martedì 29 maggio 2012

La Redditio di Claudia Koll


http://www.frassotelesino.net/wp-content/uploads/2011/11/claudia-koll.jpg


La conferenza di Claudia Koll il 24 marzo a Brescia, presso l’Università Cattolica, su “La cura dell’amore”, nell’ambito del progetto “ Di donna in donna. Essere donna. Risposte d’amore nella sofferenza” è stata una Redditio Symboli.
Redditio Symboli significa “restituzione del Credo”. È un rito liturgico già presente nella Chiesa primitiva: il catecumeno si impegnava di fronte a tutti, attraverso la Redditio, a ridire in prima persona la fede ricevuta.
Claudia Koll è una donna. Questa è la sua risposta creativa al dolore e alla sofferenza.
L'intervista che segue è di Elisabetta Pittino.
Chi è Claudia Koll?
La mia storia è abbastanza complessa. Vengo da una famiglia cattolica. Appena mi ha partorito, mia mamma è stata male e le hanno dovuto fare una trasfusione di sangue. Il sangue era infetto e allora anziché stare meglio è peggiorata ed è stata tra la vita e la morte per 6 mesi. Quindi io sono stata affidata a mia nonna che non vedeva. Mentre mio papà e mio nonno erano al capezzale di mia mamma, mia nonna doveva occuparsi me. Mi hanno detto che mi teneva legata ad un filo di lana. Eravamo legate ai polsi perché se sentiva tirare il filo capiva che io ero agitata e con il filo mi recuperava velocemente e mi prendeva in braccio. Mia mamma non morì, anche se i medici avevano smesso di darle le medicine perché erano convinti che non ce l’avrebbe fatta. Nel sangue però c’era un virus che colpì tutte le valvole del corpo, compreso il cuore. Pensando di non potermi più crescere, in un momento di scoraggiamento umano, ma di fede, mia madre disse alla Madonna “Se non le posso fare io da madre, pensaci Tu”. Poi lei si alzò da quel letto, provata fisicamente e con tutti i capelli bianchi. Mia mamma non è tornata più la donna di prima in quanto le valvole erano tutte compromesse, soprattutto quelle del cuore. I primi anni della mia infanzia, a causa della cagionevole salute di mia mamma, mi hanno allevato mia nonna che non vedeva e l’altra nonna. A volte ogni settimana facevo la valigetta e cambiavo casa, ma questo mi ha dato anche una grande adattabilità. Non c’è solo il negativo. Io sono capace di viaggiare, così come l’ho fatto da attrice per le tournée teatrali, senza essere troppo sbalestrata, perché l’ho fatto da piccolissima. Immaginate poi una nonna che non vede con una bambina di 2-3 anni che comincia a correre per casa e non sa quello che fa. Mia nonna mi ha raccontato che disegnavo sui muri con gli spinaci e mi divertivo a fare queste cose perché sapevo che lei non se ne sarebbe accorta. Non ho un ricordo triste del rapporto con mia nonna, semmai molto forte in quanto mi sono sentita responsabile di lei presto, quando ho cominciato un po’ a crescere. Andavamo a fare la spesa insieme, le tenevo la mano e le dicevo “Nonna, il gradino”, le tenevo la porta quando passava, la aiutavo a pagare i conti. Mia nonna era colei che mi istruiva sulla vita, mi insegnava tutto.
Come è nata la tua passione per il cinema, per la recitazione?
