giovedì 29 novembre 2012

Così andiamo a sbattere



  Cattivissimi i tempi che stiamo attraversando. Ieri sera lo abbiamo ascoltato dalla viva voce di entrambi i candidati alla premiership del nostro Paese, perfettamente d'accordo su questo punto: diritti per le famiglie di fatto, anche omosessuali. Anche in Italia, come in tutta Europa, si procede inesorabilmente verso la completa dissoluzione del matrimonio cristiano: come (già) in Spagna, come (prossimamente) in Francia e nel Regno Unito, come (ormai da tempo) in tutto il nord Europa. E' cruciale che la Chiesa parli forte e chiaro: il matrimonio è uno e uno solo: quello tra un uomo e una donna, come è ovvio dalla morale naturale prima che dalla antropologia cristiana e religiosa. Durante l'annuncio di Avvento ieri sera Kiko Arguello, fondatore del Cammino Neocatecumenale, ha invitato ad una serie di pubbliche manifestazioni a sostegno della famiglia cristiana: a Madrid, il 30 dicembre, a Parigi, il 13 gennaio, e a Bruxelles, sede del Parlamento europeo. Ciò perchè dell'anno della Fede noi cristiani abbiamo il dovere di fare tutto il possibile per salvare la famiglia in Europa. Un peccato di omissione in tal senso sarebbe irreparabile: andiamo uniti, viviamo insieme la nostra fede per aiutare la famiglia.
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Di seguito riporto qualche commento dalla edizione quotidiana de L'Osservatore Romano e dal settimanale "La Croix". 

 

Lettera del metropolita Hilarion al cardinale Vingt-Trois. La lenta erosione dei valori cristiani


«Osserviamo con dispiacere l’erosione dei principi morali nella vita privata e pubblica che si sta producendo in un Paese con profonde radici cristiane». Per questo, è auspicabile che «i francesi rimasti fedeli alla morale tradizionale non siano rimasti indifferenti a un’iniziativa delle autorità francesi inaccettabile per i cristiani» e che «le forze sane della società» continuino a difendere attivamente tale morale.
In una lettera inviata nei giorni scorsi al cardinale arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, presidente della Conferenza episcopale francese, il metropolita di Volokolamsk, Hilarion (Alfeyev), presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, ha espresso il sostegno e la volontà della Chiesa ortodossa russa di lavorare insieme alla Chiesa cattolica nella difesa dei valori cristiani.
«La mia lettera — scrive Hilarion — fa eco all’inquietudine suscitata dalle notizie provenienti dalla Francia sul progetto di legge che prevede la legalizzazione dei matrimoni omosessuali, elaborato dal Partito socialista al potere. Con la presente, vorrei esprimere la mia solidarietà e il mio sostegno alla vostra posizione coerente e senza compromessi che mette in evidenza il punto di vista veramente cristiano su questo problema». Il metropolita, assicurando che il Patriarcato di Mosca è pronto ad agire insieme alla Conferenza dei vescovi di Francia per la difesa dei valori etici del Vangelo, si dice comunque fiducioso anche in virtù delle «numerose manifestazioni che si sono svolte recentemente in molte città della Francia contro la legalizzazione delle unioni fra persone dello stesso sesso».
Com’è noto, il 7 novembre il Consiglio dei ministri francese ha approvato un disegno di legge sui matrimoni omosessuali che riconosce come “matrimonio” l’unione di due persone indipendentemente dal loro sesso ed estende a queste coppie anche il diritto di adozione. L’iniziativa, sostenuta dal presidente della Repubblica, François Hollande, ha suscitato nel Paese numerose proteste. Manifestazioni di massa hanno avuto luogo nelle settimane scorse a Parigi, Marsiglia, Lione, Tolosa, Nantes e in altre città. In alcuni casi, i cortei sono stati organizzati da organizzazioni laiche, in altri per iniziativa della Chiesa cattolica e delle comunità musulmane.
Va inoltre ricordato che sia il presidente del Consiglio francese del culto musulmano, Mohammed Moussaoui, sia il gran rabbino di Francia, Gilles Bernheim, sono intervenuti sull’argomento esprimendo la loro netta contrarietà al mariage pour tous. Moussaoui, citando il Corano, ha ribadito che il matrimonio, secondo la religione musulmana, è un patto fondato sul reciproco consenso teso a stabilire un’unione legale e duratura fra un uomo e una donna e alla creazione di una famiglia stabile guidata dai due coniugi. Il matrimonio omosessuale non è dunque assolutamente conforme ai principi della giurisprudenza musulmana. Bernheim — facendo riferimento alla Bibbia, al diritto e all’antropologia — ha invece sottolineato che il progetto «mette in discussione uno dei fondamenti della nostra società»; per il gran rabbino, che critica il «pensiero dominante», tale disegno di legge potrebbe portare a interferire addirittura con l’aspetto genealogico, con lo statuto del bambino e le identità sessuali.
La Chiesa cattolica francese si è espressa con fermezza anche nella recente assemblea plenaria della Conferenza episcopale. Il cardinale Vingt-Trois, nel suo discorso di chiusura, ha teso la mano verso le persone omosessuali, spiegando che la Chiesa è sempre disponibile ad accompagnare anch’esse sul «cammino verso la santità» ma sottolineando che quello del matrimonio è «un inganno» per gli stessi omosessuali e ricordando, ancora una volta, «i grandi assenti di questo dibattito: i bambini».
L'Osservatore Romano 30 novembre 2012

