sabato 9 giugno 2012

"Che cosa posso rendere al Signore per il bene che mi ha fatto?"



Di seguito l'omelia pronunciata questa sera dal cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, durante la Santa Messa nella Vigilia della Solennità del Corpus Domini, celebrata nello Stadio “Helvia Recina” di Macerata, che ha aperto la XXXIV edizione del Pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto (*).
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«Che cosa renderò al Signore, per tutti i benefici che mi ha fatto?»
Questa domanda del Salmista - Carissimi amici - ci vede radunati, a migliaia, in questo Stadio, in occasione dell’annuale pellegrinaggio da Macerata a Loreto, ringraziando il Signore per la conclusione di questo anno, scolastico ed accademico, e per affidare a Lui, ed alla Beata Vergine lauretana, le nostre esistenze.
Anche se “fisicamente” saremo noi a camminare, non dobbiamo dimenticare che, in realtà, è il Signore a venirci incontro: Egli ci ha convocati quì questa sera, è presente nel Suo Corpo e nel Suo Sangue, ci accompagna nel cammino, ci precede, ci segue ed è sempre con noi.
Carissimi amici, ha senso mettersi in cammino, solo se si ha una méta da raggiungere, e la fatica è meno grave, se si condivide la strada con altri fratelli. Il Pellegrinaggio è, dunque, una chiara immagine della nostra vita e di quella di ogni uomo.
Noi sappiamo chi siamo!
Noi sappiamo a Chi abbiamo creduto!
Noi sappiamo - per grazia, non per merito - che esiste una méta, un significato di questa esperienza, unica e meravigliosa, che chiamiamo vita.
E questo significato ha un nome: Gesù Cristo!
Camminando, cantando e pregando, in questa notte, vogliamo annunciare a tutti quelli che incontreremo, e che camminano al nostro fianco, questo straorinario fatto: la vita ha un senso, una méta! L’uomo non è più solo, nel cosmo. Dio gli viene incontro, lo ama e lo salva, in Gesù,uomovero eDiovero.
Scopriremo, proprio camminando, ad ogni passo, che l’annuncio portato si invera: diviene più reale, anche per chi lo porta. E non per una pseudo “autoconvinzione di massa”, ma perché ad ogni passo la libertà aderisce ad un annuncio, ad una proposta e, passo dopo passo, umilmente, diviene certezza, in chi cammina, e proposta, in chi osserva.
Elemento determinante, anche nella comprensione autentica del mistero dell’eucaristia, è l’obbedienza. La sera del giovedì santo, prima di essere consegnato ai suoi crocifissori, «Gesù istituì il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, il Memoriale del suo Sacrificio pasquale. […] lo fece all’interno di un rito, checomandòagli Apostoli di perpetuare, quale segno supremo del vero Sacro, che è Lui stesso» (Benedetto XVI, Omelia, 7 giugno 2012).
Da duemila annila Chiesa obbedisceal comando del Suo Signore, celebrando e adorando la Santissima Eucaristia, vero “cibo di salvezza” nel cammino della vita e della fede.
L’obbedienza, nella Chiesa, è fonte di vera libertà, è la misura della sequela, è, in fondo, la misura della qualità della nostra fede. Solo una fede obbediente è autentica fede!
Non per nulla, la stessa Tradizione, descrive la fede come: “obbedienzaa quella forma di insegnamento alla quale siamo stati consegnati”. Afferma lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica che: «La Vergine Maria realizza nel modo più perfettol'obbedienzadella fede» (CCC n. 148).
Per noi tutti, la sequela e l’obbedienza hanno un “punto focale” irrinunciabile, verso il quale costantemente guardiamo, ed al quale, convintamente, rinnoviamo tutta la nostra devozione: Pietro: Sua Santità Benedetto XVI.
Carissimi amici, so che, con i vostri sacerdoti, curate molto la celebrazione eucaristica, particolarmente nel canto, autentica espressione di bellezza e di identità per un popolo, e questo vi fa onore.
Scoprite anche, opportunamente guidati, la dimensione dell’Adorazione eucaristica, sia come singoli, sia come Movimento. Essa, forse, in passato, poteva essere interpretata, da alcuni, come una tentazione di “fuga dalla realtà”, di non pieno coinvolgimento nella e con la storia.
Oggi, al contrario, si comprende chiaramente che l’Adorazione eucaristica non è affatto “fuga” dallarealtà, ma è una vera e propria immersione nella realtà per eccellenza, che è Cristo. Ce lo insegna l’Apostolo Paolo nella Lettera ai Colossesi: «la realtà invece è Cristo» (2,16).
