sabato 23 giugno 2012

La Solennità della Natività di San Giovanni Battista




Domani Domenica 24 GIUGNO celebriamo la

NATIVITA' DI SAN GIOVANNI BATTISTA 

SOLENNITA' 


Giovanni è figlio di Zaccaria, il muto, e di Elisabetta, la sterile: la sua nascita annuncia l’arrivo dei tempi messianici nei quali la sterilità diventerà fecondità, e il mutismo diventerà esuberanza profetica.
Il vangelo gli dà il soprannome di «Battista», perché egli annuncia un nuovo rito di abluzione (Mt 3,13-17) nel quale il battezzato non si immerge da solo nell’acqua, come nei riti e nei battesimi ebraici, ma riceve l’acqua lustrale dalle mani di un ministro. Giovanni intendeva così mostrare che l’uomo non si può purificare da solo, ma che ogni santità viene da Dio. Giovanni Battista è pure ricordato come un uomo di grande mortificazione. Forse egli era stato iniziato a questa disciplina nelle comunità religiose del deserto.
Ma la tradizione ha ricordato soprattutto il suo carattere profetico. Egli è profeta nel senso in cui questa parola era intesa nell’Antico Testamento; anzi Giovanni è il più grande dei profeti di Israele, perché ha potuto additare l’oggetto stesso delle sue profezie (Mt 11,7-15; Gv 1,19-28). Per far risaltare questa appartenenza di Giovanni alla grande discendenza dei profeti dell’Antico Testamento, Luca ci dà un racconto della sua nascita che permette di vedere sullo sfondo il profilo delle grandi vocazioni degli antichi profeti. Ma il profeta non è soltanto l’annunciatore dei futuro messianico; è essenzialmente il portatore della parola di Dio e il testimone della presenza di questa Parola creatrice nel mondo nuovo.

In ogni Messa l’annuncio della parola di Dio ripete il tema che il Battista faceva risuonare sulle rive del Giordano: « Convertitevi! ». Il racconto della Cena del Signore, al centro della Preghiera eucaristica, è un brano di quel vangelo che deve condurre anche noi a domandare con fede alla Chiesa: « Che cosa dobbiamo fare? » (At 2,37). La risposta di Cristo, corpo-dato e sangue-sparso, è: « Fate questo in memoria di me! ». La vita e il martirio del Battista sono una di quelle innumerevoli risposte-memoriale che sempre salgono al Padre, per Cristo con Cristo e in Cristo, nello Spirito.
 
Voce di chi grida nel deserto 
Dai «Discorsi» di sant'Agostino, vescovo  (Disc. 293, 1-3; PL 38, 1327-1328)
La Chiesa festeggia la natività di Giovanni, attribuendole un particolare carattere sacro. Di nessun santo, infatti, noi celebriamo solennemente il giorno natalizio; celebriamo invece quello di Giovanni e quello di Cristo. Giovanni però nasce da una donna avanzata in età e già sfiorita. Cristo nasce da una giovinetta vergine. Il padre non presta fede all'annunzio sulla nascita futura di Giovanni e diventa muto. La Vergine crede che Cristo nascerà da lei e lo concepisce nella fede.
Sembra che Giovanni sia posto come un confine fra due Testamenti, l'Antico e il Nuovo. Infatti che egli sia, in certo qual modo, un limite lo dichiara lo stesso Signore quando afferma: «La Legge e i Profeti fino a Giovanni» (Lc 16, 16). Rappresenta dunque in sé la parte dell'Antico e l'annunzio del Nuovo. Infatti, per quanto riguarda l'Antico, nasce da due vecchi. Per quanto riguarda il Nuovo, viene proclamato profeta già nel grembo della madre. Prima ancora di nascere, Giovanni esultò nel seno della madre all'arrivo di Maria. Già da allora aveva avuto la nomina, prima di venire alla luce. Viene indicato già di chi sarà precursore, prima ancora di essere da lui visto. Questi sono fatti divini che sorpassano i limiti della pochezza umana. Infine nasce, riceve il nome, si scioglie la lingua del padre. Basta riferire l'accaduto per spiegare l'immagine della realtà.
Zaccaria tace e perde la voce fino alla nascita di Giovanni, precursore del Signore, e solo allora riacquista la parola.
Che cosa significa il silenzio di Zaccaria se non la profezia non ben definita, e prima della predicazione di Cristo ancora oscura? Si fa manifesta alla sua venuta. Diventa chiara quando sta per arrivare il preannunziato. Il dischiudersi della favella di Zaccaria alla nascita di Giovanni è lo stesso che lo scindersi del velo nella passione di Cristo. Se Giovanni avesse annunziato se stesso non avrebbe aperto la bocca a Zaccaria. Si scioglie la lingua perché nasce la voce. Infatti a Giovanni, che preannunziava il Signore, fu chiesto: «Chi sei tu?» (Gv 1, 19). E rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto» (Gv 1, 23). Voce è Giovanni, mentre del Signore si dice: «In principio era il Verbo» (Gv 1, 1). Giovanni è voce per un po' di tempo; Cristo invece è il Verbo eterno fin dal principio.


