sabato 11 agosto 2012

Il Pane della Chiesa è la Carne di Cristo

Domingo XIX Tiempo Ordinario: Yo soy el pan vivo que ha bajado del cielo: el que coma de este pan vivirá para siempre.



Il mistero della salvezza, rivelato e compiuto dal Padre attraverso il Figlio diletto, non può penetrare nel nostro cuore se non per rivelazione dello Spirito Santo che attesta al nostro spirito che siamo figli. Contro questo sigillo interiore non valgono le nostre imprese nel religioso devozionale che possono esprimere il nostro desiderio di incontro con Lui. Evangelizzare vuol dire allora proclamare il profumo dell’annuncio per permettere allo Spirito di agire dove, come, quando e con chi vuole.
Buona domenica pb. Vito Valente.


Oggi 12 agosto celebriamo la:

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIOAnno B 
Dio, abisso di carità
Dal «Dialogo della Divina Provvidenza» di santa Caterina da Siena, vergine
(Cap. 13, libero adattamento; cfr. ed. I. Taurisano, Firenze, 1928, I, pp. 43-45)

Signore mio, volgi l'occhio della tua misericordia sopra il popolo tuo e sopra il corpo mistico della santa Chiesa. Tu sarai glorificato assai più perdonando e dando la luce dell'intelletto a molti, che non ricevendo l'omaggio da una sola creatura miserabile, quale sono io, che tanto t'ho offeso e sono stata causa e strumento di tanti mali.
Che avrebbe di me se vedessi me viva, e morto il tuo popolo? Che avrebbe se, per i miei peccati e quelli delle altre creature, dovessi vedere nelle tenebre la Chiesa, tua Sposa diletta, che è nata per essere luce?
Ti chiedo, dunque, misericordia per il tuo popolo in nome della carità increata che mosse te medesimo a creare l'uomo a tua immagine e somiglianza.
Quale fu la ragione che tu ponessi l'uomo in tanta dignità? Certo l'amore inestimabile col quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei. Ma poi per il peccato commesso perdette quella sublimità alla quale l'avevi elevata.
Tu, mosso da quel medesimo fuoco col quale ci hai creati, hai voluto offrire al genere umano il mezzo per riconciliarsi con te. Per questo ci hai dato il Verbo, tuo unico Figlio. Egli fu il mediatore tra te e noi. Egli fu nostra giustizia, che punì sopra di sé le nostre ingiustizie. Ubbidì al comando che tu, Eterno Padre, gli desti quando lo rivestisti della nostra umanità. O abisso di carità! Qual cuore non si sentirà gonfio di commozione al vedere tanta altezza discesa a tanta bassezza, cioè alla condizione della nostra umanità?
Noi siamo immagine tua, e tu immagine nostra per l'unione che hai stabilito fra te e l'uomo, velando la divinità eterna con la povera nube dell'umanità corrotta di Adamo. Quale il motivo? Certo l'amore. Per questo amore ineffabile ti prego e ti sollecito a usare misericordia alle tue creature.

MESSALE
Antifona d'Ingresso  Sal 73,20.19,22.23
Sii fedele, Signore, alla tua alleanza,
non dimenticare mai la vita dei tuoi poveri.
Sorgi, Signore, difendi la tua causa,
non dimenticare le suppliche di coloro che ti invocano.
 

Colletta

Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, f
a'crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell'eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore...
   Oppure:
Guida, o Padre, la tua Chiesa pellegrina nel mondo, sostienila con la forza del cibo che non perisce, perché perseverando nella fede di Cristo giunga a contemplare la luce del tuo volto. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura 
  1 Re 19, 4-8
Con la forza di quel cibo camminò fino al monte di Dio. 

Dal primo libro dei Re
In quei giorni, Elia s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto la ginestra.
Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d'acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò.
Tornò per la seconda volta l'angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb.
 
Salmo Responsoriale
    Dal Salmo 33/34
Gustate e vedete com'è buono il Signore.
 
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.

L'angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com'è buono il Signore;
beato l'uomo che in lui si rifugia. 

Seconda Lettura
   
Ef 4, 30 - 5, 2Camminate nella carità come Cristo. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Fratelli, non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione.
Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.
Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.

Canto al Vangelo
   Gv 6,51 
Alleluia, alleluia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.
Alleluia.

  
 Vangelo   Gv 6, 41-51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. 

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: "Sono disceso dal cielo"?».
Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: "E tutti saranno istruiti da Dio". Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Parola del Signore.