Immergendosi nell’Adorazione e facendo silenzio al cospetto di Gesù-Eucaristia, diviene più evidente la Sua presenza nel mondo e più semplice servirne la gloria e mostrarne la potestà! Egli diviene più riconoscibile nella nostra vita, in quella degli amici e, soprattutto, in quella di ogni uomo, che la Provvidenza pone sul nostro cammino e del quale siamo chiamati a divenire “madri e padri”, nella fede.
Come indica, efficacemente, il tema di questo 34moPellegrinaggio: “Cristo è qualcosa che sta accadendo ora”, Egli “accade” innanzitutto nella celebrazione eucaristica e ciò permette da sempre, al popolo cristiano, di riconoscerne la presenza in ogni altra realtà, anche quella apparentemente più remota.
Perché “qualcosa” e non “qualcuno”, che sta accadendo ora?
Si potrebbe obiettare che Cristo è una persona, quindi “qualcuno”.
Certamente Egli è una persona, ma, scegliendo il termine “qualcosa”, si è inteso sottolineare l’elemento “fattuale” di Cristo.
Cristo è un fatto nella storia dell’umanità, anzi è il fatto più sconvolgente, rilevante e significativo della storia.
Ed è presente, accade ora.
Se così non fosse, Cristo non sarebbe interessante per noi, perché si vive per qualcosa che sta accedendo ora!
Non basta un bel ricordo per vivere.
Non basta l’attesa sperata di un buon futuro.
È necessario avere qualcosa di presente, che, in tutta la sua evidenza, ci appaia come carico di ragioni per la libertà e capace di determinare - non appena suscitare, ma determinare! - la nostra affezione autentica.
Solo Cristo presente, celebrato e adorato nell’Eucaristia e pubblicamente riconosciuto in quella vittoria, gloria di Cristo nel mondo, che è il popolo, è ragione sufficiente per vivere e per sperare, per ringraziare e per continuare a camminare insieme.
Ogni Eucaristia celebra il sacrificio e la vittoria di Cristo, e Lo rende a noi contemporaneo. In ogni Eucaristia siamo chiamati ad immergerci in questa nuova realtà, che «dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (DCE n.1).
In questi tempi non semplici per il nostro Paese e per l’Europa, in questi tempi di insicurezza e di terrore, quando perfino le forze della natura paiono ricordare drammaticamente all’uomo post-moderno il suo strutturale limite, domandiamo la semplicità del cuore di poter riconoscere “ciò che sta accadendo ora”. Non tra qualche istante, non stanotte, non domattina, ma Ora!
Sta accadendo il miracolo della tua libertà che è qui, presente, e della libertà dell’altro che, come te, è disposto a mettersi totalmente in gioco.
«Non aspettatevi un miracolo, aspettatevi un cammino» ebbe a dire mons. Giussani. Questo cammino, verso ed in Cristo, lo affidiamo alla Beata Vergine lauretana, perfettamente obbediente nella fede e nella prova, fortezza inespugnabile, di ciò che sta accadendo ora!

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(*): Il Pellegrinaggio a Piedi da Macerata a Loreto nasce nel 1978, anno dell’elezione di Giovanni Paolo II. Un insegnante di religione di Macerata, don Giancarlo Vecerrica, lo propone agli studenti come gesto di ringraziamento alla Madonna a conclusione dell’anno scolastico: viene così recuperata l’antica tradizione, che tendeva sempre più a scomparire nell’attuale clima di secolarizzazione.
Se al primo Pellegrinaggio partecipano poco più di trecento persone, negli anni successivi si assiste ad una eccezionale progressione numerica, fino a superare i sessantamila partecipanti. Metà circa dei pellegrini proviene dalle Marche, i restanti raggiungono il luogo di partenza – Macerata – da tutta Italia e anche dall’estero.
Il Pellegrinaggio è proposto da Comunione e Liberazione, d’intesa con le diocesi di Macerata e Loreto, e gli altri movimenti ed associazioni ecclesiali partecipano in modo cordiale e fattivo, offrendo concretamente una grande testimonianza di unità e di comunione; e molti sono anche i volontari che contribuiscono all’organizzazione, tutt’altro che semplice, articolata in vari servizi: segreteria, accoglienza e ordine, coro, liturgia, stampa e pubbliche relazioni, amplificazione, medici e sanitari, etc.
L’evento ha luogo, generalmente, la sera del sabato immediatamente seguente la fine delle lezioni scolastiche; il percorso riprende un cammino mariano di antichissima tradizione e si snoda per circa 27 Km attraverso le campagne.