MESSA DEL GIORNO


Antifona d'Ingresso  Gv 1,6-7; Lc 1,17
Venne un uomo mandato da Dio,
e il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce
e preparare al Signore un popolo ben disposto.
 Colletta
O Padre, che hai mandato san Giovanni Battista a preparare a Cristo Signore un popolo ben disposto, allieta la tua Chiesa con l'abbondanza dei doni dello Spirito, e guidala sulla via della salvezza e della pace. Per il nostro Signore...
 
 LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura
   Is 49,1-6

Ti renderò luce delle nazioni.

Dal libro del profeta Isaìa

Ascoltatemi, o isole,
udite attentamente, nazioni lontane;
il Signore dal seno materno mi ha chiamato,
fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome.
Ha reso la mia bocca come spada affilata,
mi ha nascosto all’ombra della sua mano,
mi ha reso freccia appuntita,
mi ha riposto nella sua faretra.
Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele,
sul quale manifesterò la mia gloria».
Io ho risposto: «Invano ho faticato,
per nulla e invano ho consumato le mie forze.
Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore,
la mia ricompensa presso il mio Dio».
Ora ha parlato il Signore,
che mi ha plasmato suo servo dal seno materno
per ricondurre a lui Giacobbe
e a lui riunire Israele
– poiché ero stato onorato dal Signore
e Dio era stato la mia forza –
e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo
per restaurare le tribù di Giacobbe
e ricondurre i superstiti d’Israele.
Io ti renderò luce delle nazioni,
perché porti la mia salvezza
fino all’estremità della terra».



Salmo Responsoriale 
  Dal Salmo 138
Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda. 
Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,
osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.

Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.
Io ti rendo grazie:
hai fatto di me una meraviglia stupenda.

Meravigliose sono le tue opere,
le riconosce pienamente l’anima mia.
Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
ricamato nelle profondità della terra.
 


Seconda Lettura   At 13,22-26

Giovanni aveva preparato la venuta di Cristo.Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, [ nella sinagoga di Antiochia di Pisìdia, ] Paolo diceva:
«Dio suscitò per i nostri padri Davide come re, al quale rese questa testimonianza: “Ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri”.
Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù. Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di conversione a tutto il popolo d’Israele.
Diceva Giovanni sul finire della sua missione: “Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali”.
Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza».

Canto al Vangelo   Cf Lc 1,76 
Alleluia, alleluia.

Tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade.

Alleluia,



Vangelo   Lc 1, 57-66. 80

Giovanni è il suo nome.

Dal vangelo secondo Luca

Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele. Parola del Signore.