* * * 

COMMENTI


XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - B
(1Re 19,4-8; Ef 4,30-5,2; Gv 6,41-51)


«Io sono il pane della vita», alla mormorazione della folla che non comprende il significato di quelle parole, Gesù ripresenta la verità di Sé: «Io sono il pane della vita, disceso dal cielo, per la vita del mondo».
La mormorazione della folla è simile alla mormorazione di Israele nel deserto; è il lamento dell’uomo di ogni tempo, incapace di stare davanti al proprio bisogno, da solo, escludendo il Mistero. Come Elia, che stanco e scoraggiato afferma: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita». La parabola del profeta è la parabola di ogni uomo.
E Dio è pronto ad intervenire, per passione, amante di ogni destino, per desiderio di felicità vera che Egli vuole per ogni uomo.
Interviene Dio con il suo stile: non toglie la fatica, ma porge “un po’ di pane e un po’ di acqua”; interviene con la forza delle cose quotidiane, con l’umiltà e la povertà che hanno le cose essenziali. Eccolo che, nel profeta ed in ciascuno, fiorisce come il desiderio e perfino la volontà di camminare ancora: come un’infinita capacità di ricominciare, che ha nell’Amore che si dona la sua radice..
«Io sono il pane disceso dal cielo».
«Io sono», con le medesime parole con le quali Dio si presenta, all’inizio della Storia della Salvezza, Gesù manifesta il desiderio divino di rinnovare l’alleanza d’amore con l’uomo, per esserne alimento, cioè sostegno lungo il cammino, che ha come mèta il Cielo.
Il Signore, afferma il Papa, «Ci chiama ad unirci a Lui nel sacramento dell’Eucaristia, Pane spezzato per la vita del mondo, per formare insieme la Chiesa, il Suo Corpo storico. E se noi diciamo sì, come Maria, anzi nella misura stessa di questo nostro “sì”, avviene anche per noi e in noi questo misterioso scambio: veniamo assunti nella divinità di Colui che ha assunto la nostra umanità. L’Eucaristia è il mezzo, lo strumento di questo reciproco trasformarsi, che ha sempre Dio come fine e come attore principale: Lui è il Capo e noi le membra, Lui la Vite e noi i tralci. Chi mangia di questo Pane e vive in comunione con Gesù lasciandosi trasformare da Lui e in Lui, è salvato dalla morte eterna: certamente muore come tutti, partecipando anche al mistero della passione e della croce di Cristo, ma non è più schiavo della morte, e risorgerà nell’ultimo giorno, per godere la festa eterna con Maria e con tutti i Santi». (Benedetto XVI, Angelus, 16 agosto 2009)
«Attirati dal Padre» e mangiando e adorando con fede di quel pane disceso dal Cielo si fa esperienza della vita eterna; la fede diventa così più forte, capace di un’adesione più radicale e di una sequela più impegnativa.
Il Signore chiede ai suoi di “non mormorare”, ma di accogliere con semplicità di cuore, il Dono che Lui fa.
La Madre di Dio, Assunta in Cielo, ci ottenga quanto è necessario alla nostra vita: ci aiuti a nutrirci sempre, con intensa e pura fede, del Pane di vita eterna, per sperimentare, già sulla terra, la gioia del Cielo.