Mia nonna ed io insieme guardavamo i film la sera. Io le dicevo cosa vedevano i miei occhi e lei mi spiegava il film, perché a 5 anni non ero in grado di capire quello che vedevo e quindi avevo bisogno di lei. Queste nostre debolezze, che insieme diventavano qualcosa di forte, sono sempre stato un punto importante per me. Infatti già a 5 anni quando mi chiedevano “Che vuoi fare da grande?” io dicevo “l’attrice”. Secondo me, vedevamo troppa televisione… però questo gioco di raccontare quello che vedevano i miei occhi mi piaceva. Per me l’arte è sempre stato questo: comunicare quello che vedevo. Quindi ho perseguito questo sogno fin da bambina e quando sono diventata più grande ho cercato in tutti i modi di realizzarlo, anche andando via di casa, perché i miei genitori, entrambi medici, speravano per me un futuro diverso. Desideravano che diventassi medico. Mi sono iscritta a medicina perché il mondo dell’arte era visto come pericoloso. Non avevamo nessuno in famiglia che potesse appoggiarmi, nessuna conoscenza. In realtà frequentando l’Università mi rendevo conto che studiavo qualcosa che non mi interessava. Quando facevo le domande i professori mi dicevano “Ma questo non è di pertinenza della medicina”. Mi interessava di più l’uomo, le dinamiche che lo muovevano. Ho cominciato prima a frequentare un laboratorio teatrale, di nascosto; però loro andavano in scena e io non potevo perché i miei genitori non mi avrebbero mai fatto uscire tutte le sere regolarmente così da garantire la mia presenza sul palco... e quindi ad un certo punto decisi di andare via di casa. Fu difficile per me perché non ebbi più qualcuno che credeva nelle mie capacità. Non credevano neanche prima alla capacità artistica, però avevo bisogno di qualcuno che credesse nella scelta che stavo facendo. Mi sentivo sola. Inoltre non avevo un appoggio materiale ed economico. Quindi ho dovuto cavarmela da sola.
Com’è stato il rapporto con tua madre in tutto questo?
Il rapporto con mia mamma è sempre stato difficile perché io mi sentivo responsabile della sua sofferenza. Mi domandavo “perché sono venuta al mondo se sono nata per procurare tanta sofferenza in lei?”. Siccome tutta la vita lei è stata spesso ricoverata in ospedale, in qualche modo io mi riflettevo nella sua sofferenza e comunque la vivevo male. Per questo non ho mai apprezzato la mia vita fino in fondo, non l’ho mai amata. Per me la cosa più bella è stata scoprire che Dio mi amava profondamente. Da quel momento la mia vita ha acquistato bellezza, forza. L’amore di Colui che è la vita e che mi ha dato la vita mi ha permesso di guardare con altri occhi anche la potenzialità della mia vita, perché aveva un valore. Ho consumato la mia vita durante gli anni dell’adolescenza e della giovinezza. Ero inquieta, cercavo sempre esperienze nuove, avevo un tremendo bisogno di amore, di conferme di amore, anche perché, essendo stata un po’ sradicata affettivamente all’inizio, dovendo cambiare persone di riferimento, soffrivo di questa mancanza di radici solide. Anche la malattia di mia mamma che sembrava sempre che dovesse prima o poi morire … La sua salute mi creava un’ inquietudine profonda. Allora cercavo l’amore, ma al tempo stesso non ero fedele. Avevo questo bisogno di cercare nuove conferme: un amore più forte, una passione più forte. Questo era peggiorato dal fatto che avevo paura di mettere al mondo dei figli, per paura di soffrire come mia mamma. Quindi mi ero preclusa la maternità e di conseguenza, quando ho cominciato a diventare più adulta, sceglievo persone con le quali vivere un storia d’amore senza costruire un progetto, un futuro, una famiglia. Erano quasi sempre persone già sposate, già legate e guai se si doveva pensare a costruire insieme un futuro. Queste erano le ferite che mi portavo nel cuore che mostro per parlare della bellezza della grazia che mi ha ricostruita dentro. Dio non ha paura dei nostri peccati ma nel momento in cui ti perdona, ti sana quelle ferite che sono responsabili di certi comportamenti. Inoltre facevo i conti anche con la fisicità di mia mamma, che vedevo sformata. Mia mamma non è stata più una donna fisicamente bella come era prima. Aveva avuto parecchi problemi alle valvole delle gambe, che erano rovinate fin da quando era giovane, fin da quando era la mia mamma e io ero piccolina. Era come se cercassi un’ideale di mamma e in qualche modo non mi ritrovassi in questa mamma che era fisicamente non bella come le altre. Quando andai via di casa “scelsi” un’amica dei miei genitori che era una donna bella, molto curata, molto elegante perché rincorrevo un ideale. La nonna che mi ha cresciuta era una donna molto fine, era figlia di un ministro, cresciuta con una certa cultura, una certa eleganza, sensibilità. Mia mamma era figlia di mia nonna, però era come se cercassi un’ideale estetico di mamma...Ho dovuto fare un percorso di guarigione profondo e scoprire nell’umiltà, nella semplicità, la ricchezza della realtà. Il Signore mi ha fatto fare un percorso che mi ha riportato là da dove ero scappata per cercare di cucire gli strappi provocati dagli errori.