COMMENTI

Luciano Manicardi
L’evento della nascita di Giovanni Battista illumina gli altri testi biblici: il testo di Isaia ne diviene profezia (“il Signore mi ha plasmato suo servo fin dal seno materno”: Is 49,5), mentre il passo degli Atti è sintesi del ministero di Giovanni e accenna alla sua “nuova nascita”, se così possiamo chiamare il suo diminuire per lasciar crescere il Messia di cui egli è il precursore (cf. At 13,25). L’importanza capitale di Giovanni nell’economia cristiana appare dal fatto che solo di lui e di Maria (oltreché, ovviamente, di Gesù) la chiesa celebra liturgicamente la nascita.
Giovanni, il cui nome significa “il Signore fa grazia”, èfiglio della vecchiaia e figlio della grazia. Vecchiaia dei suoi genitori e sterilità della madre sono l’alveo di impotenza su cui si posa la grazia del Signore, la sua misericordia: “Il Signore aveva esaltato in Elisabetta la sua misericordia” (Lc 1,58). Giovanni, con il suo venire al mondo, narra la misericordia di Dio ai suoi genitori: il suo nascere è per Zaccaria ed Elisabetta dono insperato che giunge contro ogni attesa e previsione. E l’esperienza della grazia, quando si abita nell’impotenza, infondecoraggio. Il coraggio con cui Elisabetta, contro ogni consuetudine famigliare e uso sociale, impone il nome “Giovanni” al bambino. E Zaccaria appoggia la moglie contro le contestazioni del parentado. Da dove vengono il coraggio della vecchia donna che era chiamata “la sterile” (Lc 1,36) e la lucidità amorosa del vecchio sacerdote reso muto? Forse è il coraggio che nasce dall’aver traversato molte tribolazioni, dall’essere stati umiliati e provati, arrivando a conoscere ciò che nella vita di fede è veramente essenziale: la misericordia di Dio.
I genitori di Giovanni sono uomini resi poveri e umili dalla vita: sono dei “poveri di sé”, dei “poveri in spirito”, cioè persone libere, che non hanno un ego da difendere e che sanno dunque vedere la realtà e se stessi con occhi semplici e sguardo puro, non inquinato. Questa lezione dell’essenziale, di ciò che è veramente prezioso, è spesso appresa da chi ha conosciuto la fatica e la durezza del vivere e le ha sopportate con pazienza. E conoscere l’essenziale dona parresia e forza, capacità di affrontare con libertà e coraggio ostacoli, contestazioni e diffidenze.
  
Giovanni è anche figlio della fede provata. Elisabetta e Zaccaria erano “giusti davanti a Dio” (Lc 1,6) ed erano rimasti giusti anche in mezzo alle prove. Noi certamente pensiamo che per loro deve essere stato difficile discernere la giustizia di Dio: perché quella sterilità? Perché quella vecchiaia senza futuro? Giovanni è anche ilfiglio di questa fede che accetta di perseverare, di questa fedeltà che a noi può sembrare folle o eroica, ma che per i due genitori era forse semplicemente il quotidiano cammino da percorrere senza tante storie e lamenti, senza accuse rivolte a Dio o all’ingiustizia della vita.
Certo, Zaccaria ha conosciuto anche cedimenti nella fede: in lui mutismo e uso della parola accompagnano rispettivamente incredulità e fede (cf. Lc 1,18-20; Lc 1,63-64). Impossibilitato a benedire il popolo al termine della liturgia al Tempio (cf. Lc 1,22), ora egli benedice Dioavendo riconosciuto il suo intervento (cf. Lc 1,64). Credere all’intervento benedicente di Dio nella miseria della propria vita è la condizione per trasmettere agli altri la benedizione di Dio.
Nel rapporto genitori – figli, generare implica anche ildare il nome. E dare il nome è fare una promessa e assegnare un compito: tu vivrai la tua vita, vivrai nel tuo nome, realizzerai la tua unicità. Dare il nome è esercitare un potere e un’autorità disponendosi a spogliarsi di tale autorità e di tale potere.
Se Giovanni crescerà nel deserto (Lc 1,80) e nel deserto svolgerà il suo ministero e la sua predicazione annunciando l’imminenza del Regno e della visita di Dio, egli era già il figlio dell’intervento di Dio nel deserto simbolico della vecchiaia e della sterilità dei suoi genitori. E come i suoi genitori avevano saputo imparare l’essenziale da ciò che patirono e soffrirono, anch’egli saprà discernere e mostrare l’essenziale ai suoi contemporanei indicando in Gesù di Nazaret il Messia.


