domenica 29 luglio 2012

Ritorno al primo amore


 

Si è aperto ieri a Kostrzyn, in Polonia, il primo Congresso nazionale sulla nuova evangelizzazione. Al Congresso, assieme ad oltre 1500 persone, partecipa anche l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. Padre Stanisław Tasiemski lo ha intervistato: 

R. – La nuova evangelizzazione ha come suo compito specifico quello di ravvivare in coloro che già sono cristiani e battezzati la consapevolezza di essere degli evangelizzatori. E solo a partire da qui è possibile raggiungere anche le persone che si dicono cristiane ma sono diventate indifferenti, o le persone che non partecipano più alla vita della comunità cristiana, o alle persone che non hanno ancora conosciuto Gesù Cristo. Forse, in questo momento di profonda crisi nella cultura e nella società, i cristiani potrebbero facilmente trovare maggiore sicurezza all’interno delle loro chiese, delle loro comunità, Ma questo significherebbe vanificare l’evento della Pentecoste. La Pentecoste obbliga i cristiani ad essere presenti nel mondo, e quindi ad essere presenti là dove vive l’uomo, per poter portare ad ogni uomo il Vangelo. Quindi non è pensabile che la Chiesa possa vivere in maniera privata e privatistica la dimensione dell’annuncio: l’annuncio è universale, va portato a tutti e questo richiede una presenza significativa nella società. Senza la presenza dei cattolici, certamente la società sarebbe più povera e più triste, perché mancherebbe della ricchezza del Vangelo e della nostra speranza.

D. – La Chiesa dovrà cambiare il linguaggio dell’annuncio?

R. – Ma … già il beato Giovanni Paolo II diceva che la nuova evangelizzazione richiede anche un nuovo linguaggio, un nuovo metodo ed anche un rinnovato entusiasmo. Certo, noi dobbiamo essere capaci di parlare il linguaggio dei nostri contemporanei, ma non possiamo dimenticare che il contenuto del nostro annuncio è sempre lo stesso: ieri, oggi e sempre. E non cambia. Ciò che è cambiato è la società, ciò che è cambiato è il modo di concepire la vita. Allora, noi dobbiamo essere capaci di entrare nella cultura secolarizzata, far comprendere anche i limiti di una cultura secolarizzata. Vivere nel mondo come se Dio non esistesse, non solo non ha portato una ricchezza nella cultura, ma ha impoverito l’uomo perché l’uomo, oggi, è profondamente in crisi.

D. – Quali sono i frutti che lei si aspetta dall’impegno della Chiesa per la nuova evangelizzazione?

R. – Noi oggi abbiamo tante e diverse esperienze di nuova evangelizzazione. Ecco: io mi aspetto che uno dei primi frutti sia quello di capire l’esigenza dell’unità nell’opera di evangelizzazione, nel rispetto della complementarietà. Cioè, dobbiamo ritrovare una profonda unità nella coscienza, nella consapevolezza dell’urgenza della nuova evangelizzazione, ma dobbiamo essere capaci di riconoscere che le varie esperienze sono tutte molto importanti, ma sono come affluenti che devono andare tutti verso lo stesso fiume.

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MONSEÑOR OCTAVIO RUIZ ARENAS, NOMBRADO SECRETARIO DEL CONSEJO PONTIFICIO PARA LA PROMOCIÓN DE LA NUEVA EVANGELIZACIÓN


Di seguito l'intervento di Mons. José Octavio Ruiz Arenas, Arcivescovo segretario del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione
La nuova evangelizzazione non consiste nell'annuncio di un messaggio nuovo, diverso da quello di sempre, e neppure nella semplice utilizzazione di nuove strategie o di metodi nuovi e chiassosi per attirare la gente. In realtà si tratta di tornare al "primo amore" del quale ci parla il Libro dell'Apocalisse, quando rimprovera la Chiesa di Èfeso. La nuova evangelizzazione deve essere orientata a far sì che l'uomo e la donna di questa società secolarizzata tornino a vivere l'allegria della presenza e della vicinanza dell'amore di Dio nelle loro vite. Si tratta di ritornare alla freschezza del Vangelo, e farsi sorprendere e meravigliare dalla parola stessa di Gesù, come avvenne quando Egli iniziò la sua vita pubblica, e la gente che lo ascoltava si chiedeva "Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità", e si meravigliava dei gesti compiuti da Gesù (cfr. Marco, 1, 27). Le sue parole erano non soltanto nuove, ma anche efficaci. La novità non era solo nel suo modo di parlare, o di fare, ma nella persona stessa di Gesù: il Verbo di Dio fatto carne, l'irruzione di Dio nella nostra esistenza. Pertanto, Egli è sempre nuovo per tutta l'umanità e, attraverso la grazia dello Spirito Santo, le sue parole sono sempre attuali.
La novità allora dobbiamo cercarla in primo luogo nel Vangelo stesso annunciato: è la "Buona Novella", la proclamazione gioiosa de "l'avvento del regno di Dio da secoli promesso nella Scrittura" (Lumen gentium, 5). Per questo, quando Gesù nacque nell'umile presepe di Betlemme, l'angelo disse ai pastori: "Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore" (Luca, 2, 10-11). La Buona Novella è dunque l'annuncio del mistero pasquale di Cristo, della sua morte e resurrezione, che sin dal tempo degli apostoli la Chiesa ha annunciato con fedeltà a tutto il mondo.