Il tuo percorso come attrice è iniziato con un film di Tinto Brass, perché?
Quando sono andata via di casa la prima difficoltà era economica: come mantenermi. Avevo un’amica che mi ospitava, però per mantenermi ho cominciato a cercare lavoro. Era difficilissimo. Andavo nei bar e ristoranti per fare la cameriera, come tanti attori, anche famosi, fanno e hanno fatto, perché questo tipo di lavoro ha un orario che permette di fare i provini, di studiare in accademia...Nessuno poteva pensare che io fossi in grado di portare due piatti in mano perché si vedeva che venivo da una famiglia in cui non è che avessi fatto poi tanto...si vedeva che non avevo quella sveltezza, non davo credibilità sul lavoro. Quindi accettai il 1° film che mi fu proposto per necessità economica. Era un film trasgressivo dove venivo utilizzata innanzitutto come corpo e lo feci perché peccai di ingenuità. Dissi “Va bene io uso questa situazione, faccio questo film poi mi conoscono e scelgo e faccio i film che a me piacciono”. Invece non è stato così perché dopo questo film la mia carriera anziché partire si è arrestata. Il mio agente fece questo errore di valutazione, mi disse “Ma si, Claudia, fallo, poi troviamo una cosa diversa”. Poi ero circondata da persone che mi spingevano in questa direzione. In effetti il mio agente mi fece fare una cosa diversa, un film con Antonio Banderas, una grossa produzione con Germania, Cecoslovacchia, Italia, ma il film fu messo in un cassetto e chiuso a chiave. Il film, voluto dalla RAI, parlava del giovane Mussolini socialista, ma ci fu tangentopoli e il cambio di gestione della Rai, per cui chi arrivò disse “questo film…per carità!”. Rimasi con il mio film con Tinto Brass, senza riuscire più a lavorare perché fui etichettata come un’attrice di questo genere di film. Sono tornata a non lavorare per diverso tempo, finché non mi fu proposta una sostituzione in teatro in una piccola commedia che però ebbe successo. Poi arrivò una trasmissione televisiva, il Festival di S. Remo e da lì ho cominciato a scegliere quello che volevo veramente fare, cioè un certo tipo di teatro e poi la fiction televisiva.
Quando è arrivata la “svolta” della tua vita?
Arriviamo al 2000. Non ho costruito una famiglia. Ho concentrato tutte le mie energie sul lavoro. Vivevo per il mio mestiere. Lavoravo di giorno, di notte. Sono infaticabile, ho questa forza fisica che mi permette di andare anche un po’ oltre i normali ritmi di vita. Tante volte mi sono trovata a girare una trasmissione televisiva di notte, quando gli altri dormivano, perché di giorno giravo un film. Giravo la fiction, poi correvo in teatro . Questo ha voluto dire non sviluppare la mia affettività. Con i miei genitori avevo ricominciato a ricucire i rapporti, però per me non esistevano Natale, Pasqua, le feste. Lavoravo e basta. Le persone che mi sceglievo erano già occupate e quindi avevo i miei spazi, la mia libertà per fare come volevo. Nel 2000, guadagnando già tanto, avevo perfezionato il mio modo di lavorare. Ho fatto pure un percorso di crescita artistica, studiando con gli americani. Gli americani hanno un metodo di interpretazione che è speciale, più che recitare preferiscono immedesimarsi, vivere con il personaggio. Sentivo questo metodo più vicino a me, perché in realtà avevo questo grande bisogno di comunicarmi e lo facevo attraverso i film più che nella vita. I personaggi erano il mio modo di mostrare quella parte nascosta di Claudia dietro la maschera del personaggio. Ci tenevo a piangere veramente quando il personaggio piangeva, a ridere veramente…per me non era una rappresentazione, era vita, vissuta attraverso un personaggio che interpretavo. Dato che guadagnavo abbastanza potevo permettermi una coach. Cos’è una coach ? E’un supervisore che ti aiuta a costruire il personaggio sul copione dall’inizio fino a quando giri il film e ti accompagna sul set, ti controlla la recitazione, se va bene, se puoi migliorare, se le luci sono buone, insomma un supervisore del lavoro. In America i registi non curano gli attori , ma curano i movimenti di macchina, poi ci sono i coach personali degli attori che curano la recitazione. Il regista incontra i coach ai quali delega la cura degli attori. Geraldine, la mia coach, venne dall’America perché dovevo girare un film e mi disse “Voglio andare a S. Pietro” perché sapeva che era stata aperta la Porta Santa. Era il 2000, l’anno del Giubileo. L’ho accompagnata per amicizia, erano almeno 20 anni che non praticavo la chiesa. In realtà è stato quello un appuntamento che ha generato una reazione a catena per cui io sono arrivata all’incontro con Dio forte.