Enzo Bianchi 1
E’ appena iniziata l‘estate, ed ecco la festa della natività di Giovanni il Battista, una ricorrenza antichissima, già celebrata da sant’Agostino in Africa. Accanto a Maria, la madre del Signore, Giovanni il Battista è il solo santo di cui la chiesa celebri non solo il giorno della morte, il dies natalis alla vita eterna, ma anche il dies natalis in questo mondo: di fatto, Giovanni è il solo testimone di cui il Nuovo Testamento ricorda la nascita, così intrecciata con quella di Gesù. Ed è proprio questo intersecarsi di vicende che ha portato alla scelta della data del 24 giugno per celebrarne la memoria: se la chiesa ricorda la nascita di Gesù il 25 dicembre, non può che ricordare quella di Giovanni al 24 giugno, essendo essa avvenuta, come testimonia il Vangelo di Luca, sei mesi prima. E il parallelismo di queste date contiene anche una simbologia, almeno nel bacino del Mediterraneo che è stato il crogiolo della fede ebraico-cristiana: se il 25 dicembre è la festa del sole vincitore, che comincia ad accrescere la sua declinazione sulla terra, il 24 giugno è il giorno in cui il sole comincia a calare di declinazione, proprio come è avvenuto nel rapporto del Battista con Gesù, secondo le parole dello stesso Giovanni: “Egli deve crescere e io diminuire” (Gv 3,30). Giovanni è il lume che decresce di fronte alla luce vittoriosa, è la lampada preparata per il Messia (cf. Sal 132,17 e Gv 5,35), è il suo precursore nella nascita, nella missione e nella morte, è il maestro di Gesù, suo discepolo che lo segue, è l’amico di Gesù, lo sposo veniente, come dice giustamente il quarto Vangelo.
Potremmo addirittura dire che il vangelo è la storia sincronica di due profeti, Giovanni e Gesù, con la loro profondissima singolarità, la loro specifica chiamata, ma anche con la loro sostanziale unanimità nel perseguire i disegni di Dio, con la stessa risolutezza a servizio del Regno. Sì, purtroppo oggi la figura del Battista non ha più il posto che merita nella memoria e nella consapevolezza della chiesa: dopo il primo millennio e la metà del secondo – in cui Giovanni il Battista e Maria insieme rappresentavano il legame tra antica e nuova alleanza e insieme come intercessori stavano accanto al Veniente, il Signore glorioso, nella liturgia come nell’iconografia – la crescita del culto mariano ha sopravanzato il Battista finendo per oscurarlo, avviando una deriva rischiosa per l’equilibrio della consapevolezza cristologica. Se la chiesa, ancora oggi, celebra come solennità la nascita del Battista è perché resta cosciente della centralità rivelativa di questa figura: nei sinottici la buona novella dell’annuncio del regno si apre sempre con Giovanni, così come il vangelo dell’infanzia di Gesù secondo Luca si apre con l’annuncio dell’angelo a Zaccaria e con il racconto della nascita prodigiosa di Giovanni.

Giovanni è un uomo che soltanto Dio poteva dare a Israele. All’origine della sua vicenda c’è una donna sterile e anziana, Elisabetta, e c’è un padre al tempio, anche lui avanti negli anni: sono i poveri del Signore, “giusti davanti a Dio, irreprensibili in tutte le leggi e le prescrizioni del Signore” (Lc 1,6), il resto umile che confida in Dio, e proprio a loro Dio si rivolge per compiere il suo disegno di amore e di salvezza. Nulla può condizionare la scelta di Dio, né questa può essere ostacolata da limiti umani come la vecchiaia e la sterilità: essa chiede solo che ci sia predisposizione, attesa, fede. Giovanni nasce così, annunciato da un angelo al padre sacerdote che sta officiando al tempio, è solo un embrione nel grembo della madre quando già riconosce danzando la presenza del Messia e Signore Gesù appena concepito nel grembo di Maria, e nel seno della madre è santificato dallo Spirito santo che scende su di lei.
Quando poi nasce, ecco il nome che fissa per lui vocazione e missione, il nome dato da Dio tramite l’angelo – Johanan, “Il Signore fa grazia” – ed ecco un salmo messianico intonato dal padre come ringraziamento e lode a Dio, ma nel quale si rivolge anche al figlio: “E tu, che ora sei piccolo, sarai chiamato profeta dell’Altissimo, camminerai davanti al Signore” (Lc 1,76). Così è venuto al mondo “colui che è il più grande tra i nati di donna … più che un profeta” (Lc 7,28), secondo la confessione di Gesù su di lui: non è la luce venuta nel mondo, ma “la lampada che arde e splende” (Gv 5,35) per testimoniare la luce.
Tutta la sua vicenda si interseca con quella di Gesù, e gli eventi della sua vita narrati nel Vangelo non sono solo prefigurazioni di quelli che accadranno a Gesù, ma sono ad essi sincronici, contemporanei, fino a sovrapporsi e a confondersi gli uni con gli altri: Giovanni e Gesù hanno vissuto insieme! E anche quando Giovanni sarà ucciso violentemente, la sua vita e la sua missione apparirà in pienezza in quella di Gesù. Non è certo un caso che il Vangelo registri l’opinione del re Erode riguardo a Gesù: “E’ Giovanni Battista risorto dai morti”, né che i discepoli riportino a Gesù il giudizio di alcuni contemporanei che dicevano di lui: “è Giovanni il Battista” (cf. Mt 16,14 e par.).
Quando Giovanni morirà, anticiperà la morte di Gesù e la prefigurerà come passione del profeta perseguitato e ucciso nella propria patria, ma come nella sua morte anche Gesù muore, così nella risurrezione di Gesù anche Giovanni il Battista risorge.