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Regno Unito
Il Regno Unito prevede di legalizzare il “matrimonio omosessuale” all'inizio del 2013
La Croix - Rassegna "Fine Settimana"

(Tristan de Bourbon) Mentre il governo francese si prepara ad adottare una legge che legalizza il “matrimonio per tutti”, il vicino britannico dovrebbe precederlo: David Cameron prevede di far approvare una legge equivalente già all'inizio del 2013. Il primo ministro (...)

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 File:Philippe Barbarin.jpg



A colloquio con il cardinale Philippe Barbarin in occasione della visita «ad limina» di vescovi francesi.


(Nicola Gori) È un invito al coraggio, a trovare nuove forme per annunciare il Vangelo in una società ampiamente secolarizzata, e a tratti indifferente, quello che il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, rilancia nell’intervista al nostro giornale.
La speranza è che «i francesi, con la fiducia in Dio, riscoprano tra l’altro il valore insostituibile del matrimonio cristiano tra un uomo e una donna» e la ricchezza del dialogo tra tutte le culture e tra fede e ragione. Con la certezza di rinvigorire questa speranza il porporato si appresta a compiere in questi giorni la visita ad limina Apostolorum.

Quanto è importante il dialogo tra fede e cultura nella società francese di oggi?

Il dialogo interculturale è sempre esistito. Si pensi agli scambi tra ebrei, musulmani e cristiani nel medioevo. Oggi possiamo trovare nuovi stimoli guardando a Giovanni Paolo II — penso in particolare, all’enciclica Fides et ratio — e nell’attitudine intellettuale così aperta di Benedetto XVI. Tutti ricordano del suo dialogo con il filosofo Jürgen Habermas. Recentemente poi, il Pontificio Consiglio della Cultura ha preso l’iniziativa di organizzare dei Cortili dei gentili in differenti grandi città. Sono dei luoghi in cui la fede cristiana entra in dialogo pubblico con la cultura contemporanea. In quanto a me, ho spesso occasione di incontrare i rappresentanti delle diverse confessioni cristiane, delle altre religioni, ma anche di filosofi come Luc Ferry o André Comte-Sponville. È sempre un arricchimento scoprire il pensiero di un altro; lo scambio ci aiuta a precisare e approfondire il nostro così come ad affinare l’espressione della nostra fede. Ciò ha una dimensione orizzontale? Lo spero bene, poiché abbiamo tutti per obiettivo di comprendere e di servire l’uomo.

