Concistoro per la creazione di 6 nuovi cardinali. Benedetto XVI: "Gesù invia la sua Chiesa non ad un gruppo, ma alla totalità del genere umano per radunarlo, nella fede, in un unico popolo al fine di salvarlo, come esprime bene il Concilio Vaticano II". Di seguito l'allocuzione del Papa, appena terminata.
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Cari fratelli e sorelle!
Queste
parole, che tra poco pronunceranno solennemente i nuovi Cardinali
emettendo la professione di fede, fanno parte del simbolo
niceno-costantinopolitano, la sintesi della fede della Chiesa che ognuno
riceve al momento del Battesimo. Solo professando e custodendo intatta
questa regola di verità siamo autentici discepoli del Signore. In questo
Concistoro, vorrei soffermarmi in particolare sul significato del
termine «cattolica», che indica un tratto essenziale della Chiesa e
della sua missione. Il discorso sarebbe ampio e potrebbe essere impostato secondo diverse prospettive: oggi mi limiterò a qualche pensiero.
Le
note caratteristiche della Chiesa rispondono al disegno divino, come
recita il Catechismo della Chiesa Cattolica: «È Cristo che, per mezzo
dello Spirito Santo, concede alla sua Chiesa di essere una, santa,
cattolica e apostolica, ed è ancora lui che la chiama a realizzare
ciascuna di queste caratteristiche» (n. 811). Nello specifico, la Chiesa
è cattolica perché Cristo abbraccia nella sua missione di salvezza
tutta l’umanità. Mentre la missione di Gesù nella sua vita terrena era
limitata al popolo giudaico, «alle pecore perdute della casa d’Israele»
(Mt 15,24), era tuttavia orientata dall’inizio a portare a tutti i
popoli la luce del Vangelo e a far entrare tutte le nazioni nel Regno di
Dio. Davanti alla fede del Centurione a Cafarnao, Gesù esclama: «Ora io
vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a
mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli» (Mt 8,11).
Questa prospettiva universalistica affiora, tra l’altro, dalla
presentazione che Gesù fece di se stesso non solo come «Figlio di
Davide», ma quale «Figlio dell’uomo» (Mc 10,33), come abbiamo sentito
anche nel brano evangelico poc’anzi proclamato. Il titolo di «Figlio
dell’uomo», nel linguaggio della letteratura apocalittica giudaica
ispirata alla visione della storia nel Libro del profeta Daniele (cfr
7,13-14), richiama il personaggio che viene «con le nubi del cielo» (v.
13) ed è un’immagine che preannuncia un regno del tutto nuovo, un regno
sorretto non da poteri umani, ma dal vero potere che proviene da Dio.
Gesù si serve di questa espressione ricca e complessa e la riferisce a
Se stesso per manifestare il vero carattere del suo messianismo, come
missione destinata a tutto l’uomo e ad ogni uomo, superando ogni
particolarismo etnico, nazionale e religioso. Ed è proprio nella sequela
di Gesù, nel lasciarsi attrarre dentro la sua umanità e dunque nella
comunione con Dio che si entra in questo nuovo regno, che la Chiesa
annuncia e anticipa, e che vince frammentazione e dispersione.
Gesù
poi invia la sua Chiesa non ad un gruppo, ma alla totalità del genere
umano per radunarlo, nella fede, in un unico popolo al fine di salvarlo,
come esprime bene il Concilio Vaticano II nella Costituzione dogmatica
Lumen gentium: «Tutti gli uomini sono chiamati a far parte del nuovo
Popolo di Dio. Perciò questo Popolo, restando uno e unico, deve
estendersi a tutto il mondo e a tutti i secoli, affinché si compia il
disegno della volontà di Dio» (n. 13). L’universalità della Chiesa
attinge quindi all’universalità dell’unico disegno divino di salvezza
del mondo. Tale carattere universale emerge con chiarezza il giorno
della Pentecoste, quando lo Spirito Santo ricolma della sua presenza la
prima comunità cristiana, perché il Vangelo si estenda a tutte le
nazioni e faccia crescere in tutti i popoli l’unico Popolo di Dio. Così,
la Chiesa, fin dai suoi inizi, è orientata kat’holon, abbraccia tutto
l’universo. Gli Apostoli rendono testimonianza a Cristo rivolgendosi a
uomini provenienti da tutta la terra e ciascuno li comprende come se
parlassero nella sua lingua nativa (cfr At 2,7-8). Da quel giorno la
Chiesa con la «forza dello Spirito Santo», secondo la promessa di Gesù,
annuncia il Signore morto e risorto «a Gerusalemme, in tutta la Giudea e
la Samaria e fino agli estremi confini della terra» (At 1,8). La
missione universale della Chiesa, pertanto, non sale dal basso, ma
scende dall’alto, dallo Spirito Santo, e fin dal suo primo istante è
orientata ad esprimersi in ogni cultura per formare così l’unico Popolo
di Dio. Non è tanto una comunità locale che si allarga e si espande
lentamente, ma è come un lievito che è orientato all’universale, al
tutto, e che porta in se stesso l’universalità. «Andate in tutto il
mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15); «fate
discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19). Con queste parole Gesù invia gli
Apostoli a tutte le creature, perché giunga dovunque l’azione salvifica
di Dio. Ma se guardiamo al momento dell’ascensione di Gesù al Cielo,
narrata negli Atti degli Apostoli, vediamo che i discepoli sono ancora
chiusi nella loro visione, pensano alla restaurazione di un nuovo regno
davidico, e domandano al Signore: «è questo il tempo nel quale
ricostituirai il regno per Israele?» (At 1,6). Come risponde Gesù?