Enzo Bianchi 2
Ricorre oggi la festa della Natività di san Giovanni il Battista, celebrata dalla chiesa indivisa a partire da data antichissima. Accanto a Maria, la Madre del Signore, Giovanni il Battista è il solo santo di cui la chiesa celebri non solo il giorno della morte, cioè il giorno della nascita alla vita eterna, ma anche il giorno della sua nascita in questo mondo: d’altronde, Giovanni è l’unico testimone di cui il Nuovo Testamento ricordi la nascita, intrecciandola strettamente a quella di Gesù (cf. Lc 1)…
Giovanni è la lampada preparata per il Messia (cf. Sal 132,17; Gv 5,35); è il maestro di Gesù, che lo segue come discepolo eppure «gli è passato avanti perché era prima di lui» (cf. Gv 1,15.30), «più forte di lui» (cf. Lc 3,16); è l’amico di Gesù, Sposo veniente (cf. Gv 3,29)… Potremmo affermare che il vangelo è la storia simultanea di profezia e compimento: Giovanni e Gesù, con la loro profondissima singolarità e la loro specifica chiamata, sono abitati da una sostanziale unanimità nel perseguire i disegni di Dio, dalla stessa risolutezza a servizio del Regno. Purtroppo oggi la figura del Battista non ha più il posto che merita nella memoria della chiesa e che di fatto ha avuto dalle origini cristiane fino a metà dello scorso millennio. Eppure se la chiesa celebra ancora come festa la nascita del Battista è perché resta cosciente della centralità rivelativa di questa figura: nei vangeli la buona notizia dell’annuncio del Regno si apre sempre con Giovanni; in particolare, il vangelo dell’infanzia secondo Luca inizia con l’annuncio dell’angelo a Zaccaria e il racconto della nascita prodigiosa di Giovanni, che oggi ascoltiamo.
Giovanni è un uomo che solo Dio poteva dare a Israele. All’origine della sua vicenda c’è una donna sterile e anziana, Elisabetta, e c’è un padre nel tempio, anche lui avanti negli anni: sono i poveri del Signore, «giusti davanti a Dio, irreprensibili in tutte le leggi del Signore» (Lc 1,6), «l’umile resto» che confida solo in Dio (cf. Sof 3,13), e proprio a loro Dio si rivolge per compiere il suo disegno di salvezza. Nulla può condizionare la scelta di Dio, né questa può essere ostacolata da limiti umani come la vecchiaia e la sterilità: essa chiede solo che si predisponga tutto con fede. Giovanni nasce così, annunciato da un angelo, un messaggero di Dio, al padre sacerdote che sta officiando al tempio (cf. Lc 1,8-22); è solo un feto di sei mesi quando già riconosce la presenza del Messia e Signore Gesù appena concepito nel grembo di Maria, e nel seno della madre è santificato dallo Spirito che scende su di lei (cf. Lc 1,39-45).