* * *
Luciano Manicardi
Dio nutre il profeta Elia nel momento della sua crisi, quando lo zelante difensore del Dio d’Israele cade preda della paura, della depressione, della volontà di morire. Al cuore del deserto, come già fece con il popolo, Dio nutre il suo profeta e questi può riprendere il cammino e giungere all’Oreb, all’incontro con Lui. Il cibo donato da Dio è per lavita del profeta: vita fisica, certamente, ma anche vita che ha il suo vertice nell’incontro con Dio (I lettura). Anche il vangelo presenta il confronto tra il cibo e la morte: Gesù si rivela pane disceso dal cielo che concede a chi lo mangia di partecipare alla comunione con Dio, alla vera vita.
Il richiamo alla vicenda dei figli d’Israele nel deserto, già presente nell’evocazione del dono della manna, prosegue in Gv 6 con l’accenno alla mormorazione degli interlocutori di Gesù analogamente a quanto fecero i figli d’Israele durante l’esodo. La mormorazione è un grave vizio ben conosciuto nella chiesa e soprattutto nelle vite comunitarie, un vizio capace di incrinare la solidità della comunità e di guastare i rapporti fraterni seminando diffidenza e sospetto. È una lagnanza nascosta, fatta di spalle, vile, una contestazione non aperta, ma che mugugna nell’ombra contro qualcuno sussurrando all’orecchio di altri al fine di creare dei complici. Nel nostro testo è l’atteggiamento di chi si rifiuta a credere: il mormoratore è colui che resiste alla fede (cf. Gv 6,41-42). Il mormoratore può correggersi con la preghiera. Pregare per gli altri impedisce di farli oggetto di mormorazione. Nella mormorazione infatti Dio sparisce dall’orizzonte con cui penso l’altro. Nella preghiera, invece, penso l’altro davanti a Dio.
Come Dio aveva risposto alle mormorazioni dei figli d’Israele nel deserto donando loro la manna, così Gesù risponde alle mormorazioni dei suoi interlocutori con il dono di se stesso: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo” (Gv 6,51). Il dono di Dio non costringe, ma è un’offerta che suscita la libertà del destinatario: la manna è dono e domanda (man hu: che cos’è?); il dono che Gesù è, suscita a sua volta domande sulla sua identità (“chi è?”: cf. Gv 6,42). Così, le domande incredule di coloro che conoscendo l’origine umana di Gesù non accedono alla fede in lui quale rivelatore di Dio, non dicono solamente il peccato di chi le formula, ma esprimono anche il carattere non coercitivo e non obbligante del dono che Gesù è e fa. Il vero dono si espone alla libertà del destinatario, anche al possibile rifiuto. Anche all’umiliazione dell’indifferenza o del rigetto.

I due verbi discendere e dare che nel nostro testo esprimono la relazione di Gesù con gli uomini, in verità indicano le due modalità costanti dell’esistenza di Gesù.Gesù dà vita scendendo e donando. Gesù è il pane disceso dal cielo, cioè la sua origine è in Dio, ma discendere è la normalità del suo comportarsi nei confronti dei discepoli e delle persone che istruisce, cura, perdona. Gesù narra la condiscendenza di Dio nel suo continuo farsi vicino agli uomini. Gesù è dono di Dio all’umanità (cf. Gv 3,16), Gesù dona la sua vita per i suoi (cf. Gv 15,13), ma anche il dono non è restringibile a un momento solo della vita di Gesù, bensì è la modalità stessa del suo vivere quotidiano: Gesù fa del vivere un donare. Questo interpretare la vita come attivo donare, come amare, come spendere la vita per gli altri, è ciò che vince la morte e consente di trovare la propria vita, già ora, nella comunione con il Dio che è amore (cf. 1Gv 4,8.16).
Se Dio è all’origine e al termine della missione di Gesù, è anche all’origine della fede del credente: “Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre” (Gv 6,44). Questa attrazione è specificata come ascolto einsegnamento ricevuto (cf. Gv 6,45), termini che rinviano alla Scrittura, “cattedra” da cui il Padre fa sentire la sua voce e rivolge agli uomini tutti (Gv 6,45; 12,32) l’invito a credere in colui che egli ha mandato. Grazie all’ascolto della parola di Dio contenuta nella Scrittura il credente diverrà un teodidatta.
* * * 
Enzo Bianchi
Dopo il segno della moltiplicazione dei pani compiuto da Gesù (cf. Gv 6,11-13) e il suo ritiro nella solitudine per evitare l’acclamazione a re da parte della folla (cf. Gv 6,14-15), questa stessa folla continua a cercare Gesù (cf. Gv 6,22-25); egli però “non mette fede nella loro fede” (Gv 2,24), ma chiede di mutare la loro ricerca di cibo in desiderio di Dio: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà” (Gv 6,26-27). Gesù infatti, disceso dal cielo, è “il pane di Dio” (Gv 6,33), è “il pane della vita” (Gv 6,35): chi ha fede in lui è nutrito per la vita eterna...
Di fronte a queste parole di Gesù i capi religiosi rispondono con la mormorazione, come avevano fatto i loro padri durante l’esodo nel deserto (cf. Es 16,1-10; 17,1-7; ecc.). Mormorare: questa contestazione nascosta e sottile, sussurrata all’orecchio di altri al fine di creare dei complici, questa lamentela che incrina la vita comunitaria e guasta i rapporti fraterni è un peccato grandemente stigmatizzato da tutta la Scrittura. Nei vangeli, in particolare, l’oggetto della mormorazione è Gesù, il quale sperimenta così in prima persona ciò che da sempre tocca ai profeti. I capi dei giudei contestano le parole con cui Gesù si era dichiarato “il pane disceso dal cielo”, sulla base della falsa pretesa di conoscere Gesù, da loro ritenuto nient’altro che un uomo semplice e ordinario: “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?” (cf. anche Mc 6,1-3 e par.).
Ecco l’epifania dell’incredulità astiosa verso Gesù, il quale però svela immediatamente l’atteggiamento dei suoi interlocutori – “Non mormorate tra di voi!” – e riconosce che in loro non c’è fede; manca cioè l’obbedienza all’azione del Padre che attira tutti gli uomini verso il Figlio. In questo modo Gesù compie una grande confessione di fede nell’iniziativa di Dio, che si manifesta non solo nell’invio del Figlio amato nel mondo (cf. Gv 3,16), ma anche nel movimento che porta i credenti verso di lui (cf. Gv 6,37): è grazia il dono di Gesù agli uomini, così come lo è la chiamata degli uomini ad aderire al Figlio!

