domenica 12 agosto 2012

La fame dell'anima

L'Angelus a Castelgandolfo


Il Papa all’Angelus di oggi 12 agosto ha ricordato «le popolazioni asiatiche, in particolare delle Filippine e della Repubblica Popolare Cinese, duramente colpite da violenti piogge, come pure a quelle del Nord-ovest dell’Iran, colpite da un violento terremoto». «Questi eventi – ha aggiunto - hanno provocato numerose vittime e feriti, migliaia di sfollati e ingenti danni. Vi invito ad unirvi alla mia preghiera per quanti hanno perso la vita e per tutte le persone provate da così devastanti calamità. Non manchi a questi fratelli la nostra solidarietà e il nostro sostegno».


Nel breve intervento prima dell’Angelus, commentando il racconto evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci per i 4 mila fedeli presenti nel cortile della residenza estiva, Benedetto XVI aveva affermato: «Solo chi è attirato da Dio Padre, chi lo ascolta e si lascia istruire da Lui può credere in Gesù, incontrarlo e nutrirsi di Lui per avere la vita in pienezza, la vita eterna». Benedetto XVI lo ha ricordato oggi. I giudei del tempo di Gesù, eredi del popolo che aveva ricevuto la manna nel deserto, ha spiegato, «erano lontani da quel pane celeste, ed erano incapaci di sentirne la fame. Avevano la bocca del cuore malata. Infatti, questo pane richiede la fame dell’uomo interiore».


«Nel pensiero ebraico - ha spiegato il Papa durante la preghiera mariana - era chiaro che il vero pane del cielo, che nutriva Israele, era la Legge, la parola di Dio. Il popolo di Israele riconosceva con chiarezza che la Torah era il dono fondamentale e duraturo di Mosè e che l’elemento fondamentale che lo distingueva rispetto agli altri popoli consisteva nel conoscere la volontà di Dio e dunque la giusta via della vita».


«Ora Gesù, - ha proseguito Benedetto XVI spiegando il sesto capitolo del Vangelo di Giovanni - nel manifestarsi come il pane del cielo, testimonia di essere la Parola di Dio incarnata, attraverso cui l’uomo può fare della volontà di Dio il suo cibo, che orienta e sostiene l’esistenza». «Dubitare
della divinità di Gesù, come fanno i Giudei nel passo evangelico di oggi - ha detto Benedetto XVI - significa opporsi all’opera di Dio».



Commentando il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci Benedetto XVI ha spiegato che Gesù vuole aiutare i discepoli a «comprendere il significato profondo del prodigio che ha operato: nel saziare in modo miracoloso la loro fame fisica, - ha sottolineato -  li dispone ad accogliere l’annuncio che Egli è il pane disceso dal cielo  che sazia in modo definitivo. Anche il popolo ebraico, durante il lungo cammino nel deserto, - ha ricordato papa Ratzinger - aveva sperimentato un pane disceso dal cielo, la manna, che lo aveva mantenuto in vita, fino all’arrivo nella terra promessa. Ora, Ges— parla di sè come del vero pane disceso dal cielo, capace di mantenere in vita non per un momento o per un tratto di cammino, ma per sempre».
Fonte: Vatican Insider

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Di seguito le parole del Papa.

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Cari fratelli e sorelle! La lettura del 6° capitolo del Vangelo di Giovanni, che ci accompagna in queste Domeniche nella Liturgia, ci ha condotti a riflettere sulla moltiplicazione miracolosa, (...) e sull’invito che Gesù rivolge a quanti aveva saziato di darsi da fare per un cibo che rimane per la vita eterna.
Egli vuole aiutarli a comprendere il significato profondo del prodigio che ha operato: nel saziare in modo miracoloso la loro fame fisica, li dispone ad accogliere l’annuncio che Egli è il pane disceso dal cielo (cfr Gv 6,41), che sazia in modo definitivo. Anche il popolo ebraico, durante il lungo cammino nel deserto, aveva sperimentato un pane disceso dal cielo, la manna, che lo aveva mantenuto in vita, fino all’arrivo nella terra promessa. Ora, Gesù parla di sé come del vero pane disceso dal cielo, capace di mantenere in vita non per un momento o per un tratto di cammino, ma per sempre. Lui è il cibo che dà la vita eterna, perché è il Figlio unigenito di Dio, che sta nel seno del Padre, venuto per dare all’uomo la vita in pienezza, per introdurre l’uomo nella vita stessa di Dio.
Nel pensiero ebraico era chiaro che il vero pane del cielo, che nutriva Israele, era la Legge, la parola di Dio. Il popolo di Israele riconosceva con chiarezza che la Torah era il dono fondamentale e duraturo di Mosè e che l’elemento fondamentale che lo distingueva rispetto agli altri popoli consisteva nel conoscere la volontà di Dio e dunque la giusta via della vita. Ora Gesù, nel manifestarsi come il pane del cielo, testimonia di essere Lui la Parola di Dio in persona, incarnata, attraverso cui l’uomo può fare della volontà di Dio il suo cibo (cfr Gv 4,34), che orienta e sostiene l’esistenza.
Dubitare allora della divinità di Gesù, come fanno i Giudei del passo evangelico di oggi, significa opporsi all’opera di Dio. Essi infatti, affermano: è il figlio di Giuseppe! Di lui conosciamo il padre e la madre! (cfr Gv 6,42). Essi non vanno oltre le sue origini terrene, e per questo si rifiutano di accoglierlo come la Parola di Dio fattasi carne. Sant’Agostino commenta: «erano lontani da quel pane celeste, ed erano incapaci di sentirne la fame. Avevano la bocca del cuore malata… Infatti, questo pane richiede la fame dell’uomo interiore» (Omelie sul Vangelo di Giovanni, 26,1). (...)

Solo chi è attirato da Dio Padre, chi lo ascolta e si lascia istruire da Lui può credere in Gesù, incontrarlo e nutrirsi di Lui (...). Sant’Agostino aggiunge: «il Signore… affermò di essere il pane che discende dal cielo, esortandoci a credere in lui. Mangiare il pane vivo, infatti, significa credere in lui. Chi crede, mangia; in modo invisibile è saziato, come in modo altrettanto invisibile rinasce. Egli rinasce di dentro, nel suo intimo diventa un uomo nuovo» (ibidem).
Invocando Maria Santissima, chiediamole di guidarci all’incontro con Gesù perché la nostra amicizia con Lui sia sempre più intensa; chiediamole di introdurci nella piena comunione di amore con il suo Figlio, il pane vivo disceso dal cielo, così da essere da Lui rinnovati nell’intimo del nostro essere.