Quando poi viene al mondo, ecco il nome che fissa per lui la vocazione e missione, nome datogli da Dio tramite il suo messaggero: Jochanan, cioè «il Signore fa grazia». I testimoni di questa nascita sono ricolmi di gioia: «i vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in Elisabetta la sua misericordia, e si rallegravano con lei»; suo padre Zaccaria, impossibilitato a invocare la benedizione sul popolo al termine della liturgia al tempio (cf. Lc1,22), ora loda Dio avendo riconosciuto il suo intervento, e scioglie il canto messianico del Benedictus, nel quale si rivolge al figlio con queste parole: «E tu, che ora sei piccolo, sarai chiamato profeta dell’Altissimo, camminerai davanti al Signore» (Lc 1,76). Così è venuto al mondo «colui che è il più grande tra i nati di donna … più che un profeta» (Lc 7,26.28), secondo la confessione di Gesù su di lui: non è la luce, ma «la lampada che arde e splende» (Gv 5,35) per testimoniare la luce.
Una volta cresciuto e reso forte nello Spirito egli si manifesta a Israele. Ed ecco che la sua vicenda torna a intersecarsi con quella di Gesù, al punto che gli eventi della sua vita narrati nei vangeli non sono solo prefigurazioni di quelli che accadranno a Gesù, ma sono ad essi contemporanei, finché gli uni si sovrappongono agli altri: è probabile che Gesù sia stato per un certo periodo discepolo di Giovanni, condividendo con lui la vita della sua comunità! E anche quando Giovanni sarà ucciso violentemente, la sua vita e la sua missione appariranno in pienezza in quelle di Gesù. Non è certo un caso che il re Erode dica di Gesù: «È Giovanni il Battista risorto dai morti» (Mc 6,14 e par.), né che i discepoli riportino a Gesù il giudizio di alcuni contemporanei che pensavano di lui: «È Giovanni il Battista» (Mc 8,28 e par.)…

Padre Raniero Cantalamessa ofmcapp.
Al posto della XII Domenica del Tempo Ordinario quest'anno si celebra la festa della Natività di S. Giovanni Battista. Si tratta di una festa antichissima risalente al IV secolo. Perché la data del 24 Giugno? Nell'annunciare la nascita di Cristo a Maria l'angelo le dice che Elisabetta sua parente è al sesto mese. Dunque il Battista doveva nascere sei mesi prima di Gesù e in questo modo è rispettata la cronologia (Il 24, anziché il 25 giugno, è dovuto al modo di calcolare degli antichi, non per giorni, ma per Calende, Idi e None). Naturalmente, queste date hanno valore liturgico e simbolico, non storico. Non conosciamo il giorno e l'anno esatti della nascita di Gesù e quindi neppure del Battista. Ma questo cosa cambia? L'importante per la fede è il fatto che è nato, non il quando è nato. 

Il culto si diffuse rapidamente e Giovanni Battista divenne uno dei santi cui sono dedicate più chiese nel mondo. Ventitre papi presero il suo nome. All'ultimo di essi, papa Giovanni XXIII, è stata applicata la frase che il Quarto Vangelo dice del Battista: "Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni". Pochi sanno che i nomi delle sette note musicali (Do, Re, Mi, Fa', Sol, La, Si) hanno a che vedere con Giovanni Batista. Sono desunte dalla prima sillaba dei sette versi della prima strofa dell'inno liturgico composto in onore del Battista. 

Il brano evangelico parla della scelta del nome di Giovanni. Ma è importante anche ciò si ascolta nella prima lettura e nel salmo responsoriale della festa. La prima lettura, dal libro di Isaia, dice: "Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra". Il salmo responsoriale ritorna su questo concetto che Dio ci conosce fin dal seno materno: 

"Sei tu che hai creato le mie viscere 
e mi hai tessuto nel seno di mia madre... 
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi". 