Risponde aprendo i loro orizzonti e donando loro una promessa e un
compito: promette che saranno ricolmi della potenza dello Spirito Santo e
conferisce loro l’incarico di testimoniarlo in tutto il mondo
oltrepassando i confini culturali e religiosi entro cui erano abituati a
pensare e a vivere, per aprirsi al Regno universale di Dio. E agli
inizi del cammino della Chiesa, gli Apostoli e i discepoli partono senza
alcuna sicurezza umana, ma con l’unica forza dello Spirito Santo, del
Vangelo e della fede. È il fermento che si sparge nel mondo, entra nelle
diverse vicende e nei molteplici contesti culturali e sociali, ma
rimane un’unica Chiesa. Intorno agli Apostoli fioriscono le comunità
cristiane, ma esse sono «la» Chiesa, che, a Gerusalemme, ad Antiochia o a
Roma, è sempre la stessa, una e universale. E quando gli Apostoli
parlano di Chiesa, non parlano di una propria comunità, parlano della
Chiesa di Cristo, e insistono su questa identità unica, universale e
totale della Catholica, che si realizza in ogni Chiesa locale. La Chiesa
è una, santa, cattolica e apostolica, riflette in se stessa la sorgente
della sua vita e del suo cammino: l’unità e la comunione della Trinità.
Nel
solco e nella prospettiva dell’unità e universalità della Chiesa si
colloca anche il Collegio Cardinalizio: esso presenta una varietà di
volti, in quanto esprime il volto della Chiesa universale. Attraverso
questo Concistoro, in modo particolare, desidero porre in risalto che la
Chiesa è Chiesa di tutti i popoli, e pertanto si esprime nelle varie
culture dei diversi Continenti. È la Chiesa di Pentecoste, che nella
polifonia delle voci innalza un unico canto armonioso al Dio vivente.
Saluto
cordialmente le Delegazioni ufficiali dei vari Paesi, i Vescovi, i
sacerdoti, le persone consacrate, i fedeli laici delle diverse Comunità
diocesane e tutti coloro che partecipano alla gioia dei nuovi membri del
Collegio Cardinalizio, ai quali sono legati per il vincolo della
parentela, dell’amicizia, della collaborazione. I nuovi Cardinali, che
rappresentano varie Diocesi del mondo, sono da oggi aggregati, a titolo
tutto speciale, alla Chiesa di Roma e rafforzano così i legami
spirituali che uniscono la Chiesa intera, vivificata da Cristo e stretta
attorno al Successore di Pietro. Nello stesso tempo, il rito odierno
esprime il supremo valore della fedeltà. Infatti, nel giuramento che tra
poco voi farete, venerati Fratelli, stanno scritte parole cariche di
profondo significato spirituale ed ecclesiale: «Prometto e giuro di
rimanere, da ora e per sempre finché avrò vita, fedele a Cristo e al suo
Vangelo, costantemente obbediente alla Santa Apostolica Chiesa Romana».
E nel ricevere la berretta rossa sentirete ricordarvi che essa indica
«che dovete essere pronti a comportarvi con fortezza, fino all’effusione
del sangue, per l’incremento della fede cristiana, per la pace e la
tranquillità del popolo di Dio». Mentre la consegna dell’anello sarà
accompagnata dal monito: «Sappi che con l’amore del Principe degli
Apostoli si rafforza il tuo amore verso la Chiesa».
Ecco
indicata, in questi gesti e nelle espressioni che li accompagnano, la
fisionomia che voi oggi assumete nella Chiesa. D’ora in poi voi sarete
ancora più strettamente e intimamente uniti alla Sede di Pietro: i
titoli o le diaconie delle chiese dell’Urbe vi ricorderanno il legame
che vi stringe, come membri a titolo specialissimo, a questa Chiesa di
Roma, che presiede alla carità universale. Specialmente mediante la
vostra collaborazione con i Dicasteri della Curia Romana, sarete miei
preziosi cooperatori, anzitutto nel ministero apostolico per l’intera
cattolicità, quale Pastore dell’intero gregge di Cristo e primo garante
della dottrina, della disciplina e della morale. Cari amici, lodiamo il
Signore, che «con larghezza di doni non cessa di arricchire la sua
Chiesa sparsa nel mondo» (Orazione) e la rinvigorisce nella perenne
giovinezza che le ha dato. A Lui affidiamo il nuovo servizio ecclesiale
di questi stimati e venerati Fratelli, affinché possano rendere
coraggiosa testimonianza a Cristo, nel dinamismo edificante della fede e
nel segno di un incessante amore oblativo.