Di quel giorno in cui ho attraversato la Porta Santa e sono arrivata in Basilica non ricordo niente, però alla donna che collaborava a casa mia, persona di estrema fiducia del mio nucleo affettivo, dissi “Devi andare anche tu”. Quindi qualcosa dovevo avere registrato.
Vado in Puglia a girare il film e cominciano i primi problemi. Innanzitutto il Signore ha messo in discussione le mie sicurezze nel mondo del lavoro. Mi sono trovata in difficoltà perché dovevo girare una scena in cui rispondevo al telefono e mi dicevano che l'uomo che amavo era in coma. In questo primo piano dovevo mostrare tutto l'amore che avevo per quest'uomo, ma anche tutto il dolore per una notizia del genere. Per vivere una scena del genere nel cinema americano si sostituisce il proprio copione, la propria parte, con il proprio vissuto del passato. Prendo nel mio passato una scena dolorosa e sostituisco le parole che ascolto al telefono e quelle che dico con una scena del mio vissuto. Siccome vado a toccare una ferita del mio cuore, quella sanguina e io piango oppure ho comunque una reazione autentica di dolore. Quel giorno facevo la mia sostituzione, l'emozione partiva, ma non usciva, si bloccava. Il primo ciak è andato a vuoto, il secondo pure. Comincio ad innervosirmi perché non rispondo ai miei comandi. Normalmente mi riusciva bene, anzi in quel film ho pianto tantissimo, mi veniva naturale anche quando non serviva. In quel momento di autentico amore, di dolore profondo, non usciva niente ed ero in difficoltà. Arriva Geraldine, io mi aspettavo che mi dicesse “cambiamo ferita, forse quella che abbiamo scelto oggi non funziona” e invece mi dice una cosa che mi stronca “Claudia se non c'è verità nella tua vita come ci può essere nel tuo mestiere”. Lei sapeva che in amore non ero fedele e si rendeva conto di come vivevo. “Come pretendi di provare un'emozione autentica in un film se il tuo cuore è diviso, se non sei fedele in amore come puoi provare un sentimento autentico in un film, il cuore è lo stesso” mi diceva. Io ho capito, oggi, che quel tappo che avvertivo sul cuore era il mio peccato. Quando il Signore dice “toglierò quel cuore di pietra e ti darò un cuore di carne”, ecco il mio peccato stava indurendo il mio cuore, mi impediva di comunicare amore, lo stava spegnendo. Il Signore all'inizio mi ha messo davanti ai miei peccati, alla mia miseria. Non avrei mai potuto incontrare la misericordia di Dio, il suo perdono, il suo abbraccio, se prima non diventavo consapevole dei miei peccati. Mi ha risvegliato la coscienza che si era addormentata. Perché tu ad un certo punto finisci per vivere seguendo i tuoi personali istinti, i tuoi desideri e non sai più cosa è bene e cosa è male. Fai quello che senti di fare, perché tanto lo fanno tutti, sei anche giustificato da questo. Io personalmente ho avuto un'esperienza forte perché mi sono scontrata con il maligno. Sono arrivata veramente nell'abisso.
In che senso?
