martedì 18 settembre 2012

Uomini veri per donne senza paura



Di seguito un estratto dal capitolo 8 di "Sposala e muori per lei", il libro di Costanza Miriano da oggi in vendita.

* * *

  Ho detto “Dio”, non “bio”,
 ovvero
 L’educazione deve avere un fine alto

Prima mi dispiaceva del fatto che i miei figli di ogni cosa che dico chiedano conferma al padre: ero sicura
che fosse perché non ero riuscita a dissimulare la mia ignoranza, forse era stato troppo quando avevo detto
che Pancho Villa era l'aiutante di Zorro, o forse perché tutto quello che funziona in casa lo fa funzionare il
babbo, e se il dvx si blocca è meglio che io esca dalla stanza. Poi ho realizzato che non è colpa della mia
inadeguatezza – comunque quando sarò in pensione conto di colmare qualche lacuna – ma dello specifico
paterno: è il padre che indica l'origine e il fine  dell'uomo. E' per questo che prendiamo il nome di nostro
padre (fino a che la legge ce lo consentirà), perché a lui apparteniamo. Un padre che è solo una pallida
immagine del Padre a cui tendiamo, ma che comunque  ci dice la nostra storia, da dove veniamo e dove
andiamo. Per questo a casa nostra il babbo oltre ad aggiustare le cose, caccia tutte le paure, dà il coraggio
di provare. Il padre infatti ha la forza di mettere obiettivi alti da raggiungere, osserva il figlio, lo conosce e per
questo stabilisce le regole (come disse Konrad Adenauer i dieci comandamenti sono così chiari perché non
li ha decisi un'assemblea). La legge non è costrizione, ma è quello che porta via dalla schiavitù dell'Egitto: fa
vivere meglio qui sulla terra (quanta infelicità in giro tra le persone che fanno di testa propria, e dicono di
appartenere solo a se stesse), e ci fa vivere per sempre.
Sì, lo so, Valeria, che a volte succede che Giuseppe sgridi più o meno le bambine non esattamente in base
alla gravità di quello che hanno fatto, ma in base all'importanza della partita che sta vedendo. Capisco che il
tuo istinto sia quello di afferrare la liana e buttarti giù a difendere il cucciolo dalle sgridate del babbo, ma è
vietatissimo. Sono i padri che tagliano il cordone con la mamma, anzi, devono salvare i figli dall'abbraccio
soffocante e a volte mortale con lei, che è programmata per intuire e soddisfare tutti i loro bisogni. Non si
può neanche ipotizzare l'esistenza di un uomo capace di azzeccare il numero di strati di magliette
necessario al pupo, o in grado di decifrare un pianto infantile, non ce la fa neanche quella particolare specie
rara che sono i pediatri maschi.
Tra le dotazioni base di cui è sprovvisto l'uomo c'è anche la percezione dei pericoli. Quando sono con
Giuseppe le bambine fanno dei tripli axel - senza pattini, bastano i calzini - per centrare gli spigoli, si
lanciano dalle scale per vedere se possono volare come La Torcia Umana, ingeriscono  bottoni e toccano
pentole bollenti. Lui, inadatto e inconfessabilmente scocciato da questo babysitteraggio forzato e ininterrotto,
appena può si distrae – leggiucchia, smessaggia, si appisola – e i due inventivi aspiranti suicidi ne
approfittano immediatamente. In più, diciamo la verità, non essendo una mamma il padre non ha quell'istinto
che gli fa indovinare una febbre al telefono, una caduta da due stanze di distanza, un brutto voto da un colpo
di tosse. Un uomo non è in grado di prevedere pericoli e insidie come una donna, a meno che non sia un
nevrotico ipocondriaco conclamato. Perché dunque costringerlo a farlo? Se la sicurezza fosse una
preoccupazione maschile i padri impiegherebbero molto meno di due ore e un quarto a imparare a chiudere
le cinture del seggiolino dell'auto, e non suderebbero così tanto.
Propongo poi una raccolta di firme per salvare l'uomo, quello vecchio stile, dico, dalle insidie della visita
pediatrica, vicenda per lui estremamente impegnativa, durante la quale verrà sottoposto a una serie di
domande incomprensibili (cosa intenderà esattamente con tosse secca?). La pediatra certo per venirgli
incontro abbasserà progressivamente la difficoltà della prova, proponendogli alla fine una domanda di
salvataggio, giusto per non bocciarlo, tipo quanti anni ha il bambino (una specie di “parlami del tuo autore