Noi abbiamo un'idea molto riduttiva e giuridica di persona che genera molta confusione nel dibattito sull'aborto. Sembra che un bambino acquisisca la dignità di persona dal momento in cui questa gli viene riconosciuta dalle autorità umane. Per la Bibbia persona è colui che è conosciuto da Dio, colui che Dio chiama per nome; e Dio, ci viene assicurato, ci conosce fin dal seno materno, i suoi occhi ci vedevano quando eravamo "ancora informi" nel seno della madre. La scienza ci dice che nell'embrione c'è, in divenire, tutto l'uomo futuro, progettato in ogni minimo particolare; la fede aggiunge che non si tratta solo di un progetto inconscio della natura, ma di un progetto d'amore del Creatore. La missione di san Giovanni Battista è tutta tracciata, prima che nasca: "E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo perché andrai innanzi al Signore, a preparargli le strade...". 

La Chiesa ha ritenuto che Giovanni Battista fu santificato già nel grembo materno dalla presenza di Cristo; per questo celebra la festa della sua nascita. Questo ci da l'occasione per toccare un problema delicato, divenuto oggi acuto a causa dei milioni di bambini che, soprattutto per la diffusione spaventosa dell'aborto, muoiono senza aver ricevuto il battesimo. Che dire di loro? Sono anch'essi in qualche modo santificati nel grembo materno? C'è salvezza per essi? 

La mia risposta è senza esitazione: certo che c'è salvezza per essi. Gesù risorto dice anche di essi: "Lasciate che i bambini vengano a me". Secondo un'opinione divenuta comune dal medio evo i bimbi non battezzati sarebbero andati nel Limbo, un luogo intermedio in cui non si soffre, ma neppure si gode della visione di Dio. Ma si tratta di un'idea che non è stata mai definita come verità di fede dalla Chiesa. Era un'ipotesi dei teologi che, alla luce dello sviluppo della coscienza cristiana e della comprensione delle Scritture, non possiamo più mantenere. 

Quando espressi tempo fa questa mia opinione in uno di questi commenti evangelici, ebbi diverse reazioni. Alcuni esprimevano gratitudine per questa presa di posizione che toglieva loro un peso dal cuore, altri mi rimproveravano di abbondare la dottrina tradizionale e di sminuire così l'importanza del battesimo. Ora la discussione è chiusa perché recentemente la Commissione Teologica Internazionale che lavora per la congregazione della Dottrina della fede ha pubblicato un documento in cui si afferma la stessa cosa. 

Mi sembra utile tornare sull'argomento alla luce di questo importante documento per spiegare alcune delle ragioni che hanno portato la Chiesa a questa conclusione. Gesù ha istituito i sacramenti come mezzi ordinari per la salvezza. Essi sono quindi necessari e chi, pur potendoli ricevere, contro la propria coscienza li rifiuta o li trascura mette a serio repentaglio la propria salvezza eterna. Ma Dio non si è legato a questi mezzi. Egli può salvare anche per vie straordinarie, quando la persona, senza sua colpa, è privato del battesimo. Lo ha fatto per esempio con i Santi Innocenti, morti anch'essi senza battesimo. La Chiesa ha sempre ammesso la possibilità di un battesimo di desiderio e di un battesimo di sangue, e tanti di questi bambini hanno conosciuto davvero un battesimo di sangue, anche se di diversa natura... 

Non credo che la chiarificazione della Chiesa incoraggerà l'aborto; se lo facesse sarebbe tragico e ci sarebbe da preoccuparsi seriamente, non della salvezza dei bambini non battezzati, ma dei genitori battezzati. Sarebbe un prendersi gioco di Dio. Tale dichiarazione darà, al contrario, un po' di sollievo ai credenti che, come tutti, si interrogano sgomenti davanti alla sorte atroce di tanti bambini nel mondo d'oggi. 

Torniamo prima a Giovanni Battista e alla festa di domani. Nell'annunciare a Zaccaria la nascita del figlio l'angelo gli disse: "Tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita" (Luca 1, 13-14). Molti davvero si sono rallegrati per la sua nascita, se a distanza di venti secoli siamo ancora qui a parlare di quel bambino. 

Vorrei fare di quelle parole anche un augurio a tutti i papà e alle mamme che, come Elisabetta e Zaccaria, vivono il momento dell'attesa o della nascita di un bimbo: Possiate anche voi avere gioia ed esultanza nel bimbo o nella bimba che Dio vi ha affidato e rallegravi della sua nascita per tutta la vostra vita e per l'eternità!