martedì 14 agosto 2012

Piovono preci


 

Riporto dal blog di Costanza Miriano.
Come tutti ben sanno si tratta dell’Ave Maria mormorata tra i denti senza alterare la mimica facciale quando ci si mette la matita (per labbra, ma anche occhi: bisogna stare immobili, soprattutto se lo specchietto è piccolo e fuori mano, come quello retrovisore): è la giaculatoria dell’automobilista femmina in ritardo al lavoro.
Poi c’è l’AveMaria prego se ha solo il pane passi pure piena di grazia eh va be’ ma tutti no che mi suona la campanella del secondo figlio il Signore è con te pago col bancomat grazie: modello mamma in fila alla cassa.
C’è anche la versione Tu sei benedetta fra le donne ma guarda che cafone e benedetto è il frutto guardi che ho la precedenza; c’è la versione Padre nostro che sei nei cieli se non rifai la divisione ti butto il nuovo numero di Wolverine, e poi c’è anche la più gettonata, la Ave Maria ronff piena di grazia fiu, quella che si conclude con un’estasi mistica (mio marito continua a sostenere che dormo).
Tutte queste versioni in realtà sono in attesa di approvazione ecclesiastica, ma io le pratico quotidianamente, sperando di non incorrere in una scomunica.
Se un religioso per dedicare tempo alla preghiera combatte il personale, quotidiano duello contro il suo egoismo, un padre o una madre di famiglia più che un duello combattono, come dice padre Emidio, un triello: a fronteggiarsi non sono solo Dio e l’egoismo, ma ci si mette anche la famiglia e le esigenze di coloro che ci sono affidati. Non vale, per dire, vedere un film mormorando il rosario, perché i bambini hanno bisogno, e diritto, di vederci tutti per loro, con la testa, il sorriso, il cuore ben presente e saldo accanto a loro: niente di peggio che una suora mancata, per mamma. I momenti vuoti, da riempire, si trovano quindi davvero a fatica (ci sarebbe la notte, ma lì subentra quasi subito l’estasi mistica), e allora la preghiera deve piano piano trasformarsi.
Se è importantissimo anche per noi laici mantenere dei momenti privilegiati, momenti in cui si fa solo quello, per il resto della giornata piano piano  dobbiamo imparare a intrecciarla al respiro, alle azioni, alle parole. E ci vuole un bel po’ di impegno perché io per esempio di Dio mi dimentico in cinque sei centesimi di secondo, mi basta un niente, tipo scolaro che segue la mosca, e addio aoristo (ma l’aoristo, alla fine, si è scoperto se è un insetto, o no?).
L’obiettivo sarebbe imparare dal pellegrino russo, che prega respirando – ma, cacchio, lui non correggeva ricerche di scienze giocando a Monopoli con in testa una vecchia tenda bianca a mo’ di velo da sposa, cosa che rende poco agevole l’assaggio del brodo.
Non voglio adesso entrare nelle vie che ognuno di noi cerca e trova per stare alla presenza dell’unico che ci ama incondizionatamente (è per questo che vale la pena sforzarsi, perché a quella presenza c’è gioia piena), ma vorrei chiedermi: perché dobbiamo pregare?
Intanto perché Gesù ci ha detto: “pregate e vegliate ogni momento, pregate sempre senza stancarvi mai, pregate per non cadere in tentazione”. E questo già esaurirebbe il post, e mi autorizzerebbe ad andare di là nel mio angolino del sonn, ehm della preghiera, a fare qualcosa di più utile che sprecare parole.
Siccome poi siamo un popolo di dura cervice, Dio ha inviato anche la sua mamma a ricordarcelo. Di sicuro a Lourdes e a Fatima. Quanto a Medjugorje siamo in rispettosa attesa di quello che dirà la Chiesa ma io personalmente non avrei dubbi, giudicando dai frutti, sul fatto che sia la Madonna a dirci la stessa cosa da trenta anni, trenta. E cioè: pregate, pregate, pregate. E le dosi raccomandate sono da cavallo: tre ore al giorno (io ho portato la giustificazione: ho bucato, pioveva, mia zia si è sentita male, il semaforo era rosso, la pioggia di rane).
La preghiera pulisce la testa e il cuore, fa vedere in modo incredibilmente più chiaro: “prima di agire pensa, e prima di pensare prega”, me lo vorrei stampigliare sulla copertina della mia velleitaria agenda piena di compiti inevasi. La preghiera aiuta a decidere, agisce da filtro verso tutte le cattiverie che vengono da quell’impasto di fanghiglia che costituisce il nostro ripieno, tira fuori i talenti, lucida la nostra artiglieria – bontà, umiltà, mitezza – guarisce le ferite, ricolma tutte le attese. Ovviamente fa tutto questo non perché si tratti di una tecnica di automiglioramento spirituale, ma perché all’altro capo del filo c’è Dio: noi apriamo la comunicazione, e lui, rispettoso e fedele alla nostra libertà, agisce con noi secondo quanto noi gli permettiamo. Se facciamo per gioco ci lascia giocare, ma se facciamo le persone serie lui è più serio di noi, e risponde travolgendoci di grazie. Santa Teresa d’Avila racconta che non riusciva neanche ad accogliere tutti i miracoli e le grazie che Dio le mandava, mentre vedeva che altre persone quelle grazie le imploravano per anni. E’ che lei era una persona seria, altro che se lo era, e Dio non si fa fregare in generosità.
Anche io, per dire, da piccola ero seria, racconta don Antonello, mio maestro di religione alle elementari, e al Padre nostro mi rifiutai fermamente di pronunciare le parole “come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, perché non avevo la minima intenzione di perdonare quella della terza b che mi aveva dato uno schiaffo in faccia, ma non credo che sia questa la serietà che intendeva Teresa d’Avila.
Chi prega si salva, perché pregare è stare alla presenza di Dio che è l’unico santo, e l’unico modo per salvarsi, cioè per diventare santi, è lasciargli spazio, diminuire, fargli posto. Non c’è altro modo.
Su facebook ho ricevuto una miliardina di auguri di compleanno – grazie –  e qualcuno mi ha chiesto anche che regalo desiderassi. C’è una cosa che desidero più della libreria di Belle nella Bella e la Bestia, più di un buono da trentamila euro alle profumerie delle Galeries Lafayette, più del pettorale per la maratona di Boston: la fedeltà nella preghiera. Lo dico davvero. Perché quella è davvero la pietra filosofale, la leva che smuove il mondo, che fa crescere i nostri figli, che rende feconda la vita, ferma le guerre e le nostre passioni, il corso della storia, regala la pace e fa saltare con piedi di cerva sulle alte vette.