pasqua della Vita e del perdono, dove prorompere in grida altissime capaci di far cadere le mura di Gerico. Ma spesso, nella Chiesa come dentro di noi, i sensi di colpa, il moralismo e il legalismo vorrebbero intimarci il silenzio. Invece il cieco continua, prende forza dalla sua debolezza e dalla fede accolta attraverso l'ascolto della predicazione, e grida "ancora più forte". Ha scoperto che tutto è Grazia, perfino quel suo stare là come l’ultimo della città... E' bastato il passaggio di Gesù ad accendere la fede e a decodificarla in un grido, a professarla con semplici parole: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!". Abbi pietà “tu” di me: anche la nostra mano ha trovato la “pietà” vera, non importa se cercata come può poveramente un cieco, spesso nei peccati... E quel grido ferma Gesù. Occorre che Egli si accorga di lui e si fermi, che la scintilla della fede lo raggiunga e sciolga la sua “commozione”. Perché l'appuntamento cui siamo destinati si traduca in un avvenimento reale, è necessario dare del "tu" a Gesù, consegnandogli l'”autorità” per compiere la volontà del Padre in noi. Cristo stesso, infatti, “mendica” da noi l’amen che gli permetta di offrire la pietà mendicata. Diceva Mons. Giussani che "l’esistenza si esprime, come ultimo ideale, nella mendicanza. Il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante del cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo". "Che vuoi che io faccia per te?": questa domanda è oggi rivolta a ciascuno di noi. Possiamo riacquistare la vista per contemplare il volto di Cristo, e scoprire che, da sempre, era impresso in noi e nella nostra storia. Da questo incontro nasce un discepolo ebbro di “gioia” e di “lode”, che non smette però di mendicare: segue Cristo perché sa a Chi chiedere, in un cammino di fede e di illuminazione che durerà per tutta la vita, per imparare ad entrare ogni giorno nella Terra della libertà e donarsi ad ogni "tu" nel quale vedrà il Signore.