preferito”), e questa lui la sa, se lo ricorda perché è nato l'anno dopo lo scudetto.
Per come la vedo io, comunque, il confine estremo dell'ignoto per un uomo sarebbe raccogliere le firme per il
ritorno della vecchia maestra di teatro. Innanzitutto dovrebbe sapere che suo figlio fa teatro (ai suoi tempi a
scuola si imparava a leggere e scrivere). Poi dovrebbe apprendere che prima aveva una maestra.
Memorizzarne il nome anche se racchia. Sapere che adesso è cambiata. Indignarsi. Vergare una lettera di
più di quattro parole. Contattare altri genitori – li incontra da anni ma ne riconosce solo uno, e perché porta
la quinta di reggiseno – ascoltare le loro ragioni, sintetizzare, mediare, accogliere obiezioni, smussare
angoli. Portare la lettera alla preside. Sostenere una conversazione. Impossibile.
D'altra parte ci sono molte altre cose che un padre fa, e una mamma non sa fare, per quanto noi, quasi
sempre affette da deliri di onnipotenza, fatichiamo ad ammetterlo. Il padre propone nuove esperienze,  e insegna ad affrontare i problemi, protegge ma quando è il caso permette di rischiare, dà un
modello ai maschi, approva e conferma le femmine, poiché ha messo le regole può anche perdonare, e
quando è presente, è presente con tutto se stesso, e può appassionarsi al gioco come se avesse dieci anni,
cosa ampiamente apprezzata dai figli.
A questo punto devo inserire un ringraziamento a mio marito, che impedisce che a casa nostra viga la
democrazia, ciò che porterebbe a un netto predominio della Pepsi twist sull'acqua, del wrestling sullo studio,
delle attività di acconciatura peluche su quelle di riordino giochi. Quello che dice il babbo si ascolta, perché il
babbo è generoso e non tiene niente per se stesso. Vorrei ringraziare mio marito perché fa il lavoro grosso,
quello meno creativo ma più utile a tutti noi; perché è solido e razionale; grazie perché è senza optional –
tipo un sofisticato navigatore che gli permetta di individuare nuovi colpi di sole nella consorte – ma non va
mai in panne; riceve sms solo dal Touring Club, ma per noi c'è sempre (non come qualcun'altra che starebbe
sempre al telefono); corregge con mano ferma, spegne le luci alla sera, toglie i ciucci e dice basta alle
caramelle; sa sempre distinguere tra la birichinata e il birichino, e contiene l'arrabbiatura sempre negli argini;
si fa aiutare nei lavori di giardinaggio pur avendo i quattro aiutanti più sconclusionati del centro Italia; lo
ringrazio perché fa viaggi, vede film, spiega guerre, ascolta incongruenti opinioni di tattica calcistica e
surreali avventure di omini Lego, mette (e sente) sveglie ed è pronto a fare tutte le cose per le quali non
saprei dove sbattere la testa; perché ci guida ma mi chiede sempre un'opinione (e quando poi fa di testa sua
di solito ci prende); lo ringrazio perché è il re dell'accrocco e con creatività tutta sua – uno sputo, un chiodo
stortignaccolo – aggiusta praticamente, incredibilmente tutto. Lo ringrazio perché, anche se potrebbe
migliorare sul fronte complimenti (è sempre necessario dire tutta la verità?) sarebbe pronto a morire  per
ognuno di noi.

Caro Giuseppe, ho una sorpresa per te. Mi sono decisa a darti retta e ho messo a posto il solaio. Ho
ritrovato i tuoi vecchi scarponcini, quelli capaci  di resistere a un attacco nucleare, fatti da queste parti
quando non esisteva ancora il made in China. Sono un po' duri e pesanti forse (sembrano due ferri da stiro),
ma secondo me sono talmente fuori moda che ormai hanno scollinato. Te li ho puliti, ho cambiato i lacci, e li
ho un po' ingrassati. Perché non provi a rimetterteli? Hanno l'aria di poter andare lontano, di essere adatti al
passo coraggioso di uno che apre la strada. Da parte mia ti prometto che ti seguirò, e starò lì a controllare
che anche i figli lo facciano. Anche perché, come è noto, tu vai avanti, e mica ti giri a controllare se qualcuno
si perde. A questo proposito sappi che la piccola me lo ha raccontato che al parco te la sei dimenticata
sull'altalena: ho fatto finta di non saperlo. D'altra parte se uno è un condottiero mica può star lì a guardare il
capello.
Con Amore Valeria
(continua in libreria)