giovedì 13 settembre 2012

Esaltazione della Santa Croce - Omelie dei Padri

Di seguito propongo la meditazione di tre testi sulla festa che celebriamo oggi 14 settembre: il primo di Agostino, il secondo di Giovanni Crisostomo e il terzo, davvero straordinario, dell'Anonimo Quartodecimano (Pseudo-Ippolito).

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Dai "Discorsi sul Vangelo di Giovanni", di sant'Agostino, vescovo
(Tratt. 12, 8.10-11)
Per guarire dal peccato, guardiamo Cristo crocifisso
Nessuno è salito in cielo, fuorché colui che dal cielo discese, il Figlio dell'uomo che è in cielo (Gv 3, 13). Egli dunque era qui ed era anche in cielo: era qui con la carne, era in cielo con la divinità; o meglio, con la divinità era dappertutto. Egli è nato dalla madre, senza allontanarsi dal Padre. Sappiamo che in Cristo vi sono due nascite, una divina, l'altra umana; una per mezzo della quale siamo stati creati, l'altra per mezzo della quale veniamo redenti. Ambedue mirabili: la prima senza madre, la seconda senza padre. Ma poiché aveva preso il corpo da Adamo, dato che Maria proviene da Adamo, e questo medesimo corpo avrebbe risuscitato, ecco la realtà terrena alla quale si riferiva, quando disse: Distruggete questo tempio, e in tre giorni io lo risusciterò (Gv 2, 19). Si riferiva invece a cose celesti, quando disse: Nessuno può vedere il regno di Dio, se non rinasce dall'acqua e dallo Spirito (Gv 3, 5)Sì, o fratelli, Dio ha voluto essere figlio dell'uomo, ed ha voluto che gli uomini siano figli di Dio. Egli è disceso per noi e noi ascendiamo per mezzo di lui. Solo infatti discende e ascende colui che ha detto: Nessuno ascende in cielo, se non colui che dal cielo discende. Non ascenderanno dunque in cielo coloro che egli fa figli di Dio? Certo che ascenderanno; ci è stato promesso in modo solenne:Saranno come gli angeli di Dio in cielo (Mt 22, 30)In che senso, allora, nessuno ascende al cielo se non chi ne è disceso? Infatti uno solo è disceso, e uno solo è asceso. E gli altri? Che cosa pensare, se non che saranno membra di lui, così che sarà uno solo ad ascendere in cielo? Per questo il Signore dice: Nessuno ascende in cielo, se non colui che dal cielo discende, il Figlio dell'uomo che è in cielo. Ti meraviglia perché era qui e anche in cielo? Fece altrettanto per i suoi discepoli. Ascolta l'apostolo Paolo che dice: La nostra patria è in cielo (Fil 3, 20). Se un uomo com'era l'apostolo Paolo camminava in terra col corpo mentre spiritualmente abitava in cielo, non era possibile al Dio del cielo e della terra, essere contemporaneamente in cielo e in terra?
Con la sua morte Cristo ci liberò dalla morte: morendo, ha distrutto la morte. E voi, fratelli, sapete che la morte entrò nel mondo per l'invidia del diavolo. La Scrittura afferma che Dio non ha fatto la morte, né gode che periscano i viventi. Egli creò ogni cosa perché esistesse (Sap 1, 13-14). Ma per l'invidia del diavolo - aggiunge - la morte entrò nel mondo (Sap 2, 24)L'uomo non sarebbe giunto alla morte propinatagli dal diavolo, se si fosse trattato di costringervelo con la forza; perché il diavolo non aveva la potenza di costringerlo, ma solo l'astuzia per sedurlo. Senza il tuo consenso il diavolo sarebbe rimasto impotente: è stato il tuo consenso, o uomo, che ti ha condotto alla morte. Nati mortali da un mortale, divenuti mortali da immortali che eravamo. Per la loro origine da Adamo tutti gli uomini sono mortali; ma Gesù, figlio di Dio, Verbo di Dio per mezzo del quale tutte le cose furono fatte, Figlio unigenito uguale al Padre, si è fatto mortale: il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi (Gv 1, 3 14).
Egli dunque prese sopra di sé la morte, e la inchiodò alla croce, e così i mortali vengono liberati dalla morte. Il Signore ricorda ciò che in figura avvenne presso gli antichi: Ecome Mosè innalzò il serpente nel deserto, così deve essere innalzato il Figlio dell'uomo, affinché ognuno che crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna (Gv 3, 14-15)Gesù allude ad un famoso fatto misterioso, ben noto a quanti hanno letto la Bibbia. Ma ascoltino anche quelli che non hanno letto l'episodio, e quanti che, pur avendolo letto o ascoltato, lo hanno dimenticato. Il popolo d'Israele cadeva nel deserto morsicato dai serpenti, e l'ecatombe cresceva paurosamente. Era un flagello con cui Dio li colpiva per correggerli e ammaestrarli. Ma proprio in quella circostanza apparve un grande segno della realtà futura. Lo afferma il Signore stesso in questo passo, sicché non è possibile dare di questo fatto un'interpretazione diversa da quello che ci indica la Verità riferendolo a sé. Il Signore, infatti, ordinò a Mosè di fare un serpente di bronzo, e di innalzarlo su un legno nel deserto, per richiamare l'attenzione del popolo d'Israele, affinché chiunque fosse morsicato, volgesse lo sguardo verso quel serpente innalzato sul legno. Così avvenne; e tutti quelli che venivano morsicati, guardavano ed erano guariti (Nm 21, 6-9). Che cosa sono i serpenti che morsicano? Sono i peccati che provengono dalla carne mortale. E il serpente innalzato? la morte del Signore in croce. E' stata raffigurata nel serpente, appunto perché la morte proveniva dal serpente. Il morso del serpente è letale, la morte