Il 19 giugno 1993 il Pellegrinaggio ha ricevuto un gran dono: la presenza del Santo Padre Giovanni Paolo II. Egli, dopo aver celebrato la S. Messa nel Centro Fiere di Villa Potenza prima del cammino notturno, consegnando la Croce, disse: “Ora affido a voi, cari giovani, la Croce che vi farà da guida al vostro Pellegrinaggio al santuario di Loreto. Imparate dall’esperienza di questa notte a seguire, anche sulle strade del vostro quotidiano cammino, la Croce di Cristo, nella quale è salvezza, vita e resurrezione”. Quella Croce, da allora, apre il Pellegrinaggio.
La marcia notturna, costantemente guidata, è scandita puntualmente dalla recita del Santo Rosario, inframmezzata da canti, testimonianze, meditazione della Parola di Dio e del magistero del Papa.
Una spettacolare fiaccolata anima la Strada Regina da San Firmano, nei pressi dell’antica abbazia romanica, sino alla chiesetta rurale di Chiarino, dove si giunge verso il sorgere del sole e dove è offerto a tutti i pellegrini un lauto ristoro.
Verso le 6-6,30 del mattino, allorché oltre l’ultima collina si scorge finalmente il profilo del Santuario Mariano, ci si inginocchia, si recita l’Angelus e ci si scambia un gesto di pace e di riconciliazione. All’arrivo a Loreto i pellegrini sono accolti dalla statua della Madonna (portata a spalla dai militari dell’Aeronautica), dalle autorità religiose, civili, militari e dall’abbraccio di tanti amici e parenti. L’arrivo nella piazza della Basilica di Loreto avviene tra due ali festose di persone che non sono riuscite a raggiungere Loreto a piedi.
Infine, dopo che una delegazione di giovani ha offerto alla Vergine un omaggio floreale, tutti insieme si compie l’Atto di Consacrazione alla Madonna mentre i frati cappuccini aspergono abbondantemente d’acqua benedetta i fedeli pellegrini, che sfilano stanchi ma contenti, dinnanzi alla statua della Madonna di Loreto. Ai suoi piedi viene posto un braciere acceso: lì vengono posti migliaia di fogliettini con le intenzioni di preghiera e le richieste di grazie che, attraverso il fumo, salgono in cielo per essere esaudite.
Il percorso
Verso le 22.30 i pellegrini lasciano lo stadio Helvia Recina e si incamminano nella notte alla volta di Loreto. Il percorso, di circa 27 chilometri, è scandito da momenti di preghiera, canti, letture, testimonianze e si snoda attraverso vari centri urbani dell’hinterland maceratese.
La prima tappa è prevista per la mezzanotte all’altezza di Sambucheto, per l’Adorazione Eucaristica davanti alla chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù.
Si giunge poi in località San Firmano, dove i pellegrini ricevono le fiaccole che accompagneranno il cammino fino all’alba, formando un suggestivo “serpentone” luminoso.
In località Becerica continua la Festa della luce con lo spettacolo dei fuochi d’artificio, offerto dalla ditta Alessi.
A Chiarino, invece, i pellegrini si rifocillano con la colazione (thè, caffè e dolci) offerta da alcuni amici di Pesaro.
Inizia il “saliscendi” che porta alla vista della Basilica di Loreto, con la recita dell’Angelus e lo scambio della pace all’altezza di Costabianca.
Intorno alle 6.00 si arriva a Loreto, con la consacrazione solenne alla Madonna.
Giunti in Piazza della Madonna i pellegrini depongono i foglietti con le intenzioni di preghiera nel braciere, per elevarle al Cielo.
Chi lo desidera, infine, può arrivare fin dentro la Santa Casa.
Il Pellegrinaggio è aperto a tutti e la partecipazione è libera. Si suggerisce di dare la propria adesione presso i centri di raccolta, offrendo possibilmente un contributo di 10 euro per le ingenti spese organizzative, che può essere versato insieme alla scheda di adesione o direttamente allo stadio di Macerata, presso i banchetti della segreteria. Lasciando il proprio indirizzo al Comitato, inoltre, si può ricevere gratuitamente la rivista periodica «Amici del Pellegrinaggio». Chiunque può farsi promotore di centri di raccolta delle adesioni. I moduli possono essere richiesti presso la sede del Comitato o scaricati da questo sito. Il Pellegrinaggio deve essere vissuto per intero, a cominciare dal gesto iniziale presso lo stadio di Macerata. Per il cammino si raccomanda di calzare scarpe comode e di portare con sé un ombrello o un impermeabile, la giacca a vento e delle bevande calde. I sacerdoti sono invitati ad indossare lungo il percorso la stola violacea per le confessioni.