La secolarizzazione per la Chiesa rappresenta un’opportunità o una sconfitta? 

Una sconfitta? Forse. È sempre utile fare un esame di coscienza. Dobbiamo lasciarci interrogare. È chiaro che la nostra attitudine di discepoli di Cristo è lontana dall’essere quello che avrebbe dovuto essere in diversi momenti della storia. Di fronte alla secolarizzazione io parlerei di un avvertimento, un appello alla vigilanza per noi, oggi e domani. Ma occorre risolutamente andare avanti e rimettere il passato alla misericordia di Dio. L’ultima consegna di Gesù resta ancora attuale: «Andate, insegnate a tutte le nazioni...», e «sarete miei testimoni». Questa missione deve essere compiuta in un contesto veramente nuovo, all’interno di una società ampiamente secolarizzata. Dio offre la sua grazia in ogni momento della storia. Generosamente, dona «l’equipaggiamento» di cui abbiamo bisogno per rendere testimonianza nelle circostanze attuali. Ci sono delle questioni che sono eterne, ma ci sono anche molti interrogativi e situazioni nuove. Mi rallegro nel vedere tante iniziative prese nella mia diocesi, in Francia e nella Chiesa intera, per rilanciare la sfida dell’evangelizzazione in un mondo secolarizzato. Noto un reale slancio missionario nei cattolici francesi.

Il cinquantesimo dall’apertura del concilio Vaticano II dà lo spunto per riflettere su quale attuazioni abbiano avuto le raccomandazioni dei padri conciliari.

Certamente la Dei verbum ha segnato una svolta: la Parola di Dio, di cui l’Agnello stesso ci apre i sigilli è diventata il cibo di tutti e la sorgente che irriga la vita delle parrocchie e di tutte le comunità cristiane. Siamo coscienti che c’è ancora molto da fare. Potrei dire altrettanto del rinnovamento liturgico, del mistero della Chiesa, dell’attenzione al «mondo di questi tempi», dell’ecumenismo, del dialogo interreligioso. Nelle visite pastorali, la mia gioia più grande è di vedere in ogni parrocchia una équipe d’animazione e un gruppo più ampio, di 30, 60 o 100 persone che collaborano con il parroco e l’équipe pastorale. Si sentono veramente responsabili, non solo della vita e della buona organizzazione della parrocchia, ma anche della sua missione, dei bisogni e delle attese di tutti quanti, uomini e donne, che il Signore ci dona di incrociare e di servire. Nella primaziale San Giovanni di Lione stiamo per installare un vero ambone in pietra, in armonia con l’altare. Questo anniversario ci ha dato l’occasione di rileggere il concilio e di rimetterci al lavoro per mettere in opera tutto quello che ci propone.

Si è parlato dei malintesi del "matrimonio per tutti": progresso democratico o rottura sociale?

«Matrimonio per tutti», non è un progetto, è uno slogan. Basta aprire il progetto di legge per leggere che questo testo non riguarda i membri di una stessa famiglia. Dunque, non è «per tutti». Inoltre, come ha fatto notare padre Valadier, è un testo di una grande povertà. Si è dichiarato «esterrefatto dalla leggerezza del governo» e «sconfortato dalla debolezza e dalla vacuità degli argomenti». Essenzialmente, in fondo, è una menzogna. Comprendo che il legislatore voglia dare dei diritti a membri della società che soffrono per ingiustizie o discriminazioni. Ma non vedo come possa arrogarsi il diritto di cambiare il senso delle parole. Un matrimonio, tutti lo sanno, è l’unione tra un uomo e una donna. Non saranno i Parlamenti del XXI secolo che lo cambieranno. Il patriarca di Lisbona, dopo il voto di questa legge in Portogallo, dove l’adozione non è autorizzata, ha detto: «Ma rassicuratevi, tutti sanno quello che è un matrimonio». Io, come anche altri preti, sono in dialogo con numerose persone omosessuali. Sanno che sono amate e che saranno sempre accolte. Gli ricordo soprattutto che comunque Dio veglia su tutti e dice a ciascuno: «Tu sei prezioso ai miei occhi». Auguro che ognuno ascolti l’appello di Cristo e sia aiutato a corrispondervi.