Questa verità va però ben compresa: la fede è dono del Padre, ma la risposta dell’uomo resta libera; e il rifiuto che i capi religiosi oppongono a Gesù indica precisamente questa libertà, che può giungere fino a una resistenza colpevole all’attrazione esercitata da Dio, al non ascolto della sua Parola, alla cecità di fronte al segno della moltiplicazione dei pani. Davvero l’unica grande operarichiesta all’uomo è la fede, l’adesione salda a Dio e a colui che egli ha mandato, Gesù Cristo (cf. Gv 6,28-29). Se infatti c’è questa fede obbediente che si nutre di ascolto del Padre, se cioè si è “ammaestrati da Dio” (cf. Is 54,13), allora si è condotti anche a credere in Gesù, e così si può partecipare alla vita per sempre, alla vita senza tramonto. Dirà più avanti Gesù: “Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv 17,3)…
Se Dio aveva risposto alla mormorazione dei figli di Israele nel deserto con il dono della manna (cf. Es 16,11-36), qui Gesù risponde con il dono di se stesso, con il dono di una vita spesa fino alla morte per i fratelli (cf. Gv 13,1). Chi accoglieva il dono della manna si chiedeva: “Man hu: che cos’è?» (Es 16,15); ora il dono che Gesù fa di se stesso dovrebbe suscitare allo stesso modo la domanda sulla sua identità: “Chi è Gesù?”. Egli è colui che dal cielo è disceso in mezzo agli uomini, per offrire in dono se stesso come pane che dà vita, fortifica e sostiene. Ecco perché Gesù opera proprio un paragone con la manna: “I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia”. Sì, chi mangia il pane vivo che è Gesù stesso, chi si nutre della sua parola e della sua vitapartecipa già ora della vita di Dio, in attesa della vita per sempre nel Regno!
* * * 
COMMENTI DALLA TRADIZIONE PATRISTICA

Baldovino di Ford 

Cristo è il pane di vita per chi crede in lui. Credere 
in Cristo è mangiare il pane della vita; è avere Cristo in sé, ed è anche avere in sé la vita eterna.  Q u e -
sto ci vuol manifestare Cristo dicendo: Chi crede in 
me ha la vita eterna. Per chiarire queste parole Egli 
aggiunge: Io sono il pane della vita. Si  p u ò dire in 
sintesi: chi crede in me ha me, e perciò ha la vita eterna. Ne possiede la causa, ne possiede il merito, 
ne possiede la speranza e il pegno; ha di che accrescerla sempre di più. In definitiva, chi ha Cristo in 
sé ha la vita eterna.  N o n è ancora manifestata ma è 
nascosta in Cristo, che si port a dentro di sé: sappiamo che la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio 
(Col 3, 3). E questa grazia sublime, racchiusa per 
noi in Cristo, noi già la possediamo in Lui: possediamo infatti Lui stesso che ce l'ha promessa, ce l'ha 
donat a e la custodisce fedelmente. Essa è come in 
deposito vicino a Lui, e ci verrà restituita nel giorno 
della rivelazione della gloria dei figli di Dio. 
Io sono il pane della vita. È una parola già detta prima, e questa ripetizione serve da conferma o forse 
per distinguere i suoi doni. Dell'una e dell'altra vita, 
della vita  b u o na di ora e della vita beata futura, il 
Signore è l'unico largitore e creatore. 
I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e 
sono morti. Questa mort e è quella dello spirito. Perché sono morti? Perché credevano solo a ciò che vedevano, e quando  n o n vedevano non capivano: sono 
d u n q u e vostri padri perché voi siete uguali a loro; 
sono i padri increduli di figli increduli. Se guardiamo alla morte corporale, anche noi che mangiamo il 
pane disceso dal cielo moriamo. Se guardiamo invece alla morte spirituale, ha mangiato la  m a n n a  M o -