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Riporto di seguito un articolo dal blog di Antonio Socci un articolo sul Pellegrinaggio, pubblicato da "Libero" di oggi.

Nella notte del mondo e anche nella notte (attuale) della Curia romana, in una notte in cui tutti, umili o potenti, brancolano nel buio, c’è un popolo in cammino che sa dove andare: a Loreto, alla piccola, umile e immensa casa della Madre di Gesù.
E’ infatti il popolo di Maria che ogni anno cresce in entusiasmo e in numero: quest’anno (cioè stanotte) in novantamila hanno affrontato a piedi il cammino di 40 chilometri che separa Macerata da Loreto, dov’è la Santa Casa, per il tradizionale pellegrinaggio che nacque 34 anni fa come iniziativa degli studenti di Comunione e liberazione ed è diventato il grande pellegrinaggio dei giovani.
Alla fine di un anno di studio, di lavoro, di gioie e dolori, vanno ad abbracciare lei, la grande Consolatrice, la Stella del mattino.
E’ lei la Madre dei giovani perché è la Madre di Gesù, giovinezza del mondo. E’ la dolce soccorritrice che ha nel cuore tutti e che sostiene il cammino di ciascuno verso il suo destino luminoso. Anche nel dolore.
Da soli non si riuscirebbe a camminare per una notte intera, così a lungo. Camminare insieme dà forza e rende possibile l’impossibile.
La fatica di un duro cammino nella notte, sacrificando il sonno, aiuta a portare fra le braccia di Maria tutti i desideri, le persone sofferenti, i drammi, le domande, i problemi di ciascuno e di tanti amici che non hanno potuto essere presenti.
Lì, in quella casa dove Dio si è fatto uomo, dove lei ha cresciuto Gesù, dove Gesù è diventato grande e da dove è partito per andare a morire e così salvare il mondo, la Madonna stringe al suo cuore ognuno come il figlio prediletto e porta tutte le implorazioni davanti al trono di Dio che a lei nulla può negare.
Sempre, nei momenti di tribolazione (guerre, terremoti, epidemie) il popolo ha cercato rifugio fra le braccia di Maria. E sempre, nei momenti di più grande crisi della Chiesa (come gli anni Settanta), i santuari mariani sono stati la roccaforte della resistenza e della rinascita del popolo cristiano.
Non le accademie teologiche (che spesso deviano dietro alle ideologie mondane), non le burocrazie clericali (impegnate spesso a farsi la guerra e talora a perseguitare i santi), non i cosiddetti intellettuali cattolici, ma i santuari di Maria.
Oggi è di nuovo così. Lourdes, Fatima, Medjugorije, la Porziuncola, Pompei, Caravaggio e tanti altri (compresa Radio Maria che è un grande santuario nell’etere). Ma Loreto ha un posto speciale.
Non solo perché è un miracolo il santuario stesso, ma perché fin dai primi tempi dell’annuncio di Gesù, per la Galilea e la Giudea, la casa di Maria è stata il rifugio, la fonte ristoratrice, l’oasi.
Anzitutto per Gesù stesso che nell’abbraccio della Madre – tornando o facendo sosta nei suoi instancabili viaggi per le polverose città della sua terra – trovava consolazione dalle tante incomprensioni e dal tanto odio che contro di lui accumulavano tutte le élite e tutti i poteri.
Ma la piccola casa di Maria e il suo immenso cuore erano il rifugio anche di tutti quelli che, feriti dall’orrore del mondo, Gesù si caricava sulle spalle e poi portava a consolare e abbracciare.
Nel meraviglioso “L’Evangelo come mi è stato rivelato”, della mistica Maria Valtorta che ha potuto rivivere e riferire tutta la vita pubblica di Gesù, vi sono storie bellissime.
Per esempio quella della splendida Aglae che da Siracusa era finita schiava-concubina dell’erodiano Sciammai, a Ebron. Viveva in quella che un tempo era stata la casa di Elisabetta, Zaccaria e del Battista.
L’incontro con Gesù la folgora. Lei donerà agli apostoli i suoi gioielli con i quali verrà riscattato proprio il Battista nel primo arresto.
La donna, dopo aver ascoltato, sotto l’anonimato del velo, la predicazione di Gesù scapperà dal padrone e si rifugerà da Maria a Nazaret, dove diventa una delle prime discepole ed eremite cristiane.