Integrazione sociale e dialogo interreligioso. Due sfide per la Chiesa.

Non ho grandi competenze sociologiche per parlare di integrazione dal punto di vista sociale. Capisco che entrare nella tradizione e nella cultura francese non è la stessa cosa per chi arriva da un Paese latino, da un Paese slavo, dal Maghreb o dall’Africa subsahariana, dall’Asia o dall’America latina. I musulmani con i quali sono in dialogo sono molto preoccupati di porre le basi di un islam di Francia. Soffrono delle divisioni e delle pressioni politiche che vengono da Marocco, Algeria o Turchia. Recentemente, un responsabile musulmano di Lione, che ha partecipato alla manifestazione del 17 novembre contro il progetto di legge sul matrimonio, esprimeva le ragioni per le quali si trovava là e si rammaricava che i musulmani non erano stati più numerosi. Ringraziava la Chiesa cattolica per la chiarezza su questo tema. Chi ha letto i testi del pastore Claude Baty, presidente della federazione protestante, del grande rabbino di Francia, Gilles Bernheim, di M. Moussaoui, presidente del consiglio francese del culto musulmano, e quello della commissione episcopale famiglia e società ha potuto vedere come queste parole erano differenti ma chiaramente convergenti. A Lione, abbiamo preso l’abitudine di organizzare ogni due anni una giornata di incontro tra preti e imam. È un momento molto ricco e utilissimo per progredire nella conoscenza e nel rispetto reciproco. All’inizio di dicembre avrà luogo, sempre a Lione, il secondo forum nazionale islamo-cristiano. Personalmente, trovo che il dialogo con gli ebrei progredisca realmente. Me ne rendo conto negli scambi pubblici che ho abbastanza regolarmente con il grande rabbino Gilles Bernheim e anche durante gli incontri con i grandi rabbini americani, ai quali il cardinale Vingt-Trois, sulla scia del cardinale Jean-Marie Lustiger, invita ogni anno un gran numero di vescovi. Non abbiamo più paura di affrontare questioni difficili. Siamo capaci di stimarci e di continuare ad ascoltarci, anche quando si manifesta un disaccordo profondo.

Qual è il ruolo dei mass media nella nuova evangelizzazione?

Sono un elemento essenziale della vita sociale attuale. Dunque, non possono essere ignorati o lasciati da un lato nella missione dell’evangelizzazione dei nostri contemporanei. Si dice spesso che essere assenti dai media, è «cessare di esistere». L’espressione mi fa sorridere perché non vedo chi, nella Chiesa, è presente in maniera così intensa come le carmelitane, le trappiste, o i certosini dei quali i media non parlano mai! Detto ciò, se la Gaudium et spes chiede alla Chiesa di essere «nel mondo di questi tempi», ponendosi come serva, va da sé che dobbiamo prendere il nostro posto nell’universo mediatico. Il problema, sicuramente, è che la logica dei media non è sempre coerente. Hanno per missione di informare, ma all’improvviso la logica si inceppa a causa del diktat delle percentuali di ascolto e, talvolta, è tutto il sistema che si spaventa a causa della ricerca sfrenata del far parlare di sé. Mi sembra che dobbiamo lavorare con i mezzi della nostra epoca e anche provare a essere all’avanguardia. Ma occorre anche misurare i rischi, sapere che non è possibile del tutto anticipare né controllare e, come ha detto recentemente il cardinale Ricard, tutto ciò può condurre a un vero martirio mediatico.
L'Osservatore Romano 30 novembre 2012