se, l'ha mangiata Aronne, l'hanno mangiata molti altri che erano graditi a Dio e non sono morti. Perché 
non sono morti? Perché  h a n n o compreso secondo lo 
spirito e spiritualmente  h a n n o avuto fede, spiritualment e  h a n n o mangiato e si sono saziati. Questo è il 
pane vivo che discende dal cielo, dice Gesù, perché chi 
ne mangia non muoia. Proprio di questo pane, cioè 
di Cristo che parlava con gente incredula, era stata 
figura la manna ; ma esso è più potente della manna . 
La  m a n n a né per i credenti né per gli increduli poteva far sì che sfuggissero alla morte spirituale. Invece 
il Cristo in essa significato, in essa intravisto dagli 
antichi giusti che ebbero fede nella sua venuta, ottiene a chiunque crede in Lui di non morire nello spirito. Dice appunto: Questo é il pane che discende dal 
cielo, perché chi ne mangia non muoia. Questo che 
ora è qui sulla terra, questo che vi sta davanti agli 
occhi - agli occhi della carne e  n o n del cuore - questo è il pane che discende dal cielo. E lui stesso questo pane e lo chiarisce subito: Io sono il pane vivo 
disceso dal cielo. Poco fa esso veniva chiamato pane 
di vita ed ora è il pane vivo: vivo perché in esso abita 
la vita ed ha il potere di toglierci la mort e spirituale 
e di donare la vita.  Che toglie la morte lo ha detto 
prima: Perché chi ne mangia non muoia. Che dia la 
vita lo dice ora: Se uno mangia di questo pane vivrà 
in eterno. 
(Dal Trattato Il Sacramento dell'altare III, 17-18) 