Vengo da una generazione new age. La new age era una forma di cultura che sarebbe entrata nel mondo della cultura, della musica, nel mondo... si andava nelle librerie e si compravano testi, cd musicali per rilassarsi. Io utilizzavo la musica new age per concentrarmi, per lavorare. Ho cominciato ad avere dei problemi con questa musica: quando chiudevo il tappetino e mi mettevo a fare la mia meditazione trascendentale, c'erano delle scintille, elettricità. Un giorno ho visto addirittura volare dei fogli dentro la stanza, muoversi. Mi spaventai tremendamente fino a che si è manifestata un'entità, uno spirito, con una voce e ha cominciato a scambiare delle parole con me, a comunicare. Ho studiato un documento della Chiesa sulla new age , che ha voluto Papa Benedetto XVI, in cui si parla di contaminazioni con lo spiritismo. Nella new age c'è una contaminazione con l'occultismo. Questa voce all'inizio si è manifestata come una voce amica. Questa è una testimonianza che faccio per aprire gli occhi alle persone, per metterle davanti alla realtà. Ho scoperto che questo spirito era il maligno quando un giorno ho risposto al telefono alla mia agente. La mia agente la pensava diversamente da me su una scelta lavorativa. Io ho risposto usando un po' la forza, il potere, ero un po' arrogante, avevo successo, portavo un sacco di soldi in agenzia, ero forse l'attrice più forte che avevano al momento. Esercitavo un forte potere sulla mia agente sebbene fosse più grande di me, avesse più esperienza. Quando tornai nella mia stanza questa voce mi disse che la telefonata non era andata bene perché non avevo odiato. Io risposi, naturalmente, senza pensare, “Ma io sono fatta per amare”. Questa è una cosa che mi ha fatto conoscere me stessa perché di fronte al male ho scoperto di appartenere al bene. Ho sentito la distanza dal male che si è rivelato con la parola odio. Anche se provenivo da grandi peccati, da una vita dissoluta, ero in peccato mortale, soprattutto avevo molto sporcato l'amore , sentivo di desiderare amore e di voler dare amore, di appartenere all'amore. Il maligno non parla con voce suadente, ordina perché è abituato a schiavizzare , quando io risposi “Io sono fatta per amare” si è arrabbiato e ha detto che era la morte e che era venuto per uccidermi. Mi ha fisicamente aggredita, mi ha preso dalle gambe, una gamba e l'altra separatamente e mi ha bloccata; ha cominciato a salirmi sulle gambe, come delle spire che avvolgevano e intanto stritolavano il corpo e salivano lentamente, lentamente perché questa è la morte più drammatica, la morte lenta. In quel momento io ero terrorizzata perché ho capito che non era un film, non era uno scherzo. Mi trovavo davanti a qualcosa di più grande di me. Per la prima volta nella mia vita ho capito che né i soldi, né gli amici importanti potevano aiutarmi. Ero a un punto serio della mia vita e in quel momento ho fatto come faceva mia nonna perché mi è venuto naturale: “Signore aiutami”. Da pochi giorni un amico mi aveva regalato un crocifisso, perché non avevo crocifissi in casa. Ho afferrato questo crocifisso solo perché negli anni '70 ero andata al cinema a vedere L'esorcista e mi sono ricordata che il sacerdote aveva la croce in mano… ho cominciato a dire il Padre Nostro, stringendo tra le mani questa croce e camminando perché tentavo di fermare questa forza che saliva. Quando la preghiera è diventata un grido dell'anima a Dio, il Signore mi ha liberata. Ho sentito che questa forza improvvisamente è sparita e una grande pace mi avvolgeva. Mi sono ricordata il Padre Nostro, perché mia nonna diceva il rosario. Quando questa forza è sparita mi sono guardata nella stanza per vedere da dove mi era arrivato l'aiuto, ma come non ho visto l'entità, l'ho avvertita fisicamente con il dolore fisico, così non ho visto Dio. Però quella pace, quella liberazione mi parlava di Dio. Mi sono fermata proprio perché sentivo fisicamente una trasformazione. Quando ero spaventata avevo il respiro corto ed ero tutta irrigidita perché ero terrorizzata, come sono stata liberata ho sentito che si scioglieva qualcosa dentro di me. Ho sentito proprio che lo Spirito Santo scongela il cuore , lo dilata e ti da una grande dolcezza che prima non avevi. Mi sentivo pacificata dentro cioè non c'erano rumori, mi sentivo a posto, dentro c'era silenzio.

