giovedì 27 settembre 2012

In ricordo di Giovanni Paolo I


Lo stato della causa di beatificazione di Giovanni Paolo I è stato presentato a Benedetto XVI ieri mattina, al termine dell’udienza generale in piazza San Pietro. Mercoledì 17 ottobre, nel giorno del centenario della nascita di Albino Luciani, il Summarium dellaPositio sarà consegnato al cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. 
È quanto hanno detto al Papa il vescovo di Belluno-Feltre, monsignor Giuseppe Andrich, e il vescovo Enrico Dal Covolo, postulatore della causa. Insieme hanno anche rimarcato come «sia in costante aumento il numero dei pellegrini che si recano a Canale d’Agordo, paese natale di Luciani, dove quest’anno sono state promosse moltissime iniziative proprio per ricordare il centenario della nascita». Un movimento spirituale che vede coinvolti anche tanti giovani. Per il postulatore «ciò che più affascina oggi della figura di Papa Luciani è il suo essere stato un buon pastore che ha dato la vita per la sua gente, senza risparmiarsi». Il vescovo di Belluno-Feltre ne sottolinea, a sua volta, «i tratti di umiltà e di semplicità e una innata chiarezza nelle relazioni personali e nella comunicazione». «Quanti lo hanno conosciuto — aggiunge monsignor Andrich — non dimenticano con quanta tenerezza guardasse negli occhi i suoi interlocutori, andando subito dritto al cuore». Nel ricordo di Giovanni Paolo I, il vescovo di Belluno-Feltre ha accompagnato a Roma un pellegrinaggio — secondo una tradizione avviata il 28 settembre 1979 — per celebrare la messa accanto alla tomba nelle Grotte Vaticane, nell’anniversario della morte. All’udienza è poi tornata l’eco del viaggio di Benedetto XVI in Libano. Per «esprimere gratitudine al Papa, con l’impegno di attuare le sue indicazioni», era presente il superiore generale dell’ordine libanese maronita, Tannous Nehmé. Significative anche le presenze ecumeniche in piazza San Pietro: l’arcivescovo ortodosso russo del Caucaso settentrionale, Zosima, e due vescovi luterani scandinavi.
L'Osservatore Romano 27 settembre 2012

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Mentre si avvicina il centenario della sua nascita – che cade il prossimo 17 ottobre - e a 34 anni esatti dai giorni brevi del suo pontificato, il profilo di Albino Luciani viene indagato per la prima volta da una tesi di ricerca post lauream discussa presso la “laica” Università statale di Roma Tor Vergata. A realizzare il singolare lavoro di ricerca – intitolato Sermo humilis e referenze letterarie negli scritti di papa Luciani: il caso di “Illustrissimi” – è stata Stefania Falasca, impegnata da anni come vice-postulatrice nella Causa per la beatificazione di Papa Luciani.


Curiosamente, la ricerca è stata realizzata nell’ambito degli studi letterari, e non in quello degli studi specialistici in storia della Chiesa o della spiritualità. Qualche giorno fa, nella commissione di docenti che ha esaminato la tesi di dottorato in Italianistica, coordinato dal professor Andrea Gareffi, c’era anche il noto critico letterario Giulio Ferroni.


L’indagine getta una luce nuova sullo stile di Giovanni Paolo I, sull’ampiezza e la profondità del suo orizzonte teologico e culturale a partire dai sovrabbondanti riferimenti letterari del suo ministero pastorale. E la via d’accesso utilizzata per questo approccio inedito alla figura di Luciani è la sua opera Illustrissimi, la raccolta di quaranta lettere immaginarie a personaggi romanzeschi o a illustri autori del passato  –  da Dickens a Bernardo di Chiaravalle, da Péguy a Quintiliano, da Figaro, barbiere di Siviglia a Manzoni, da Ippocrate a Mark Twain – pubblicate mensilmente dall’allora patriarca di Venezia sulla rivista Messaggero di Sant’Antonio, dal maggio 1971 al novembre 1974.


Giovanni Paolo I non ha avuto il tempo di scrivere encicliche o esortazioni apostoliche. L’unico testo che ha licenziato da Papa è stata proprio la quarta edizione di Illustrissimi, da lui rivista e corretta negli ultimi giorni del suo pontificato. Un testo squisitamente letterario, che può essere considerato il suo testamento umano, spirituale e pastorale, di cui la tesi di Falasca rappresenta la prima edizione critica.


Avvalendosi della consultazione delle carte personali di Luciani – quaderni, bloc notes, agende – conservati presso l’Archivio storico del Patriarcato di Venezia, e attraverso una serrata analisi intertestuale condotta sulla base della documentazione inedita, il lavoro di ricerca ha potuto ricostruire l’intero processo di redazione di Illustrissimi. L’indagine ha anche il merito di aver fatto rinvenire una parte dei volumi della ricca biblioteca personale di Luciani, dispersi dall’incuria nel tempo e solo in parte confluiti nella biblioteca dello Studium Marcianum a Venezia. 
Dal serrato lavoro filologico emerge l’originalità del codice linguistico lucianeo, in grado di attingere a un repertorio umanistico-letterario vasto e versatile, rimasto finora sostanzialmente ignorato da parte della storiografia anche recente sul pontificato di Giovanni Paolo I. In particolare, proprio la familiarità di Luciani con la dimensione letteraria spinge a riconsiderare il nucleo originario della sua formazione, fuori dai clichè fioriti intorno al “parroco di montagna” finito quasi per sbaglio sul Soglio di Pietro.


La tesi di Stefania Falasca lascia in fuorigioco quanti si ostinano a scambiare l’humilitas e la semplicità di Luciani per sprovvedutezza o addirittura per mediocrità intellettuale. Se papa Montini lo considerava un «fine teologo», per il filosofo Jean Guitton il successore del suo grande amico Paolo VI era «uno scrittore nato» e la sua arte di raccontare era «abitudine acquistata mediante lungo esercizio, e non formula magico-cabalistica». La sua stessa opzione per il registro letterario e la ricerca di un linguaggio accessibile a tutti, emancipato da ogni sofisticazione, era in Luciani il frutto di un lavoro e di un’applicazione assidua.


Il Papa che recita a memoria Trilussa nelle udienze generali  vuole parlare agli uomini del suo tempo nella loro lingua, quella che tutti possono comprendere. Senza pose, senza formule altisonanti e intimidatorie. Se il “conversare” è la cifra distintiva di Illustrissimi, essa rappresenta anche la chiave ultima di tutto il ministero di Luciani. Quando anche da Papa sceglie il tono colloquiale e convoca come alleati del suo magistero di predicazione poeti e scrittori, Giovanni Paolo I ripercorre le strade dei Padri della Chiesa che già nei primi secoli cristiani ricercavano lapronuntiatio, intesa come «sapienza del porgere». Il suo “sermo humilis”, irrigato con le parole della Sacra Scrittura e del genio letterario, è il modulo espressivo più consono a una Chiesa che vuole essere amica degli uomini del suo tempo. Come Agostino – fa notare Falasca nelle pagine introduttive del suo lavoro – Luciani riconosce che ogni verità rivelata va proposta suaviter, con delicatezza. Si deve in qualche modo adattare alle possibilità di ricezione di chi la riceve. Perchè «nutre l’anima solo ciò che la rende lieta». (G. Valente)