* * * 

S. Bruno di Segni 

Intanto i Giudei mormoravano di lui perché aveva 
detto: "Io sono il pane disceso dal cielo" E dicevano: 
"Non è costui il figlio di Giuseppe, del quale conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: Sono 
disceso dal cielo?". Sembrava loro impossibile, infatti, 
che fosse disceso dal cielo, colui che ritenevano essere un  u o mo soltanto, e da uomini nato. E realmente, s e altro  n o n fosse stato,  n o n avrebbe  p o t u t o 
scendere dal cielo. 
Rispose Gesù e disse loro: "Non mormorate tra di voi. 
Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che 
mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno". 
N o n mormorate , dice,  n o n vogliate indurire il cuore. So infatti che  n o n potete venire a me , perché il 
Padre  n o n vi attira. Nessuno infatti  p u ò venire a me 
se non lo attira il Padre che mi ha mandato. Ed attira  n o n con la violenza, ma con l'amore. Secondo 
quell'espressione che dice: "Ciascuno è attratto dal 
proprio desiderio". Dio, quindi,  n o n attrae nessuno 
che  n o n voglia andare, e  n o n desideri essere salvato. 
Per questo sta scritto: Se vorrete e mi ascolterete, 
mangerete i frutti della terra, ma se non vorrete, la 
spada vi divorerà (Is 1, 19). Questa  d u n q u e è la causa per la quale costoro  n o n potevano venire a lui né 
comprenderlo, perché a loro il Signore diceva questo. E poiché la resurrezione dei cattivi procura la 
mort e piuttosto che la vita, per questo il Signore dice dell'uomo giusto: E io lo resusciterò nell'ultimo 
giorno. Veramente infatti risusciterà colui che  n o n 
difenderà più a lungo nulla di quelle cose che portano alla morte . 
Segue: Sta scritto nei profeti: E tutti saranno docili a 
Dio. E' infatti "docile" colui che  p u ò essere istruito. 
Tali infatti sono i figli della Chiesa, ai quali lo stesso 
Signore dice: A voi è dato di conoscere il mistero del 
Regno dei cieli: ma a loro non é dato, affinché vedendo 
 non vedano, e udendo non intendano. Indurito è infatti il cuore di questo popolo, e sono diventati duri 
d'orecchi, e hanno chiuso i loro occhi, perché non vedano con gli occhi, non sentano con gli orecchi, e si convertano e io li risani (Mt 13, 11-14). Il Padre,  d u n -
que, attrae, ed al Figlio vengono, coloro che sono 
"docili", che si lasciano insegnare ed istruire sulla 
sua fede e dottrina. Per questo anche si  p u ò dire: 
Tutti coloro che hanno udito il Padre e hanno imparato, vengono a me. E' infatti "docile" colui che ha ascoltato ed imparato; per questo  n o n basta ascoltare. Tutti costoro infatti ascoltavano il Padre, poiché 
nel Figlio ed attraverso il Figlio, il Padre parlava. 
Tuttavia  n o n venivano al Figlio, poiché le cose che 
si dicevano  n o n potevano né comprenderle né impararle. 
Segue: Non che alcuno abbia visto il Padre, se non colui che è da Dio. Costui ha visto il Padre. Per questo 
n o n ha detto: Tutti coloro che  h a n n o udito il Padre, 
perché nessuno può ascoltare o vedere il Padre nella 
sua propria essenza, se non solamente colui che è da 
Dio, che è uscito da Dio, che è Dio da Dio, luce da 
luce. Solamente costui vede il Padre. Per questo anche si dice altrove: Nessuno conosce il Figlio se non il 
Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio, e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare (Mt  1 1 , 27). In 
verità, in verità vi dico, chi crede in me ha la vita eterna. Ve l'ho detto e ancora ve lo dico, chi crede in 
me ha la vita eterna. Ecco io ve l'ho detto, se crederete sarete beati, se  n o n crederete  n o n rimane alcuna scusa. 
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, e sono morti. Questo è il 
pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non 
muoia.  M o r m o r a t e , dice, perché vi ho detto: Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Ecco, ve lo dico 
ancora: Io sono il pane e il pane della vita e che sono disceso dal cielo. Di questo pane, infatti, si nutrono sia gli angeli che gli uomini. E perché si dica 
pane della vita, egli stesso lo spiega  q u a n d o dice: 
affinché chi ne mangi a  n o n muoia . E, certo, egli 
stesso è disceso dal cielo secondo la divinità: I vostri 
padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono 
morti. È  d u n q u e migliore questo pane della  m a n n a , 
p o i c h é  c o l o r o  c he  m a n g i a r o n o  l a  m a n n a ,  s o n o 
morti; chi invece manger à di questo pane,  n o n  m o -
rirà. ... Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Chi 
mangerà di questo pane vivrà in eterno, e il pane che 
io darò è la mia carne per la vita del mondo. Già ora, 
m e n t r e il Signore spiega,  c o m p r e n d i a mo cosa sia 
questo pane . Questo pane, infatti, è la carne di Cristo, che sull'altare della croce è stata immolat a per 
la vita del  m o n d o . E' questa che la Chiesa mangia, 
e per questo  n o n muore , ma vive in eterno. Il pane 
e il vino, infatti, che sono posti sull'altare, sono 
santificati, alla voce del sacerdote, dalla celeste benedizione , e si trasformano, nella sostanza, nella 
carne e nel sangue di Cristo, affinché divenga un'unica e medesima sostanza sia della carne che è nata 
dalla Vergine, sia di quella che è trasformata dal pane. Questo così grande ed ammirabile sacramento 
iniziò  q u a n d o il nostro Salvatore  b e n e d i c e n d o il 
pane e il vino disse ai discepoli: Prendete e mangiate, questo è il mio corpo e questo è il calice della nuova alleanza nel mio sangue  ( Mt  2 6 , 26-27). Ma i infatti  q u a l c u n o  m a n g i ò corporalment e la carne di 
Cristo prima di questo sacrifìcio. Ma i qualcuno l'avrebbe mangiata, se questo sacrificio  n o n fosse stato corporale. In ciò,  d u n q u e , si mangi a e ciò che è 
mangiato  n o n diminuisce; e mai se ne mangerebbe, 
se questo pane  n o n venisse  m u t a t o sostanzialmente 
in quella carne dalla benedizione di Cristo. Questo, 
infatti, è il  m u t a m e n t o della destra dell'Altissimo. 
Ma chi si meraviglia che la carne di Cristo mangiata  n o n diminuisca,  q u a n d o è cosa certa che i cinquemila  u o m i n i sono stati saziati dai cinque pani, e 
 quegli stessi pani  n o n sono diminuiti, ma piuttosto 
moltiplicati? ... Dici forse: "Mirabili sono queste 
cose". Nulla infatti Dio ha compiuto, che  n o n sia 
meraviglioso. 
(Dal Commento a Giovanni I, 17-18)