La cura dell’Amore?
Si. In questo silenzio ho potuto di parlare a Dio e dirgli “Perché l'hai fatto?”. La cosa che mi colpiva innanzitutto era che avesse risposto al mio grido, nella mia camera da letto. Mi dicevo ma il Signore ha pensato proprio a me, che vengo da una vita dissoluta, ma lui mi è Padre. Questi sono i pensieri che mi hanno attraversato. Io ho avuto un padre tosto, abbastanza forte di carattere, quando sono tornata a casa una volta avevo i jeans strappati, si vedeva tutto il corpo, mio papà mi ha fatto uscire di casa e non mi ha voluta. Chi era questo Padre invece che pur in una vita sfasciata, si piegava su di me e mi aiutava non mi girava le spalle? Allora ho detto “Ti voglio conoscere”. Così si è generato tutto il cammino della ricerca di Dio. Innanzitutto ho sentito il bisogno di tornare in chiesa e di starci sempre di più perché lì respiravo la presenza di Dio, lo riconoscevo, e soprattutto sentivo la pace. Ho cominciato a partecipare alla santa messa anche ogni giorno. Spiritualmente ero molto provata perché ero in peccato mortale. Lo Spirito è come una pianta alla quale non è stata data acqua, secca, nel partecipare alla messa sentivo subito il beneficio. Sentivo che recuperavo le forze perché quando si è morti spiritualmente si è morti fisicamente. Lo capisce chi soffre di depressione che non ha voglia di reagire, di fare niente, è come impedito a vivere. Ecco, io sentivo che partecipando alla messa ricevevo vita. Era la parola che ascoltavo che mi liberava e mi apriva al mondo della conoscenza di Dio. Ho incominciato a cercare Dio nella sua parola e poi nell'eucarestia e piano piano ho ripreso le forze spirituali e il Signore mi ha portata in un cammino di conversione profonda. E’stata essenziale la decisione di stare con Dio e non con il maligno. La conversione è stata consapevole e radicale perché è stata una scelta libera e intelligente. Quando ho capito con chi avevo a che fare se stavo nel peccato, subito ho “girato la macchina” e ho cambiato direzione. Man mano che diventavo consapevole dei miei peccati, li confessavo e subito chiedevo a Dio la grazia di cambiare. Mi sono detta “ma io, Signore, ti chiedo un'umiltà così grande così profonda così che io non debba avere il culto di me stessa né di satana, ma solo di Te”.
Il capire che la vita è una lotta tra il bene e il male e bisogna lottare con intelligenza e consapevolezza, non vivacchiare, non lasciarsi trasportare dalla vita, ma prenderla in mano e dirigerla, è stato fondamentale.
Claudia Koll: una convertita famosa. Un dono e una responsabilità, cosa ne pensi?
Si è vero, il cambiamento della mia vita con una visibilità così esposta mi porta una grande responsabilità, però non sono da sola a portarne il peso. Il Signore mi sostiene con la sua grazia e ho la consapevolezza che se dovessi andare fuori strada Lui è il Buon Pastore e mi viene a prendere. Ho consapevolezza della misericordia di Dio che non permetterà che io mi perda. Spesso rifletto sul fatto che posso cadere nelle scelte che devo prendere. So però che se continuo a fare un cammino onesto, cercando la verità, cercando di essere retta nelle mie intenzioni, se continuo a pregare, ad andare alla messa, a fare la comunione, a confessarmi posso anche sbagliare, perché è umano, ma so che il Signore non mi abbandona.
Non siamo soli. Il Signore ci custodisce. Abbiamo l'intercessione dei santi, della Madonna…
Come vive la “nuova” Claudia Koll oggi? È “guarita”?
