Di seguito una sintesi dell'intervento del professor Luigino Bruni, coordinatore del progetto di Economia di comunione.(*)
“In una cultura dei consumi e della
finanza che non capendo più il lavoro non riesce a capire e a vivere
neanche la festa - ha esordito il professor Luigino Bruni, coordinatore
del progetto di Economia di comunione - occorre tornare a rileggere la famiglia il lavoro e la festa assieme”, alla luce di due parole-chiave - gratuità e dono - che all’apparenza sembrano “totalmente altre” rispetto all’ambito economico.
La gratuità - ha spiegato Bruni - è un’arte
che si apprende in famiglia: “uno dei compiti tipici della famiglia è
proprio formare nelle persone l’etica del lavoro ben fatto semplicemente
perché… le cose vanno fatte bene, perché esiste nelle cose una
vocazione che va rispettata in sé, anche quando nessuno mi vede, mi
applaude, mi punisce e mi premia”. Spogliata da fraintendimenti
indebiti, la gratuità “è un modo di agire e uno stile di vita che
consiste nell’accostarsi agli altri, a se stesso, alla natura, alle
cose, non per usarli utilitaristicamente, ma per riconoscerli nella loro
alterità, rispettarli e servirli ed entrare in rapporto con loro”. Non
si tratta però di contrapporre il dono al mercato, la gratuità al
doveroso, “poiché esistono, invece, delle grandi aeree di
complementarietà: il contratto può, e deve, sussidiare la reciprocità
del dono”: è quanto avviene in molte esperienze di
economia sociale e civile, dal commercio equo e solidale all’Economia di
comunione (di cui Bruni è una delle “menti”).
Gratuità significa dunque riconoscere che un
comportamento va fatto perché è buono in sé, e non per la sua ricompensa
o sanzione esterni. Questa idea-guida ha evidenti ripercussioni tanto
in seno alla famiglia (no alla “paghetta” per i figli per non inquinare
un rapporto che deve rimanere gratuito) quanto nel mondo del lavoro. Il
salario, nella proposta di Bruni, va inteso come il giusto
riconoscimento del lavoro svolto, ma non deve mai diventare incentivo,
pena trasformare il denaro nell’unica motivazione del lavoro. E proprio
questa una delle derive cui assistiamo oggi: “La cultura economica
capitalistica dominante – ha denunciato con forza Bruni - sta operando
una rivoluzione silenziosa ma di portata epocale su cui diciamo troppo
poco anche come cristiani: il denaro è diventato il principale o unico
perché del lavorare”.
All’estremo opposto “non
dobbiamo restare inermi e silenti di fronte ad un sistema
economico-politico che remunera con stipendi milionari manager privati e
pubblici, e lascia indigenti maestre e infermieri. E’ una questione di
giustizia, e quindi politica, etica e spirituale”.
Ecco perché occorre recuperare un’attenzione globale alla persona, in ogni ambito della vita. L’economia
e il lavoro debbono riconciliarsi anche con la festa, che “non è capita
dall’economia capitalistica per le stesse ragioni per le quali non
comprende il vero dono”, essendo “essenzialmente una faccenda di
gratuità e di relazioni”.
“Le famiglie sanno quali grandi fallimenti
produce un consumismo che riempie con le merci il vuoto dei rapporti”.
Le relazioni umane vengono spesso sostituite oggi da gioco, lotterie,
alcool, televisione, cibo… Ecco perché è tempo – ha concluso Bruni – di
lanciare “una moratoria internazionale della pubblicità rivolta
direttamente ai bambini”.
* * *
(*): Luigino Bruni è Professore Associato di Economia Politica, presso la Facoltà di Economia, Università di Milano-Bicocca (da Novembre 2010 Professore ordinario idoneo).
E' anche Vicedirettore del centro interuniversitario di ricerca sull'etica d'impresa Econometica (www.econometica.it), e Direttore del Corso di perfezionamento in "Economia civile e non-profit", Milano.
E' Co-editor della International Review of
Economics (IREC, Springer), e membro del comitato editoriale delle
riviste: "Nuova Umanità", "Sophia" e "RES".
scrivo editoriali per alcuni giornali, tra cui Cittanuova, Avvenire,
Mondo e Missione, Vita.