del Signore è vitale. Si volge lo sguardo al serpente per immunizzarsi contro il serpente. Che significa ciò? Che si volge lo sguardo alla morte per debellare la morte. Ma alla morte di chi si volge lo sguardo? alla morte della vita, se così si può dire. E poiché si può dire, è meraviglioso dirlo. O non si dovrà dire ciò che si dovette fare? Esiterò a dire ciò che il Signore si degnò di fare per me? Forse che Cristo non è la vita? Tuttavia Cristo è stato crocifisso. Cristo non è forse la vita? E tuttavia Cristo è morto. Ma nella morte di Cristo morì la morte, perché la vita, morta in lui, uccise la morte e la pienezza della vita inghiottì la morte. La morte fu assorbita nel corpo di Cristo. Così diremo anche noi quando risorgeremo, quando ormai trionfanti canteremo: O morte, dov'è la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo pungiglione? (1 Cor 15, 55). Frattanto, o fratelli, per essere guariti dal peccato volgiamo lo sguardo verso Cristo crocifisso; poiché come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così deve essere innalzato il Figlio dell'uomo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna. Come coloro che volgevano lo sguardo verso quel serpente, non perivano per i morsi dei serpenti, così quanti volgono lo sguardo con fede alla morte di Cristo, vengono guariti dai morsi dei peccati. E mentre quelli venivano guariti dalla morte per la vita temporale, qui invece è detto: affinché abbia la vita eterna. Esiste infatti questa differenza, tra il segno prefigurativo e la realtà stessa: che la figura procurava la vita temporale, mentre la realtà prefigurata procura la vita eterna.
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Dalle "Omelie" di san Giovanni Crisostomo, vescovo
Un tempo la croce era un segno di condanna, ora invece è principio di salvezza. Essa è diventata per noi causa di innumerevoli benefici, ci ha liberato dall'errore, ha illuminato quelli che giacevano nelle tenebre, ha liberato noi che ci eravamo ribellati a Dio, ha fatto degli estranei dei familiari, ha reso vicini quanti erano lontani. Essa è la distruzione della inimicizia, la protezione della pace, il tesoro di beni innumerevoli. Grazie ad essa non andiamo più errando nel deserto, abbiamo conosciuto la vera via, non avanziamo al di fuori della via regale. Abbiamo trovato la porta, non temiamo le frecce infuocate del diavolo perchè abbiamo visto la fonte. Per questo non siamo più in stato di vedovanza, abbiamo accolto lo sposo; grazie alla croce non temiamo più il lupo rapace, perchè il buon pastore è in mezzo a noi. Perciò non temiamo il tiranno, siamo in attesa del Signore. Perciò facciamo festa celebrando la memoria della croce. Anche Paolo ci ordina di celebrare la festa della croce. Dice: Facciamo festa non con lievito vecchio, ma con azzimi di sincerità e di verità (1Cor., 5,8). In seguito ne spiega il motivo: Cristo nostra pasqua è stato immolato! Vedi come Paolo ordina di celebrare la festa della croce? E Cristo è stato immolato sulla croce. Dove vi è il sacrificio, là vengono annullati i peccati, là vi è la riconciliazione con il Signore, là vi sono festa e gioia. Cristo nostra Pasqua è stato immolato per noi. Dimmi: dove è stato immolato? Su un albero elevato. Nuovo è l'altare del sacrificio, poichè nuova ed eccezionale è anche la vittima. Vittima e sacerdote sono una cosa sola... Perchè viene immolato fuori dalla città e fuori dalle mura? Perchè tu sappia che il sacrificio è universale, perchè tu sappia che l'offerta è fatta per tutta la terra, perchè tu sappia che la purificazione non riguarda solo una parte ma concerne tutti".
Giovanni Crisostomo, Omelia sulla croce e sul ladrone 1,1
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Dal Trattato "Sulla Santa Pasqua" dell' Anonimo Quartodecimano (Pseudo-Ippolito)
(nn. 94-97)
La Croce albero cosmico
Quest'albero è per me di salvezza eterna:
di esso mi nutro,
di esso mi pasco.
Per le sue radici io affondo le mie radici,
per i suoi rami mi espando,
della sua rugiada mi inebrio,
del suo spirito, come da soffio delizioso, sono fecondato.
Sotto la sua ombra ho piantato la mia tenda
e ho trovato riparo dalla calura estiva.
Quest'albero è nutrimento alla mia fame,
sorgente per la mia sete,
manto per la mia nudità;
le sue foglie sono spirito di vita e non foglie di fico.
Quest'albero è mia salvaguardia quando temo Dio,
appoggio quando vacillo,
premio quando combatto,
trofeo quando ho vinto.
Quest'albero è per me "il sentiero angusto e la via stretta";
è la scala di Giacobbe,
è la via degli angeli
alla cui sommità realmente è "appoggiato" il Signore.
Quest'albero dalle dimensioni celesti si è elevato dalla terra al cielo
fondamento di tutte le cose,
sostegno dell'universo,
supporto del mondo intero,
vincolo cosmico che tiene unita la instabile natura umana,
assicurandola con i chiodi invisibili dello Spirito,
affinchè stretta alla divinità non possa più distaccarsene.
Con l'estremità superiore tocca il cielo,
con i piedi rafferma la terra,
tiene stretto da ogni parte, con le braccia sconfinate,
lo spirito numeroso e intermedio dell'aria.
Egli era in tutte le cose e dappertutto.
E mentre riempie di sè l'universo intero,
si è svestito per scendere in lizza nudo contro le potense dell'aria.