Non ho paura di vivere oggi anche se la mia vita è diventata più difficile rispetto a prima, però più consapevole e più bella. L’intelligenza è necessaria, è necessario anche il sentimento, mente e cuore devono camminare insieme per questo non vado più secondo gli istinti, le passioni, ma cerco di riflettere e chiedermi dove mi porta una determinata scelta. È un bene solo per me, egoistico o è un bene anche per gli altri? Perché questa è stata la guarigione più grande che Dio ha operato in me: mi ha fatto uscire dall'egoismo. Questa è stata la guarigione dall'affettività, cioè non ero più io al centro di me stessa, ma era un rapporto con l'altro, un rapporto con Dio. Dio al centro della mia vita. Nel rapporto con Dio e nel rapporto con gli altri si è aperta la mia vita e quindi ho cominciato ad amare diversamente, in maniera gratuita, senza interesse, com'è l'amore di Dio.
Il mio è un percorso verso l’essenziale, dove la verità va di pari passo con l’Umiltà. Io chiedo al Signore di fare sempre verità nella mia vita “Fammi vedere, svelami quelle che sono le illusioni, gli errori, gli sbagli, aiutami sempre a camminare nella verità”.
Come riesci ad amare in questa nuova dimensione?
E’ un percorso perché il Signore ti chiede di crescere mano a mano nell'amore con la sua grazia. Ti chiede di amare anche quelli che non sono facili da amare, quelli che tu per natura vorresti allontanare. In questo mi ha illuminato Mirjana una delle veggenti di Medjugorje. Mirjana ha detto “Sono cresciuta alla scuola di Maria”. Maria scusa sempre i suoi figli, ma Gesù cosa ha fatto sulla croce? Nel momento in cui veniva crocefisso, Gesù diceva “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno”. Li ha scusati. Ci ha scusati. Credo che questo sia un cammino di crescita nella capacità di amare anche nei momenti in cui uno vorrebbe arrabbiarsi, far valere le proprie ragioni. Per il contrasto però io ho due punti fissi: il maligno mi chiedeva di odiare, quindi per tutto quello che è rancore, rabbia va immediatamente chiesto a Dio di fare pulizia nel nostro cuore che non generi poi odio che apre la porta al maligno nella nostra vita; dall'altra parte il Signore ci dice che quando noi siamo feriti da un'altra persona, dal fratello noi dobbiamo sempre cercare di scusare perché, scusando, benedicendo anche coloro che sono a noi nemici riusciamo a non cadere nella trappola della rabbia che poi genera rancore, che è una serpe che prende dimora nel nostro cuore e ci rende meno belli. A Medjugorje quando un veggente ha chiesto a Maria“perché tu sei così bella?”, Lei ha risposto “perché amo”. L'amore ci rende più belli perché risplendiamo della luce di Dio, della sua presenza dentro di noi.
Le Opere del Padre sono un frutto dell’amore. Ci dici di cosa si tratta?
Nel 2005 è nata un'associazione che si chiama Le opere del Padre (www.leoperedelpadre.it), dedicata al Padre misericordioso. Le opere sono le opere di bene, di misericordia. Noi cerchiamo di aiutare soprattutto chi è in difficoltà ( i bambini, le donne, i disabili che sono i più dimenticati). In questo percorso il Signore mi ha portato in Africa e lì sono guarita dal bisogno delle cose di lusso, troppo comode. Spendevo molti soldi per vestiti, gioielli, per la casa. Avevo tappeti preziosi, posate d'argento, tutto quello che potete immaginare abbia una persona che guadagna molti soldi e si toglie tante soddisfazioni. Quando sono arrivata in Africa e mi sono accorta di una povertà estrema, è cambiato radicalmente il mio stile di vita. L'estate io porto sempre i giovani in Africa a fare un'esperienza di missione, di volontariato, perché so che fa molto bene confrontarsi con la povertà. Si riceve molto da un'esperienza del genere. Man mano che si va, cresce la consapevolezza di come aiutarli meglio. È un percorso che si fa insieme. Ho capito che il peccato ci porta ad essere superficiali, però Dio i riesce a scendere in profondità anche negli aiuti, anche negli interventi.
Claudia Koll attrice…ti si vede poco. Perché?
Faccio l’attrice ma molto meno rispetto a prima.