Anche Aurea è una schiava, poco più che bambina, proveniente dalla Gallia e acquistata dal romano Ennio Cassio.
La notte in cui, a Cesarea Marittima, il padrone l’avrebbe “iniziata” alle sue orge, Gesù – tramite Claudia, la moglie di Pilato – riesce a farla liberare e a farla riparare fra le braccia di Maria, a Nazaret, dove diventa Cristiana di nome e di fede.
Storie simili sono quelle di Marziam, un bambino orfano, di altri due bimbi orfani, Maria e Mattia, cacciati dal feroce padrone dei loro genitori e raccolti per strada da Gesù che li porta da Maria, dove ritrovano l’amore (sono infine adottati, anch’essi dai discepoli).
O il caso di Sintica, una schiava greca, molto colta e di nobili origini, che, fuggita dal padrone, viene nascosta da Gesù e dagli apostoli e poi – anch’essa – ripara fra le braccia di Maria a Nazaret.
Come pure Giovanni di Endor, che fu maestro a Cintium, poi, per un crimine di sangue, fu ergastolano, evase e visse sotto anonimato, finché incontrò Gesù e si convertì: nella casa di Maria trovò la pace che sempre, nella vita, aveva cercato.
Ce ne sono molte altre di storie così. Per tutti costoro poi il distacco da Maria, dalla sua piccola casa di Nazaret, sarà dolorosissimo perché nessuno vuole allontanarsi da una simile madre.
E’ proprio a Maria, nella sua casa di Nazaret, che Gesù affida i suoi gioielli più preziosi, alcune giovani ragazze (come le figlie di Filippo) che vogliono fare voto di verginità come lei e che rappresentano il primo albore di quell’esercito di giovani che, nel corso dei secoli, doneranno tutta la loro vita a Gesù.
Ma da Maria, a Nazaret, inevitabilmente vanno anche tutti coloro che, colpiti o affascinati da Gesù, non sanno come raggiungerlo o temono di non esserne degni.
Come Maria Maddalena – bellissima, ricca e dissoluta (perfino drogata) – che, incontrando Gesù vede capovolgere la sua vita, abbandona i piaceri del mondo e prima di gettarsi ai suoi piedi cammina nella notte fino a Nazaret, da Maria, che l’abbraccerà e l’accompagnerà dal Figlio.
Nell’Opera della Valtorta si nota come tutti coloro che incontrano e seguono Gesù sono poi affascinati dalla Madre che, a sua volta, li riporta a scoprire e amare di più il Figlio.
A Nazaret, Maria, fa una vita semplice, presa dalla cura della piccola e povera casupola (le cui mura sono veramente quelle che oggi si trovano a Loreto) e dalle rose e dai fiori del piccolo orto.
Sembra ancora una ragazza, è bellissima, dolce, silenziosa, generosissima, sempre disponibile e misericordiosa con tutti, anche con i parenti più ostili, e – quando occorre – mostra un coraggio intrepido.
Vive sempre col pensiero a Gesù, si sente una sua discepola, pronta ad accoglierlo ogni volta che torna con i suoi amici e ad accogliere chiunque altro. Soprattutto chi è ferito dalla vita e cerca sollievo e guarigione, anche fisica.
La piccola casa di Maria, che poi è il suo stesso cuore, è il luogo del mondo dove chiunque può trovare rifugio e salvezza. E’ il luogo più sicuro e più facile per trovare Gesù.
Questo sanno i novantamila giovani che, questa notte, come già fece la Maddalena, in una notte di duemila anni fa, hanno camminato per ore verso la casa di Maria: “O regina, è qui che ogni anima viene/ come un giovane guerriero caduto nella corsa” (Pèguy).
Oggi come allora. Oggi che tutti brancolano nel buio. Oggi che nessuno più, nel mondo, sa dove andare. Oggi che abbiamo sperimentato i fallimenti di tutti coloro che pretendevano di saper guidare l’umanità, con le loro vuote e presuntuose chiacchiere, le loro ideologie e il loro potere.
Come ha scritto Charles Péguy, un grande poeta, convertito, per il suo pellegrinaggio a Notre Dame di Chartres:
“Ce ne han dette tante,
o regina degli apostoli.
Abbiamo perso il gusto dei discorsi
Non abbiamo più altari se non i vostri,
non sappiamo nient’altro
che una preghiera semplice”.

Antonio Socci

Da “Libero”, 10 giugno 2012