Non è una scelta mia veramente. Il Signore mi ha chiamato a seguirlo in questo cammino delle Opere del Padre. Ho cominciato a non lavorare più perché mi arrivavano tutti copioni che non potevo impersonare, per esempio una donna che bestemmiava, una donna assassina. Io che venivo da un vissuto così drammatico come potevo bestemmiare? Non potevo interpretare quei ruoli e quindi ho cominciato a dire di no. Nel frattempo il Signore mi chiamava a seguire i salesiani in Africa, poi Le Opere del Padre. È stato un percorso di conversione, di ricchezza umana, l’incontro con i poveri che mi hanno cambiato il cuore, la fede, la preghiera, che hanno generato in me una trasformazione profonda. Nel frattempo ho cominciato ad intuire che la recitazione non poteva essere più la stessa perché il Signore guarisce le ferite del cuore e non vuole che tu vada ad attingere a quelle ferite che sanguinano sempre e che possono diventare delle nevrosi. Ho cominciato a capire che potevo recitare senza lavorare sul mio passato, sul mio vissuto. E come recitavo? La mia vita era cambiata, era diventata anche una vita di preghiera , non perché io sia bigotta ma perché sono credente, sono una persona che vive il doppio rispetto a prima, anche le relazioni con gli altri sono molto più piene. La preghiera è necessaria perché ho una forza in più per compiere tutte le mie attività del giorno, per entrare dentro di me. Quindi ho cominciato a preparare i testi che mi venivano offerti e che erano dei testi spirituali (per es. i testi di Giovanni Paolo oppure il Cantico dei Cantici). Non li potevo interpretare utilizzando le ferite del cuore, non funzionava. “Adesso queste come le recito? Come le interpeto?”. Pregando il Signore, davanti al Santissimo, ho capito come interpretarle. Ho cominciato a scoprire lo Spirito Santo che mi insegnava.
Oggi insegno in un’accademia di spettacolo che dirigo- www.starroseacademy.com- perché rimango un’attrice, con un’esperienza in campo che sento di condividere con i giovani oggi. La nostra scommessa più grande non è tanto la formazione quanto accompagnarli nel mondo del lavoro, nel mondo dello spettacolo, quindi produrre spettacoli per poterli far conoscere, senza dovere rimanere da soli perché da soli, nelle necessità, come è successo anche a me, si rischia poi di sbagliare.
Nella mia scuola prima di iniziare la lezione con i ragazzi preghiamo lo Spirito Santo. Del metodo americano ho preso l’analisi dei copioni, ecc., tutto quello che può essere funzionale, però ho introdotto la mia esperienza spirituale.
E’ vero anche che sono stata fermata dal mio mondo, quello dello spettacolo, per il mio essere credente. Non è stata proprio una scelta: “Non mi va più di recitare”. Io amo il mio mestiere. Molte porte mi sono state chiuse. Per esempio a Domenica In mi avevano chiesto 4 puntate come ospite fisso per palare di questi temi, improvvisamente, dall’oggi al domani, senza una motivazione, sono decadute. Nessuno mi ha spiegato perché. Allora sarò più forte se farò entrare giovani nel mondo dello spettacolo, perché non sono più una …. che fanno, fermano tutti? È il mio modo di combattere le strutture di peccato. A me mi fermi, però non puoi fermarne 20, cominci ad avere più problemi.
Tu sei molto legata alla Divina Misericordia, perché?
Si. Giovanni Paolo II è stato primo promotore del culto della Divina Misericordia. Nel 2000 ha istituito la festa della Divina Misericordia, la 1adomenica dopo Pasqua, ha canonizzato sr Faustina e poi è salito in cielo quando si entrava nella festa della Divina Misericordia, tanto che poi la Chiesa lo ha beatificato nel giorno della festa della Divina Misericordia.
Diffondo la coroncina della D.M. perché ci credo fermamente. Ha lo stesso schema del mio incontro con il Signore. All’inizio Gesù ha chiesto a sr. Faustina di pregare la coroncina per gli aborti procurati in Polonia, per impetrare la misericordia sulla Polonia, poi successivamente per gli agonizzanti e successivamente per impetrare la misericordia per noi e per il mondo intero. E’ una preghiera che io diffondo con fede Vi invito a pregare perché la preghiera non è solo per alcune persone elette, è il modo attraverso il quale noi possiamo ottenere delle grazie che altrimenti non scendono in abbondanza come dovrebbero. Quindi questo è il mio modo di salutarvi attraverso l’invito alla preghiera.
Fonte: Zenit